IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3057/90 proposto da De Robertis Roberto rappresentato e difeso dall'avv. Renato Recca ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Roma, piazza Prati degli Strozzi, n. 31, contro il Ministero di grazia e giustizia in persona del Ministro p.t. rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato per l'annullamento del provvedimento del Ministero di grazia e giustizia, al ricorrente reso noto in data 30 aprile 1990, con cui e' stata respinta la domanda dello stesso, dipendente del predetto Ministero, di essere trattenuto in servizio sino al raggiungimento del periodo massimo di servizio ai fini pensionistici; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dal Ministero di grazia e giustizia; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 20 marzo 1991 il relatore consigliere Restaino e udito, altresi', l'avv. Recca per il ricorrente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Il ricorrente, dipendente del Ministero di grazia e giustizia con qualifica di direttore di cancelleria del ruolo ad esaurimento, impugna la nota in data 28 aprile 1990, del predetto Ministero con cui e' stata respinta la di lui domanda intesa ad ottenere il trattenimento in servizio sino al raggiungimento del periodo massimo di anzianita' (quaranta anni di servizio) valevole ai fini pensionistici, nonche' il Decreto del Ministero di grazia e giustizia concernente il suo collocamento a riposo al sessantacinquesimo anno di eta'. Deduce come motivi di gravame la violazione dell'art. 1, ultimo comma del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, (conv. in legge 20 febbraio 1990, n. 37), dell'art. 15, secondo comma della legge 30 luglio 1973, n. 477, dell'art. 10, sesto comma del decreto-legge 6 novembre 1989, n. 357, (conv. in legge 27 dicembre 1989, n. 417) nonche' eccesso di potere per errore sui presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta. Con riferimento all'art. 1, comma quarto - quinquies del decreto- legge 27 dicembre 1989, n. 413 (convertito con modifiche nella legge 28 febbraio 1990, n. 37) estensivo ai dirigenti civili dello Stato delle disposizioni di cui all'art. 15, secondo e terzo comma, della legge 30 luglio 1073, n. 477, che consentono al personale ispettivo, direttivo, docente e non docente, della scuola di rimanere in servizio oltre la data del collocamento a riposo per eta' e comunque non oltre il settantesimo anno, al fine di conseguire il minimo od il massimo della pensione, evidenzia il ricorrente la applicabilita' di tale disposizione anche ai dipendenti con qualifica di direttore di cancelleria del ruolo ad esaurimento, istituito in via transitoria dall'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, (all'atto della istituzione della carriera dirigenziale). Richiama al riguardo numerose disposizioni normative dalle quali sarebbe a suo dire desumibile la perfetta equiparazione della posizione giuridica ed economica dei dipendenti direttivi dei ruoli ad esaurimento con quella dei dirigenti (art. 62 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, art. 73, secondo comma, dello stesso decreto del Presidente della Repubblica) nonche' provvedimenti legislativi (ancora in corso) che la stessa equiparazione riconoscerebbero. In via alternativa evidenzia lo stesso ricorrente la applicabilita' nei confronti del personale delle cancellerie giudiziarie dell'art. 157, della legge 23 febbraio 1960, n. 1196, concernente il nuovo ordinamento di detto personale, a suo dire non abrogato dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970, n. 1077, sul riordinamento delle carriere degli impiegati civili dello Stato, ne' dal testo unico sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, che riconosceva allo stesso personale la possibilita' di essere collocato a riposo al compimento del settantesimo anno di eta'. Viene comunque, in via subordinata, eccepita la incostituzionalita' dell'art. 1, comma quarto-quinquies del decreto- legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modifiche nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, concernente estensione ai dirigenti civili dello Stato di disposizioni in tema di trattenimento in servizio previste per il personale scolastico, per violazione degli artt. 3, 36, primo comma e 97 della Costituzione, stante la ingiustificata esclusione del personale della Cancelleria giudiziaria dalla facolta', consentita al personale della scuola ed estesa ai dirigenti civili dello Stato, di restare in servizio sino al settantesimo anno di eta' per conseguire la misura massima del trattamento pensionistico, in spregio anche ai principi di ordine costituzionale che garantiscono il diritto ad ottenere un trattamento di quiescenza proporzionato alla quantita' del lavoro prestato e sanciscono i valori di imparzialita' dell'amministrazione. Il contraddittorio e' stato istituito nei confronti del Ministero di grazia e giustizia che, costituitosi in giudizio, con memoria depositata in data 6 marzo 1991, sostiene la totale infondatezza della pretesa del ricorrente chiedendo il rigetto del gravame. Con memoria depositata il 7 marzo 1991 il ricorrente insiste nella prospettazione dei denunciati vizi di incostituzionalita' della normativa di cui trattasi chiedendo la rimessione alla Corte costituzionale degli atti relativi al presente giudizio. Alla udienza del 20 marzo 1991 la causa e' passata in decisione. D I R I T T O Viene impugnato il provvedimento del Ministero di grazia e giustizia con il quale e' stata respinta la domanda del ricorrente, dipendente dallo stesso Ministero con qualifica di direttore di cancelleria dei ruoli ad esaurimento intesa ad ottenere il trattenimento in servizio, ai fini pensionistici, sino al raggiungimento del periodo massimo di servizio, sul rilievo della applicabilita' della disposizione di cui all'art. 1, comma quarto- quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modifiche nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, concernente estensione ai dirigenti civili dello stato di disposizioni in tema di trattenimento in servizio prevista per il personale scolastico ai soli dirigenti civili delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo. Va preliminarmente disattesa la pretesa del ricorrente di aver titolo al mantenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di eta' in virtu' dell'art. 157, della legge 23 ottobre 1960, n. 1196, concernente il nuovo ordinamento del personale delle cancellerie giudiziarie, che per lo stesso personale prevedeva il collocamento a riposo al settantesimo anno di eta'. Tale articolo, che fissava per il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie il collocamento a riposo al raggiungimento del settantesimo anno di eta', deve intendersi tacitamente abrogato per incompatibilita' con la nuova completa disciplina delle carriere direttive nelle quali rientra anche detto personale (Cfr. C.d.S., Sez. IV, 8 giugno 1976, n. 403). Infatti la carriera delle cancellerie e segreterie giudiziarie, trasformata in una delle carriere speciali previste dal decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, con la legge 23 ottobre 1960, n. 1196 che all'art. 157 prevedeva per il personale alla stessa appartenente il collocamento a riposo al settantesimo anno di eta', e' divenuta, a seguito dei provvedimenti legislativi adottati dal 1970 in poi (legge 28 ottobre 1970, n. 775, decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970, n. 1077 e decreto del Presidente della Repubblica 1ยบ giugno 1972, n. 319) che hanno soppresso le carriere speciali e trasformato le stesse in ordinarie carriere di concetto e direttive (tali ultime, poi distinte in direttive e dirigenziali) una normale carriera in tutto assimilabile alle altre carriere dell'amministrazione statale. Consegue che la pretesa vigenza della norma sul collocamento a riposo al settantesimo anno di eta' (art. 157, legge n. 1196, del 1960) non trova alcuna base nell'ordinamento. Non essendo infatti piu' considerabile il personale della carriera direttiva delle predette cancellerie e segreterie come appartenenti ad una particolare categoria non puo', considerarsi applicabile a tali dipendenti la eccezionale norma di cui all'art. 4 del testo unico sulle pensioni approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, che contemplava la conservazione delle disposizioni che fissano particolari limiti di eta' per i dipendenti civili dello Stato appartenenti a "particolari categorie". Trova percio' applicazione nei confronti del personale di cui trattasi la generale norma di cui allo stesso art. 4 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 che prevede il collocamento a riposo degli impiegati dello Stato al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'. In tale contesto normativo viene percio' ad assumere rilevanza, ai fini della risoluzione della controversia di cui trattasi, la questione di incostituzionalita' dell'art. 1, comma quarto-quinquies del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modifiche nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, che limita tassativamente ai soli dirigenti civili delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo la estensione delle disposizioni previste per il personale direttivo, ispettivo, docente e non docente della Scuola in tema di trattenimento in servizio sino al raggiungimento del numero di anni richiesto per conseguire il massimo della pensione e comunque non oltre il settantesimo anno di eta' (art. 15, secondo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477). Tale eccezione, che il ricorrente solleva con riferimento all'art. 3 della Costituzione, al collegio non appare manifestamente infondata. Va al riguardo posto in evidenza come la suindicata disposizione che consente ai dirigenti civili delle amministrazioni statali di re- stare in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di eta' non risulta ispirata alla finalita' di evitare la prematura perdita, da parte delle amministrazioni, di un personale dotato di particolari qualificazione ed esperienza ne' all'esigenza di fronteggiare indisponibilita' di organico ai livelli di vertice delle amministrazioni. Basti riflettere, a questo riguardo, sul fatto della limitazione della proroga della permanenza in servizio al tempo strettamente necessario al conseguimento del trattamento pensionistico massimo al quale, - come e' noto -, concorre oltre il servizio effettivamente prestato anche quello utile (fermo il limite insuperabile del settantesimo anno di eta'). Come si desume invece, anche da ulteriori analoghi provvedimenti legislativi (v. legge 19 febbraio 1991, n. 50, che ha consentito anche ai primari ospedalieri di essere trattenuti in servizio non oltre il settantesimo anno per raggiungere il massimo del trattamento pensionistico) il legislatore sembra essersi proposto con i suoi interventi solo di assicurare ai dipendenti, chiamati allo svolgimento di compiti suscettibili di venir assolti anche dopo il superamento del sessantacinquesimo anno di eta', di permanere in servizio per poter cosi' beneficiare di un piu' elevato trattamento pensionistico (scongiurando o riducendo in questo modo gli effetti negativi di una tardiva assunzione nell'ambito della pubblica amministrazione). Se si concorda sul fatto che questa - e questa soltanto - e' la finalita' della disciplina in materia non puo' sospettarsi sotto il profilo della costituzionalita' (art. 3 della Costituzione) un re- gime, quale quello in esame che riserva la facolta' di richiedere il trattenimento solo a determinate categorie di personale con esclusione di altre, nei confronti delle quali risultano, all'evidenza presenti - e non in minor grado - i requisiti attitudinari per l'espletamento della propria attivita' anche oltre il superamento del limite dei sessantacinque anni. Tanto piu' ingiustificata si manifesta nella specie, la detta discriminazione ove si consideri la posizione dell'attuale ricorrente direttore di cancelleria del ruolo ad esaurimento, posizione alla quale la legge assicura una collocazione di significativo rilievo sull'organizzazione delle cancellerie e segreterie giudiziarie e il coinvolgimento per molti aspetti non dissimili da quelli di rango dirigenziali. In questa situazione va sottoposto alla Corte la questione di legittimita' in ordine al cit. art. 1, comma quarto-quinquies del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, (convertito, con modifiche, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37), nella parte nella quale non prevede anche a favore dei dipendenti delle cancellerie e segreterie appartenenti al ruolo ad esaurimento, la estensione dei benefici riconosciuti al personale dirigenziale.