IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Sciogliendo  la  riserva  di  decidere  espressa all'udienza del 2
 maggio 1991 nel procedimento di sorveglianza  promosso  da  Bongiorno
 Calogero,  nato ad Agrigento l'11 giugno 1963, in atto detenuto nella
 Casa Circondariale di Agrigento, con istanza  del  16  febbraio  1991
 diretta ad ottenere la liberazione anticipata;
    Premesso  che il condannato e' detenuto dal 28 settembre 1987, per
 espiare la pena di anni sei di reclusione  inflittagli  con  sentenza
 del  9  marzo  1990  della  Corte di assise di appello di Palermo per
 tentato omicidio e rapina aggravata;
    Ritenuto che con separata ordinanza si  e'  provveduto  in  ordine
 all'istanza  di  riduzione  della  pena  per  il periodo trascorso in
 carcere a titolo di custodia cautelare e a titolo di espiazione della
 pena, mentre per i periodo in cui il prevenuto ha  sofferto  custodia
 cautelare  in  regime  di  arresti  domiciliari  (29 aprile 1988 - 26
 febbraio   1991),   devesi   eccepire   d'ufficio    l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 54, primo comma, della legge 26 luglio 1975,
 n.  354,  cosi'  come  modificato dall'art. 18 della legge 10 ottobre
 1986,  n.  663,  nella  parte  in  cui  consente  la  concessione  di
 liberazione  anticipata per il periodo trascorso in stato di custodia
 cautelare in regime di  arresti  domiciliari,  per  violazione  degli
 artt. 3 e 27 della Costituzione.
    Ed  invero,  come gia' osservato da questo Tribunale con ordinanza
 del 19 maggio 1991  nel  procedimento  di  sorveglianza  promosso  da
 Patellaro Antonino, con la quale e' stata sollevata analoga questione
 di  legittimita' costituzionale, l'innovazione contenuta nell'art. 18
 della legge n. 663/1986, relativa alla possibilita'  della  riduzione
 di  pena  anche per il periodo trascorso in custodia cautelare in re-
 gime di arresti domiciliari, introduce una  disciplina  uniforme  per
 situazioni  strutturalmente diverse e prescinde da qualsiasi funzione
 rieducativa.
    Nell'indicata ordinanza del 9 maggio 1991 il collegio ha, infatti,
 posto in evidenza le  differenze  sostanziali  tra  la  misura  della
 custodia cautelare in carcere e quella degli arresti domiciliari, che
 e' meno afflittiva e strutturalmente piu' assimilabile all'obbligo di
 dimora;   sicche',   applicando  indifferentemente  l'istituto  della
 liberazione anticipata ai detenuti  che  hanno  presofferto  custodia
 cautelare  in carcere o in regime di arresti domiciliari, si realizza
 una palese discriminazione a vantaggio di questi ultimi.
    Con l'ulteriore conseguenza che, poiche' il giudizio del tribunale
 e' vincolato a un parere  estremamente  generico  e  sintetico  delle
 autorita' di P.S. preposte alla vigilanza del soggetto durante il re-
 gime  degli  arresti  domiciliari, la mera regolarita' della condotta
 durante tale periodo e' condizione necessaria e  sufficiente  per  la
 riduzione  della  pena, al contrario di quanto avviene per i detenuti
 che hanno presofferto custodia cautelare in carcere, per i  quali  la
 mera  regolarita' della condotta non puo' giustificare la concessione
 di liberazione anticipata, o per i quali, quanto meno,  il  requisito
 della  "regolarita'  della condotta" si atteggia diversamente (avendo
 rilevanza  con  i  rapporti  con  gli  organi  penitenziari,  con  il
 personale di custodia, con  gli  altri  detenuti,  sotto  il  profilo
 dell'adeguamento   alle   norme   e   alle   regole  dell'ordinamento
 penitenziario e dell'osservanza della disciplina carceraria).
    Ed ancora, durante gli arresti domiciliari non si garantiscono "le
 finalita' rieducative della pena".
    Come si e' rilevato con la citata ordinanza  del  9  maggio  1991,
 anche nei confronti del detenuto in custodia cautelare in carcere non
 puo'  ancora  formalmente  parlarsi di osservazione scientifica della
 personalita' o di trattamento rieducativo, trattandosi di un soggetto
 ancora investito dalla presunzione d'innocenza. Puo' pero' affermarsi
 che esiste una prospettiva rieducatrice, nella quale l'osservanza  di
 norme   regolamentari   e   disciplinari   e'   anche   destinata  al
 miglioramento del  suo  comportamento  e  nella  quale  gli  e'  pure
 riconosciuta  la  facolta'  di  accedere alle occasioni trattamentali
 (art. 15, terzo comma della legge n. 354/1975).
    Durante  gli  arresti   domiciliari   manca,   invece,   qualsiasi
 prospettiva  rieducatrice, giacche' la misura consente al soggetto di
 vivere  nell'ambiente  domestico  in  cui  ha  sempre  vissuto,  e  i
 controlli  delle  forze dell'ordine sono esclusivamente finalizzati a
 verificare che l'arrestato non si allontani dall'abitazione.
    Devesi,   pertanto,   tornare   a   denunciare    l'illegittimita'
 costituzionale della normativa indicata per contrasto con gli artt. 3
 e 27 della Costituzione.