ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, secondo comma, del decreto legge 1 aprile 1989, n. 120 (Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia), convertito, con modificazioni, nella legge 15 maggio 1989, n. 181, promosso con ordinanza emessa il 28 dicembre 1990 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Bedello Rossana ed altra ed I.N.P.S., iscritta al n. 459 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di costituzione di Bedello Rossana ed altre; Udito nell'udienza pubblica del 3 dicembre 1991 il Giudice relatore Francesco Greco; Udito l'avvocato Lucio Laurenti per Bedello Rossana ed altre; Ritenuto in fatto 1. - Rossana Bedello, Maria Veronica Morelli e Laura Guidetti, dipendenti della Finsider s.p.a., dichiaravano di volersi avvalere della possibilita', prevista dal decreto legge 1 aprile 1989, n. 120, convertito nella legge 15 maggio 1989, n. 181, di accedere al prepensionamento con decorrenza dal compimento del cinquantesimo anno di eta', fruendo dell'accredito contributivo previsto dalla suddetta legge. Siccome per le donne detto accredito era concesso solo per gli anni dal cinquantesimo al cinquantacinquesimo mentre per gli uomini era previsto fino al sessantesimo anno, ricorrevano al Pretore perche' fosse concessa un'anzianita' contributiva pari a quella degli uomini. Il Pretore di Roma, su eccezione delle ricorrenti, con ordinanza del 28 dicembre 1990 (R.O. n. 459 del 1991), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, secondo comma, del citato decreto legge n. 120 del 1989, nella parte in cui stabilisce per i lavoratori del settore siderurgico che fruiscono del collocamento a riposo anticipato ai sensi dello stesso decreto legge, un trattamento pensionistico con diversa anzianita' contributiva per uomini e donne. Tale disparita' di trattamento, secondo il giudice a quo, violerebbe gli artt. 3 e 37 della Costituzione, alla stregua dei quali la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che l'uomo e la donna hanno diritto di lavorare sino alla stessa eta' e, in caso di eccezionale cessazione anticipata del rapporto, di vedersi riconosciuta la medesima anzianita' contributiva (sentenze nn. 137 del 1986, 498 del 1988, 371 del 1989). 2. - Nel giudizio si sono costituite la Bedello, la Morelli e la Guidetti, concludendo per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma impugnata dal Pretore di Roma, riportandosi alle precedenti decisioni della Corte Costituzionale citate nella ordinanza di rimessione. Non si e' costituita l'I.N.P.S. ne' e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri. Considerato in diritto 1. - La Corte e' chiamata a verificare se l'art. 2, secondo comma, del decreto legge 1 aprile 1989, n. 120, convertito nella legge 15 maggio 1989, n. 181, nella parte in cui stabilisce che il trattamento pensionistico per i lavoratori del settore siderurgico che fruiscono del collocamento a riposo anticipato ai sensi dello stesso decreto legge, venga calcolato sull'anzianita' contributiva aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data della risoluzione del rapporto di lavoro e quella del compimento del sessantesimo anno di eta' per gli uomini, e del cinquantacinquesimo per le donne, violi gli artt. 3 e 37 della Costituzione per la disparita' di trattamento che crea in ragione esclusiva della diversita' di sesso. 1.1. - La questione e' fondata. L'art. 2, secondo comma, del decreto legge 1 aprile 1989 n. 120, convertito con modificazioni in legge 15 maggio 1989 n. 181, che contiene misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia, ha stabilito che il trattamento di pensione che compete a coloro che vanno in prepensionamento sia calcolato sulla base dell'anzianita' contributiva aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data di risoluzione del rapporto e quello del compimento del sessantesimo anno di eta' se uomo o del cinquantacinquesimo anno di eta' se donna. Trovano applicazione i principi gia' affermati da questa Corte in fattispecie di prepensionamento analoghe, sia pure previste da altre disposizioni che hanno formato oggetto di questione di costituzionalita'. Come si e' gia' affermato (sent. n. 371 del 1989), la sancita disparita' di trattamento tra lavoratore e lavoratrice e' fondata sull'erroneo presupposto che l'eta' pensionabile per la donna sia fissata al cinquantacinquesimo anno di eta' e per l'uomo al sessantesimo. Invece il prepensionamento, siccome costituisce una anticipata risoluzione del rapporto di lavoro per cause eccezionali, incide sull'eta' lavorativa, che e' identica sia per l'uomo che per la donna, potendo entrambi lavorare fino a sessant'anni (sent. 137 del 1986 e 498 del 1988). Ne deriva che sia il lavoratore che la lavoratrice che vanno in prepensionamento hanno diritto allo stesso trattamento in ordine alla anzianita' contributiva e non rileva affatto la diversita' di sesso. 2. - Si osserva, inoltre, che sia l'uomo che la donna possono andare in prepensionamento a cinquant'anni ed in effetti le ricorrenti hanno proposto la prescritta domanda al compimento del cinquantesimo anno. Vero e' che per l'art. 5 del decreto legge n. 536 del 1987, convertito con modificazioni in legge n. 48 del 1988, la donna puo' andare in prepensionamento al quarantasettesimo anno, ma siffatta previsione importa solo che da tale eta' inizia il periodo di anzianita' contributiva da riconoscersi alla stessa, il quale deve essere di dieci anni come per il lavoratore (sent. n. 134 del 1991 e ord. n. 196 del 1991). Pertanto, va dichiarata la illegittimita' costituzionale della disposizione censurata.