ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del disegno
 di legge n. 943 approvato il 16 aprile 1991 dall'Assemblea  regionale
 siciliana, avente per oggetto: "Integrazione dell'art. 14 della legge
 regionale  12  agosto 1980, n. 87, concernente i comitati di gestione
 delle Uu.ss.ll.", promosso con ricorso del  Commissario  dello  Stato
 per  la Regione Siciliana notificato il 24 aprile 1991, depositato in
 cancelleria il 30 aprile successivo ed iscritto al n. 19 del registro
 ricorsi 1991;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sicilia;
    Udito nell'udienza pubblica del 9 luglio 1991 il Giudice  relatore
 Gabriele Pescatore;
    Uditi  l'Avvocato  dello  Stato Franco Favara per il ricorrente, e
 l'avvocato Francesco Castaldi per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso notificato al Presidente della Regione  siciliana
 il  24  aprile  1991,  il Commissario dello Stato presso tale regione
 espone che l'Assemblea  regionale  siciliana,  nella  seduta  del  16
 aprile 1991 ha approvato un disegno di legge dal titolo "Integrazione
 dell'art. 14 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, concernente
 i  comitati di gestione delle Uu.ss.ll.". L'art. 1 di tale disegno di
 legge prevede che all'art. 14 della l. n. 87 del 1980 sia aggiunto il
 seguente comma: "Ove risulti impossibile procedere alla  surrogazione
 di  uno  o  piu'  componenti  del  comitato  di gestione, si verifica
 decadenza dell'organo solo nel caso in cui vengano a mancare per tale
 causa la meta' piu' uno dei componenti assegnati".
    Secondo il ricorrente questa disposizione, emanata in una  materia
 in  cui  la Regione siciliana ha potesta' legislativa concorrente, ai
 sensi dell'art. 17, lett. c), dello Statuto regionale, violerebbe  il
 principio  della  legislazione dello Stato espresso dalla l. n. 4 del
 1986 la quale determina "tassativamente la composizione numerica  dei
 comitati di gestione delle Uu.ss.ll." fissandola nel numero di cinque
 o   sette  membri  elettivi.  La  legislazione  statale  e  regionale
 prevedono, infatti, che in caso di dimissioni, decadenza o  morte  di
 uno dei componenti del comitato, egli e' sostituito dal primo dei non
 eletti  della  sua  stessa  lista.  Nel  caso  in  cui  cio'  non sia
 possibile, in base ad un principio in  tema  di  funzionamento  degli
 organi  collegiali,  il  comitato continuerebbe a funzionare, purche'
 non venga meno piu' della meta' dei suoi membri.
    Secondo il Commissario dello Stato la disposizione  impugnata  non
 avrebbe  lo  scopo di recepire tale principio, ma quello di conferire
 legittimita' ai comitati di gestione, in una composizione difforme da
 quella prevista dalla  legge  statale,  "superando  il  ricorso  alle
 fisiologiche  procedure  d'intervento  surrogatorio  e  di  controllo
 sostitutivo". Ne deriverebbe la  violazione  dei  limiti  posti  alla
 legislazione  concorrente  regionale, nonche' la violazione dell'art.
 97  Cost.,  venendo   la   disposizione   impugnata   a   legittimare
 comportamenti  anomali  degli  organi  di  controllo  sui comitati di
 gestione.
    Il Commissario dello Stato  deduce,  inoltre,  che  essendo  stato
 emanato il d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, conv. nella l. 4 aprile 1991,
 n. 111 - il quale ha soppresso i comitati di gestione - si pone anche
 un problema di compatibilita' della normativa regionale impugnata con
 la suddetta nuova normativa statale.
    2. - Dinanzi a questa Corte si e' costituita la Regione siciliana,
 chiedendo  che la questione sia dichiarata infondata. Essa ha dedotto
 che  -  contrariamente  a  quanto  asserito  dal  ricorrente   -   la
 disposizione  impugnata non attiene alla costituzione dei comitati di
 gestione (alterando quella prevista dalla legislazione statale) ma al
 loro funzionamento, poiche' intende soltanto consentire  ai  comitati
 la  prosecuzione del loro funzionamento, anche se vengano a mancare e
 non siano sostituibili alcuni componenti, purche' non  si  superi  il
 limite della meta' piu' uno di essi.
    Nell'atto  di  costituzione  si  sottolinea  che  la  disposizione
 impugnata e' stata predisposta  in  quanto,  secondo  un  parere  del
 Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, per i
 comitati   di  gestione  vige  la  regola,  implicitamente  contenuta
 nell'art. 8 della l. reg. n. 20  del  1986,  secondo  la  quale  essi
 debbono  essere  rinnovati integralmente allorche' sia venuta meno la
 possibilita'  di  sostituzione  anche  di  un  solo  componente.   Il
 legislatore  regionale  e'  intervenuto,  pertanto,  per  impedire il
 verificarsi di vuoti amministrativi e  garantire  il  buon  andamento
 dell'amministrazione sanitaria, con una disposizione che riproduce un
 principio   generale   in   materia  di  funzionamento  degli  organi
 collegiali.
    La regione sostiene, inoltre,  che  in  materia  di  funzionamento
 degli organi delle Uu.ss.ll., essa ha potesta' legislativa esclusiva,
 ai sensi degli artt. 14, lett. o) e 15, terzo comma, dello Statuto.
    Quanto  al  sopravvenire  del  d.l.  n.  35  del  1991, la Regione
 siciliana osserva che esso non ha soppresso i  comitati  di  gestione
 con  effetto immediato, ma ha statuito che essi continuino ad operare
 sino alla nomina dell'amministratore straordinario, previsto dal d.l.
 medesimo. La disposizione impugnata, avendo lo scopo di garantire  la
 funzionalita'  dei  comitati fino a tale nomina, non sarebbe pertanto
 incompatibile con le disposizioni del suddetto decreto-legge.
                        Considerato in diritto
   1. - Il Commissario dello Stato  presso  la  Regione  siciliana  ha
 dedotto  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1 del disegno di
 legge approvato dall'Assemblea regionale siciliana il 16 aprile  1991
 concernente  l'integrazione  dell'art.  14 della legge reg. 12 agosto
 1980, n. 87, relativo ai comitati di gestione delle unita'  sanitarie
 locali.  La  norma  in questione dispone che "ove risulti impossibile
 procedere alla surrogazione di uno o piu' componenti del comitato  di
 gestione  delle  unita'  sanitarie  locali,  si verifica la decadenza
 dell'organo solo nel caso in cui vengano a mancare la meta' piu'  uno
 dei  componenti".  Tale  disposizione,  secondo  il Commissario dello
 Stato, violerebbe il principio della  legislazione  statale  espresso
 dalla  l.  15  gennaio  1986,  n.  4, che determina tassativamente il
 numero dei  componenti  dei  comitati  di  gestione,  stabilendo  che
 debbano  essere  cinque  o  sette; si superano cosi' i limiti segnati
 alla legislazione concorrente della Regione siciliana nella  materia,
 ai sensi dell'art. 17, lett. c) dello Statuto.
    La   norma   impugnata   inoltre,   violerebbe  l'art.  97  Cost.,
 contraddicendo  il  principio  di  buon  andamento   della   pubblica
 amministrazione.  Infine,  sarebbe  incompatibile con il disposto del
 d.l. 6 febbraio 1991, n. 35, conv. nella l. 4 aprile  1991,  n.  111,
 che ha soppresso i comitati di gestione.
    2.  -  Il  ricorso  e'  infondato  in  relazione a tutti i profili
 d'illegittimita' prospettati.
    La Regione siciliana, - come  questa  Corte  ha  ritenuto  con  la
 sentenza  n. 385 in pari data - in materia di assistenza sanitaria e'
 titolare di potesta' legislativa concorrente, ai sensi dell'art.  17.
 lett.  c)  dello  statuto  ed  ha  il potere di legiferare in tema di
 ordinamento  delle  strutture   preposte   all'esercizio   di   detta
 assistenza.
    Con  legge  12  agosto  1980,  n. 87 la regione - adeguandosi alla
 riforma sanitaria posta in essere dal legislatore statale con  la  l.
 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale
 - stabili' l'ordinamento delle unita' sanitarie locali in Sicilia.
    In  armonia  con  quanto previsto dalla legislazione nazionale, il
 legislatore regionale dispose (art. 11 della l. reg. n. 87 del 1980 e
 art.  4  della  l.  reg.  n.  20  del  1986,  che  ha  dettato  nuove
 disposizioni  al  riguardo) che l'assemblea generale fosse costituita
 dal consiglio comunale,  per  le  unita'  sanitarie,  il  cui  ambito
 territoriale  coincidesse con quello del comune o di parte di esso, e
 da un'assemblea eletta, con sistema  proporzionale,  dai  consiglieri
 comunali,  per  le  unita' sanitarie, il cui ambito comprendesse piu'
 comuni. L'assemblea generale doveva eleggere, a  sua  volta,  con  il
 sistema  proporzionale,  il  comitato di gestione, composto a seconda
 della popolazione servita dalla unita' sanitaria, da cinque  o  sette
 membri (art. 8, della l. reg. n. 20 del 1986).
    Il   disegno   di   legge  impugnato  attiene  alle  modalita'  di
 funzionamento dei comitati di gestione delle unita' sanitarie locali.
 Dai lavori preparatori si rileva che  esso  ha  inteso  impedire  che
 detti  organi,  i  quali  -  secondo quanto si desume dalle modalita'
 della loro elezione - sono espressione delle forze politiche presenti
 nei consigli comunali, possano essere  paralizzati  da  comportamenti
 ostruzionistici, diretti a renderne impossibile il funzionamento.
    Invero,  l'ultimo  comma  dell'art.  14 della legge reg. n. 87 del
 1980 prevede  che  "se  per  dimissioni,  decadenza  o  morte  di  un
 componente del comitato occorra procedere alla sua sostituzione, essa
 avviene   con  il  primo  dei  non  eletti  della  stessa  lista  cui
 apparteneva  il  componente  da  sostituire";  cosicche'  -   secondo
 l'interpretazione  datane  -  ove  tutti  i  componenti di tale lista
 fossero stati dimissionari, l'organo non avrebbe potuto operare  fino
 alla sua rinnovazione.
    La  legge  statale n. 833 del 1978, e la successiva legge n. 4 del
 1986 (che ha posto la normativa transitoria nell'attesa della riforma
 delle unita' sanitarie locali) non contengono norme intese a regolare
 tale situazione; deve ritenersi, pertanto, che il  disegno  di  legge
 impugnato   non   travalichi  i  limiti  statutari  della  competenza
 legislativa regionale in materia di disciplina delle unita' sanitarie
 locali, non potendosi rinvenire  l'esistenza  di  diverso  e  cogente
 principio nella legislazione statale.
    Comunque - e a parte la mancanza del dedotto limite afferente alla
 legislazione  statale  -  anche  il contenuto sostanziale della nuova
 normativa la sottrae alle censure proposte. La  disciplina  regionale
 non  intende,  infatti,  definire  la  composizione  del  comitato di
 gestione delle unita' sanitarie, anche nella consistenza numerica, in
 modo difforme dalla legislazione nazionale. Essa si prefigge soltanto
 lo scopo di rendere possibile il funzionamento  di  tale  organo  nei
 casi   contemplati   dalla   disciplina   adottata,   evitandone   lo
 scioglimento   in   fattispecie   non   previste  dalla  legislazione
 nazionale, ne' implicanti tale anticipata cessazione.
    Quanto alla  dedotta  violazione  dell'art.  97  Cost.,  essa  non
 sussiste,  essendo  la  ratio  del disegno di legge proprio quella di
 assicurare il buon andamento del servizio sanitario,  ed  essendo  la
 normativa dettata, per quanto detto, idonea a tal fine.
    Di  nessun  rilevo,  infine,  e'  la circostanza che con il d.l. 6
 febbraio 1991, n. 35, conv. nella l. 4 aprile  1991,  n.  111,  siano
 state  dettate norme sulla gestione delle unita' sanitarie locali, le
 quali prevedono la sostituzione dei comitati di gestione  con  organi
 di  nuova istituzione. Il disegno di legge impugnato e' stato infatti
 approvato prima che tale sostituzione fosse operante (art.  1,  n.  7
 del d.l. n. 35 del 1991, come modificato dalla legge di conversione);
 la  sua  validita',  e  i relativi limiti di operativita', concernono
 situazioni  normative  e  riflessi  attuativi,  con  preciso   ambito
 cronologico, che non puo' ritenersi in tutto coperto dal sopravvenuto
 d.l. n. 35 del 1991.