ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge
 22  luglio  1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni
 fondiarie perpetue) promosso con ordinanza emessa il 16  aprile  1991
 dal Pretore di Modica - Sezione distaccata di Ispica nel procedimento
 civile  vertente  tra Battaglia Cristina e Denaro Felicia iscritta al
 n. 395 del  registro  ordinanze  1991  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  23, prima serie speciale, dell'anno
 1991;
    Visto l'atto di costituzione di Battaglia Cristina;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  19  novembre  1991  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Udito l'avvocato Emilio Romagnoli per Battaglia Cristina;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio civile vertente sulla determinazione
 del  capitale di affrancazione di un fondo enfiteutico, il Pretore di
 Modica - Sezione distaccata di Ispica, con ordinanza  del  16  aprile
 1991, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 1  della  legge  22  luglio  1966,  n. 607, nella parte in cui, per i
 rapporti  costituiti anteriormente alla data del 28 ottobre 1941, non
 prevede "un congegno rivalutativo  che  restituisca  al  capitale  di
 affranco  (determinato  a  norma  del  r.d.l.  4 aprile 1939, n. 589,
 convertito in legge 29 giugno 1939, n. 976, e rivalutato ai sensi del
 d. lgs. C.P.S. 12 maggio 1947, n. 356)  il  potere  remunerativo  che
 esso aveva alla data del 12 maggio 1947".
    Secondo  il  giudice  remittente,  in  difetto di tale congegno il
 corrispettivo  dell'affrancazione  si  risolve  in  una   prestazione
 meramente  simbolica, avuto riguardo all'enorme variazione del potere
 di acquisto della moneta,  comportando  un'espropriazione,  di  fatto
 senza  indennizzo, del diritto del concedente, in spregio degli artt.
 3 ("stante l'evidente disparita' di  trattamento  tra  concedente  ed
 enfiteuta,  nonche'  tra gli stessi concedenti in relazione all'epoca
 in cui sia stato esercitato il diritto di affrancazione") e 42, terzo
 comma, della Costituzione.
    2. - Nel giudizio davanti alla Corte si e' costituita l'enfiteuta,
 chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o,  comunque,
 infondata,  essendo gia' stata risolta dalla sentenza n. 37 del 1969,
 la quale per le enfiteusi costituite  sotto  la  vigenza  del  codice
 civile  del 1865, improntato al principio di immutabilita' del canone
 enfiteutico, ha ritenuto congruo il criterio  di  determinazione  del
 capitale di affrancazione previsto dalla norma denunciata.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Dal  Pretore  di  Modica  - Sezione distaccata di Ispica e'
 impugnato l'art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 607, nella parte in
 cui, per le enfiteusi costituite anteriormente  al  28  ottobre  1941
 (data   di   entrata   in  vigore  del  nuovo  libro  separato  della
 proprieta'),  non  prevede   la   rivalutazione   del   capitale   di
 affrancazione del fondo, ammontante a una somma pari a quindici volte
 il  valore  del  canone  determinato  in  base  al reddito dominicale
 calcolato a norma del r.d.l. n. 589 del 1939,  e  rivalutato  dal  d.
 lgs. n. 356 del 1947.
    2.  - Il giudice a quo non ripropone la questione gia' esaminata e
 dichiarata non fondata da questa Corte con  la  sentenza  n.  37  del
 1969.  In quel giudizio era contestata la legittimita' costituzionale
 del sistema adottato dalla legge ai  fini  della  determinazione  del
 canone enfiteutico, e di riflesso anche del capitale di affranco, per
 le enfiteusi costituite prima del 28 ottobre 1941: sistema imperniato
 sul  riferimento,  fisso  e insuperabile, alla qualifica e al reddito
 catastale del 1939, maggiorato ai sensi del  decreto  del  1947.  Nel
 presente  giudizio,  in  conformita'  della  citata  sentenza, che ha
 ritenuto per se'  congrui  i  coefficienti  di  calcolo  del  canone,
 l'ordinanza  di  rimessione  premette  che  "non  e'  ipotizzabile un
 ulteriore incremento del canone (e, quindi, del capitale di affranco)
 al di la' dei limiti fissati con l'ultimo aggiornamento del 1947",  e
 lamenta  piuttosto  che non sia prevista dalla legge la rivalutazione
 della somma, cosi' determinata,  in  rapporto  al  mutato  potere  di
 acquisto della moneta.
    Prospettata in questi termini, la questione e' inammissibile.
    La  legge n. 607 del 1966 ha abrogato l'art. 144 disp.att.cod.civ.
 ripristinando il principio di  immutabilita'  del  canone  cui  erano
 soggette  le  enfiteusi  costituite anteriormente al 28 ottobre 1941,
 ferma la rivalutazione concessa dal decreto legislativo  n.  356  del
 1947.  Poiche'  il  canone  enfiteutico  -  una volta determinato col
 sistema  sopra  rammentato,  del  quale  il  giudice  remittente  non
 contesta la legittimita' - e' un debito di valuta, il detto principio
 si lega col principio nominalistico (art. 1277 cod.civ.), che esclude
 la possibilita' di rivalutazione monetaria della somma dovuta.
    Introdurre limiti all'applicazione del principio nominalistico non
 rientra nei poteri di  questa  Corte,  come  ripetutamente  e'  stato
 precisato  (sent.  n.  107  del  1981, ord. nn. 64 del 1988 e 463 del
 1989), tanto piu' in casi come quello in  esame,  nel  quale  non  si
 potrebbe  certamente  ammettere  una rivalutazione piena di canoni in
 base agli indici di deprezzamento della moneta dal 1947 ad  oggi.  Si
 otterrebbe, infatti, il risultato di aumentare il valore nominale dei
 canoni relativi alle enfiteusi anteriori al 28 ottobre 1941 a livelli
 piu'  elevati  di quelli attingibili, pur dopo la sentenza n. 406 del
 1988, col sistema di aggiornamento previsto dalla legge n.  1138  del
 1970 per le enfiteusi costituite successivamente a quella data.