IL PRETORE
    All'udienza  dibattimentale  del  15 aprile 1991, nel procedimento
 penale n. 14183/1990 reg. not. reato a  carico  di  Veneziani  Sergio
 nato il 22 maggio 1931 ed ivi residente via Angiolieri n. 2;
    Imputato:  del  reato  p. e p. dall'art. 21, terzo comma, legge 10
 maggio 1976, n. 319, in rif. agli artt. 32, 33 e 35  legge  regionale
 29  gennaio  1983,  n.  7, con le modificazioni apportate dalla legge
 regionale 28 novembre 1986, n. 42, perche' essendo direttore generale
 (legale rappresentante) dell'azienda gas acqua consorziale di  Reggio
 Emilia  e, come tale, titolare di pubblica fognatura di prima classe,
 dotata di impianto di depurazione di secondo livello, nel  comune  di
 Collagna, effettuava uno scarico di reflui provenienti dalla medesima
 fognatura  in  acque  superficiali  (Canale  Cerretano) eccedendo nei
 parametri di Bod, Cod ed azoto ammoniacale i limiti di accettabilita'
 di cui alla tabella C) (per il Bod e l'azoto ammoniacale) ed A)  (per
 il  Cod),  allegate  alla  legge  n.  319  del  1976, rispettivamente
 equivalenti ai limiti di cui alle tabelle  II  e  III  allegate  alla
 legge  regionale  n. 7/1983 cit.; accertato in Collagna, a seguito di
 campionamento del 13 agosto 1989;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza della quale ha  dato  lettura
 in dibattimento.
    Premesso  che  il  p.m.  ha  sollevato eccezione di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 11, primo comma, lett. B) nn. 1  e  2  della
 legge   regionale  Emilia-Romagna  28  novembre  1986  n.  42,  cosi'
 argomentando:
    In   via   principale,  tenuto  conto  della  qualificazione  come
 "pubblica fognatura" della fonte dello scarico de quo trattandosi  di
 questione sicuramente rilavante ai fini della decisione, tenuto conto
 altresi'   dell'autorevole   indicazione   in   materia  della  Corte
 costituzionale nella recente sentenza n. 255 del 1990, viene proposta
 l'eccezione di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  11,  primo
 comma,  lett.  b), nn. 1 e 2, della legge regionale Emilia Romagna 28
 ottobre 1986, n. 42,  nella  parte  in  cui  prevede,  a  carico  dei
 titolari   di  scarichi  da  pubblica  fognatura;  l'applicazione  di
 sanzioni amministrative pecuniarie, nel caso di  mancato  adeguamento
 degli  scarichi  ai  limiti  di  accettabilita'  di  cui  alla  legge
 regionale  Emilia  Romagna  29  gennaio  1983,  n.  7,  e  successive
 modifiche limiti equivalenti a quelli previsti dalle tabelle C) ed A)
 allegate  alla legge dello Stato 10 maggio 1976, n. 319, e successive
 modifiche), come pure  nel  caso  di  violazione  dell'obbligo  della
 preventiva  richiesta  di  autorizzazione  e  di  inosservanza  delle
 prescrizioni in essa indicate, ovvero di violazione  del  divieto  di
 effettuare  o  mantenere gli scarichi prima dell'autorizzazione e non
 autorizzazione negata e revocata.
    E' noto invero, che la legge 10 maggio 1976, n.  319,  piu'  volte
 modificata,   contenente   "norme   per   la   tutela   delle   acque
 dall'inquinamento" dopo aver definito, nei primi tre titoli,  le  sue
 finalita' generali e i compiti dello Stato, degli enti territoriali e
 dei  consorzi  in  materie  di scarichi, con specifica previsione del
 censimento dei corpi idrici e della relazione dei piani (nazionale  e
 regionali)  di  risanamento delle acque, disciplina nel titolo quarto
 tutti gli scarichi, introducendo  una  fondamentale  distinzione  tra
 scarichi  di  insediamenti civili (nuovi ed esistenti) e da pubbliche
 fognature: cfr, rispettivamente, gli artt. 12 e 13 per i primi, e gli
 artt. 14 e 15 per i secondi.
    Tale distinzione, concerne  tempi  e  modi  di  definizione  della
 disciplina  dei due tipi di scarichi ispirata ad una maggior "favore"
 per gli insediamenti civili (in cui sono ricompresi quelli  agricoli)
 e   per  le  pubbliche  fognature,  in  considerazione  della  minore
 capacita' inquinante e della maggiore  diffusione  dei  medesimi  sul
 territorio nazionale, con conseguente necessita' di tener conto delle
 diverse  situzioni  locali;  la  medesima  distinzione, tuttavia, non
 autorizza in alcun modo a ritenere ce  il  legislatore  abbia  inteso
 attribuire  alle  regioni  (cfr  artt.  8  e  14,  primo  cpv., legge
 319/1976) una  regolamentazione  degli  scarichi  e  delle  pubbliche
 fognature  del tutto autonoma e differenziata da quella statale sugli
 scarichi produttivi.
    In particolare, non e' esatto  che  l'obbligo  dell'autorizzazione
 sia  previsto  solo  per  gli  scarichi  produttivi  e non per quelli
 civili, giacche' le legge n. 319/1976 e succ.  modifiche,  riservando
 alle regioni la disciplina di quest'ultimi ai sensi del cit. art. 14,
 primo  cpv.,  consentirebbe  alle  medesime  di  introdurre o meno il
 principio autorizzatorio.
    Parimenti, non e'  esatto  che  la  riserva  di  disciplina  degli
 scarichi  civili  e delle pubbliche fognature a favore delle regioni,
 permetterebbe a quest'ultime di adottare standards di  accettabilita'
 degli scarichi meno restrittivi di quelli previsti dalle tabelle A) e
 C) allegate alla legge statale, con conseguente inapplicabilita' agli
 scarichi  delle  pubbliche  fognature  delle sanzioni penali previste
 dagli artt. 21, 22 e 23 legge 319 cit. (cfr., in senso conforme  alla
 tesi  qui  sostenuta, Cass. 30 maggio 1989, n. 7769, e Cass. 2 aprile
 1990, n. 4450).
    L'affermazione  contrasta  con  il  principio  fondamentale  della
 ripetuta  legge  319, quale emerge dall'art. 1 ("La presente legge ha
 per  oggetto:  a)  la  disciplina   degli   scarichi   di   qualsiasi
 tipo"........)  e  dall'art. 9, primo, secondo e ultimo comma, ove si
 prevede "un'unica disciplina degli scarichi"  basata  sui  limiti  di
 accettabilita'  previsti  nelle  tabelle  A) e C) allegate alla legge
 statale, di cui e' disposta l'applicazione "secondo le modalita' e di
 termini" previsti nei successivi articoli, espressamente disponendosi
 infine che:  "tutti gli scarichi debbono essere autorizzati".
    L'esistanza di principi generali unitari  nella  disciplina  degli
 scarichi  di  qualsiasi  tipo, pur nella differenziazione dei tempi e
 modi di applicazione e/o definizione  della  medesima  disciplina  in
 relazione  al  diverso  tipo  (produttivo  o civile: di insediamento,
 trova i seguenti ulteriori riscontri testuali nella legge n. 319/1976
 con successive modifiche:
       a) nel disposto  dell'art.  10,  capoverso,  nuovo  testo,  che
 prevede  l'obbligo  di  richiesta di una nuova autorizzazione per gli
 scarichi da insediamenti civili  soggetti  a  trasferimenti,  diversa
 destinazione ecc.;
       b)    nell'art.   11,   nuovo   testo,   che   fa   riferimento
 all'autorizzazione agli scarichi diretti nelle acque del  mare"..  ..
 ..;
       c) nell'art. 17 che prevede per tutti gli utenti dei servizi di
 fognature e depurazione, morosi per oltre un anno nel pagamento delle
 tariffe, la "decadenza dell'autorizzazione";
       d)  negli  artt.  21,  primo comma, cpv., terzo alinea, e terzo
 comma; 22, 23 e 23-bis, ove  il  riferimento  del  precetto  e'  allo
 scarico,  senza  distinzione  tra  quello  produttivo  o  civile o da
 pubbliche fognature; mentre tale distinzione e'  ben  presente  negli
 artt. 21, c.no, primo alinea e nell'art. 15, primo comma.
    Sembra  chiaro,  pertanto,  che il rinvio dell'art. 14, capoverso,
 nuovo testo, alla disciplina regionale non e' un rinvio "in  bianco",
 poiche', conformemente all'obiettivo di uniformita' della disciplina,
 perseguito  dal  richiamato  art.  9,  esso  tiene fermi; come punti-
 cardine della normativa regionale, sia  il  principio  autorizzatorio
 degli  scarichi  "civili"  e  di quelli delle pubblice fognature, sia
 l'osservanza dei limiti  di  accettabilita'  tabellari  di  cui  allo
 stesso art. 9, secondo le direttive del comitato interministeriale ed
 in  ragione  delle  situazioni  locali e degli obiettivi dei piani di
 risanamento.
    In  sostanza,  come  e'   stato   autorevolmente   osservato,   il
 provvedimento  autorizzatorio e gli standards di accettabilita' dello
 scarico  rappresentano  il  nucleo  omogeneo  della   legge   statale
 vincolante  per  la legislazione regionale sugli scarichi civile e su
 quelli provenienti dalle pubbliche fognature.
    I due indicati principi sono stati, infatti, applicati dalle leggi
 regionali finora emanate in subiecta materia.  Ci  si  riferisce,  in
 particolare,  alle  leggi del Lazio, della Liguria e, per quanto piu'
 interessa in questa sede, dell'Emilia Romagna.
    Quest'ultima  regione, invero, con la legge 29 gennaio 1983, n. 7,
 modificata e integrata dalla legge 23  marzo  1984,  n.  13,  facendo
 esplicito  riferimento "agli adempimenti di cui al piano regionale di
 risanamento delle acque, previsto dall'art. 8 della legge  10  maggio
 1976,  n.  319  e successive modifiche ed integrazioni" (cfr. art. 1,
 primo comma, legge n. 7/1983),  ha  disciplinato,  tra  l'altro,  gli
 scarichi   civili   che   non   recapitano  in  pubbliche  fognature,
 distinguendoli in tre classi (A, B e C) e,  all'interno  di  ciascuna
 classe,  in  scarichi  da insediamenti nuovi ed esistenti, prevedendo
 per tutti l'obbligo di munirsi della autorizzazione e di  rispettare,
 entro  tempi  differenziati,  i  limiti di accettabilita' di cui alle
 allegate tabelle  assimilabili  rispettivamente  ai  limiti  previsti
 dalle  tabelle C) ed A) della legge statale (cfr. tit. II della legge
 n. 7/1983 e, in particolare, gli artt. 3, 17).
    Ne discende, per gli scarichi civili e delle  pubbliche  fognature
 della   regione   Emilia   Romagna   recapitanti   in  corpi  d'acqua
 superficiali, l'attuale operativita' dei limiti di  cui  alle  citate
 tabelle  II  e  III assimilabili a quelli delle tabelle statali C) ed
 A), e in particolare la vincolativita', a  partire  dal  17  febbraio
 1984,  dei  limiti  previsti dalla tabella II (C) e, a partire dal 1ยบ
 marzo 1986, dei limiti  definitivi  di  accettabilita'  di  cui  alla
 tabella  III  (A), relativamente agli insediamenti civili "esistenti"
 della classe C (comprensiva delle  imprese  agricole);  e'  prevista,
 invece, la conformita', sin dall'attivazione, ai piu' rigorosi limiti
 di  cui  alla tabella III per gli scarichi degli insediamenti civili:
 "nuovi" della medesima classe C, di cui all'art. 6 della legge  (cfr.
 artt. 16 e 17, legge regionale 7/1983).
    La  sanzione  per  la violazione dei predetti limiti tabellari e',
 evidentemente, prevista dall'art. 21 terzo comma, legge n.  319/1976,
 in  riferimento  agli  artt.  9 (primo e secondo comma) e 14 (secondo
 comma) della medesima legge.
    Infatti,  posto  che  "in  tutto  il  territorio  nazionale  viene
 stabilita   un'unica   disciplina   degli   scarichi   basata   sulla
 prescrizione per gli stessi dei  limiti  di  accettabilita'  previsti
 nelle   tabelle   A   e  C  allegate  alla  legge  statale........  i
 quali........ si applicano con le modalita' e i  termini  di  cui  ai
 successivi  articoli  della  medesima  legge"  (cfr.  art. 9, primo e
 secondo comma legge n.  319/1976), e posto che compete  alle  regioni
 di   definire  tale  disciplina  tendenzialmente  unitaria,  per  gli
 scarichi degli insediamenti civili e delle  pubbliche  fognature,  da
 regolamentare   tenendo   conto,   in   particolare,  dei  limiti  di
 accettabilita' fissati dalle  tabelle  allegate  alla  legge  statale
 (cfr.  art.  14,  secondo comma, in fine legge 319/1976), ne discende
 evidente che, una volta intervenuta  la  disciplina  regionale  degli
 scarichi  degli  insediamenti  civili  e delle pubblice fognature, in
 armonia e non in contrasto con la disciplina statale  degli  scarichi
 degli  insediamenti  produttivi,  le  sanzioni previste dal titolo IV
 della legge statale per gli scarichi  tout  court  siano  applicabili
 anche  a  quelli  civili  parimenti soggetti al rispetto dell'obbligo
 autorizzatorio disposto per tutti gli scarichi (art. 9 ultimo  comma,
 cit.),  e parimenti tenuti all'osservaza dei limiti di accettabilita'
 di cui alle tabelle  allegate  alla  legge  statale  "nei  rispettivi
 limiti e modi di applicazione", come definiti dalla vigente normativa
 regionale.
    L'autonoma  fattispecie criminosa di cui all'art. 21, comma terzo,
 lege 319/1976 costituisce, dunque, tipica norma penale in bianco  che
 rimanda la sua parte precettiva, integrata dal superamento dei limiti
 di accettabilita' di cui alle tabelle A) e C) della legge statale, ai
 "rispettivi  limiti  e  modi di applicazione" delle medesime tabelle,
 definiti, per gli insediamenti civili e  delle  pubbliche  fognature,
 dalle  regioni con i piani di risanamento delle acque di cui all'art.
 4 della legge 319/1976.
    In altri termini,  come  e'  stato  autorevolmente  affermato,  le
 prescrizioni  regionali  "costituiscono,  a loro volta, applicazione,
 nei limiti e modi rispettivi, delle tabelle di legge", configurandosi
 in tal modo, il primo e il terzo  comma  dell'art.  21  come  vere  e
 proprie  norme  penali  in  bianco.  Una interpretazione strettamente
 letterale e formalistica  dell'espressione  legislativa,  del  reato,
 finirebbe  per  compromettere  l'applicabilita'  dell'art.  21, terzo
 comma, anche a gran parte degli insediamenti  produttivi  (cio'  che,
 invece, e' pacifico in dottrina e giurisprudenza); si pensi, infatti,
 che  gli scarichi da insediamenti produttivi, recapitanti in pubblica
 fognatura, solo provvisoriamente debbono attenersi  al  rispetto  dei
 limiti   tabellari   in   esame,  dovendo  fare  riferimento  in  via
 definitiva, ai limiti, alle norme e alle  prescrizioni  regolamentari
 stabilite  dai  comuni  o  dai  consorzi  ce  gestiscono gli impianti
 centrali di depurazione (v. art.  12,  primo  comma  n.  2,  per  gli
 insediamenti  produttivi  nuovi,  e art. 13, primo comma, n. 2, lett.
 b), per gli insediamenti esistenti).
    E altrettanto potrebbe dirsi  per  gli  scarichi  da  insediamenti
 produttivi  sul  suolo  (art.  12,  n. 3 e 13, n. 3) soggetti, in via
 definitiva, al rispetto della normativa specifica di cui all'art.  2,
 lett.  e)  punto  2  e  4  lett.  e), da emanarsi da parte di Stato e
 regioni. Ne' puo' trascurarsi il fatto che  l'inciso  suddetto,  "nei
 rispettivi  limiti  e  modi  di  applicazione",  resterebbe  privo di
 significato, e sarebbe del tutto pleonastico, se non venisse posto in
 relazione alla legislazione ora richiamata.
    L'interpretazione qui sostenuta, oltre  ad  essere  piu'  conforme
 alla  lettera e alla ratio della legge n. 319/1976 sulla tutela delle
 acque dall'inquinamento (fenomeno quest'ultimo ce  puo'  presentarsi,
 con  identiche  caratteristiche, sia nel caso di scarichi produttivi,
 sia nel caso di scarichi civili e di pubbliche fognature, con  uguale
 lesione   del   bene  penalmente  protetto),  e'  anche  quella  piu'
 rispettosa del fondamentale principio costituzionale  che  impone  la
 tutela  del  paesaggio  della  nazione  e della salute dei cittadini,
 intesa  come  fondamentale   diritto   dell'individuo   e   interesse
 dell'intera collettivita', in condizioni di parita', di trattamento a
 parita'  di  rischi  per  la  salubrita'  dell'ambiente  e  la salute
 pubblica (cfr. art. 9 cpv. e 32 primo comma  della  Costituzione,  in
 riferimento all'art. 3 primo comma della medesima Costituzione).
    Cio'  posto,  il  contrasto  di  costituzionalita'  denunciato  si
 configura piu' specificamente tra l'art. 11, legge regionale  Emilia-
 Romagna  n.  42  del  1985 e gli artt. 25 e 117 della Costituzione in
 riferimento alla  legge  10  maggio  1975,  n.  319,  con  successive
 modifiche,  la  quale  ha  per  dichiarato  oggetto,  come si e' gia'
 osservato, "la disciplina degli scarichi di qualsiasi tipo,  pubblici
 e  privati,  diretti  ed  indiretti, in tutte le acque superficiali e
 sotterranee, interne e marine, sia pubbliche che private, nonche'  in
 fognature,  sul  suolo  e  nel  sottosuolo"  (art. 1), delegando alle
 regioni,  al  di fuori dell'ambito di materie tassativamente indicate
 dall'art.  117  della  Costituzione  come  oggetto  di   legislazione
 regionale  autonoma,  la  sola  definizione  della  disciplina  degli
 "scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti  civili  che
 non  racapitano  in  pubbliche fognature", nel prescritto rispetto di
 tutta una serie di parametri tra cui sono  espressamente  previsti  i
 "limiti   di  accettabilita'  fissati  nelle  tabelle  allegate  alla
 presente legge" (cfr. art. 14, secondo comma, in fine, della legge n.
 319 del 1976 cit.).
    E'   evidente,   invero,   che   l'intervento    di    definizione
 disciplinatrice  degli  scarichi  delle  pubbliche  fognature e degli
 insediamenti  civili  non  recapitanti  in  pubbliche  fognature,  da
 attuarsi con i prescritti "piani" regionali, tenendo conto dei limiti
 di  qualita' degli scarichi sanciti nelle tabelle allegate alla legge
 statale, non puo' risolversi nella sostanziale eversione dei precetti
 fondamentali (previsti per tutti i  tipi  di  scarichi)  dalla  legge
 statale,  con  il disposto corredo di sanzioni penali, trattandosi di
 materia non costituzionalmente riservata alla legislazione regionale,
 la quale si profila illegittimamente  interferente  con  la  predetta
 disciplina   statale  e  intrinsecamente  inosservante  dello  stesso
 strumento normativo delegato, determinato dalla  legge  statale  come
 "piano"  (norma  sub-primaria  di  attuazione  o  atto amministrativo
 generale di normazione secondaria)  e  non  come  "legge  regionale",
 unica    fonte    (quest'ultima   abilitata   a   disporre   sanzioni
 amministrative insieme alla legge statale (art. 1 legge  24  novembre
 1981, n. 689).
    Vi   e'  dunque  una  illegittimita'  costituzionale  innanzitutto
 formale della normativa regionale essendosi rivestita  del  rango  di
 legge  (norma  primaria)  e  non di quello di semplice "piano" (norma
 sub-primaria di attuazione della legge statale), in contrasto con  la
 disposizione    costituzionale   (art.   117,   primo   comma   della
 Costituzione;  che  riserva  proprio  alla  Costituzione  e  a  leggi
 costituzionali  l'indicazione  delle  materie  soggette alla potesta'
 legislativa  autonoma  delle  regioni,  affidando  alle  leggi  della
 Repubblica  la  possibilita' di demandare alle regioni il solo potere
 di emanare norme per la loro  attuazione  (art.  117,  secondo  comma
 della Costituzione).
    Ma  vi  e'  pure una illegittimita' di contenuto sostanziale delle
 predette norme regionali, le  quali  non  si  limitano  a  perseguire
 obiettivi  di risanamento delle acque con il "piano" (e non la legge)
 oggetto della delega statale, ma, formulando  autonomamente  l'intera
 disciplina   degli   scarichi   civili,   arbitrariamente  escludendo
 dall'ambito della fattispecie penalmente rilevante di cui all'art. 21
 legge  n.  319/1976  lo  scarico,  non  precedute   da   domanda   di
 autorizzazione  e/o  eccedente  i  limiti  tabellari  previsti  negli
 allegati alla stessa  legge  statale,  solo  perche'  proveniente  da
 imprese   agricole   equiparate   all'insediamento  civile  ovvero  a
 pubbliche   fognature.   Si   determina,   cosi',   una   illegittima
 interferenza  riduttiva del contenuto del precetto statale penalmente
 sanzionato,  in  contrasto  con  l'art.  25,  secondo   comma   della
 Costituzione,  che  riserva  esclusivamente alla legge dello Stato da
 definizione dei fatti di rilievo penale.
    In  proposito, la Corte costituzionale ha piu' volte precisato che
 la "fonte del potere punitivo risiede nella sola legislazione statale
 e che le regioni non hanno la possibilita' di comminare, rimuovere  o
 variare con proprie leggi le pene previste in una data materia.
    Non  possono, cioe', interferire negativamente con le norme penali
 statali disciplinando e considerando lecita una'attivita' che  invece
 l'ordinamento    statale   sanziona   penalmente"   (sentenza   Corte
 costituzionale n. 79 del 1977, n. 370 del 1989, nn.  43  e  309,  del
 1990).
    Si insiste, dunque, nel denunciare l'illegittimita' delle sanzioni
 amministrative introdotte dalla legge regionale Emilia-Romagna. n. 42
 del  1986  ct.,  per  intrinseca  radicale illegittimita' della legge
 regionale  in   materia   non   rientrante   in   alcuna   previsione
 costituzionale  di  legislazione  regionale  autonoma (violazione del
 principio di riserva costituzionale -  art.  117  della  Costituzione
 cit.,  -  delle  materie  attribuite alla legislazione regionale), e,
 ancora,  per  illegittima  interferenza  della  disciplina  regionale
 sanzionatoria  in  una materia (tutela delle acque dall'inquinamento)
 oggetto di legge dello Stato con previsione di principi  generali  di
 disciplina  degli  scarichi  di qualsiasi tipo (cfr., in particolare,
 l'art. 9, primo, secondo ed ultimo comma,  della  ripetuta  legge  n.
 319/1976)  e  correlative  sanzioni penali (cfr., in particolare, gli
 artt. 21, 22, 23 e 23-bis, della legge n. 319/1976), non modificabili
 da una disciplina regionale espressamente prevista come attuativa  di
 quegli   stessi  principi  (art.  14,  secondo  comma,  legge  cit.,)
 attraverso lo strumento del piano di risanamento delle  acque,  nella
 vincolante  cornice  di  principi  e  parametri, con relativo corredo
 sanzionatorio penale, adottati con legge dello Stato (art.  25  della
 Cosituzione).
    Per completezza si rileva che l'adesione alle linee interpretative
 finora  esposte,  pur  fondando  solidamente la proposta eccezione di
 illegittimita',  potrebbe  consentirne  il   superamento   attraverso
 l'applicazione  dell'art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nei
 rapporti tra l'art. 11 della legge reg. n. 42 del 1986  e  l'art.  21
 della legge n. 319 del 1976.
    E'   noto,   infatti,  che  il  concorso  di  illecito  penale  ed
 amministrativo con riguardo ad uno stesso fatto e' risolto  dall'art.
 9  della  legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo un criterio di tipo
 misto.
    In particolare, si e' accolto il principio di specialita'  per  il
 concorso  tra  disposizioni  penali  e amministrative nel caso in cui
 queste ultime siano previste da leggi  dello  Stato  (art.  9,  primo
 comma,  della  legge  cit.);  si  e' stabilita, invece, la prevalenza
 della sanzione penale (art. 9, secondo  comma)  allorche'  lo  stesso
 fatto sia previsto come violazione amministrativa da una disposizione
 regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano.
    La  ratio  del  secondo  comma  e'  evidente.  L'applicazione  del
 principio di specialita' anche nei casi ivi contemplati  si  sarebbe,
 infatti,  risolta  nel  conferimento  di  un  sostanziale  potere  di
 depenalizzazione alle regioni ed alle province autonome di  Trento  e
 Bolzano,  giacche'  tutte le volte che la disposizione amministrativa
 della legge regionale o provinciale avesse dovuto  qualificarsi  come
 speciale  rispetto alla disposizione penale, quest'ultima non sarebbe
 stata  piu'  applicabile,  con  l'ulteriore  discrasia  che  l'ambito
 spaziale  dell'efficacia  di  una  norma penale avrebbe potuto essere
 diverso  da  regione  a  regione  (o  a  provincia autonoma), siccome
 restringibile ad libitum da una  fonte  normativa  sub-primaria,  con
 patente violazione del principio di uguaglianza (art. 3, primo comma,
 della Costituzione) ed in contrasto coi principi di cui agli artt. 28
 delle disposizioni sulla legge in generale, 3 e 6 del codice penale.
    Ne  discende  che  la fattispecie di scarico civile e da pubbliche
 fognature eccedente i limiti tabellari, penalmente rilevante a  sensi
 dell'art.  21,  terzo comma, della legge n. 319/1976 (con succ. mod.)
 per le ragioni  ampiamente  riferite  sopra,  e  nello  stesso  tempo
 integrante  un  illecito  amministrativo  a  sensi dell'art. 11 della
 legge regionale n. 42/1986, deve essere disciplinata  soltanto  dalla
 disposizione  penale  prevalente  su  quella  regionale in virtu' del
 disposto dell'art. 9, secondo comma, della legge n. 689/1981 cit.
    Ritenuto che  la  proposta  eccezione  non  appare  manifestamente
 infondata,  sembrando evidente che, cosi' come sostenuto dal p.m., la
 Regione Emilia-Romagna ha legiferato  eccedendo  tanto  i  limiti  di
 materia  imposti  dall'art. 117 della Costituzione, quanto quelli dei
 principi fondamentali stabiliti dalla legge statale 10  maggio  1976,
 n.  319,  (limiti  dei  quali  lo  stesso art. 117 della Costituzione
 impone l'osservanza), finendo per "rimuovere" o  per  "ridurre",  con
 l'emanazione  della  norma della quale si eccepisce l'illegittimita',
 la disposizione penale statale (art. 21 della legge n. 319/1976).