ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 3 gennaio 1960, n. 5 (Riduzione del limite di eta' pensionabile per i lavoratori delle miniere, cave e torbiere), promosso con ordinanza emessa il 28 marzo 1991 dal Pretore di Ascoli Piceno nel procedimento civile vertente tra Mendicino Vittorio e I.N.P.S. ed altra, iscritta al n. 385 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di costituzione di Mendicino Vittorio e dell'I.N.P.S. nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto che nel procedimento civile vertente tra Mendicino Vittorio, l'I.N.P.S. ed altro, il Pretore di Ascoli Piceno, con ordinanza del 28 marzo 1991 (R.O. n. 385 del 1991) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 3 gennaio 1960, n. 5, interpretata nel senso della sua inapplicabilita' agli operai che lavorano alle dipendenze di imprese che comunque esercitano lavoro nel sottosuolo; che, a parere del remittente, sarebbero violati gli art. 3 e 38 della Costituzione per la disparita' di trattamento che si crea tra i suddetti e coloro che lavorano in miniere, in cave e torbiere e per la privazione di mezzi adeguati alle loro esigenze di vita che gli stessi subiscono; che si sono costituiti la parte privata e l'I.N.P.S.; che l'una ha chiesto una sentenza interpretativa o, comunque, l'accoglimento della questione; e, nella memoria successiva, la remissione della trattazione della questione alla pubblica udienza; l'altro ha rilevato che quella impugnata e' una normativa speciale insuscettibile di interpretazione analogica e che con essa il legislatore, nella sua discrezionalita', ha inteso tutelare un rischio particolare; ed ha concluso per la inammissibilita' o la infondatezza della questione; che e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, la quale ha rilevato che nella ordinanza di remissione manca qualsiasi accenno alla fattispecie e che non e' stato effettuato ne' il giudizio sulla rilevanza ne' quello sulla non manifesta infondatezza della questione; ha concluso per la sua inammissibilita'; Considerato che nella ordinanza di remissione manca qualsiasi elemento di fatto per cui non e' possibile desumere quale lavoro abbia svolto il ricorrente, in particolare se esso sia stato, continuamente o meno, eseguito nel sottosuolo e comunque alla stessa stregua del lavoro dei minatori o dei cavatori; che, quindi, in tale situazione la questione va dichiarata manifestamente inammissibile senza che sia necessario la remissione della trattazione della questione alla pubblica udienza; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;