ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 718 e 719 del
 codice  penale, in relazione all'art. 4 della legge 13 dicembre 1989,
 n.  401  (Interventi  nel  settore  del  giuoco  e  delle   scommesse
 clandestini   e   tutela   della  correttezza  nello  svolgimento  di
 competizioni agonistiche), promosso con ordinanza emessa il 21 maggio
 1991 dal  Pretore  di  Napoli,  Sezione  distaccata  di  Casoria  nel
 procedimento  penale a carico di Orefice Luigi iscritta al n. 549 del
 registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 18 dicembre  1991  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Ritenuto  che  con  l'ordinanza  in  epigrafe il Pretore di Napoli
 (Casoria) ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 718  e  719  del
 codice  penale,  nella  parte  in  cui questi prevedono una pena piu'
 grave per chi tiene o agevola il giuoco d'azzardo, nelle  circostanze
 di  cui  all'art. 719 del codice penale, rispetto alla pena, disposta
 dall'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, per chi organizza o
 da' pubblicita' a pubbliche scommesse;
      che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, il
 quale, argomentando sulla diversita' e non comparabilita'  delle  due
 fattispecie  penali  in oggetto, ha concluso per l'infondatezza della
 questione;
    Considerato che nella determinazione della qualita' e della misura
 delle  sanzioni  penali  il  legislatore  dispone  della  piu'  ampia
 discrezionalita',   costituzionalmente  censurabile  soltanto  quando
 palesemente esorbiti dai limiti della ragionevolezza;
      che l'art. 4 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, indicato  dal
 Pretore  rimettente come tertium comparationis, contiene, in realta',
 una  gamma  abbastanza   ampia   di   ipotesi   criminose   attinenti
 all'esercizio  di  pubbliche  scommesse, sanzionate con pene tra loro
 diverse;
      che, tra queste ipotesi, il  legislatore,  nell'esercizio  della
 sua  ampia  discrezionalita',  ha  previsto delitti sanzionati con la
 reclusione  da   sei   mesi   a   tre   anni   per   la   repressione
 dell'organizzazione  di pubbliche scommesse o concorsi pronostici, il
 cui esercizio e' riservato dalla legge allo Stato  o  ad  altro  ente
 concessionario,  ovvero  di scommesse o concorsi pronostici aventi ad
 oggetto gare sportive gestite dal C.O.N.I., da organizzazioni da esso
 dipendenti o dall'U.N.I.R.E.,  mentre  ha  configurato  come  ipotesi
 criminose  di natura contravvenzionale - e, nel caso, punite con pene
 meno elevate rispetto a quelle previste dalle disposizioni impugnate,
 relative al giuoco d'azzardo, - sia  la  condotta  di  chi  organizza
 pubbliche scommesse, per le quali non esiste una riserva di esercizio
 allo  Stato  o ad altro ente (art. 4, primo comma, ultima parte), sia
 la  condotta  di  chi,  non  partecipando  all'organizzazione   delle
 scommesse,  si  limita  a  darne pubblicita' (art. 4, secondo comma),
 sia, infine, la condotta di chi  partecipa  alle  scommesse  medesime
 (art. 4, terzo comma);
      che,  sulla  base di quanto esposto, le scelte discrezionalmente
 compiute dal legislatore nella previsione delle  sanzioni  penali  da
 applicare  a condotte criminose anche lontanamente comparabili, quali
 il giuoco  d'azzardo  e  le  pubbliche  scommesse,  non  si  rivelano
 palesemente  irragionevoli, poiche' esse si basano su una valutazione
 diversificata  in  relazione  a  fatti  di  differente   offensivita'
 sociale, valutazione che presuppone, non arbitrariamente, la maggiore
 potenzialita'    criminale    delle    condotte   illecite   connesse
 all'esercizio  abusivo  di  scommesse  o  di   concorsi   pronostici,
 complessivamente  sanzionate  in misura piu' grave rispetto al giuoco
 d'azzardo (come chiaramente risulta dall'intero disposto dell'art.  4
 della  legge  n.  401  del 1989, di cui il giudice rimettente ricorda
 soltanto le ipotesi di minore gravita');
      che,  inoltre,  la  sanzione  prevista  dal  combinato  disposto
 formato  dagli  artt.  718  e  719  del  codice penale, impugnati nel
 presente  giudizio,  e'  racchiusa  tra  limiti  edittali   tali   da
 consentire al giudice un'ampia possibilita' di graduazione della pena
 in proporzione alla gravita' del fatto accertato;
      che,  pertanto, la dedotta questione di costituzionalita' appare
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;