IL GIUDICE DELLE INDAGINI PRELIMINARI A seguito di perquisizione domiciliare e sequestro autorizzato dal p.m. di Bologna con provvedimento del 7 aprile 1987 si rinveniva nella abitazione di Di Paolo Lionello in Pian di Macina, Pianoro, numerosa documentazione bancaria, relativa prevalentemente all'anno 1987, da cui scaturivano altre indagini dirette ad accertare le modalita' di acquisizione dei redditi del sig. Di Paolo e la conformita' tra redditi ricavati e quelli denunciati. Emergeva, a seguito di perizia disposta dal p.m., che i guadagni del sig. Di Paolo derivavano principalmente da operazioni di borsa, come si poteva dedurre dalla costante frequenza di compravendita di titoli nel corso di tutto l'anno, dalla esistenza di un conto corrente e di un dossier titoli destinati all'attivita' borsistica ad opera del sig. Di Paolo. Il perito, nel concludere la sua attivita', evidenziava che le operazioni per le modalita' con cui si erano svolte, per la frequenza, per la mole di operazioni compiute, configuravano una presunzione relativa di tassabilita' e che, vigente l'art. 76, primo comma, del d.P.R. n. 597/1973, sarebbero state considerate plusvalenze conseguite e come tali da indicare nelle dichiarazioni dei redditi. La entrata in vigore del testo unico delle imposte dirette rendeva la conclusione piu' problematica. L'art. 81 del testo unico 22 dicembre 1986, n. 917, non prevede le presunzioni relative riguardanti plusvalenze conseguite mediante operazioni speculative, ma contiene una elencazione tassativa di fattispecie reddituali, al di fuori delle quali non si configura alcuna ipotesi di redditi diversi. Le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali costituiscono redditi diversi e percio' rilevanti ai fini fiscali e poi penali, solo se superiori al 2% del capitale della societa'. Nel caso di specie non si sarebbe raggiunto detto limite e, pertanto il p.m. nel richiedere il rinvio a giudizio del Di Paolo eccepiva la incostituzionalita' delle norme che non consentivano la tassazione dei redditi da operazioni di borsa. In sede di udienza preliminare la eccezione veniva riproposta e il difensore sul punto si rimetteva a giustizia. La eccezione sollevata dal p.m. merita di essere valutata perche' rilevante ai fini della decisione, dovendosi individuare sia le norme da applicare, sia la conformita' di queste alla Costituzione. L'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988, contenente norme di coordinamento e di attuazione al citato t.u., prevede che talune norme del t.u., tra cui l'art. 81, lett. c), abbiano effetto anche per i periodi di imposta antecedenti al 1ยบ gennaio 1988 sempre che i relativi accertamenti non siano divenuti definitivi e con cio' derogando al principio della ultrattivita' delle norme finanziarie di cui all'art. 20 della legge n. 4/1929. In tal modo il legislatore ha consentito di esonerare dall'obbligo del pagamento delle imposte redditi che allorquando furono prodotti (anni 1987, 1988) erano sottoposti all'obbligo, poiche' era vigente la normativa di cui al d.P.R. n. 597/1973. La capacita' contributiva di chi produce redditi da speculazioni di borsa e' stata poi riconosciuta allorquando in epoca recente il legislatore e' tornato a sottoporre a tassazione i redditi da investimenti di borsa. La esclusione della imposizione fiscale per questo settore non ha ragionevolezza, anzi viola il principio costituzionale dell'art. 53, secondo cui tutti i cittadini sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacita' contributiva. Non si comprende come settori di guadagno cosi' considerevoli debbano essere esentati da tassazione. Viola inoltre il principio di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, poiche' la norma avrebbe consentito per alcuni anni la produzione di redditi per taluni contribuenti senza oneri di denuncia ed obblighi relativi.