IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Sciogliendo la riserva di cui al verbale 14 febraio 1991, osserva:
    In   ordine   alla  richiesta  di  sospensione  della  provvisoria
 esecuzione  del  decreto  tardivamente  opposto,   si   rileva   che:
 trattandosi  di decreto ormai divenuto definitivo, salva la questione
 di  costituzionalita'di  cui  infra,   non   pare   concedibile   una
 sospensione   consentita  solo  nei  confronti  di  una  esecutivita'
 provvisoria, a tacere della mancata allegazione di  gravi  motivi  di
 sorta che dovrebero sostenerla.
    Quanto   alla   questione   di   costituzionalita',  il  consorzio
 ricorrente  ha  denunciato  di  incostituzionalita'  le   norme   che
 stabiliscono  la  non sospensione dei termini feriali relativamente a
 tutte le controversie previste dall'art. 442  del  c.p.c.  quantomeno
 nella  parte in cui la non sospensione riguarda anche le controversie
 tra istituti previdenziali  e  datori  di  lavoro  e/o  qualora  esse
 vengano  propste mediante rito monitorio, per violazione degli art. 3
 e 36 della Costituzione, in quanto viene sacrificato il diritto  alle
 ferie  annuali per le parti e gli avvocati senza necessita' di tutela
 di un diritto pari o superiore, e per violazione dell'art.  24  della
 Costituzione  per  non  consentire,  attesi  i brevi termini per fare
 opposizione a un decreto  ingiuntivo  -  termini  che  possono  anche
 interamente decorrere all'interno del periodo feriale - una difesa in
 giudizio. Il fatto che ha motivato l'eccezione e' l'avvenuta notifica
 del  decreto  opposto  -  emesso il 2 luglio 1990 - in data 1º agosto
 1990,  con  le  conseguenti  insormontabili   difficolta'   dell'ente
 pubblico  opponente  di  deliberare  e  apprestare  in  concreto  una
 tempestiva opposizione.
    Preliminarmente, quanto alla rilevanza dell'eccezione,  si  rileva
 che   la  domanda,  proposta  dall'ente  opponente  all'I.N.P.S.,  di
 regolarizzazione contributiva (c.d. "condono") non preclude, come  da
 giurisprudenza  di  legittimita' - Cass., sez. Lavoro, 7 luglio 1987,
 n.  5029  -  l'accertamento  giudiziario  della   non   debenza   dei
 contributi, non disponendo alcuna norma in questo senso.
    Va  altresi'  affermato,  sempre  sul piano della rilevanza, che i
 motivi di  merito  dell'opposizione  (tardivamente  proposta)  paiono
 fondati:  premesso che i contributi in questione non sono sicuramente
 dovuti da parte di comuni  e  province,  a  norma  dell'art.  38  del
 r.d.-l.  4  agosto 1935, n. 1827, la questione e' se ne siano esenti,
 anche se non espressamente nominati, i consorzi di comuni e province,
 oppure no. La risposta affermativa sembra imporsi, leggendo la  norma
 citata  con  un minimo di logica e avuto riguardo alla difficolta' di
 enumerare compiutamente tutti i tipi di enti  pubblici  territoriali.
 Indicando le amministrazioni dello Stato, delle province e dei comuni
 (e   delle   istituzioni   di  beneficenza),  il  legislatore  voleva
 chiaramente ricomprendere tutto l'impiego  pubblico,  inserito  nello
 stato  o  in enti pubblici non economici. Non si vede in base a quale
 ratio i consorzi  di  comuni  andrebbero  trattati  diversamente  dai
 comuni.   In  questo  senso  ha  deciso  ripetutamente  la  Corte  di
 cassazione (n. 5820 del 27 ottobre 1988, n.   1690  del  26  febbraio
 1985) e non c'e' davvero ragione di opinare in senso contrario.
    Dunque l'opposizione, se ammissibile, sarebbe fondata - si ritiene
 -  nel  merito. Pertanto la questione di costituzionalita' si ritiene
 rilevante.
    La stessa si ritiene altresi' non manifestamente infondata: la non
 sospensione dei termini feriali (istituto posto a tutela delle  ferie
 di  magistrati ed avvocati) si giustifica quando parte in causa e' un
 lavoratore, per la urgenza sempre rivestita  dalla  tutela  dei  suoi
 diritti,  in gran parte di tipo alimentare, e percio' e' giustificata
 la compressione del diritto alle ferie  degli  operatori  giudiziari;
 non  si  puo'  dire lo stesso quando, come e' solarmente evidente nel
 caso di specie ma e' comunque vero in generale, la  controversia  sia
 tra  enti  previdenziali  e datori di lavoro, e verta sulla debenza o
 meno di contributi sempre risalenti  assai  indietro  nel  tempo.  In
 questi  casi,  in  presenza  di  un ritardo comunque di anni rispetto
 all'epoca di insorgenza dell'obbligo contributivo, appare  del  tutto
 insignificante un eventuale ulteriore ritardo di un mese e mezzo; nel
 caso  poi  in  cui  l'ente agisca, come e' suo diritto, con procedura
 monitoria, il termine di venti giorni per l'opposizione, gia'  breve,
 qualora  si  ritengano  non sospesi i termini feriali, puo' decorrere
 anche per intero all'interno del periodo feriale, con le  conseguenti
 pressoche' insuperabili difficolta', a maggior ragione da parte di un
 ente  pubblico,  a deliberare una difesa e a trovare un difensore - a
 Milano in pieno agosto - che si assuma l'onere di studiare la pratica
 e proporre tempestivamente opposizione. Francamente non pare  che  la
 concreta  compressione  del diritto di difesa in capo a chi si veda -
 come nel caso di specie - notificare  un  decreto  ingiuntivo  il  1º
 agosto  sia  giustificata  da  alcuna  esigenza  meritevole di pari o
 superiore tutela. Le esigenze di cassa degli enti  previdenziali  non
 si  vogliono  disconoscere,  al  contrario:  se hanno tanta fretta di
 incassare, ben possono anticipare la richiesta dei decreti e la  loro
 notifica  (nella  specie  avvenuta  trenta  giorni dopo l'emissione³)
 senza attendere a notificare quando le aziende sono chiuse, gli  enti
 pubblici ridotti all'osso e gli avvocati - nella quasi totalita' - in
 vacanza;  in  ogni  caso  quel  mese e mezzo di ritardo - si ripete -
 appare irrilevante sui  tempi  di  queste  controversie,  mentre,  al
 contrario,  il  sacrificio  del  diritto  di  difesa degli igiunti e'
 totale e definitivo. Per queste ragioni si ritiene  rilevante  e  non
 manifestamente infondata la proposta questione di costituzionalita'.