ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, commi 2  e
 3,  e  7,  comma  2, della legge 7 febbraio 1991, n. 42 (Interventi a
 favore  degli  enti  delle  partecipazioni  statali)   promosso   con
 ordinanza  emessa il 31 maggio 1991 dalla Corte dei conti Sezione del
 controllo nel procedimento  amministrativo  tra  Corte  dei  conti  e
 Ministero del tesoro iscritta al n. 421 del registro ordinanze 1991 e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 25, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'8  ottobre  1991  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza,  emessa  il  31  maggio 1991, nel corso del
 giudizio sull'ammissione al visto ed alla registrazione  del  decreto
 del  Ministro  del  tesoro  8  aprile  1991  n.  126354,  concernente
 variazioni  allo  stato  di  previsione  della  spesa  dello   stesso
 ministero  per l'anno finanziario 1991 e nel bilancio pluriennale per
 gli anni 1992 e 1993, la Corte dei conti - Sezione del controllo,  ha
 sollevato,   in   riferimento   all'art.   81,  quarto  comma,  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt.  2
 comma  2  e  3,  e 7, comma 2, della legge 7 febbraio 1991, n. 42 che
 prevede  interventi  a  favore   degli   enti   di   gestione   delle
 partecipazioni   statali   per   la  realizzazione  di  programmi  di
 investimento.
    Le norme impugnate,  inserendosi  in  un  contesto  normativo  che
 autorizza  i  predetti  enti  a reperire notevoli risorse finanziarie
 attraverso la contrazione di mutui  e  l'emissione  di  obbligazioni,
 pongono,  in gran parte, il relativo onere - articolato nella duplice
 previsione normativa del concorso  al  pagamento  degli  interessi  a
 decorrere  dal  1990 (art. 2 comma 2) e dell'ammortamento della quota
 capitale a decorrere dal secondo semestre del 1993 (art. 2 comma 3) -
 a carico dello Stato, individuando, pero', la  copertura  finanziaria
 soltanto  per  l'onere  derivante dal pagamento degli interessi negli
 anni 1990-92, (art. 7 comma 2).
    Si  ritiene   nell'ordinanza   di   rinvio   che   nonostante   il
 provvedimento  sottoposto  al controllo si limiti a dare attuazione a
 quest'ultima previsione normativa, cio' nondimeno,  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  delle disposizioni che pongono a carico
 dello Stato l'ammortamento della quota capitale  dei  mutui  e  delle
 obbligazioni  senza  indicare  la relativa copertura finanziaria, non
 potrebbe non riflettersi sulla legittimita'  del  provvedimento  che,
 pur   disponendo   in  ordine  al  solo  pagamento  degli  interessi,
 riguarderebbe, tuttavia, un  intervento  sostanzialmente  unitario  e
 finanziariamente indivisibile, anche per l'impossibilita' di scindere
 l'ammortamento  della  quota  capitale  dal pagamento degli interessi
 che, del primo costituiscono un accessorio.   Essendo  unico  l'onere
 posto  a  carico  dello  Stato,  il relativo problema della copertura
 finanziaria coinvolgerebbe  tutte  le  disposizioni  che  tale  onere
 prevedono  e  la  cui eventuale illegittimita' costituzionale farebbe
 venir meno la possibilita' di emanare il provvedimento  sottoposto  a
 controllo.
    Cosi'  precisata  la  rilevanza della questione, si osserva che la
 mancata quantificazione e previsione  di  copertura  degli  oneri  di
 ammortamento  della  quota  capitale  dal secondo semestre 1993 (anno
 compreso nel bilancio pluriennale in corso alla data  di  entrata  in
 vigore  delle  disposizioni  impugnate)  non appare in armonia con le
 regole  dettate,  per  l'attuazione  dell'art.  81,  comma  4,  della
 Costituzione, dalla legge 5 agosto 1978, n. 568 come modificata dalla
 legge 23 agosto 1988, n. 362.
    D'altra  parte,  l'invocato  parametro  costituzionale disporrebbe
 l'obbligo della copertura finanziaria  per  ogni  legge  che  importi
 nuove  o  maggiori  spese  senza  distinguere fra spese correnti o in
 conto capitale, annuali o pluriennali ovvero permanenti. Da  cio'  la
 conseguenza  che le disposizioni legislative, quali quelle impugnate,
 che introducono spese pluriennali  a  quote  annuali  crescenti  sono
 costituzionalmente   obbligate   ad  individuare  i  mezzi  idonei  a
 fronteggiare, nell'ambito di un programma finanziario,  le  quote  di
 ciascun  anno,  evitando  di riversarle, sia pure implicitamente, sui
 bilanci futuri che, soprattutto in una situazione  di  grave  deficit
 quale  l'attuale,  non sarebbero assolutamente in grado di sostenerle
 con le normali entrate. Nel caso di specie, la copertura  finanziaria
 per  gli  anni 1990-92, individuata dall'art. 7, comma 2, per l'onere
 relativo  agli  interessi,  risulterebbe  del   tutto   insufficiente
 rispetto  al  complessivo onere derivante dalle norme impugnate della
 cui  legittimita'  costituzionale,  per  gli  stessi  motivi  esposti
 nell'ordinanza di rimessione, si dubito' anche nel corso dei relativi
 lavori parlamentari.
    2.  -  Nel  giudizio  cosi  promosso  e'  intervenuta l'Avvocatura
 generale  dello  Stato  rilevando   anzitutto   che   le   operazioni
 finanziarie  previste  dalla  legge  cui appartengono le disposizioni
 impugnate non potranno non iniziare con un anno di  ritardo  rispetto
 agli  originari  programmi e, di conseguenza, l'onere di ammortamento
 della quota capitale incidera' concretamente solo a partire dal 1994.
 Non riguardando dunque il bilancio triennale  1991-1993,  la  mancata
 indicazione  della  relativa copertura finanziaria non contrasterebbe
 con le norme di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 568.
    In riferimento a  quest'ultime  disposizioni  che  avrebbero  dato
 attuazione   all'art.   81,   quarto   comma,   della   Costituzione,
 l'interveniente  osserva   che   il   metodo   della   programmazione
 finanziaria,  al  quale  deve ispirarsi la previsione di entrata e di
 spesa dello Stato (art. 1- bis),  ha,  in  concreto,  una  dimensione
 triennale,  essendo  difficile  elaborare  "credibili"  documenti  di
 programmazione economico-finanziaria relativi ad un piu'  lungo  arco
 di   tempo.  Di  conseguenza,  gli  oneri  di  spesa  ultratriennali,
 porrebbero un problema non tanto di copertura  finanziaria  in  senso
 stretto,   quanto   piuttosto   di   copertura  programmatoria,  come
 risulterebbe  confermato  dalla  circostanza   che   le   norme   che
 individuano  e  disciplinano le modalita' della copertura finanziaria
 in senso stretto, anche in relazione alle leggi  che  comportano  una
 spesa  pluriennale  (artt.  11-  ter  e  11-quater),  fanno esclusivo
 riferimento al bilancio triennale.
    Ad avviso dell'interveniente, inoltre, l'onere previsto  a  carico
 dello  Stato  per  i  due  diversi  interventi  finanziari,  in conto
 interessi  ed  in  conto  capitale,  non  sarebbe  affatto  unico  ed
 indivisibile,  in  quanto e' la stessa legge che lo concepisce in una
 duplice forma, rendendolo oggetto di distinte previsioni normative, e
 prevedendo, poi, che solo dall'"onere di ammortamento", e  non  anche
 da  quello  relativo  al  pagamento  degli interessi, siano esclusi i
 finanziamenti ottenuti mediante obbligazioni convertibili.
    Essendo dunque distinti i due interventi  la  questione  sollevata
 risulterebbe  irrilevante  ai  fini  del  controllo del provvedimento
 sottoposto al suo esame che, in  relazione  a  quanto  effettivamente
 dispone  (in  ordine,  cioe',  al  solo onere derivante dal pagamento
 degli interessi), da' attuazione ad una norma provvista di  copertura
 finanziaria, mentre il dubbio di costituzionalita' nei termini in cui
 e'   stato  prospettato  non  potrebbe  che  riguardare  atti  ancora
 inesistenti e che saranno emanati in un futuro relativamente lontano.
    La questione, inoltre, risulterebbe inammissibile,  non  solo  per
 palese  irrilevanza,  ma  anche  perche'  oggetto di censura dovevano
 essere altre disposizioni, e precisamente, gli artt. 11 comma 3,  11-
 ter,  comma  2,  ed 11-quater, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n.
 468 come modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362.
    Nel   merito,  secondo  l'Avvocatura,  la  questione  risulterebbe
 infondata sotto vari aspetti  essendo  state  comunque  osservate  le
 norme   che   danno  attuazione  all'art.  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione, in modo esauriente.
    Osserva infine l'interveniente che il  recente  d.d.l.  presentato
 dal  Governo per la modifica dell'art. 81 della Costituzione, prevede
 espressamente che l'individuazione della copertura finanziaria dovra'
 riferirsi all'intero periodo di  applicazione  della  legge,  e  cio'
 nell'evidente  presupposto che l'attuale testo della norma non impone
 al legislatore un tale obbligo.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte dei conti, Sezione  del  controllo,  nel  corso  del
 giudizio  sull'ammissione  al visto ed alla registrazione del decreto
 del Ministro del tesoro che, ai sensi dell'art.  7,  comma  2,  della
 legge  7  febbraio  1991, n. 42 (Interventi a favore degli enti delle
 partecipazioni statali), dispone variazioni allo stato di  previsione
 della  spesa dello stesso ministero per l'anno finanziario 1991 e nel
 bilancio pluriennale per gli anni 1992 e 1993, ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale degli artt. 2, commi 2 e 3, e 7, comma
 2, della citata legge.
    Ad avviso dell'organo ausiliario di controllo la legge  sottoposta
 a  scrutinio  di  costituzionalita',  autorizzando  (art. 1) gli enti
 pubblici ivi previsti a reperire risorse finanziarie per  complessivi
 10.000  miliardi  nell'anno  1990  da considerarsi quali conferimenti
 dello Stato nei rispettivi fondi di dotazione dei predetti enti (art.
 2, comma 4), mediante  la  contrazione  di  mutui  e  l'emissione  di
 obbligazioni,  prevede l'assunzione a carico del bilancio dello Stato
 degli oneri relativi ad una parte degli interessi e  all'ammortamento
 del   capitale,  (art.  2,  commi  2  e  3)  indicando  la  copertura
 finanziaria (art. 7, comma 2), solo per i primi,  relativamente  agli
 anni 1990-92 e, quindi, in modo "assolutamente insufficiente", tenuto
 conto  del  protrarsi  degli  oneri  derivanti  dalla  legge  nel suo
 complesso.
    2. - Preliminarmente, deve essere ribadita la legittimazione della
 Corte dei  conti,  nell'esercizio  della  funzione  di  controllo,  a
 promuovere  il sindacato di costituzionalita' delle leggi di spesa in
 riferimento ai profili di copertura finanziaria posti dall'osservanza
 dell'art. 81 della Costituzione.
    Tale legittimazione e' stata riconosciuta (sent. n. 226 del  1976)
 alla  Corte  dei  conti  in  ragione  della sua particolare posizione
 istituzionale e della natura delle  sue  attribuzioni  di  controllo.
 Sotto il primo aspetto, viene posta in rilievo la sua composizione di
 "magistrati,  dotati  delle piu' ampie garanzie di indipendenza (art.
 100, comma 2, Cost.)" e la sua natura di "unico organo  di  controllo
 che  goda  di  una diretta garanzia in sede costituzionale". Sotto il
 secondo  aspetto,  viene  in  evidenza  il  peculiare  carattere  del
 giudizio  portato  dalla  Corte  dei  conti  sugli  atti sottoposti a
 controllo, che si risolve nel valutarne "la conformita'  (  ..)  alle
 norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento
 che  non sia di ordine strettamente giuridico". Una funzione cioe' di
 garanzia  dell'ordinamento,  di  "controllo  esterno,   rigorosamente
 neutrale  e  disinteressato  (  ..)  preordinato a tutela del diritto
 oggettivo".
    Tali    caratteri    costituiscono   indubbio   fondamento   della
 legittimazione  della  Corte  dei  conti  a  sollevare  questioni  di
 costituzionalita'  limitatamente  a  profili attinenti alla copertura
 finanziaria di  leggi  di  spesa,  perche'  il  riconoscimento  della
 relativa  legittimazione,  legata  alla specificita' dei suoi compiti
 nel  quadro  della  finanza  pubblica,  "si  giustifica   anche   con
 l'esigenza  di  ammettere al sindacato costituzionale leggi che, come
 nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero  per  altra
 via, ad essa sottoposte" (sent. n. 226 del 1976 cit.).
    E' proprio in relazione a queste ipotesi che la Corte ha auspicato
 (sent.  n.  406  del  1989) che quando l'accesso al suo sindacato sia
 reso poco agevole, come accade  in  relazione  ai  profili  attinenti
 all'osservanza  dell'art.  81  della  Costituzione,  i  meccanismi di
 accesso debbano essere arricchiti. La Corte dei conti e' la sede piu'
 adatta a far valere quei profili, e cio' in ragione  della  peculiare
 natura  dei  suoi  compiti  essenzialmente  finalizzati alla verifica
 della gestione delle risorse finanziarie.
    3.1. -  Va  poi  disattesa  l'eccezione  di  inammissibilita'  per
 asserita   irrilevanza  della  questione,  sostenuta  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato  sotto  il  profilo   che,   ai   fini   della
 registrazione   del   decreto   di  variazione,  non  dovrebbe  farsi
 applicazione delle norme oggetto d'impugnativa.
    L'assunto non puo' essere condiviso perche', come si e'  riferito,
 la  Corte  dei  conti  ha sollevato la questione di costituzionalita'
 dell'art. 2, commi 2 e 3, della legge n.  42  del  1991  che  pone  a
 carico  dello  Stato  gli  oneri  (per  il  pagamento  di parte degli
 interessi e  per  l'ammortamento  del  capitale)  relativi  ai  mutui
 contratti  ed  ai  prestiti obbligazionari emessi dagli enti all'uopo
 autorizzati, nonche dell'art. 7, comma 2, che provvede alla copertura
 finanziaria dell'onere relativo agli interessi per gli  anni  1990-92
 mediante  corrispondente  riduzione  dello  stanziamento iscritto, ai
 fini del bilancio triennale 1990-92 al capitolo 9001 dello  stato  di
 previsione del ministero del tesoro per l'anno finanziario 1990.
    Orbene,  e' proprio per dare attuazione a questa norma concernente
 la copertura finanziaria degli  oneri  assunti  dallo  Stato  che  il
 Ministro  del tesoro ha emanato, a norma del successivo comma 3 dello
 stesso articolo, il decreto di  variazione  sottoposto  a  controllo,
 onde  e' evidente la rilevanza della questione sollevata, poiche', in
 conseguenza    dell'eventuale    declaratoria    di    illegittimita'
 costituzionale  delle  norme  denunciate,  verrebbe meno la copertura
 finanziaria della variazione autorizzata (che nel decreto  sottoposto
 a  controllo  si  estende  fino  al  1993)  e  quindi  il presupposto
 legittimante il relativo decreto.
    3.2.  -  Neppure  puo'  essere  condivisa  l'altra  eccezione   di
 inammissibilita',  sollevata  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato
 nell'assunto che il decreto di  variazione  sottoposto  al  controllo
 concerna  il  solo  onere  relativo  al  concorso nel pagamento degli
 interessi relativi  agli  anni  1991-1993.  Onere  per  il  quale  la
 copertura,  assicurata  dall'art.  7,  comma  2,  impugnato,  sarebbe
 pienamente sufficiente, con la conseguenza che, rispetto  al  decreto
 del  Ministro  del  tesoro che dispone la suddetta variazione ai fini
 della concreta assunzione  della  spesa,  la  questione  risulterebbe
 irrilevante.
    L'eccezione  di  inammissibilita',  teste'  riferita,  trova  gia'
 puntuale risposta nella stessa ordinanza di rimessione la  quale,  in
 relazione  ad analoga eccezione dedotta nel corso del procedimento di
 controllo dal rappresentante della ragioneria generale  della  Stato,
 ha  osservato che l'assunto "muove da valutazioni insufficienti della
 portata e delle  conseguenze  del  provvedimento  di  variazioni  del
 bilancio  dello  Stato, con il quale si da' ingresso ad un intervento
 che e' finanziariamente unico".  Argomento  questo  che  deve  essere
 condiviso, risultando evidente che nei casi, come quello in esame, in
 cui da parte dello Stato viene congiuntamente assunto l'onere per gli
 interessi  e  quello  per  l'ammortamento del capitale, la vicenda ha
 necessariamente carattere unitario. Il pagamento degli interessi  e',
 quindi,    inscindibilmente    legato,    in   funzione   accessoria,
 all'ammortamento del capitale ed anche se, in un regime  di  prestiti
 con  periodi  di  preammortamento  (come  nel caso in esame), precede
 cronologicamente l'inizio delle operazioni di rimborso  del  credito,
 si  presenta  chiaramente  prodromico rispetto a questa seconda fase,
 dalla quale non puo' essere separato, trovando in essa la sua  ragion
 d'essere.
    Di   conseguenza,  l'eventuale  accertata  mancanza  di  copertura
 finanziaria della prevista assunzione dell'onere di  ammortamento  si
 riverbera  necessariamente,  come  sostiene  l'ordinanza  di  rinvio,
 sull'onere per gli interessi, in quanto l'indicazione  di  copertura,
 per  essere  sufficiente,  deve  accompagnare  l'operazione nella sua
 globalita', proprio perche' concepita, nella fattispecie in esame, in
 modo unitario.
    3.3. - Va infine disattesa  l'eccezione  di  inammissibilita'  che
 l'Avvocatura  generale  dello  Stato  deduce  sostenendo, anche sotto
 altro aspetto, la non rilevanza della questione che, a suo dire,  non
 dovrebbe  avere  ad  oggetto le impugnate norme della legge n. 42 del
 1991, bensi' gli artt. 11, comma 3, 11- ter, comma 2,  ed  11-quater,
 comma  1,  della  legge  5 agosto 1978, n. 468, come modificata dalla
 legge  23  agosto  1988,  n.  362,  di  quelle  norme,   cioe',   che
 limiterebbero  ai soli anni del bilancio pluriennale in corso (che e'
 attualmente predisposto per un triennio) l'obbligo di quantificazione
 delle quote di competenza attribuite a ciascuno di essi.
    L'eccezione investe un profilo che attiene piu' propriamente  alla
 verifica  della  fondatezza  della  questione, onde si rinvia anche a
 quanto, al riguardo, si chiarira' in prosieguo.
    Ai fini della dedotta inammissibilita' e' sufficiente fin  da  ora
 anticipare  che le richiamate norme della legge n. 468 del 1978, come
 modificate dalla legge n. 362 del 1988, hanno funzione di raccordo  -
 in  attuazione dell'art. 81, quarto comma - della Costituzione, delle
 leggi di spesa pluriennale con  il  bilancio  annuale  e  con  quello
 pluriennale e dettano la relativa disciplina, subordinata al precetto
 costituzionale,  senza  esaurire tutti gli aspetti che attengono alla
 sua osservanza e che devono, percio', per la parte non regolata dalla
 legge  ordinaria,  attingere  direttamente   ad   esso   cosi'   come
 interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte.
    In  modo  pertinente, quindi, la questione e' stata sollevata solo
 nei confronti della legge sostanziale di spesa che si assume priva di
 sufficienti indicazioni di copertura finanziaria.
    4.1. - Nel merito la questione e' fondata.
    La  Corte  costituzionale  ha  costantemente  affermato la propria
 competenza a sindacare leggi di spesa,  per  profili  attinenti  alla
 loro  copertura  finanziaria,  ai  sensi  dell'art. 81, quarto comma,
 della Costituzione che, come e' noto (dopo il terzo comma secondo cui
 "con la legge di approvazione del bilancio non si  possono  stabilire
 nuovi  tributi  e  nuove  spese" prescrive che: "ogni altra legge che
 importi nuove e maggiori  spese  deve  indicare  i  mezzi  per  farvi
 fronte".
    In  proposito  la  sentenza  n.  1 del 1966 (la prima in ordine di
 tempo ad affrontare il problema  dalla  copertura  finanziaria  delle
 leggi  dello  Stato,  all'uopo richiamando principi gia' affermati in
 precedenti pronunce relative a leggi regionali) a fronte dei due noti
 indirizzi interpretativi dell'art.  81,  quarto  comma,  ha  ritenuto
 conforme  allo  spirito  ed  alla  lettera della Costituzione, quello
 diretto ad attribuirgli un significato  estensivo,  comprendente  non
 solo  la  legge  di  bilancio,  ma  anche  la  legislazione  ad  essa
 preesistente nel suo complesso. A tal fine si e'  rilevato  che  tale
 precetto  "tiene  di  vista  l'insieme  della  vita finanziaria dello
 Stato, che ( ..) non puo' essere artificiosamente spezzata in termini
 annuali, ma va, viceversa, considerata nel suo insieme  e  nella  sua
 continuita'  temporale,  segnatamente in un tempo ( ..) nel quale gli
 interventi statali ( ..) impongono  previsioni  che  vanno  oltre  il
 ristretto  limite  di  un  anno  e  rendono  palese  la necessita' di
 coordinare i mezzi e le energie disponibili per un  piu'  equilibrato
 sviluppo   settoriale   e  territoriale  dell'intera  comunita'".  Di
 conseguenza, si e' precisato che, nonostante il legame fra  il  terzo
 ed  il  quarto comma dell'art. 81, della Costituzione, il significato
 del termine  "ogni  altra  legge",  non  e'  tale  che  possa  essere
 ricondotto  "ad  ogni  legge  successiva  al  bilancio  in  corso,  e
 modificatrice  in  peius  dell'equilibrio  contabile  di   esso,   ma
 viceversa, attiene ad ogni altra legge che non sia legge di bilancio,
 senza  alcuna connessione cronologica con questa". Si e' inteso cioe'
 dire che  il  quarto  comma  dell'art.  81,  non  ha  un  significato
 contabile,  ma  una  portata sostanziale che attiene ai "limiti ( ..)
 che il  legislatore  ordinario  e'  tenuto  ad  osservare  nella  sua
 politica   di   spesa,   che  deve  essere  contrassegnata  non  gia'
 dall'automatico   pareggio   del   bilancio,   ma   dal   tendenziale
 conseguimento dell'equilibrio tra entrate e spesa".
    Ne'  potrebbe  sostenersi  che  questa interpretazione colpisca il
 principio dell'unita' del bilancio con l'assegnare ad ogni spesa  una
 determinata  entrata,  avendo  la  gia' citata sentenza n. 1 del 1966
 chiarito al riguardo che la predetta interpretazione "non conduce  ad
 una  precisa  aggregazione  di  una  entrata  ad  una spesa, laddove,
 invece, l'indicazione dei mezzi che essa  richiede  per  fronteggiare
 spese  nuove  o  maggiori,  si riduce a determinare ed individuare un
 incremento dell'entrata che, in una visione globale del bilancio, nel
 quale tutte le spese si  confrontano  con  tutte  le  entrate  (  ..)
 assicuri  il  mantenimento  dell'equilibrio  complessivo del bilancio
 presente e di quelli futuri, senza pretendere di spezzarne l'unita'".
    4.2. - La funzione sostanziale cosi' riconosciuta al quarto  comma
 dell'art,  81,  pur  considerato  in stretta connessione con il terzo
 comma dello stesso articolo, ha indotto a risolvere il problema della
 copertura finanziaria delle leggi pluriennali  di  spesa,  nell'unico
 modo  coerente con la premessa. La Corte ha, difatti, sempre ritenuto
 (sentt. n. 16, 37 del 1961, n. 1 del 1966, n. 47 del  1967,  nn.  17,
 22,  94  del  1968,  n. 158 del 1969, n. 140 del 1976, n. 12 e 13 del
 1987,  n. 69 del 1989, n. 283 del 1991) che l'obbligo della copertura
 debba essere osservato dal legislatore ordinario anche nei  confronti
 di  spese  nuove o maggiori che la legge preveda siano inserite negli
 stati di previsione della spesa di esercizi futuri.
    Il   che   e'   possibile   perche'   l'adempimento   dell'obbligo
 costituzionale,  come  si  e'  detto,  non implica necessariamente il
 riferimento a documenti contabili gia' formati o da formarsi.
    Per tale ragione, dovendosi necessariamente  prendere  atto  della
 diversita'  degli  effetti che gravano su un bilancio gia' approvato,
 rispetto a quelli che si producono sui bilanci non ancora formati, si
 e' affermato che l'obbligo della copertura deve essere "osservato con
 puntualita' rigorosa nei confronti di spese, che  incidono  sopra  un
 esercizio  in  corso  per  il  quale  e' stato (gia') consacrato, con
 l'approvazione del Parlamento, un equilibrio  (  ..)  tra  entrate  e
 spese,  nell'ambito  di una visione generale dello sviluppo economico
 del Paese e della situazione finanziaria dello  Stato"  (in  termini:
 sent. n. 1 del 1966 cit.).
    Indirizzi  meno  rigidi e piu' articolati, ma nel contempo diretti
 ad evitare indicazioni di  copertura  fittizie  ed  arbitrarie,  sono
 stati  invece  dettati  dalla  giurisprudenza  con  riferimento  agli
 esercizi futuri, relativamente ai quali un equilibrio tra  entrate  e
 spese  specificamente quantificate in tutte le loro voci non e' stato
 ancora  consacrato  in  documenti  contabili,  nella   considerazione
 dell'impossibilita' di formulare puntuali previsioni di lunga durata.
 Esse  vincolerebbero,  infatti,  in  modo esorbitante la funzione del
 Parlamento e del Governo in ordine a quei possibili  mutamenti  delle
 situazioni  di  fatto  e  all'andamento  della  vita  del  Paese  che
 potrebbero indurre  ad  una  modifica  degli  indirizzi  di  politica
 economica e quindi della impostazione dei bilanci.
    Si  e' al riguardo considerato che, rispetto agli esercizi futuri,
 "la legge di spesa si pone come  autorizzazione  al  Governo  che  la
 esercita   non   senza   discrezionalita'   nel   senso   che,  nella
 predisposizione del bilancio,  le  spese  possono  essere  ridotte  o
 addirittura non iscritte nei capitoli degli stati di previsione della
 spesa,  salvi  sempre  l'approvazione  ed  il  giudizio  politico del
 Parlamento, quante volte l'esigenza dell'equilibrio e dello  sviluppo
 economico sociale consiglino una diversa impostazione non globale del
 bilancio e la configurazione di un diverso equilibrio".
    Si e' ammessa, conseguentemente, la possibilita' di ricorrere, nei
 confronti  della  copertura  di  spese  future,  oltre  che  ai mezzi
 consueti, quali nuovi tributi o l'inasprimento di tributi  esistenti,
 la  riduzione  di  spese  gia' autorizzate, l'accertamento formale di
 nuove entrate, l'emissione di prestiti e, anche  alla  previsione  di
 maggiori  entrate,  tutte  le  volte che detta previsione si dimostri
 "sufficientemente  sicura,  non  arbitraria  o  irrazionale,  in   un
 equilibrato  rapporto  con  la  spesa che si intende effettuare negli
 esercizi futuri, e  non  in  contraddizione  con  le  previsioni  del
 medesimo  Governo,  quali  risultano dalla relazione sulle situazione
 economica del Paese e dal programma di sviluppo del Paese: sui  quali
 punti  la  Corte  potra'  portare  il  suo esame nei limiti della sua
 competenza" (sent. n. 1 del 1961 cit.).
    Va a questo punto chiarito che gli  indirizzi  teste'  illustrati,
 sono stati in gran parte enunciati anteriormente all'emanazione della
 legge  n.  468 del 1978 che ha introdotto il bilancio pluriennale, ed
 anche se ripetuti successivamente si  riferivano  solo  all'esercizio
 annuale  in  corso, distinguendo tra periodi di spesa riferiti a tale
 esercizio e periodi di spesa riferiti agli anni successivi.
    Ma una volta introdotta con la legge per ultimo citata  la  regola
 del  bilancio  pluriennale,  previsto  come bilancio non inferiore al
 triennio dalla modifica di cui alla legge n. 362  del  1988,  che  ha
 sancito  l'abbligo  della  quantificazione  della  spesa per tutta la
 durata del documento contabile triennale, tali indirizzi,  coordinati
 con la nuova disciplina, restano inalterati per quel che riguarda gli
 esercizi successivi al triennio.
    Va  da  se'  che  il  controllo di costituzionalita' non coinvolge
 aspetti di politica economica perche' il parametro  di  giudizio  non
 implica,  in questo caso, un sindacato sulle leggi di tipo diverso da
 quello istituzionalmente proprio di questa Corte. L'art.  81,  quarto
 comma,  della  Costituzione,  costituisce il parametro di riferimento
 per valutare l'attendibilita' delle deliberazioni di spesa  anche  di
 lunga  durata  e non solo per garantire l'equilibrio dei bilanci gia'
 approvati. Specie quando, come nel caso della  legge  in  esame,  gli
 oneri  che  vanno a gravare sugli esercizi futuri siano inderogabili,
 l'esigenza  imposta  dalla  costante  interpretazione  dell'art.  81,
 quarto   comma,   della   Costituzione,   lungi   dal  costituire  un
 inammissibile vincolo per i Governi ed  i  Parlamenti  futuri,  tende
 anzi  proprio ad evitare che gli stessi siano costretti a far fronte,
 al di fuori di ogni margine di apprezzamento,  ad  oneri  assunti  in
 precedenza  senza  adeguata  ponderazione  dell'eventuale  squilibrio
 futuro.
    L'obbligo di una ragionevole e credibile indicazione dei mezzi  di
 copertura  anche  per  gli  anni  successivi e' diretto ad indurre il
 legislatore ordinario a tener conto dell'esigenza  di  un  equilibrio
 tendenziale  fra  entrate  e  spese  la  cui  alterazione,  in quanto
 riflettentesi sull'indebitamento, postula una  scelta  legata  ad  un
 giudizio  di  compatibilita'  con tutti gli oneri gia' gravanti sugli
 esercizi futuri.
    4.3.  -  Dagli  indirizzi  interpretativi   della   giurisprudenza
 costituzionale    relativi   all'art.   81,   quarto   comma,   della
 Costituzione, si puo'  arguire  che  l'attenuazione  dell'obbligo  di
 puntuale indicazione dei mezzi per far fronte alle spese che andranno
 a   gravare   sui  bilanci  non  ancora  approvati,  e'  legata  alla
 discrezionalita'  con  cui  il  Governo,   con   l'approvazione   del
 Parlamento,  esercita  il  potere di predisposizione del bilancio, il
 che consente di ridurre o addirittura di non iscrivere spese gia' de-
 liberate in leggi precedenti nei capitoli degli stati  di  previsione
 quante  volte  cio'  possa  essere  imposto  da  una  diversa visione
 dell'equilibrio  economico  finanziario  e  dal   concreto   sviluppo
 economico-sociale del Paese.
    Piu'  di recente l'attenuazione di tale obbligo e' stata collegata
 anche alla non determinabilita' della spesa a priori nella sua esatta
 entita' (sent. n. 12 del 1987 cit.).
    Nonostante  pero'  che,  relativamente  alla  legge  oggetto   del
 presente  giudizio  non  sussistano  ne'  l'uno ne' l'altro carattere
 (flessibilita'  delle  determinazioni   nel   momento   attuativo   e
 indeterminabilita'  della spesa), trattandosi di oneri inderogabili e
 determinabili in relazione all'ammontare dell'operazione  finanziaria
 autorizzata,  si  e'  addirittura  omessa, per gli anni successivi al
 triennio, ogni indicazione dei mezzi di copertura degli oneri.
    Deve  percio'  essere  condiviso  l'assunto  della Corte dei conti
 circa   l'indicazione   di   copertura   finanziaria   "assolutamente
 insufficiente"  perche'  limitata al periodo del bilancio pluriennale
 in corso. .
    Al riguardo, e di cio' si e'  gia'  avuto  modo  di  riferire  nel
 respingere  una  delle  eccezioni  di  inammissibilita', l'Avvocatura
 dello Stato - ribadendo la tesi gia' esposta dal  rappresentante  del
 Governo  e  dai  sostenitori  della  legge  nel  corso  del dibattito
 parlamentare ad  essa  relativo,  secondo  cui  "non  esisterebbe  un
 obbligo  normativo  di  dare  corrispondente  copertura  certa  fuori
 dell'arco triennale del bilancio" - e' dell'avviso che  l'obbligo  di
 indicare  i  mezzi  di  copertura finanziaria sia stato compiutamente
 osservato. Sostiene l'Avvocatura, che l'art. 7, comma 2, della  legge
 in  questione,  cioe' proprio una delle norme oggetto di impugnativa,
 stabilisce che all'onere per gli interessi gravanti sugli anni  1990,
 1991  e  1992  si debba far fronte mediante "corrispondente riduzione
 dello  stanziamento  iscritto,  ai  fini   del   bilancio   triennale
 1990-1992,  al  capitolo 9001 dello stato di previsione del Ministero
 del  tesoro  per  l'anno  finanziario   1990   all'uopo   utilizzando
 l'accantonamento ivi previsto".
    Che  l'art.  81,  quarto  comma,  della  Costituzione risulti cosi
 osservato discenderebbe dal fatto che l'art. 11- ter della  legge  n.
 468  del 1978 come modificato dall'art. 7 della legge n. 362 del 1988
 ha natura attuativa del precetto costituzionale.  Tale  norma,  nello
 stabilire  che  le  leggi  pluriennali  di  spesa  in  conto capitale
 "quantificano la spesa complessiva, l'onere per  competenza  relativo
 al  primo  anno  di  applicazione,  nonche'  le  quote  di competenza
 attribuite  a  ciascuno   degli   anni   considerati   nel   bilancio
 pluriennale",  esaurirebbe,  secondo  l'Avvocatura  dello  Stato, nel
 riferimento al triennio,  l'obbligo  costituzionale  dell'indicazione
 della  copertura  finanziaria  delle  leggi  pluriennali di spesa. La
 difesa erariale e' difatti  dell'opinione  che  sarebbe  "palesemente
 arduo  produrre  credibili  documenti  di  programmazione  economico-
 finanziaria e bilanci pluriennali per un piu' lungo arco  di  tempo".
 Poiche' l'art. 11- ter citato, introdotto nella legge n. 468 del 1978
 dall'art.  7  della  legge  n. 362 del 1988, anche quando menziona le
 leggi pluriennali di  spesa,  non  si  spinge  oltre  la  durata  del
 bilancio  triennale,  la  legge  impugnata  relativamente  agli  anni
 successivi al primo triennio di  propria  applicazione  non  porrebbe
 profili   di   copertura   finanziaria,   bensi'   solo   di   natura
 programmatoria.
    In proposito va considerato che  nella  legge  impugnata  e  nella
 relazione  tecnica  manca,  comunque, anche qualsiasi indicazione del
 genere che possa consentire il sindacato sulla sua concreta idoneita'
 a  soddisfare  l'osservanza  dell'art.   81,   quarto   comma,   come
 interpretato dalla costante giurisprudenza.
    Quanto  all'art.  11-  ter  citato,  esso  non  e' esaustivo delle
 modalita' di  attuazione  della  norma  costituzionale,  ma,  essendo
 inserito  in un contesto normativo (quale la legge nn. 468 del 1978 e
 362 del 1988) diretto essenzialmente  a  disciplinare  la  formazione
 degli strumenti di programmazione economico-finanziaria, del bilancio
 annuale  e  pluriennale,  della  legge finanziaria, si riferisce alle
 leggi pluriennali di  spesa  solo  per  stabilirne  le  modalita'  di
 collegamanto  con gli strumenti legislativi e contabili oggetto della
 disciplina, mentre non prende in considerazione i  periodi  ulteriori
 delle leggi di spesa.
    Gli  indirizzi della giurisprudenza di questa Corte, che impongono
 di indicare i mezzi di copertura per tutto il periodo di durata delle
 leggi di spesa, non  possono  percio'  ritenersi  contraddetti  dalla
 legge  n.  468  del 1978 come modificata dalla legge n. 362 del 1988,
 non ponendosi neppure - come gia' si e' avuto modo di  anticipare  in
 occasione  dell'esame  di una delle eccezioni di inammissbilita' - un
 problema di costituzionalita'  di  dette  ultime  norme.  Queste  non
 contrastano  con  il  precetto  dell'art.  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione, limitandosi a dargli parziale attuazione  limitatamente
 alla  durata  dei documenti contabili oggetto della disciplina, senza
 incidere  sulle  ulteriori  modalita'  di  attuazione  del   precetto
 costituzionale   che   restano  quelle  enunciate  dalla  consolidata
 giurisprudenza di questa Corte.
    4.4.  -  Nemmeno  possono  seguirsi   le   argomentazioni   svolte
 dall'interveniente  che, per suffragare la tesi della assenza di ogni
 obbligo di indicazione  dei  mezzi  di  copertura  per  gli  esercizi
 successivi   a   quelli  contemplati  nel  bilancio  pluriennale,  fa
 riferimento, da un canto, alla prassi  seguita  nell'approvazione  di
 recenti   leggi   di   spesa,   dall'altro,   al   disegno  di  legge
 costituzionale di iniziativa governativa di  modifica  dell'art.  81,
 quarto  comma,  della  Costituzione che, tendendo a rendere effettivo
 l'obbligo per l'intero periodo di applicazione della legge di  spesa,
 ne confermerebbe l'attuale insussistenza.
    Quanto  al  primo  argomento, va osservato che leggi indicative di
 eventuali prassi, contrastanti con  i  precetti  costituzionali,  non
 possono   assumere   alcun   rilievo   esemplare   nel   giudizio  di
 costituzionalita'.
    In ordine poi al secondo argomento, a parte che non  e'  possibile
 ancora  stabilire  quale  possa  essere  l'evoluzione dell'iniziativa
 legislativa del Governo, va osservato  che  l'argomento  dell'assenza
 attuale  di  tale  obbligo  potrebbe  trarsi solo dall'inequivpcabile
 significato   innovativo   della   modifica   proposta.   Significato
 quest'ultimo  che  non  e' possibile pero' desumere dal raffronto con
 l'attuale  testo  della  norma  costituzionale,  quale  costantemente
 interpretata  da  questa  Corte,  che  riferisce l'obbligo all'intera
 durata della legge, sia pur con le enunciate  attenuazioni  per  quel
 che  riguarda  gli  anni  successivi  agli  esercizi  contemplati nei
 documenti contabili gia' approvati.