IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza; Letto l'appello del 12 ottobre 1991 del p.m. in sede avverso l'ordinanza del 7 ottobre 1991 con la quale il g.i.p. presso questo tribunale rigetto' l'istanza di sostituzione della misura cautelare avanzata da esso p.m. nei confronti di Di Bella Antonino nato il 21 gennaio 1969 a Valguarnera ed ivi residente in via Ricasoli n. 174, indagato in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 575 del c.p.; Sentite le parti in camera di consiglio alla udienza del 31 ottobre 1991; Esaminati gli atti del procedimento penale n. 176/91 r.g.n.r.p.m.; R I L E V A Va premesso il punto di fatto: che con richiesta del 3 ottobre 1991 il p.m. in sede, a seguito dell'entrata in vigore del d.-l. 9 settembre 1991, n. 292, chiese al g.i.p. presso questo tribunale di sostituire, nei confronti di Di Bella Antonino, indagato per il reato di omicidio volontario in concorso, la misura cautelare di cui all'art. 282 del c.p.p. con la custodia cautelare in carcere; che con l'ordinanza del successivo 7 ottobre l'adito g.i.p. rigetto' la richiesta rilevando l'inidoneita' del d.-l. 9 settembre 1991, n. 292, ad incidere sulle misure cautelari gia' concretamente applicate prima della sua vigenza, sulla scorta del fondamentale principio della irretroattivita' della legge penale (artt. 11 delle disp. prel.; 25 della Costituzione; 2, primo comma, del cod. pen.), applicabile anche alle disposizioni in materia di misure cautelari che, sebbene formalmente processuali, hanno natura sostanziale per funzione e struttura; che con atto di appello del successivo 12 ottobre il p.m. ha impugnato l'ordinanza del g.i.p. ed ha sollecitato l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere deducendo la natura strettamente processuale delle norme sulla custodia cautelare, e quindi la retroattivita' delle norme contenute nel citato d.-l.; Pertanto, la questione sottoposta al vaglio di questo tribunale ha ad oggetto l'applicabilita', o meno, del d.-l. n. 292/1991 alle situazioni gia' consolidate sotto la normativa presigente. Senonche', preliminare rispetto a tale valutazione appare la questione di legittimita' costituzionale del decreto formulato dalla difesa dell'indagato. Invero, tra i molteplici aspetti di incostituzionalita' evidenziati, particolarmente meritevole di considerazione appare quello attinente il contrasto tra l'art. 1 del d.-l. n. 292/1991 e l'art. 7 della legge 16 febbraio 1987, n. 18 (c.d. legge delega). Ed infatti, il citato art. 7 prevede la possibilita', per il Governo della Repubblica, di emanare disposizioni integrative e correttive del codice di rito "nel rispetto di principi e criteri direttivi fissati dagli artt. 2 e 3 si conforme parere della commissione prevista dall'art. 8". L'art. 2, cinquantanovesima disposizione, della stessa legge n. 81/1987 pone poi come criterio direttivo inderogabile - tra l'altro - il "divieto di disporre la custodia in carcere se, con l'applicazione di altre misure di coercizione personale, possono essere soddisfatte le esigenze cautelari". Or, poiche' l'art. 1, primo comma, del d.-l. n. 291/1991 ha sostanzialmente sottratto al Giudice la facolta' di scegliere la misura cautelare piu' adeguata al caso concreto, imponendogli di applicare la custodia in carcere in presenza di esigenze cautelari - anche minime - in relazione ai delitti elencati al terzo comma dell'art. 275 del c.p.c. (nel testo modificato dal d.-l. 13 maggio 1991, n. 152), non v'e' dubbio che appare violata la direttiva n. 59 dell'art. 2 della legge 16 febbraio 1987, n. 81, e che la norma in commento debba percio' ritenersi contrastante con l'art. 7 della legge n. 81/1987 e con gli artt. 76 e 77 della Costituzione. Va peraltro evidenziato che le esigenze di "straordinaria necessita' e urgenza" poste a fondamento del d.-l. n. 292/1991 potrebbero considerarsi legittimo motivo per l'adozione di provvedimenti legislativi con le forme del decreto-legge e senza il parere della commissione di cui all'art. 8 della legge n. 81/1987, ma non gia' per la violazione dei principi fondamentali inderogabilmente fissati dalla legge delega emanata dal Parlamento. Pertanto, per le superiori considerazioni il decreto-legge n. 292/1991 presenta evidenti profili di incostituzionalita' che rendono indispensabile la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Va da ultimo precisato che non ritiene il Tribunale di accogliere l'istanza di aggravamento della misura cautelare pure richiesta dal p.m. per motivi "di merito", stante che nelle more delle indagini preliminari le esigenze cautelari si sono progressivamente attenuate - tanto da giustificare la successiva degradazione delle misure - e non risultano recentemente essersi verificati nuovi fatti che possano giustificare una rimeditazione sul tipo di misura da applicare.