IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato fuori udienza la seguente ordinanza:
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  decreto  4  febbraio  1991  emesso  al  termine  dell'udienza
 preliminare  veniva  rinviata a giudizio l'imputata Rossa Ornella per
 rispondere dei reati p. e p. dagli artt. 81 cpv., 628,  terzo  comma,
 n.  2,  del c.p.; 81 cpv., 613, primo comma, e terzo comma, n. 1, del
 c.p.; 81 cpv., 46, del c.p.; 116 del r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736.
    Preliminarmente la difesa formulava numerose eccezioni  in  ordine
 al contenuto del fascicolo per il dibattimento, chiedono l'espunzione
 da  quest'ultimo  di  diversi  atti,  tra  i  quali  il verbale delle
 dichiarazioni rese dalla p.o. alla polizia giudiziaria.
    Il p.m. concordava con la difesa tranne che  per  l'espunzione  di
 quest'ultimo atto del fasciolo per il dibattimento.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    L'eccezione preliminare proposta dalla difesa dell'imputato appare
 fondata alla luce della normativa vigente.
    Invero, nonostante sia avvenuta la morte del dichiarante che rende
 impossibile  l'assunzione  della  sua testimonianza in dibattimento e
 quindi determina l'irripetibilita' (sopravvenuta) delle dichiarazioni
 rese, queste ultime non avrebbero potuto essere  gia'  contenute  nel
 fascicolo per il dibattimento, come e' avvenuto nel caso di specie.
    Infatti  l'ipotesi in cui un atto, lato sensu istruttorio, diventa
 irripetibile a causa della  sopravvenienza  di  fatti  o  circostanze
 imprevedibili  al  momento  della sua assunzione (tra i quali rientra
 certamente il caso in esame), e' disciplinata espressamente, nel capo
 III del titolo II del codice dedicato all'istruzione  dibattimentale,
 dall'art. 512 del c.p.p.
    Trattasi  di  previsione  ad hoc, ulteriore rispetto all'art. 431,
 che e' la norma generale che individua  il  contenuto  del  fascicolo
 d'ufficio  prima che si addivenga al dibattimentp e che non a caso e'
 contenuta nella parte del codice  relativa  all'udienza  preliminare,
 essendo compito della cancelleria del g.i.p. formare tale fascicolo a
 seguito del decreto che dispone il giudizio.
    Conseguentemente   gli   atti   istruttori   di  cui  e'  divenuta
 irripetibile la ripetizione, per fatti o circostanze imprevedibili al
 momento  della  loro  assunzione,  non  vanno   ricompresi   sic   et
 simpliciter nel fascicolo per il dibattimento ex art. 431 del c.p.p.,
 al  pari  degli  atti  intinsecamente  irripetibili  (quali ad es. le
 consulenze  tecniche  ex  art.  360  del   c.p.p.,   i   verbali   di
 perquisizione e di sequestro etc.).
    Dalla loro utilizzabilita' processuale si controvertera' invece in
 dibattimento: infatti l'art. 512 del c.p.p. prevede che la lettura di
 tali  atti,  che  comporta  la  loro acquisizione al fascicolo per il
 dibattimento, ex  art.  515  del  c.p.p.,  e  quindi  la  loro  piena
 utilizzabilita'  ai  fini  del  decidere,  possa  essere disposta dal
 giudice solo su richiesta di parte.
    Cio' premesso in relazione al rapporto tra l'art. 431 del c.p.c. e
 l'art. 512 del c.p.p. a proposito del concetto di atto  irripetibile,
 il  collegio  concorda  con  la  difesa  circa  l'ambito  applicativo
 dell'art. 512,  anche  alla  luce  del  disposto  dell'art.  514:  le
 dichiarazioni  rese alla p.g. nel corso delle indagini preliminari da
 persone informate sui fatti, nonostante siano  divenute  irripetibili
 per  morte  del  dichiarante,  ovvero  proprio  a  causa di un evento
 imprevedibile all'atto della  loro  assunzione,  non  possono  essere
 lette   in  dibattimento  ad  istanza  di  parte  e  conseguentemente
 acquisite al fascicolo d'ufficio, per  la  elementare  considerazione
 che  gli  atti  assunti  dalla  p.g.  non  rientrano nella previsione
 dell'art. 512 del c.p.p. (che comprende solo  gli  atti  assunti  dal
 p.m. o dal giudice nel corso dell'udienza preliminare).
    La lettera di tali dichiarazioni risulta comunque preclusa a norma
 dell'art.  514  del c.p.p., essendo esse ricomprese espressamente tra
 le letture vietate in dibattimento ai sensi  di  tale  norma:  si  e'
 ritenuto,  forse, che le dichiarazioni fatte alla p.g. fossero sempre
 ripetibili dal  p.m.  ove  costui  lo  avesse  ritenuto  opportuno  e
 necessario.
    Tale  interpretazione  del  dettato  normativo,  seppur  esatta, a
 parere del collegio pone in contrasto  il  combinato  disposto  dagli
 artt.  431,  512  e  514  del  c.p.p.  con  gli  artt.  3  e 97 della
 Costituzione e  pertanto  rende  necessario  sollevare  d'ufficio  la
 relativa questione di legittimita' costituzionale.
    Sembra   evidente   infatti   l'irragionevolezza   della   vigente
 disciplina nella misura in cui essa regola  in  modo  diverso,  senza
 alcuna  apprezzabile  giustificazione  logica,  due  atti  istruttori
 ontologicamente simili, quali le informazioni rese alla p.g. ex  art.
 351  e quelle rese al p.m. ex art. 362 del c.p.p. da parte di persone
 in grado di riferire notizie utili per le indagini,  con  particolare
 riferimento  all'ipotesi in cui, prima del dibattimento, si verifichi
 per circostanze imprevedibili la morte del dichiarante.
    In  altri termini, posto che le dichiarazioni di persone informate
 sui fatti hanno la medesima valenza  probatoria  a,  prescindere  che
 siano  state  rese  al  p.m.  oppure  alla  p.g.  (ovverosia  nessuna
 efficacia probatoria diretta, bensi' l'utilizzabilita' ai  soli  fini
 delle  contestazioni,  con  l'eccezione  di  cui all'art. 500, quarto
 comma, del c.p.p.), non si vede perche',  una  volta  introdotta  con
 l'art. 512 del c.p.p. la possibilita' di recuperare l'utilizzabilita'
 processuale  quando  il  dichiarante  non potra' assumere la veste di
 testimone  in  dibattimento,  la  possibilita'  suddetta  sia   stata
 introdotta  solo per le dichiarazioni testimoniali rese al p.m. e non
 sia stata estesa a quelle rese alla p.g.
    E' d'altronde superfluo ricordare che gli atti istruttori  di  cui
 si  parla  non riguardano la persona sottoposta ad indagini; pertanto
 la differenziata disciplina  processuale  di  cui  all'art.  512  del
 c.p.p.,  a  seconda che si tratti di atti del p.m. ovvero della p.g.,
 non  puo'  giustificarsi  alla  luce  di   un   maggiore   garantismo
 dell'attivita'   compiuta   dal   magistrato,  come  invece  potrebbe
 ritenersi, ad es., per l'assunzione  di  informazioni  dalla  persona
 sottoposta ad indagini.
    Le  conseguenze di tale differenziata ed ingiustificata disciplina
 si risolvono, a parere del collegio, in una lesione del principio  di
 uguaglianza,  attesoche'  in  presenza  delle  particolari condizioni
 prese in esame dall'art. 512 del c.p.p., che rendono irripetibile  la
 dichiarazione     precedentemente     resa,    il    far    dipendere
 l'utilizzabilita' processuale della  stessa  da  un  fatto  puramente
 casuale,  quale  l'aver  deposto  di fronte alla p.g. ovvero al p.m.,
 significa discriminare ingiustificatamente tra le  varie  deposizioni
 rese   in   fase   istruttoria,  azzerando  completamente  il  valore
 processuale di alcune di esse a dispetto di altre.
    Le  conseguenze  possono  essere  anche  piu'  gravi  qualora   la
 deposizione   testimoniale,   divenuta  irripetibile  per  morte  del
 dichiarante, sia stata resa dalla  persona  offesa  dal  reato  e,  a
 maggior  ragione,  se  tale  atto istruttorio sia in concreto l'unica
 prova di cui disponga l'accusa contro l'imputato.
    In tale particolare ipotesi, la disciplina  in  oggetto  confligge
 con  il  diritto  di  tutte  le  parti offese ad un ugual trattamento
 processuale: allorche' la persona offesa  abbia  collaborato  con  la
 giustizia  rendendo  dichiarazioni accusatorie contro l'imputato, poi
 divenute irripetibili  per  morte  di  costei,  sembra  profondamente
 ingiusto,   alla  luce  dell'art.  3  della  Costituzione,  che  tali
 dichiarazioni  possano  essere  utilizzate   processualmente   contro
 l'imputato  solo  se  rese  al  p.m., mentre non abbiano alcun valore
 probatorio se rese alla p.g.
    Tali  ultime  considerazioni  consentono   inoltre   di   ritenere
 l'illegittimita'   costituzionale   della   normativa   in  esame  in
 riferimento all'art. 97  della  Costituzione:  appare  evidente  come
 l'attivita' di indagine dalla p.g. ex art. 351 c.p.p. possa risultare
 irrimediabilmente compromessa a causa della sopravvenienza di fatti e
 circostanze   oggettivamente   imprevedibili.   Cio'  e'  tanto  piu'
 inaccettabile    considerando    che    l'inutilizzabilita'     della
 dichiarazione  resa  dal testimone in fase istruttoria non si produce
 in danno della medesima attivita'  di  indagine  compiuta  dal  p.m.,
 stante il meccanismo di recupero di cui all'art. 512 del c.p.p.
    Tale  situazione  rischia  di  creare  nel  lungo periodo un grave
 effetto di delegittimazione delle forze  dell'ordine  e  comunque  si
 pone  in  ogni  caso in contrasto con il principio del buon andamento
 della p.a., che  impone  di  valorizzare  l'attivita'  legittimamente
 compiuta dagli organi amministrativi per la realizzazione degli scopi
 ad essi effidati dall'ordinamento.
    La   prospettata   questione  di  legittimita'  costituzionale  si
 appalesa, in ultimo, rilevante  per  il  caso  di  specie,  essendosi
 verificata    prima    dell'udienza   preliminare   per   circostanze
 imprevedibili la morte della parte offesa, la  quale  aveva  reso  in
 fase  istruttoria  di  fronte  alla  p.g.  dichiarazioni  puntuali  e
 dettagliate. La medesima si era invece limitata a fornire al p.m., in
 un momento  successivo,  semplici  delucidazioni  e  precisazioni  in
 merito alle dichiarazioni gia' rese.
    In   tale   situazione  le  uniche  dichiarazioni  processualmente
 utilizzabili a norma dell'art. 512 del c.p.p., ovvero quelle rese  al
 p.m.,  sono  tuttavia prive di significato logico in se' considerate,
 in quanto intellegibili solo se messe in relazione con le  precedenti
 dichiarazioni, a cui e' fatto peraltro espresso riferimento.
    Ne'  si  puo'  ritenere possibile l'acquisizione di queste ultime,
 per  relationem,  al  fascicolo  per  il  dibattimento,  giacche'  si
 verrebbe  a  violare  l'espressa  previsione di legge a mezzo di tale
 escamotage interpretativo.
    Ne risulta la rilevanza della prospettata questione  in  relazione
 al  caso  di  specie,  attesoche'  dalla  risoluzione di essa viene a
 dipendere l'esatta individuazione del materiale probatorio sul  quale
 il  collegio  fondera' il proprio convincimento in ordine al giudizio
 di merito.