LA COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE
    Ha   emesso   la   seguente   ordinanza   sul   ricorso   proposto
 dall'intendenza  di  finanza di Roma contro Nardizzi Vincenzo, contro
 la decisione della commissione di secondo grado di Roma  n.  89111031
 in data del 15 dicembre 1989.
    Con  istanza  spedita  in  data 24 febbraio 1987 il dott. Vincenzo
 Nardizzi, magistrato a riposo, chiedeva all'intendenza di finanza  di
 Roma, in applicazione dei principi sanciti dalla sentenza della Corte
 costituzionale 27 giugno 1986, n. 178, la restituzione della somma di
 lire  15.804.311,  trattenuta  dall'E.N.P.A.S.  a titolo di I.R.PE.F.
 sulla indennita' di buonuscita.
    Contestualmente  il  dott.  Nardizzi  chiedeva  la   restituzione,
 altresi',  della  ulteriore somma a lui spettante in dipendenza della
 minore imposta dovuta per il fatto che per nove dei quarantasei  anni
 posti a base del computo della buonuscita, la indennita' doveva a suo
 avviso  andare  completamente  esente da imposta, trattandosi di anni
 riscattati con contributo a suo totale carico.
    Avverso il silenzio-rifiuto  dell'intendenza  maturatosi  su  tale
 istanza,  egli proponeva ricorso alla commissione tributaria di primo
 grado di Roma che, con decisione  17  marzo  1988,  n.  88140178,  lo
 accoglieva  "limitatamente alla quota relativa al versamento a carico
 del dipendente".
    Contro  tale  decisione  sia il dott. Nardizzi sia l'intendenza di
 finanza si appellavano alla commissione tributaria di  secondo  grado
 di  Roma  che, con pronuncia 15 gennaio 1989, n. 89111031, accoglieva
 il gravame del contribuente, dichiarando il suo diritto  al  rimborso
 della   complessiva   somma   di  lire  15.102.921  (derivante  dalla
 esclusione  dalla  base   imponibile   dell'importo   dell'indennita'
 corrispondente  al periodo riscattato nonche' dall'applicazione, alla
 restante parte, del dettato della  Corte  costituzionale,  oltre  gli
 interessi  di  legge, e condannando l'Amministrazione al pagamento di
 detta somma).
    Propone ora l'intendenza  di  finanza  ricorso  dinanzi  a  questa
 commissione   tributaria   centrale,  reiterando  anzitutto  la  tesi
 pregiudiziale secondo cui non competeva ad essa Intendenza ex art. 38
 del d.P.R. n. 602/1973 ma al centro di servizio  imposte  dirette  di
 decidere sulla richiesta di rimborso. Gradatamente l'Intendenza nega,
 poi, che la legislazione vigente contempli l'esenzione della quota di
 buonuscita  corrispondente al contributo per il servizio non di ruolo
 e per le altre anzianita' convenzionali.
    Essa ha,  quindi,  concluso  per  l'annullamento  della  decisione
 impugnata.
    Resiste il contribuente, che chiede il rigetto del ricorso.
                              D I R I T T O
    Secondo  quanto  rilevato  nella  pregressa  esposizione in fatto,
 nella specie si controverte in tema di imposizione fiscale  a  titolo
 di  I.R.PE.F.  sulla  parte  dell'indennita' di buonuscita E.N.P.A.S.
 corrispondente al  riconoscimento  di  anzianita'  convenzionali  per
 servizi o periodi di tempo ammessi a riscatto con contributo a totale
 carico dell'interessato.
    Al   riguardo   l'intendenza   ricorrente  ha  pregiudizionalmente
 eccepito la competenza del centro di servizio e  non  la  propria,  a
 pronunciarsi  sulla  istanza  di  rimborso originariamente presentata
 dall'interessato, con conseguente  mancata  formazione  di  silenzio-
 rifiuto sulla stessa.
    Gradatamente,  nel  merito,  essa  ha poi sostenuto l'infondatezza
 della tesi propugnata dall'interessato  medesimo  e  condivisa  dalla
 Commissione tributaria di secondo grado.
    In ordine alla prima questione, va rilevato che ai sensi dell'art.
 8  del  d.P.R. 28 novembre 1980, n. 787, spetta ai Centri di servizio
 provvedere, in luogo delle  Intendenze  di  finanza,  in  materia  di
 rimborsi  allorche'  (primo comma) questi siano conseguenti ad errori
 materiali  o  duplicazioni  imputabili  allo  stesso  centro   ovvero
 (secondo   comma)   allorche'   essi  emergono  dai  riscontri  sulle
 dichiarazioni dei redditi commessi ai Centri di servizio dagli  artt.
 6  del  d.P.R.  cit.  e  36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
 riscontri  concernenti  precipuamente  l'esattezza,   regolarita'   e
 completezza documentale delle dichiarazioni e degli atti allegati.
    Nessuna norma demanda viceversa ai centri di decidere su richieste
 di rimborso basate, come avviene nella specie, su profili sostanziali
 attinenti  l'interpretazione  di  norme,  si  da  doversi al riguardo
 necessariamente  intendere  tuttora  operante  la  competenza   delle
 Intendenze  di  finanza  prevista  dagli  artt. 37 e 38 del d.P.R. 29
 settembre 1973, n. 602.
    La deduzione non appare, pertanto, meritevole di accogliemento.
    Devesi  quindi  procedere  all'esame  della  questione  di  merito
 prospettata in via gradata, in ordine alla quale  si  osserva  quanto
 segue.
    Come  noto,  la  materia  dell'imposizione fiscale I.R.PE.F. sulle
 indennita' di buonuscita di  fine  rapporto  e  le  altre  indennita'
 equipollenti,   comunque   denominate  commisurate  alla  durata  dei
 rapporti di lavoro dipendente e' regolata dall'art. 14 del d.P.R.  29
 settembre 1973, n. 597, modificato, prima, dall'art. 10 della legge 2
 dicembre  1975 n. 576, e, successivamente, dall'art. 2 della legge 26
 settembre  1985,  n.  482  (che  al  susseguente  art.  4  ha   anche
 determinato   l'ambito   di  applicazione  dell'art.  2  ai  rapporti
 pregressi o pendenti, giusta una disposizione che non viene  peraltro
 nella  presente  sede in rilievo, vertendosi ivi in ordine a rapporto
 di quiescenza sorto in data posteriore, il 1º febbraio 1986, a quella
 di entrata in vigore della legge 1º ottobre 1985.
    E' altresi' noto poi che, con sentenza 27 giugno-7 luglio 1986, n.
 178, la Corte ha dichiarato l'incostituzionalita' dei predetti  artt.
 2  e  4  della  legge  n.  482/1985  ".. .. .. nella parte in cui non
 prevedono  che  dall'imponibile  da  assoggettare  ad  imposta   vada
 detratta  anche  una  somma  pari alla percentuale dell'indennita' di
 buonuscita (di  cui  all'art.  3  del  d.P.R.    n.  1032  del  1973)
 corrispondente  al  rapporto  esistente dalla data del collocamento a
 riposo tra il contributo  del  2,50%  posto  a  carico  del  pubblico
 dipendente  e  l'aliquota  complessiva  del  contributo previdenziale
 obbligatorio versato al Fondo di previdenza dell'E.N.P.A.S.".
    In tal guisa, dunque, le norme in  questione  sono  state  espunte
 dall'ordinamento  nella  parte  disciplinante  l'imposizione  fiscale
 sull'ammontare    dell'indennita'    di     buonuscita     E.N.P.A.S.
 corrispondente,   secondo   il   rapporto   predetto,  al  contributo
 obbligatorio a carico del dipendente, mentre  non  sono  state  dalla
 pronuncia  incise  nella  parte  disciplinante  l'imposizione fiscale
 sull'ammontare dell'indennita' connesso ai contributi volontariamente
 versati per i servizi ed i periodi di tempo ammessi a  riscatto,  con
 onere  interamente  gravante  sul  dipendente  ai sensi dell'art. 15,
 comma quarto, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (v. anche l'art. 1
 della legge 6 dicembre 1965, n. 1368).
    Per questa parte della normativa e  segnatamente,  per  quanto  di
 rilevanza  nella  specie  giusta innanzi accennato, dell'art. 2 della
 legge n. 482/1985, la sezione ritiene  peraltro  di  dover  sollevare
 dubbi  di costituzionalita', in riferimento all'art. 53, primo comma,
 della  Costituzione,  per  le  medesime  ragioni  evidenziate   dalla
 menzionata   sentenza   della  Corte  costituzionale  n.  178/1986  e
 successivamente piu' volte da essa ribadite  (sentt.  11-19  novembre
 1987,  n.  400; 7-26 luglio 1988, n. 877; 15 ottobre-2 novembre 1990,
 n. 513).
    Con tale sentenza, invero, l'assoggettamento  ad  I.R.PE.F.  della
 suindicata  quota  dell'indennita' di buonuscita e' stata dalla Corte
 ritenuta in contrasto con l'art. 53, comma primo, della  Costituzione
 non  potendo  la  stessa  rientrare nel concetto di "reddito", tenuto
 anche conto che, con il versamento, i contributi sono  affidati  alla
 esclusiva  ed  autonoma  gestione  di un apposito ente, quale appunto
 l'E.N.P.A.S., cui i relativi incrementi e redditi ridondano, senza la
 previsione di meccanismi di partecipazione agli stessi dei dipendenti
 interessati.
    Violazione dell'art. 53, primo comma, della Costituzione e' stata,
 inoltre,  dalla  Corte  ravvisata per il fatto che, in virtu' di esso
 articolo, a situazioni uguali  debbono  corrispondere  uguali  regimi
 impositivi  e,  correlativamente, a situazioni diverse un trattamento
 tributario diseguale, laddove nella specie, relativamente alla  parte
 dell'indennita'  corrispondente ai contributi obbligatori versati, le
 disposizioni  in   questione   stabilivano   un   regime   tributario
 indifferenziato  sia  per  la quota riferibile ai contributi a carico
 del dipendente sia per quella riferibile ai contributi a carico dello
 Stato.
    Queste medesime considerazioni sembrano destinate a valere  pur  a
 proposito  della parte dell'indennita' connessa ai contributi versati
 volontariamente a titolo di riscatto,  anche  per  essa  ben  potendo
 porsi in dubbio la reale natura di reddito e la legittimita', sul pi-
 ano  costituzionale,  della  assimilazione  del  suo  regime  fiscale
 I.R.PE.F. a quello proprio della parte dell'indennita' riferibile  ai
 contributi obbligatori a carico dello Stato.
    Ne'  e' da ritenere che sulla questione possa spiegare riflesso la
 natura volontaria dei contributi di riscatto.
    Va invero in contrario  notato  come  in  ordine  alla  tassazione
 I.R.PE.F.  delle  indennita' basate su oneri del pari volontariamente
 assunti,  quali  quelle  percepite  in  relazione  a   contratti   di
 assicurazione  sulla  vita,  il legislatore ha disposto la detrazione
 dell'imponibile del coacervo dei premi versati (art. 6 della legge n.
 482/1985).  E  cio'  anche  se,  rispetto  a  quanto  avviene  per  i
 contributi  di  qualsiasi  specie  versati all'E.N.P.A.S., tali premi
 ricevono un trattamento addirittura poziore dal punto di vista  della
 redditivita',   in   virtu'  dei  meccanismi  collegati  al  rapporto
 assicurativo  che  consentono   all'interessato   di   fruire   degli
 accrescimenti via via maturantisi.