IL PRETORE
    Letti gli atti del procedimento penale a carico di Greco  Domenico
 e Greco Cosimo imputati come in atti;
                           PREMESSO IN FATTO
    Entrambi  venivano  tratti a giudizio per l'udienza dibattimentale
 del 27 maggio 1991 a seguito di decreto di  citazione  emesso  il  16
 gennaio 1991 in relazione ai rubricati reati e ritualmente notificato
 agli  stessi  rispettivamente  in  data 19 febbraio 1991 e 4 febbraio
 1991. In data 14 maggio 1991 presentavano  istanza  di  oblazione  ai
 sensi  dell'art.  162-  bis  del c.p. Il 17 maggio 1991 detta istanza
 veniva comunicata al p.m. per quanto di sua competenza.  In  data  18
 maggio  1991  quest'ultimo  rendeva  gli  atti con parere sfavorevole
 ritenendo la richiesta degli imputati inammissibile. Rilevava che  la
 domanda  di  oblazione  poteva  essere  proposta  o  nel  corso delle
 indagini preliminari o ex art. 557 c.p.p.  e  che  nella  specie  era
 stata   presentata   oltre   il  termine  di  giorni  quindici  dalla
 notificazione del decreto di citazione a giudizio,  e,  pertanto,  la
 parte era ormai decaduta dalla relativa facolta'.
                          RILEVATO IN DIRITTO
    Il procedimento di oblazione nel giudizio pretorile, cosi' come si
 ricava dal combinato disposto degli artt. 555, 557 e 558 del c.p.p. e
 141  delle  disp.  att.  del  c.p.p.,  sembra  svilupparsi  nel  modo
 seguente: la richiesta relativa puo' avanzarsi sia  nel  corso  delle
 indagini  preliminari  (art.  141,  primo comma, della disp. att. del
 c.p.p.) che nei quindici giorni  successivi  alla  notificazione  del
 decreto di citazione a giudizio (art. 555, primo comma, lett. e), nel
 c.p.p.).   Nell'un  caso  e  nell'altro,  il  p.m.  la  trasmettera',
 unitamente agli atti del procedimento, al  giudice  per  le  indagini
 preliminari  (art. 141, primo comma, delle disp. att. del c.p.p.). E'
 prevista una difforme regolamentazione, in  ordine  al  comportamento
 del  p.m.,  nelle due circostanze. Nel primo caso quet'ultimo inoltra
 la domanda accompagnadola con un semplice parere non  vincolante  per
 il g.i.p.  (art. 141, quarto comma, delle disp. att. del c.p.p.); nel
 secondo caso sembra che solo se lo stesso p.m. si sara' orientato per
 un assenso trasmettera' gli atti al g.i.p.; altrimenti li inviera' al
 pretore  affinche'  si  proceda  al dibattimento (artt. 557 e 558 del
 c.p.p.).   L'unica   argomentazione   che   puo'  essere  adotta  per
 giustificare siffatta differenziata disciplina e' la seguente: "nella
 seconda ipotesi il p.m. ha gia' preso posizione mediante la emissione
 del decreto di citazione  a  giudizio  sicche'  l'oblazione  dovrebbe
 rientrare  nelle  varie  forme di accordo, in ordine alla definizione
 del procedimento, tra parte privata  e  parte  pubblica  e  richiede,
 quindi,  il  consenso  vincolante di quet'ultima; nella prima ipotesi
 e',  invece,  la  persona  sottoposta  alle  indagini   ad   assumere
 l'iniziativa di ricorrere all'oblazione investendo della richiesta il
 giudice quando ancora il p.m. nessuna posizione ha preso in ordine al
 rito".  Non  vi  e' chi non veda come, comunque, tale disciplina crea
 una disparita' di trattamento non solo fra chi nel giudizio pretorile
 richiede il beneficio nel corso delle indagini preliminari e  chi  lo
 richieda  in  epoca  successiva  alla notifica del d.c., ma anche fra
 imputati  di  reati  oblazionabili  di  competenza  del  tribunale  e
 imputati  di  analoghi  reati  di  competenza del pretore. Ne risulta
 indubitabilmente violato l'art. 3 della Costituzione.  Ma  da  quanto
 sopra esposto emergono, altresi', le seguenti considerazioni:
       a)  unico  competente  a  decidere  sull'istanza  di  oblazione
 sarebbe il g.i.p. e mai il pretore del dibattimento (in  tale  ottica
 vanno  inquadrate  anche le disposizioni di cui agli artt. 464, e 604
 settimo comma, del c.p.p.);
       b) conseguentemente risulterebbe implicitamente abrogato l'art.
 162- bis del c.p. nella parte in cui consente  al  contravventore  di
 avanzare  la  predetta istanza prima dell'apertura del dibattimento e
 cioe' prima del compimento delle attivita' indicate negli artt. 484 e
 segg. del c.p.p. (art. 492 del c.p.p.); nonche'  di  riproporla  sino
 all'inizio  della  discussione finale del dibattimento di primo grado
 (art.  523  del  c.p.p.).  Orbene  la   possibilita'   di   ricorrere
 all'oblazione  e'  vista  dal legislatore del nuovo codice come utile
 strumento per una  definizione  rapida  del  procedimento  pretorile,
 unitamente  al  patteggiamento  e  al  giudizio abbreviato. Invero il
 predetto art. 555, primo comma, lett. e), include,  tra  i  requisiti
 del  d.c.  a  giudizio  emesso  dal  p.m.,  l'avviso  che, qualora ne
 ricorrano i  presupposti;  l'imputato  puo',  entro  il  termine  ivi
 indicato,  optare  per  i  riti  alternativi fra i quali l'oblazione.
 Analoga disciplina e' dettata in tema di decreto penale (art. 464 del
 c.p.p. e 141 del disp. att. del c.p.p.). Ma mentre con riferimento al
 patteggiamento il legislatore ha previsto che la  relativa  richiesta
 possa  essere  formulata  sino  alla  dichiarazione  di  apertura del
 dibattimento di primo grado  (art.  446  del  c.p.p.),  relativamente
 all'olazione  ha  individuato  quale  termine  finale per la relativa
 richiesta, quello dei quindici giorni successivi  alla  notifica  del
 d.c.   creando   una   ingiustificata  e  irrazionale  disparita'  di
 trattamento, censurabile quindi ancora ex art. 3 della  Costituzione,
 fra  coloro  che intendono usufruire dei diversi riti alternativi nel
 giudizio pretorile. Tale disparita', appare vieppiu' stridente se  si
 tiene  presente  che  alla richiesta di oblazione potrebbe conseguire
 immediatamente una declaratoria di estinzione  del  reato:  mentre  a
 quella  di  patteggiamento,  una  pronuncia  che e' equiparata ad una
 sentenza di  condanna  (art.  445  del  c.p.p.).  Relativamente  alla
 rilevanza della questione sul presente giudizio, va osservato:
       a)   entrambi   gli   imputati  sono  incensurati;  quindi  non
 sussistono  condizioni  soggettive  preclusive  all'applicazione  del
 beneficio;
       b) sulle conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili
 da    parte    dei    contravventori    va    segnalato   l'indirizzo
 giurisprudenziale secondo il  quale  "devono  intendersi"  ope  legis
 acquisiti  o  acquisibili  al  patrimonio  dello  Stato  le opere e i
 manufatti  realizzati  su   spazi   del   demanio   marittimo   senza
 concessione..  ..  ..  di modoche' sarebbe vietato al costruttore, in
 caso di occupazione operato  con  manufatti  infissi  nel  suolo  con
 carattere  di  stabilita',  ogni  ulteriore atto di disposizione o di
 uso, compreso quello di demolirle.. .. .. (cass. sez.  III  sent.  n.
 4228  del  5 maggio 1983 (ud. 25 febbraio 1983). Senza contare che la
 eventuale  imposizione  al  contravventore  della  condotta  indicata
 nell'art.  162- bis c.p. potrebbe costituire illegittima interferenza
 in un campo  le  cui  scelte  sono  riservate  alla  discrezionalita'
 dell'amministrazione la quale "in caso di realizzazione di opere abu-
 sive  su  aree del demanio marittimo, potrebbe, anziche' far valere i
 propri diritti sulle costruzioni abusive, stipulare un  formale  atto
 di  concessione-contratto  ove  sussista  un  interesse  pubblico  al
 perdurare della concessione e sia opportuno definire il regime  delle
 costuzioni abusive di non facile rimozione". (Cons. - Stato sez. II 4
 aprile  1979,  n.  1141/77,  in  Cons. Stato 1981 I, 225). Quindi non
 sussistono neanche ostacoli di natura oggettiva all'applicazione  del
 suddetto  beneficio.  Se fossero accolte le censure di illegittimita'
 costituzionale delle norme surriferite, i predetti imputati sarebbero
 ancora legittmati a proporre istanza di oblazione anche  in  presenza
 della  scadenza  del  termine di cui all'art. 555, primo comma, lett.
 e),  del  c.p.p.  e  prima  della  dichiarazione  di   apertura   del
 dibattimento.