IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza, proc. pen. n. 7/91 r.g. c/Staiano Pietro. In seguito a denuncia Staiano Pietro e' stato tratto a giudizio per rispondere, tra l'altro, di contravvenzione all'art. 1-sexies della legge 8 agosto 1985, n. 431, per avere eseguito opere edili in area sottoposta a vincolo in assenza dell'autorizzazione prescritta dall'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497. In fatto, e' stato accertato che l'imputato, in assenza di qualsiasi provvedimento autorizzativo, ha ripristinato in muratura un manufatto di modeste dimensioni per farne il parcheggio della propria abitazione. Per l'opera realizzata dall'imputato e' stato successivamente concessa autorizzazione edilizia in sanatoria (anche ai sensi dell'art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122), previa autorizzazione ai sensi dell'art. 7 della legge 29 giugno 1939, numero 1497. Il capo di imputazione, com'e' formulato, riflette la tesi, dominante in dottrina ed accolta in giurisprudenza, che l'art. 1-sexies, sanzionando la violazione delle disposizioni della legge n. 431/1985, abbia configurato come fattispecie penalmente rilevante l'inosservanza dell'art. 7 della legge n. 1497/1939: si' che l'opera edile, e qualsiasi attivita' di modificazione ambientale eseguita in assenza di autorizzazione viene ritenuta soggetta, per il richiamo contenuto nell'art. 1-sexies, alla pena prevista dall'art. 20, e dall'art. 20, lett. c), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (s.C. sez. III, 10 aprile 1987, Di Iorio). Sembra al pretore che l'art. 1-sexies abbia una portata piu' limitata; che, in particolare, esso non elevi a dignita' di reato la violazione delle prescrizioni imposte dalla legge n. 1497/1939; che, invece, esso si limiti a reprimere penalmente la violazione del vincolo di immodificabilita' assoluta previsto dagli artt. 1- ter e 1-quinquies della medesima legge. Non mancano gli argomenti, di ordine letterale, sistematico, teleologico, che sorreggono una lettura, per cosi' dire riduttiva, della norma. Sotto il primo profilo, e' vano cercare, nell'art. 1 della legge, il precetto al quale collegare la sanzione richiamata dall'art. 1-sexies. L'autorizzazione che rimuove il vincolo (di immodificabilita' relativa) e' disciplinata ex novo dall'art. 1 della legge n. 431/1985, ma e' prescritta dall'art. 7 cpv. della legge n. 1497/1939: e l'art. 1-sexies sanziona penalmente la violazione delle disposizioni del decreto (convertito in legge), non delle disposizioni della legge n. 1497/1939. Sotto il secondo profilo, e' agevole osservare che la legge n. 431/1985 si compone di due parti: la prima, diretta ad estendere a intere categorie di beni la tutela prevista dalla legge n. 1497/1939, riprodure con modificazioni l'art. 1 del d.l. n. 312/1985, che non conteneva sanzioni penali; la seconda, diretta ad assicurare una tutela immediata a una categoria piu' ristretta, e' stata introdotta dalle norme di conversione, che prevedono sanzioni penali. Sotto il terzo profilo, e' facile cogliere, nel sistema della legge, l'intento del legislatore: preservare l'ambiente da ulteriori attentati con l'imposizione di un vincolo (assoluto o relativo). Il ricorso alla sanzione penale appare coerente col disegno del legislatore, se tende a garantire l'osservanza del vincolo di immodificabilita' assoluta (previsto, prima della legge n. 431/1985, da leggi regionali e decreti ministeriali privi di reale efficacia); appare invece sproporzionato se tende a garantire l'osservanza del vincolo di immodificabilita' relativa, soprattutto quand'esso possa essere rimosso dall'autorizzazione in sanatoria. Il ricorso indiscriminato alla sanzione penale contribuisce, in ogni caso, a creare un'area indistinta di illecito, che copre qualsiasi violazione, anche quella di modesta entita', della quale non e' avvertito il disvalore penale. Cosi' interpretata, la norma dettata dall'art. 1-sexies sarebbe applicabile alle sole opere eseguite in violazione del divieto assoluto di modificazione ambientale posto dalle regioni (art. 1- ter) o dai provvedimenti emanati in attuazione del decreto Galasso (dei quali viene recuperata l'efficacia). Fatto sta che l'art. 1-sexies, nell'interpretazione piu' diffusa, e considerato come espressione di diritto vivente, viene applicato (anche) all'inosservanza dell'art. 7 della legge n. 1497/1939. Non ignora il pretore le regioni di ordine letterale (a norma di legge, "ferme restando le sanzioni di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497" si applicano "altresi'" quelle previste dall'art. 20 della legge n. 47/1985: dove le sanzioni penali sembrano avere carattere additivo rispetto a quelle amministrative previste per il medesimo fatto); le esigenze di ordine ambientale (la tutela del paesaggio che trova il suo primo riconoscimento nell'art. 9 della Carta costituzionale); le ragioni testuali (l'art. 3, n. 2, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, esclude dall'amnistia il reato previsto dall'art. 1-sexies "salvo che sia conseguita in sanatoria l'autorizzazione da parte delle competenti autorita'": e l'autorizzazione in sanatoria non puo' essere concessa la' dove permanga il vincolo di inedificabilita' assoluta previsto dagli artt. 1- ter e 1-quinquies della legge n. 431/1985); che giustificano questa opzione interpretativa allargata. Ma, se questa interpretazione e' esatta, se questa e' la volonta' del legislatore fatta legge, non possono non sorgere dubbi sulla legittimita' costituzionale della norma. Non tanto per l'insufficiente determinatezza del precetto, anche se puo' apparire eccessiva l'area dell'illecito penale (cosi' dilatato, esso verrebbe ad abbracciare: a) l'inosservanza dell'art. 7 in aree vincolate ai sensi della legge n. 1497/1939; b) l'inosservanza dell'art. 7 nelle aree individuate per categoria ai sensi dell'art. 1 della legge n. 431/1985; c) l'inosservanza del vincolo di immodificabilita' assoluta previsto dall'art. 1- ter; d) l'inosservanza del vincolo di immodificabilita' assoluta previsto dall'art. 1-quinquies della legge). Quanto, e pittosto, per la violazione del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), non sembrando conforme ai principi costituzionali che situazioni radicalmente difformi tra loro siano sottoposte alla stessa (gravissima) pena. Non par dubbio, infatti, che altro e' violare il vincolo di immodificabilita' relativa (che puo' essere rimosso dall'autorizzazione); altro e' violare il vincolo di immodificabilita' assoluta (che non puo' essere rimosso da alcuna autorizzazione); e, nell'ambito della stessa violazione, altro e' realizzare un intervento di edilizia minore (che provoca una lieve modificazione dell'esistente), altro e' realizzare un intervento di trasformazione urbanistica (che innova radicalmente il tessuto ambientale preesistente). Sottoporre in questo caso alla stessa sanzione, sia pure per esigenze di tutela ambientale, condotte dotate di un grado diverso di offensivita' dello stesso bene protetto, sembra contrario al principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Di piu'. L'art. 1- ter e l'art. 1-quinquies prevedono un vincolo di immodificabilita' assoluto, ma temporaneo (sino alla data del 31 dicembre 1986; e, comunque, sino all'approvazione dei piani, paesistici o urbanistico-territoriali: s.C. s.u. 15 marzo 1989, Graziani). Approvato il piano, cessa l'efficacia del vincolo assoluto; permane in ogni caso l'efficacia del vincolo relativo. Se fosse esatto che l'art. 1-sexies sanziona penalmente l'inosservanza dell'art. 7, dovrebbe considerarsi soggetta alle sanzioni previste dall'art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985 anche l'opera conforme alle prescrizioni del piano, quand'essa non sia stata autorizzata ai sensi dell'art. 7 della legge n. 1497/1939 (e' noto che il reato ex art. 1-sexies viene configurato come reato a pericolo presunto, che sussiste per il solo fatto che non sia stata concessa autorizzazione, insuscettibile di estinzione per sanatoria amministrativa: con la consenguenza, non si sa quanto coerente col disegno del legislatore, che, concessa l'autorizzazione in sanatoria, l'opera realizzata in violazione del divieto non puo' piu' essere demolita ai sensi dell'art. 15 della legge n. 1497/1939, ma deve essere demolita ai sensi dell'art. 1-sexies della legge n. 431/1985, con la restituzione in pristino disposta con la sentenza di condanna dal giudice penale). Ma, in questo caso, la norma penale avrebbe un sicuro carattere di irragionevolezza, non essendo agevole spiegare la ragione della pena per una condotta che, per avventura, non fosse lesiva dell'interesse protetto (non solo dall'art. 7 ma dalla legge n. 431/1985, e dalla legge regionale che approva il piano). Anche per questo, la questione, oltre che non manifestamente infondata appare rilevante nel caso concreto: nel quale l'interprete deve tener conto, oltre che delle norme generali, del piano urbanistico-territoriale approvato con legge regionale 27 giugno 1987, n. 35. Il piano vieta (art. 5) il rilascio di concessioni edilizie; non vieta le autorizzazioni (e, nel caso concreto, l'intervento edilizio e' soggetto ad autorizzazione per espresso disposto di legge: art. 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122): non vieta gli interventi di restauro conservativo, di consolidamento statico o di manutenzione straordinaria (e, nel caso concreto, l'opera realizzata puo' farsi rientrare tra gli interventi di manutenzione straordinaria). Resta fermo il vincolo, nascente dalla legge o dal provvedimento amministrativo, di immodificabilita' (relativa) dello stato dei luoghi. Quale che sia il tipo di intervento (anche se di edilizia minore) e purche' provochi una modificazione dello stato dei luoghi, occorre la preventiva autorizzazione ex art. 7 della legge n. 1497/1939. In mancanza, l'intervento sara' soggetto, secondo l'interpretazione corrente, alle sanzioni previste dall'art. 20, lett. c), della legge n. 47/1985, anche se dovesse essere concessa autorizzazione in sanatoria. Ma una tutela cosi' rigorosa sembra contraria al principio di necessaria offensivita' del fatto costituente reato; e, di nuovo, si pone in contrasto col principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) assoggettando alla stessa sanzione interventi edilizi minori, neppure in contrasto coi piani, e trasformazioni urbanistiche vere e proprie non consentite dai piani, alterazioni ambientali appena intuibili, e comunque sanabili, e attentati veri e propri alle bellezze naturali. Ne' si dica che unico e' l'interesse protetto: la tutela del quale, nell'uno e nell'altro caso, e' riservata all'organo preposto al rilascio dell'autorizzazione. Solo un eccesso di formalismo giuridico puo' far perdere di vista le differenze sostanziali tra l'una e l'altra violazione, tra l'uno e l'altro fatto storico. Lo stesso decreto n. 312/1985, poi convertito con modificazioni nella legge n. 431/1985, prevedeva (art. 1, quinto comma) un trattamento differenziato per gli interventi di manutenzione straordinaria, neppure soggetti all'autorizzazione ex art. 7 della legge n. 1497/1939. Il decreto non conteneva sanzioni penali; e la norma non e' stata riprodotta nella legge di convensi- one, che introduce le sanzioni penali. Ma questo non basta per far ritenere che, tra il decreto e la legge di conversione, sia stata operata una cosi' radicale inversione di rotta da coprire con la stessa sanzione anche gli interventi di manutenzione straordinaria non assentiti da autorizzazione ex art. 7. Vero e' che la sanzione penale, se sanzione penale e' stata prevista per l'inosservanza dell'art. 7 della legge n. 1497/1939, quale che sia l'intervento, e anche se esso non contrasti con le previsioni del piano (paesistico o urbanistico-territoriale) appare ancora una volta in contrasto col principio di eguaglianza. Per questo, si rende necessario l'intervento della Corte costituzionale: che, se dovesse ritenere fondati i dubbi di costituzionalita' della norma, potrebbe ridurne, con una sentenza interpretativa, l'ambito di operativita', costringendo il legislatore a chiarire (e, se necessario, diversificare) le conseguenze penali di una disposizione, tra le piu' oscure e ambigue che mai siano state dettate.