IL PRETORE
   All'udienza dibattimentale del 12  giugno  1991,  nel  procedimento
 penale  n. 11901/90, a carico di Amadei Lerindo, nato a Baiso (Reggio
 Emilia) il 29 dicembre 1942 e  residente  a  Reggio  Emilia,  in  via
 Casello  Veneri,  17,  imputato del reato p. e p. dall'art. 21, terzo
 comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319,  con  suc.  mod.,  perche'
 nella  qualita'  di presidente (legale rappresentante) della societa'
 cooperativa  a  r.l.  "Caseificio   sociale   di   Villa   Fogliano",
 insediamento  da ritenersi produttivo per difetto di complementarita'
 funzionale tra l'attivita' di allevamento del bestiame esercitata dai
 singoli soci sui terreni di rispettiva pertinenza  e  l'attivita'  di
 produzione  del latte conferito dai soci, costituente l'unico oggetto
 della distinta societa' cooperativa, effettuava uno scarico di reflui
 derivati dall'attivita' del caseificio in acque  superficiali  (fosso
 stradale)  eccedente  nei  parametri  dei solidi sedimentabili, Bod e
 Cod, nei limiti di accettabilita' di cui alle tabelle C ed A allegate
 alla legge citata;
    Accertato in Reggio Emilia il 19 luglio 1989;
    Ha pronunziato la seguente ordinanza della quale ha  dato  lettura
 il dibattimento.
    Nel   procedimento   penale   di   cui  in  epigrafe,  all'udienza
 dibattimentale del 12 giugno 1991, il p.m. ha sollevato eccezione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, primo comma, lett. a), n. 2
 della  legge  regionale  Emilia-Romagna  28 novembre 1986, n. 42, per
 contrasto con gli artt. 25 e 117 della Costituzione.
    Il difensore dell'imputato si e' rimesso a giustizia.
    Secondo quanto sostenuto, il denunziato  vizio  di  illegittimita'
 costituzionale  si  configurerebbe,  piu'  specificamente,  "  ..  in
 riferimento alla  legge  10  maggio  1976,  n.  319,  con  successive
 modifiche,  la  quale  ha  per dichiarato oggetto la disciplina degli
 scarichi di qualsiasi tipo, pubblici e privati, diretti ed indiretti,
 in tutte le acque superficiali e sotterranee, interne e  marine,  sia
 pubbliche  che  private,  nonche'  in  fognature,  sul  suolo  e  nel
 sottosuolo  (art. 1), delegando alle regioni, al di fuori dell'ambito
 di materie tassativamente indicate dall'art. 117  della  Costituzione
 come  oggetto di legislazione regionale autonoma, la sola definizione
 della disciplina degli scarichi delle  pubbliche  fognature  e  degli
 insediamenti  civili che non recapitano in pubbliche fognature, e nel
 prescritto  rispetto  di  una  serie  di  parametri  tra   i   quali,
 espressamente  previsti,  i  limiti  di  accettabilita' fissati nelle
 tabelle allegate alla legge (c.i.r.  art. 14, secondo comma,  infine,
 della legge n. 319/1976 cit.)".
    "E'  evidente", sostiene il p.m., "che l'intervento di definizione
 disciplinatrice degli scarichi  delle  pubbliche  fognature  e  degli
 insediamenti  civili  non  recapitanti  in  pubbliche  fognature,  da
 attuarsi con i prescritti piani regionali, tenendo conto  dei  limiti
 di  qualita' degli scarichi sanciti nelle tabelle allegate alla legge
 statale, non puo' risolversi nella sostanziale eversione dei precetti
 fondamentali (previsti per tutti i  tipi  di  scarichi)  dalla  legge
 statale,  con  il disposto corredo di sanzioni penali, trattandosi di
 materia non costituzionalmente riservata alla legislazione regionale,
 la quale si profila illegittimamente  interferente  con  la  predetta
 disciplina   statale  e  intrinsecamente  inosservante  dello  stesso
 strumento normativo delegato, determinato dalla  legge  statale  come
 'piano'  (norma  sub-primaria  di  attuazione  o  atto amministrativo
 generale di normazione secondaria) e non come legge regionale,  unica
 fonte  (quest'ultima)  abilitata  a  disporre sanzioni amministrative
 insieme alla legge statale (art. 1 della legge 24 novembre  1981,  n.
 689)".
    "Vi   e'   dunque",   secondo   il   p.m.,   "una   illegittimita'
 costituzionale  innanzitutto  formale  della   normativa   regionale,
 essendovi  rivestita  del  rango  di  legge (norma primaria) e non di
 quello di semplice 'piano' (norma sub-primaria  di  attuazione  della
 legge statale), in contrasto con la disposizione costituzionale (art.
 117,  primo comma, della Costituzione), che riserva alla Costituzione
 e a legge costituzionali l'indicazione delle  materie  soggette  alla
 potesta'  legislativa  autonoma  delle  regioni, affidando alle leggi
 della Repubblica la possibilita' di demandare alle  regioni  il  solo
 potere  di  emanare  norme  per la loro attuazione (art. 117, secondo
 comma, della Costituzione)". E ancora, sarebbe da  riscontrare  "  ..
 un'illegittimita'  di  contenuto  sostanziale  delle  predette  norme
 regionali, le  quali  non  si  limitano  a  perseguire  obiettivi  di
 risanamento  delle  acque con il piano (e non la legge) oggetto della
 delega statale,  ma,  formulando  autonomamente  l'intera  disciplina
 degli  scarichi  civili,  arbitrariamente escludono dall'ambito della
 fattispecie penalmente rilevante di cui all'art. 21  della  legge  n.
 319/1976  lo  scarico  non preceduto da domanda di autorizzazione e/o
 eccedente i limiti tabellari  previsti  negli  allegati  alla  stessa
 legge   statale,   solo   perche'  proveniente  da  imprese  agricole
 equiparate all'insediamento civile". Si determinerebbe  "  ..  cosi',
 una  illegittima  interferenza  riduttiva  del contenuto del precetto
 statale penalmente sanzionato, in contrasto con  l'art.  25,  secondo
 comma,  della  Costituzione,  che  riserva  esclusivamente alla legge
 dello Stato la definizione dei fatti di rilievo penale". Ha rilevato,
 il p.m., che ".. in proposito, la Corte costituzionale ha piu'  volte
 precisato  che  la  fonte  del  potere  punitivo  risiede  nella sola
 legislazione statale e che le Regioni non hanno  la  possibilita'  di
 comminare,  rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste in
 una data materia; non possono, cioe', interferire  negativamente  con
 le   norme   penali  statali,  disciplinando  e  considerando  lecita
 un'attivita' che invece  l'ordinamento  statale  sanziona  penalmente
 (sentenze Corte costituzionale nn. 79/1977, n. 370/1989, 43 e 309 del
 1990)".   Conclusivamente,   ha   denunciato  l'illegittimita'  delle
 sanzioni amministrative introdotte  dalla  legge  regionale  E.R.  n.
 42/1986  cit.,  per  intrinseca  radicale  illegittimita' della legge
 regionale  in   materia   non   rientrante   in   alcuna   previsione
 costituzionale  di  legislazione  regionale  autonoma (violazione del
 principio di riserva costituzionale -  art.  117  della  Costituzione
 cit.  -  delle  materie  attribuite  alla legislazione regionale), e,
 ancora, per illegittimita' interferenza  della  disciplina  regionale
 sanzionatoria  in  una materia (tutela delle acque dall'inquinamento)
 oggetto di legge dello Stato con previsione di principi  generali  di
 disciplina  degli scarichi di qualsiasi tipo (c.f.r., in particolare,
 l'art. 9, primo, secondo ed ultimo comma,  della  ripetuta  legge  n.
 319/1976)  e correlative sanzioni penali (c.f.r., in particolare, gli
 artt. 21, 22, 23 e 23- bis della legge n. 319/1976), non modificabili
 da una disciplina regionale espressamente prevista come attuativa  di
 quegli  stessi  principi  (art.  14, secondo comma, della legge cit.)
 attraverso lo strumento del piano di risanamento delle  acque,  nella
 vincolante  cornice  di  principi  e  parametri, con relativo corredo
 sanzionatorio penale, adottati con legge dello Stato (art.  25  della
 Costituzione).
    Il  processo  in  corso non puo' essere definito indipendentemente
 dalla  risoluzione   della   proposta   eccezione   di   legittimita'
 costituzionale, dacche' questo pretore ritiene che, nella specie, per
 il  rinvio  operato  dall'art. 14 della legge 10 maggio 1976, n. 319,
 sia da ravvisarsi  non  il  contestato  illecito  penale,  ma  quello
 amministrativamente  sanzionato  dall'art.  11  della legge regionale
 Emilia-Romagna    n.    42/1986,    del     quale     si     denunzia
 l'incostituzionalita'.
    Infatti,  sulla  base dei documenti prodotti in data odierna dallo
 stesso p.m., l'insediamento descritto nel campo di  imputazione  come
 produttivo  presenta  tutti  i  requisiti  per  essere  classificato,
 contrariamente alla tesi principale dell'accusa, come civile a  norma
 dell'art.  6,  ultimo  alinea, legge regionale 29 gennaio 1983, n. 7,
 con la modifica apportata alla stessa norma dall'art. 2  della  legge
 regionale 23 marzo 1984, n. 13.
    La   proposta   eccezione  non  appare  manifestamente  infondata,
 sembrando evidente che, cosi' come sostenuto  dal  p.m.,  la  Regione
 Emilia-Romagna  ha  legiferato  eccedendo  tanto  i limiti di materia
 imposti dall'art. 117 della Costituzione, quanto quelli dei  principi
 fondamentali  stabiliti  dalla  legge  statale 10 maggio 1976, n. 319
 (limiti dei quali  lo  stesso  art.  117  della  Costituzione  impone
 l'osservanza),   finendo   per   "rimuovere"  o  per  "ridurre",  con
 l'emanazione della norma della quale si  eccepisce  l'illegittimita',
 la disposizione penale statale (art. 21 della legge n. 319/1976).