ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale) convertito in legge 8 agosto 1985, n. 431 promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1991 dal Pretore di Brescia (sez. distaccata di Salo') nel procedimento penale a carico di Lopresto Corrado, iscritta al n. 305 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che il Pretore di Brescia, nel procedimento penale a carico di imputato del reato previsto dall'art. 1-sexies del decreto legge 27 giugno 1985 n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale), convertito in legge 8 agosto 1985 n. 431, per aver eseguito lavori senza autorizzazione in zona sottoposta al vincolo previsto dalla legge stessa, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della predetta norma, in riferimento all'art. 3 della Costituzione; che ad avviso dell'autorita' remittente la norma pone una irrazionale disparita' di trattamento tra chi compia opere di trasformazione non autorizzate in zona vincolata ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497 ("Protezione delle bellezze naturali"), il cui pregio ambientale e' stato accertato da competenti organi tecnici a seguito di procedimento in contraddittorio con gli interessati, e chi, invece, compia analoghe opere in zone individuate per categoria, e quindi indipendentemente da una valutazione specifica del loro pregio estetico; cio' in quanto nel primo caso, che il giudice a quo ritiene sicuramente piu' grave, la piu' rigorosa sanzione prevista dalla norma censurata non si applicherebbe, mentre dovrebbe applicarsi nel secondo caso; che, inoltre, l'elevata entita' della pena, tale da non consentire la concessione della sospensione condizionale, pur se inflitta nel minimo edittale e con un'attenuante, non sarebbe confortata nemmeno dalla certezza che la violazione in concreto compiuta sia effettivamente lesiva del bene che si vorrebbe tutelare (il paesaggio) poiche' il reato in questione ha carattere meramente formale; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilita' o comunque per l'infondatezza della sollevata questione. Considerato che il giudice a quo ritiene di dover fare applicazione della norma censurata nel caso sottoposto al suo esame, con interpretazione che, allo stato, non risulta contraddetta da diversa uniforme giurisprudenza, sicche' non puo' essere accolta l'eccezione d'inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura dello Stato in ordine alla inapplicabilita', nella fattispecie, della disposizione impugnata; che, nel merito, gia' con la sentenza n. 151 del 1986, questa Corte ha avuto modo di rilevare che la legge n. 431 del 1985 "si discosta nettamente dalla disciplina delle bellezze naturali contenuta nella legislazione precostituzionale di settore (legge 29 giugno 1939 n. 1497), che infatti prevede una tutela diretta alla preservazione di cose e di localita' di particolare pregio estetico isolatamente considerate, mentre la normativa impugnata, proprio per l'estensione e la correlativa intensita' dell'intervento protettivo - imposizione del vincolo paesistico (e quindi preclusioni di sostanziali alterazioni della forma del territorio) in ordine a vaste porzioni e a numerosi elementi del territorio stesso, individuati secondo tipologie paesistiche, ubicazionali o morfologiche rispondenti a criteri largamente diffusi e consolidati da lungo tempo - introduce una tutela del paesaggio improntata a integrita' e globalita', implicante una riconsiderazione assidua dell'intero territorio nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico- culturale"; di tal che' le censure avverso un differente trattamento sanzionatorio di violazioni operanti su piani diversi sono da ritenersi manifestamente infondate; che, inoltre, anche sotto il profilo della determinazione di un elevato minimo edittale, questa Corte non vede motivi per discostarsi dai rilievi espressi con l'ordinanza n. 377 del 1990 (in ordine all'art. 20 lett. c della legge 28 febbraio 1985 n. 47, cui rinvia quoad penam l'art. 1-sexies della legge n. 431 del 1985) con la quale e' stato affermato che detto rigore sanzionatorio - espressivo di oggettiva gravita' dell'illecito, quale che ne sia la concreta dimensione quantitativa - e', nei reati urbanistici, giustificato dall'esigenza, correlata all'intento perseguito dal legislatore di predisporre strumenti che garantiscano il controllo dell'uso del territorio di assicurare l'effettivita' degli strumenti stessi mediante l'inasprimento del regime sanzionatorio: inasprimento collegato, tra l'altro, all'accresciuta sensibilita' del legislatore verso fenomeni reali di degrado urbanistico; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;