IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza; Rilevato che con ricorso al pretore del lavoro di Firenze depositato il 5 settembre 1990, Monti Luigi ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 56 del r. d.-l. 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, con la legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui limita a dodici mesi i periodi di malattia utili agli effetti del diritto a pensione; Ritenuta la eccezione rilevante in causa, perche' il Monti ha fruito nella sua vita lavorativa di 72 settimane di sospensione del rapporto per malattia professionale (saturnismo) e di 32 settimane per malattia comune, tempestivamente accertate e riconosciute dagli istituti previdenziali competenti, e cosi' in totale di 107 settimane, di cui solo 52 sono state accreditate dall'I.N.P.S. ai fini della liquidazione della pensione di invalidita' n. 15011731; sicche', ove fosse rimosso il limite costituito dall'art. 56 in questione, egli vedrebbe ragguagliata la propria pensione ad una maggiore anzianita' contributiva di 55 settimane; Ritenuta la questione non risolvibile sul piano interpretativo, perche' l'I.N.P.S., nel negare l'accredito figurativo delle settimane di malattia oltre i dodici mesi, ha correttamente operato sulla base dell'interpretazione consolidata dell'art. 56, che riferisce la nozione di malattia, ivi contenuta, a qualsiasi affezione morbosa, qualunque ne sia la causa, la gravita' e la durata, con il solo limite del suo carattere transitorio (Cass. 10 dicembre 1965, n. 2446; 19 aprile 1968, n. 1345; 7 ottobre 1968, n. 3128; 18 novembre 1971, n. 3309); con la conseguenza che, stante l'irrilevanza della causa, rientra nella nozione di malattia ai fini dell'art. 56 sia quella comune, sia quella professionale; Ritenuta la questione non manifestamente infondata, per violazione degli artt. 38, secondo comma, in quanto la disposizione in questione si risolve in una riduzione della tutela della vecchiaia e dell'invalidita' per quei lavoratori che hanno subito in corso di rapporto malattie di lunga durata, e pertanto piu' bisognevoli di protezione, e 3 della Costituzione, per raffronto a situazioni che si devono considerare omologhe, quali quella dei lavoratori affetti dalla malattia tbc, per i quali l'art. 3 della legge 4 marzo 1987, n. 88, riconosce, senza limiti di durata, e con effetto retroattivo dal 26 ottobre 1935, i periodi di degenza in regime sanatoriale, i periodi di trattamento post-sanatoriale, di cura ambulatoriale e domiciliare e di godimento dell'assegno di cura e di sostentamento; Ritenute le due situazioni raffrontabili, perche', con il progresso della medicina e della prevenzione, la tbc ha perso il carattere di malattia sociale, per conservare quello di malattia grave, ma non piu' grave di tante altre malattie, professionali e non, che possono dare luogo alla sospensione del rapporto per malattia oltre i dodici mesi, e la cui gravita', ai fini lavorativi e contributivo-pensionistici, e' implicita, e pertanto non abbisognevole di particolare prova, nella durata stessa della malattia; Ritenuto per gli esposti motivi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa del ricorrente;