ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3  e  7
 della   legge   provinciale   di   Trento  9  dicembre  1978,  n.  56
 (Disposizioni transitorie in materia  di  protezione  della  fauna  e
 disciplina della caccia); degli artt. 1 e 2 della legge della Regione
 Trentino-Alto  Adige 7 settembre 1964, n. 30 (Costituzione e gestione
 delle riserve di caccia nel territorio regionale) e degli artt. 1,  2
 e 5 del decreto del Presidente della Giunta regionale 13 agosto 1965,
 n.  129  (Approvazione  delle  norme per la gestione delle riserve di
 caccia nel territorio regionale), promosso con ordinanza emessa il 20
 novembre 1990 dal Pretore di Trento - Sezione distaccata di Tione  di
 Trento  -  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Mattei Luciano e
 Provincia autonoma di Trento - Servizio foreste,  caccia  e  pesca  -
 iscritta  al  n.  352  del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  22,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  della  Provincia autonoma di Trento
 nonche' l'intervento in giudizio dell'Associazione  cacciatori  della
 Provincia di Trento;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  5  novembre  1991  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Udito l'avvocato Valerio Onida per la Provincia di Trento;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  di opposizione avverso alcune
 ordinanze-ingiunzioni emesse dalla Provincia  autonoma  di  Trento  a
 titolo di sanzione amministrativa per esercizio della caccia senza il
 permesso   del   concessionario,  il  Pretore  di  Trento  -  Sezione
 distaccata di Tione di Trento - con ordinanza del  20  novembre  1990
 (R.O.  n.  352  del  1991),  ha  sollevato  questioni di legittimita'
 costituzionale nei confronti  degli  artt.  1,  2  e  3  della  legge
 provinciale   di   Trento   9  dicembre  1978,  n.  56  (Disposizioni
 transitorie in materia di protezione della fauna e  disciplina  della
 caccia),  per violazione degli artt. 5, 116 e 117 della Costituzione,
 in relazione agli artt. 4, primo comma, e 8,  n.  15,  dello  Statuto
 regionale  del  Trentino-Alto  Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670),
 nonche' dell'art. 7 della stessa legge provinciale n.  56  del  1978,
 degli  artt.  1  e  2  della  legge regionale 7 settembre 1964, n. 30
 (Costituzione e gestione  delle  riserve  di  caccia  nel  territorio
 regionale),  e  degli artt. 1, 2 e 5 del decreto del Presidente della
 Giunta regionale 13 agosto 1965, n. 129, per violazione  degli  artt.
 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione, in relazione
 agli  artt.  4,  primo  comma,  8,  n.  15,  18  e  105 dello Statuto
 regionale.
    Nell'ordinanza si espone che la legge della Provincia di Trento n.
 56 del 1978, agli artt. 1, 2 e 3, nel  regolare  transitoriamente  la
 materia   della   caccia  in  attesa  dell'emanazione  di  una  legge
 provinciale organica, ha stabilito  che  nel  territorio  provinciale
 continuino  ad  avere  applicazione  il Testo unico delle norme sulla
 caccia del 5 giugno 1939, n. 1016  (modificato  con  legge  2  agosto
 1967, n. 799), le leggi regionali del Trentino-Alto Adige 7 settembre
 1964,  n.  30,  16  novembre  1969,  n.  12, e 31 agosto 1970, n. 19,
 nonche' la legge provinciale di Trento 5 ottobre 1976, n. 38.
    Per effetto di tali norme,  l'intero  territorio  della  Provincia
 autonoma  di  Trento (con esclusione delle zone riservate ai privati)
 risulta costituito, ai fini dell'esercizio della caccia,  in  riserva
 di   diritto,   la  cui  gestione  e'  stata  affidata  alla  sezione
 provinciale di Trento della Federazione italiana  della  caccia,  che
 rilascia,  agli  iscritti  ed ai non iscritti, il permesso di caccia,
 subordinatamente al versamento di  un  contributo  per  le  spese  di
 gestione, sorveglianza e ripopolamento.
    Secondo  il  giudice  a  quo,  tale  rinvio  recettizio alle norme
 statali e  regionali  precedenti  la  legge-quadro  sulla  caccia  27
 dicembre  1977,  n.  968,  costituirebbe,  anche  per effetto del suo
 protrarsi nel tempo, una sostanziale elusione dei principi di  questa
 legge che, invece, in quanto destinata a esprimere norme fondamentali
 di una riforma economico-sociale, deve trovare applicazione anche nei
 confronti   della  potesta'  legislativa  esclusiva  della  Provincia
 autonoma. In  particolare,  risulterebbero  in  tal  modo  violati  i
 principi  fondamentali  relativi  al riconoscimento dell'appartenenza
 della fauna al patrimonio indisponibile dello Stato  (art.  1);  alla
 soppressione   delle   tradizionali  riserve  di  caccia  (art.  15);
 all'abbandono del contenuto concessorio dell'uso della fauna connesso
 al rilascio delle licenze di caccia (art.  8);  all'estensione  della
 validita'  di  queste  ultime  a  tutto  il territorio nazionale, con
 carattere di gratuita' in regime di caccia controllata (art. 10).
    Il   giudice  remittente  rileva,  in  proposito,  che  l'illecito
 amministrativo  che  e'  all'origine  del  giudizio  a  quo  discende
 dall'aver  esercitato  la  caccia  senza il permesso rilasciato dalla
 Federcaccia, previsto dalla  normativa  provinciale  impugnata  quale
 unico  titolo  abilitante  all'esercizio dell'attivita' venatoria nel
 territorio della Provincia di  Trento,  in  contrasto  con  la  legge
 nazionale  che ha disposto, invece, la soppressione del "permesso del
 concessionario" e istituito un "tesserino venatorio" rilasciato dalle
 Regioni  e  dalle  Province  autonome,  con  validita'  per  l'intero
 territorio nazionale.
    Ulteriori  profili  di  illegittimita'  vengono  poi  indicati, in
 riferimento al diritto di  libera  associazione  e  al  principio  di
 imparzialita'  della  pubblica  amministrazione  (oltre che alle gia'
 ricordate norme fondamentali espresse dalla legge-quadro n.  968  del
 1977),  nelle  disposizioni  che  attribuiscono alla sola Federazione
 italiana della caccia la gestione delle  riserve  provinciali  e  dei
 relativi   proventi,   con  esclusione  di  ogni  altra  associazione
 venatoria.
    Con formula dubitativa viene, infine,  prospettata  l'eventualita'
 che  le  stesse disposizioni possano risultare in contrasto anche con
 il principio solidaristico espresso dall'art. 2 della Costituzione.
    2. - E' intervenuta in giudizio la Provincia di Trento,  eccependo
 l'inammissibilita'   o   comunque   l'infondatezza   delle  questioni
 sollevate.
    Inammissibili per irrilevanza nel giudizio a quo vengono  ritenute
 le questioni relative all'art. 2 della legge regionale n. 30 del 1964
 e   all'art.   7   della  legge  provinciale  n.  56  del  1978,  che
 stabiliscono, rispettivamente, l'affidamento alla  Federcaccia  della
 gestione  delle  riserve  e  la  disciplina  delle convenzioni tra la
 stessa Federcaccia e la Giunta provinciale ai fini  della  vigilanza,
 laddove  il  giudizio  a quo riguarda esclusivamente l'opposizione ad
 ordinanze-ingiunzioni emesse per  esercizio  della  caccia  senza  il
 permesso  del  concessionario  e  cioe'  per  una  violazione  che, a
 giudizio della Provincia, sussisterebbe a prescindere  dall'identita'
 del  concessionario  stesso  e  dall'eventuale  illegittimita'  delle
 disposizioni   relative   alla    sua    individuazione    ed    alla
 regolamentazionedei rapporti con il concedente.
    Parimenti  inammissibili,  oltre  che  per  i motivi di cui sopra,
 anche per inidoneita' delle norme impugnate  a  formare  oggetto  del
 giudizio, sono ritenute le questioni relative agli artt. 1, 2 e 5 del
 decreto  del  Presidente  della  Giunta regionale n. 129 del 1965, in
 quanto riferite ad un atto sprovvisto della forza di legge.
    In ordine alle  restanti  questioni,  la  Provincia  -  dopo  aver
 sostenuto  la  legittimita'  della tecnica del rinvio recettizio alla
 legislazione statale - osserva  che,  diversamente  da  quanto  viene
 affermato  nell'ordinanza  di  rimessione,  le  norme fondamentali di
 riforma economico-sociale, suscettibili di condizionare  la  potesta'
 legislativa   esclusiva,   riguarderebbero,  anche  alla  luce  della
 giurisprudenza  di  questa  Corte   (sent.   n.   1002   del   1988),
 esclusivamente  l'appartenenza  della  fauna  selvatica al patrimonio
 indisponibile dello Stato, l'affievolimento del tradizionale  diritto
 di  caccia  rispetto  alla conservazione del patrimonio faunistico ed
 alla protezione dell'ambiente, l'imposizione di un regime  di  caccia
 controllata  su tutto il territorio nazionale, nonche' l'elenco delle
 specie cacciabili.
    Rispetto  a  tali  norme  fondamentali,  il  sistema vigente nella
 Provincia di Trento - anche se diverso da  quello  generale  previsto
 dalla  legge-quadro  n.  968  del  1977 - non presenterebbe motivi di
 contrasto. In particolare, il mantenimento di un regime  riservistico
 costituirebbe  una  scelta legittimamente operata dal legislatore lo-
 cale nell'ambito di una pluralita' di opzioni, al fine  di  garantire
 la tutela degli interessi pubblici esistenti in materia di caccia.
    Del  resto,  la  stessa  legge-quadro avrebbe inteso preservare la
 specificita' del sistema trentino laddove ha stabilito (art.  7)  che
 la  zona  alpina costituisce zona faunistica a se' stante nella quale
 le Regioni interessate possono emanare norme particolari, al fine  di
 proteggere la fauna e di disciplinare la caccia.
    Secondo  la  Provincia, infine, l'individuazione della Federcaccia
 quale  unico  concessionario  della  gestione  delle  riserve  -  non
 comportando  obbligo  di  iscrizione a tale associazione da parte dei
 cacciatori ne'  una  gestione  a  favore  dei  soli  iscritti  -  non
 violerebbe  la  liberta'  associativa  ne' lederebbe il principio del
 pluralismo delle  associazioni  venatorie,  che  resterebbe  comunque
 garantito  dalle norme che prevedono e disciplinano la partecipazione
 alle assemblee ed ai consigli direttivi della Federcaccia delle altre
 associazioni venatorie in grado di rappresentare almeno il cinque per
 cento dei cacciatori nell'ambito provinciale.
    3. -  In  prossimita'  dell'udienza  la  Provincia  di  Trento  ha
 prodotto  una  memoria,  dove  vengono  ribadite  le  tesi  enunciate
 nell'atto di intervento.
    Fuori   termine   ha   presentato   atto   di   intervento   anche
 l'Associazione   cacciatori  della  Provincia  di  Trento  -  Sezione
 provinciale della Federazione italiana della caccia.
                        Considerato in diritto
    1. - Va innanzitutto dichiarata l'inammissibilita' dell'intervento
 in giudizio dell'Associazione cacciatori della Provincia  di  Trento,
 che,  oltre  ad  aver  presentato  fuori  termine  il proprio atto di
 costituzione, non risulta essere parte nel giudizio a quo.
    Va inoltre accolta l'eccezione di inammissibilita' per difetto  di
 rilevanza  sollevata dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti
 della  questione  relativa  all'art.  7  della  legge  provinciale  9
 dicembre  1978,  n. 56, dove si regolano le convenzioni che la Giunta
 provinciale e' autorizzata a stipulare con la sezione provinciale  di
 Trento  della Federazione italiana della caccia al fine di consentire
 l'impiego del personale di vigilanza dipendente dalla stessa  sezione
 nello   svolgimento  di  compiti  inerenti  la  tutela  dell'ambiente
 naturale. La disciplina espressa in tale articolo  risulta,  infatti,
 non  rilevante nel giudizio a quo, che attiene ad una controversia in
 tema di applicazione di sanzioni amministrative per  esercizio  della
 caccia senza il permesso del concessionario.
    Parimenti  inammissibili  si  presentano  le questioni prospettate
 dall'ordinanza nei confronti degli artt. 1, 2 e  5  del  decreto  del
 Presidente  della Giunta regionale 13 agosto 1965, n. 129, per la non
 idoneita' delle norme espresse da tali disposizioni a formare oggetto
 del giudizio di costituzionalita' in quanto sprovviste della forza di
 legge. Il decreto in questione, adottato ai sensi dell'art.  3  della
 legge  regionale  7  settembre 1964, n. 30, si caratterizza, infatti,
 per  le  sue  connotazioni   formali   e   sostanziali,   come   atto
 regolamentare della Giunta regionale.
    Va  ritenuta, invece, ammissibile la questione relativa all'art. 2
 della legge regionale n. 30 del 1964,  dal  momento  che  l'eventuale
 accoglimento   di  tale  questione  verrebbe  a  togliere  fondamento
 giuridico  ai  poteri  di  vigilanza  sulla  riserva  conferiti  alla
 concessionaria  e,  conseguentemente,  anche all'accertamento operato
 dagli agenti della stessa in ordine  all'illecito  amministrativo  di
 cui e' causa.
    2. - L'esame di merito va, pertanto, limitato alle questioni rela-
 tive  agli artt. 1, 2 e 3 della legge provinciale 9 dicembre 1978, n.
 56, ed agli artt. 1 e 2 della legge regionale 7  settembre  1964,  n.
 30.
    Tali  questioni  non sono fondate per le considerazioni di seguito
 esposte.
    3. - La legge provinciale n. 56 del 1978, al fine di formulare una
 disciplina transitoria in tema di protezione della fauna e di caccia,
 ha stabilito, all'art. 1, che "fino a quando non  sara'  emanata  una
 legge  provinciale  organica  per  la  protezione  della  fauna  e la
 disciplina  della  caccia,  continuano  ad  avere  applicazione   nel
 territorio  della  Provincia  autonoma  di Trento le norme del T.U. 5
 giugno 1939, n. 1016, modificato con la legge 2 agosto 1967, n.  799,
 le  leggi  della Regione Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30;
 16 dicembre 1969, n. 12, e 31 agosto 1970, n. 19,  nonche'  la  legge
 provinciale 5 ottobre 1976, n. 38". L'art. 2 della stessa legge n. 56
 regola  il  quadro  delle  sanzioni  amministrative  conseguenti alle
 violazioni di tali norme e stabilisce, in particolare, l'aggravamento
 della sanzione prevista nell'art. 43 del T.U. n. 1016 del  1939,  per
 violazione del divieto di caccia nelle riserve senza l'autorizzazione
 del  concessionario.  L'art.  3 detta, infine, alcune prescrizioni in
 tema di sequestro delle armi e della selvaggina da parte degli agenti
 di vigilanza venatoria.
    Secondo l'ordinanza  di  rinvio  tali  disposizioni  verrebbero  a
 violare  gli artt. 5, 116 e 117 della Costituzione, in relazione alla
 competenza provinciale in materia di caccia  prevista  dallo  Statuto
 speciale  del  Trentino-Alto Adige (art. 4, primo comma, e 8, n. 15),
 dal momento che - attraverso  il  ricorso  alla  tecnica  del  rinvio
 recettizio - avrebbero conservato dentro i confini territoriali della
 Provincia  la sopravvivenza di una normazione non piu' vigente (quale
 quella espressa nel T.U. del 1939, abrogata ai  sensi  dell'art.  34,
 ultimo  comma,  della  legge  n.  968  del 1977), cosi' da concretare
 l'ipotesi (censurata da questa Corte con l'ordinanza n. 117 del 1988,
 in relazione all'art.  105  dello  Statuto  speciale)  di  una  legge
 provinciale  che  "pur non regolando la materia, pretenda di impedire
 l'applicazione di norme statali".
   Inoltre - sempre ad avviso del giudice a quo - gli effetti di  tale
 disciplina,  in  quanto diretti a mantenere le riserve di caccia con-
 template nell'art. 43  del  T.U.  n.  1016  del  1939,  verrebbero  a
 contrastare  con  i  principi  fondamentali  della  legge  di riforma
 economico-sociale  n.  968  del  1977,  dove  le  riserve  di  caccia
 risultano, invece, abolite (art. 36).
    4.  -  Tali  censure  trascurano  di  considerare che la Provincia
 autonoma di Trento, nell'esercizio della propria competenza esclusiva
 in materia di caccia  e  nel  rispetto  dei  limiti  apposti  a  tale
 competenza  (art.  8, n. 15, d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670), dispone
 della possibilita' di disciplinare  la  materia  in  questione  anche
 mediante  un  rinvio  recettizio  a  norme statali gia' abrogate o in
 corso di abrogazione, senza per questo eludere  la  condizione  posta
 dall'art.  105  dello  Statuto speciale ai fini dell'applicazione, in
 via suppletiva, delle leggi statali. E questo tanto piu' ove la legge
 regionale - come e' accaduto nel caso di specie - non si sia limitata
 a  operare  un  rinvio  ad  una  precedente  disciplina,  statale   e
 regionale,  ma  abbia anche attuato un autonomo intervento normativo,
 prevedendo prescrizioni nuove e diverse, che in parte sono  venute  a
 rettificare  i  contenuti  della disciplina anteriore, in parte hanno
 richiamato i contenuti della nuova legge statale (v. artt. n. 2 e  n.
 3).
    Posta  questa  premessa,  il  giudizio va, pertanto, limitato alla
 verifica della compatibilita' tra i  contenuti  dispositivi  recepiti
 attraverso  il  rinvio  e  i  limiti  statutari  apposti  al  tipo di
 competenza  normativa  che  la  Provincia   ha   inteso   esercitare.
 Vertendosi in una materia di competenza primaria, una simile verifica
 andra'  in  primo  luogo  attuata ponendo a confronto le disposizioni
 della  legislazione  statale,  regionale  e  provinciale   richiamate
 nell'art.  1  della  legge  n.  56 del 1978 con le norme fondamentali
 della legge-quadro sulla caccia n. 968 del 1977, in quanto  legge  di
 riforma economico-sociale (v. sent. n. 1002 del 1988).
    Su  questo piano non e' dato, peraltro, rilevare tra la disciplina
 provinciale impugnata (con riferimento  particolare  al  mantenimento
 delle  riserve  di caccia) e le norme fondamentali della legge n. 968
 del 1977 un contrasto suscettibile di giustificare una  pronuncia  di
 illegittimita' costituzionale. Non si presenta, invero, irragionevole
 che  la norma fondamentale espressa nell'art. 8 di tale legge in tema
 di  caccia  controllata  (come  esercizio  venatorio   sottoposto   a
 limitazioni di tempo, di luogo e di specie cacciabili) possa trovare,
 nell'ambito  delle  Regioni  e  delle  Province a speciale autonomia,
 modalita'  attuative   diverse,   tali   da   comportare   anche   la
 sopravvivenza  dell'istituto  della  riserva di caccia affidata ad un
 concessionario, ove detto istituto risulti orientato non tanto  verso
 la  conservazione  di  un  privilegio  del  passato,  quanto verso la
 realizzazione  di  quelle  finalita'  pubblicistiche,  connesse  alla
 protezione  della  fauna  selvatica,  quale  patrimonio indisponibile
 dello Stato, che la legge-quadro statale ha inteso  perseguire  anche
 attraverso  "la  gestione  sociale  delle attivita' rivolte ad un uso
 razionale del territorio" (v. art. 15 legge n. 968  del  1977).  Tali
 finalita'    possono    ritenersi,    infatti,    connaturate    alle
 caratteristiche proprie delle riserve "di diritto" di cui  e'  causa,
 istituite  con  legge  dalla Regione Trentino-Alto Adige in vista del
 perseguimento di un obbiettivo preminente di tutela  del  particolare
 patrimonio faunistico della zona alpina.
    Ne'  valore  di  norma  fondamentale,  esclusiva  di  qualsivoglia
 diversa disciplina da parte della  Provincia  autonoma,  puo'  essere
 riconosciuto all'ultimo comma dell'art. 8, dove si regola il rilascio
 del  c.d.  "tesserino venatorio" gratuito: tesserino che la Provincia
 di Trento, con la propria normazione, non ha inteso eliminare, quando
 ha stabilito (nell'art. 5 del decreto  del  Presidente  della  Giunta
 regionale  13 agosto 1965, n. 129, che e', peraltro, disposizione non
 compresa nell'oggetto del presente  giudizio)  che,  per  l'esercizio
 della  caccia  nei  territori  inclusi  nella riserva provinciale, il
 cacciatore debba munirsi anche di un permesso  annuale  rilasciato  a
 titolo  oneroso.  Il  carattere  oneroso di tale permesso - correlato
 alla copertura delle spese per la gestione,  la  sorveglianza  ed  il
 ripopolamento  della  riserva  (cfr.  sent. 148 del 1979) - non puo',
 d'altro canto, ritenersi in contrasto con le norme fondamentali della
 legge-quadro n. 968, tenuto conto che anche  in  tale  legge  risulta
 prevista  la  possibilita'  di un contributo finanziario a carico dei
 cacciatori ammessi a esercitare la caccia nei territori affidati alla
 gestione sociale delle associazioni venatorie o  di  altre  strutture
 associative (v. art. 15, secondo, terzo e quarto comma).
    Quanto  precede  viene  a  trovare  conferma anche nel richiamo al
 trattamento speciale che  la  stessa  legge-quadro,  all'art.  7,  ha
 inteso  riservare al territorio delle Alpi come "zona faunistica a se
 stante", da regolare con norme particolari "al fine di proteggere  la
 caratteristica  fauna  e  disciplinare  la caccia, tenute presenti le
 consuetudini e le tradizioni locali": e  questo  tanto  piu'  ove  si
 consideri  il  rilievo  che  tale  richiamo assume con riferimento al
 Trentino-Alto Adige, dove l'esigenza di un regime  speciale  viene  a
 trovare  il suo fondamento anche nella particolarita' dell'evoluzione
 storica che ha  caratterizzato,  in  questa  Regione,  la  disciplina
 dell'attivita' venatoria ( v. sentt. nn. 59 del 1965 e 71 del 1967).
    L'insieme  di  queste  premesse  conduce, dunque, a dichiarare non
 fondate le questioni prospettate, con riferimento  ai  limiti  propri
 della  competenza  provinciale in tema di caccia, nei confronti degli
 artt. 1, 2 e 3 della legge della Provincia di Trento n. 56 del 1978.
    5. - Risultano  altresi'  infondate  le  questioni  sollevate  nei
 confronti degli artt. 1 e 2 della legge regionale 7 settembre 1964 n.
 30,  dove  si stabilisce che i territori inclusi nell'elenco allegato
 alla stessa legge (che coprono l'intero spazio territoriale delle due
 Province autonome di Trento e Bolzano, con esclusione delle sole zone
 gia' riservate ai privati) "sono costituiti di diritto in riserve  di
 caccia"  e  che  "la  gestione  di  tali  riserve e' affidata, per il
 territorio  delle  rispettive  Province,  alle  sezioni   provinciali
 cacciatori  di  Trento  e  Bolzano  della  Federazione italiana della
 caccia a vantaggio dei cacciatori iscritti e non iscritti".
    Queste norme vengono censurate  -  oltre  che  con  riferimento  a
 profili  del tutto identici a quelli gia' esaminati in relazione alla
 legge  provinciale  n.  56  del   1978   (preteso   contrasto   della
 conservazione  del  regime  riservistico  e  del  permesso  di caccia
 rilasciato dal concessionario con norme fondamentali della  legge  n.
 968  del  1977;  pretesa  elusione  della disciplina statale da parte
 della normazione regionale e provinciale) - per  avere  la  legge  in
 questione  vincolato a riserva l'intero territorio della Provincia di
 Trento, affidando  la  gestione  della  stessa,  in  esclusiva,  alla
 rispettiva  sezione  provinciale  della  Federazione  nazionale della
 caccia.
    Tali previsioni, ad avviso del giudice a quo, oltre  a  violare  i
 limiti  della competenza propria della Regione Trentino-Alto Adige in
 materia di caccia (artt. 5, 116, 117 e  118  della  Costituzione,  in
 relazione  agli  artt.  4,  primo  comma,  e  8, n. 15, dello Statuto
 speciale), risulterebbero lesive, per i loro contenuti,  anche  degli
 artt. 2, 3, 18 e 97 della Costituzione.
    A  questo  proposito  va  rilevato  che, ai sensi della disciplina
 impugnata, la Federazione nazionale della caccia opera, attraverso le
 sue sezioni provinciali, come concessionaria ex lege della Provincia,
 con un vincolo di gestione della  riserva  a  vantaggio  di  tutti  i
 cacciatori  "iscritti e non iscritti" all'organismo associativo. Tale
 scelta,  operata  nell'ambito  della  discrezionalita'  spettante  al
 legislatore  regionale nell'esercizio di una sua competenza primaria,
 non si presenta, di per se', lesiva dei principi  di  ragionevolezza,
 di   eguaglianza   e   di   imparzialita'   garantiti   dal   dettato
 costituzionale, ove si consideri che la Federazione nazionale caccia,
 pur nella sua veste privatistica, si caratterizza come l'associazione
 maggiormente  rappresentativa  in  sede  nazionale  e  locale   della
 categoria  dei cacciatori, associazione cui la stessa legge-quadro n.
 968 del 1977 ha voluto  attribuire,  insieme  con  il  riconoscimento
 (art.  29,  quarto  comma),  lo  svolgimento  di particolari funzioni
 (artt. 5 e 30). Ne'  dall'affidamento  in  esclusiva  della  gestione
 della  riserva  alla  sezione  provinciale  della Federazione risulta
 possibile derivare una lesione della liberta' di associazione di  cui
 all'art.  18  della  Costituzione,  ove  si  tenga presente - anche a
 prescindere dalla considerazione della partecipazione alla  gestione,
 consentita dal secondo comma dell'art. 2 della legge impugnata, anche
 delle  associazioni  minori,  che  rappresentino almeno il cinque per
 cento dei cacciatori -  che  tale  sezione,  nella  sua  funzione  di
 concessionaria,  e' tenuta per legge a operare a vantaggio di tutti i
 cacciatori "iscritti e non iscritti" e che non sussistono ostacoli in
 grado di escludere o limitare  l'adesione  e  la  partecipazione  dei
 singoli  cacciatori alla vita dell'organismo associativo (cfr. sentt.
 nn. 69 del 1962; 71 del 1963; 33 e 59 del 1965; 71 del 1967).
    Va, di conseguenza, esclusa la violazione degli artt. 3, 97  e  18
 della Costituzione da parte della disciplina in esame.
    6.  -  Per la sua prospettazione perplessa deve ritenersi, infine,
 inammissibile  la  censura  enunciata  nei  confronti  delle   stesse
 disposizioni della legge regionale n. 30 con riferimento al principio
 solidaristico  di  cui  all'art.  2  della  Costituzione,  mentre  le
 doglianze formulate in relazione all'art. 120 della  Costituzione  ed
 all'art.  18  dello Statuto speciale non possono trovare ingresso nel
 giudizio, venendo a  investire  esclusivamente  norme  contenute  nel
 decreto  del  Presidente  della  Giunta  Regionale  n.  129 del 1965,
 sottratte  -  secondo  quanto  gia'  rilevato  -  al   controllo   di
 legittimita'  costituzionale,  in  quanto  sprovviste  della forza di
 legge.