IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale n. 4055/91 r.g. a carico di Guerra Samuele; RILEVATO IN FATTO Che con decreto di citazione notificato all'imputato il 4 gennaio 1991 il p.m. disponeva la citazione dinanzi a questo pretore di Guerra Samuele per rispondere "del reato di cui all'art. 590 del c.p. perche' per colpa consistita in imprudenza e negligenza, esercitando pressione sulla soglia portiera di autopulman percorreva la caduta di Biondi Monia, cagionandole lesioni personali e conseguente incapacita' di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni. In Lugo il 24 novembre"; che alla prima udienza del 7 marzo 1991 veniva disposto il rinvio del dibattimento all'udienza del 17 maggio 1991 siccome l'imputato non si era presentato in giudizio perche' impossibilitato a comparire per legittimo impedimento; che nelle more del giudizio con atto ricevuto da questo pretore in data 15 aprile 1991 i genitori della parte offesa minorenne Biondi Monia rimettevano la querela che veniva contestualmente accettata dall'imputato; che all'udienza odierna tenuta in camera di consiglio ai sensi dell'art. 469 del c.p.p. assente l'imputato, venivano sentiti il p.m. e il difensore dell'imputato i quali non si opponevano alla pronuncia della sentenza inappellabile di non doversi procedere per estinzione del reato a seguito della remissione di querela; OSSERVA IN DIRITTO L'art. 469 del c.p.p. la cui applicazione viene qui in rilievo, impone al giudice di dichiarare l'improcedibilita' dell'azione penale ovvero l'estinzione del reato contestato dal p.m. all'imputato, senza consentirgli di effettuare alcuna verifica sul modo in cui e' stata esercitata l'azione penale con la formulazione dell'imputazione nel decreto di citazione a giudizio; In particolare la norma non consente al giudice di verificare, sulla base di tutti gli atti acquisiti, se il fatto commesso dall'imputato non sia diverso ovvero non sia da qualificare diversamente da come contestato dal p.m. e di dichiarare nell'ipotesi affermativa che si debba procedere al dibattimento perche' la causa d'improcedibilita' o di estinzione del reato non esercita alcun effetto; Questa verifica non puo' essere esercitata perche' nella sede di cui all'art. 469 non e' previsto che il giudice nell'esercizio dei suoi poteri decisori possa conoscere ed utilizzare gli atti acquisiti al fascicolo del p.m. ovvero possa utilizzare tutti gli atti inseriti nel fascicolo per il dibattimento (per es. la querela che a norma dell'art. 511 puo' servire all'unico scopo di accertare la sussistenza della condizione di procedibilita'); In sostanza, ne risulta che il giudice e' vincolato all'ipotesi accusatoria sostenuta dal p.m. e nel caso in cui sulla stessa incomba una causa d'estinzione del reato il giudice altro non potra' fare che dichiararlo; Tale disciplina, costituisce allora una illegittima restrizione dei poteri del giudice di conoscere e decidere sul fatto; La norma nell'impedire un qualsiasi accertamento (positivo o negativo) sul reato contestato dal p.m. intacca l'essenza stessa della funzione giurisdizionale che per principio costituzionale e' soggetta soltanto alla legge (art. 101 della Costituzione); Nel contempo essa sottrae al giudice il giudizio sull'esercizio dell'azione penale ed attribuisce al p.m. la facolta' di disporre in modo insindacabile l'oggetto della decisione (art. 112 della Costituzione); Non si puo' escludere (come nel caso di specie) che il reato contestato dal p.m. e per il quale occorre applicare una causa di estinzione sia in realta' diverso da quello commesso dall'imputato; ed e' pure possibile che tale difformita' si possa evincere gia' dagli atti acquisiti nel fascicolo del p.m. o del dibattimento; Il giudice pero' non potra' dichiararlo se non gli e' consentito di conoscerli e utilizzarli; Tale disciplina appare tanto piu' incongrua in quanto vanifica il potere del giudice di dichiarare la diversita' del fatto o della sua qualificazione giuridica che e' fatto salvo nel dibattimento (art. 521 del c.p.p.) ed all'esito di un'attivita' istruttoria che manca nel predibattimento; Essa vanifica altresi' il potere del p.m. di rimediare alla difformita' dell'accusa rispetto al fatto che e' pure previsto dall'art. 526 ma solo nel corso dell'istruzione dibattimentale; Va inoltre evidenziato che qualora la stessa causa d'estinzione del reato fosse intervenuta prima dell'emissione del decreto di citazione ed il p.m. avesse riconosciuta la sua efficacia estintiva, egli avrebbe dovuto richiedere al g.i.p. di pronunciare decreto d'archiviazione (artt. 554 e 411 del c.p.p.); in tal caso pero' e' previsto che il p.m. trasmetta al g.i.p. tutti gli atti fin li' assunti ed il g.i.p. avrebbe potuto utilizzarli tutti per verificare la legittimita' dell'inazione del p.m. e quindi anche per dichiarare che la causa di estinzione non e' operativa perche' il fatto e' diverso da come ipotizzato nella richiesta o e' diversa la sua qualificazione giuridica, disponendo in tal caso che il p.m. proceda a formulare l'imputazione; E' irragionevole pertanto ai sensi dell'art. 3 della Costituzione che si sottragga al pretore dall'udienza predibattimentale tutto il materiale di indagine contenuto nel fascicolo del p.m. gia' ostensibile al g.i.p. solo perche' la causa di estinzione e' intervenuta dopo l'emissione del decreto di citazione e prima del dibattimento; Tanto piu' che la sentenza predibattimentale che dichiari l'estinzione del reato (per es. per remissione di querela come nel caso che si tratta) impedisce un secondo giudizio sul medesimo fatto definito come reato perseguibile d'ufficio; mentre il decreto d'archiviazione pronunciato per lo stesso motivo non ha effetti preclusivi e non impedisce la riapertura dell'indagine sullo stesso fatto (art. 414 del c.p.p.); Nemmeno e' possibile sostenere (per es. valorizzando in tal senso, l'inciso "se per accertarlo non e' necessario procedere al dibattimento" contenuto nell'art. 469 del c.p.p.) che gia' l'attuale disciplina consente al giudice del predibattimento, di dissentire dai termini storici e giuridici in cui e' formulata l'accusa e di procedere al dibattimento, riservandosi all'esito dello stesso di dichiarare l'operativita' della causa d'estinzione ovvero di negarle efficacia, restituendo gli atti al p.m. o qualificando diversamente la fattispecie; Non si vede infatti come il giudice possa vagliare l'ipotesi formulata dal p.m. ed eventualmente dissentire su di essa se non conosce il materiale d'indagine raccolto dal p.m. e se non puo' utilizzare nemmeno a tale limitato scopo, tutti gli atti gia' inseriti nel fascicolo del dibattimento (come la querela); Tutto il materiale conoscitivo fin li' raccolto ben potrebbe essere invece vagliato ed utilizzato dal giudice al solo scopo di disporre che si proceda al dibattimento; si tratta infatti di atti che non potranno poi influire sulla decisione che andra' fondata nelle sole prove legittimamente acquisite nel dibattimento (come d'altra parte gia' accade quando nel corso del "patteggiamento" il giudice valutati gli atti ritenga di dover respingere la richiesta avanzata dalle parti); Pertanto considerato che nel caso che si giudica occorre applicare l'art. 469 del c.p.p. e che tale norma non prevede che il giudice conosca ed utilizzi tutti gli atti fin li' acquisiti al fascicolo del p.m. e del dibattimento al fine di esercitare tutti i suoi poteri decisori, eventualmente anche per negare effetto ad una causa d'estinzione del reato contestato dal p.m. nel decreto di citazione;