IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa relativa a controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie iscritta al n. 2438 dell'anno 1990 del ruolo generale delle controversie in materia di lavoro promossa da Bondi Ada ved. Pinelli residente in Casinalbo di Formigine (Modena), rappresentata e difesa dal proc. avv. Alberto Della Fontana e presso di lui e nel suo stu- dio, in Modena, viale Martiri della Liberta', 20, elettivamente domiciliata, attrice, contro il Ministero dell'interno, in persona del Ministro dell'interno in carica, per legge domiciliato, in Bologna, via Marsala, 19, presso l'avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, contumace, convenuto; All'esito dell'udienza del giorno 3 ottobre 1991 fissata per la discussione orale e per la decisione della causa; Esaminati gli atti del processo ed i documenti prodotti dalla parte attrice; Sentito il rappresentante della stessa parte; A scioglimento della riserva formulata; O S S E R V A L'attrice ha agito in giudizio nei confronti del Ministero dell'interno ed ha chiesto, in qualita' di erede legittimo del marito Ernesto Pinelli deceduto il 18 febbraio 1983, l'accertamento del diritto del coniuge all'indennita' di accompagnamento per invalidi civili di cui all'art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18, per ottenere la quale era stata presentata domanda il 30 novembre 1982, nonche' la condanna dell'amministrazione convenuta a corrisponderle l'ammontare dell'indennita' che sarebbe spettata in vita al marito, del quale dalla competente commissione sanitaria, seppure post mortem, era stata accertata la totale inabilita' lavorativa e la necessita' per lui di accompagnamento. La ricorrente aveva chiesto inoltre la condanna del Ministero dell'interno al pagamento in suo favore degli interessi legali nonche' del risarcimento del maggior danno provocato dalla svalutazione monetaria ai sensi dell'art. 1224, secondo comma, del codice civile. All'udienza di decisione peraltro la difesa attrice ha chiesto la condanna, da pronunciarsi eventualmente anche di ufficio, del Ministero dell'interno, al pagamento, in luogo del risarcimento del solo maggior danno ex art. 1224, secondo comma, dell'integrale risarcimento del danno da svalutazione, da aggiungersi all'ammotare degli interessi legali, ai sensi dell'art. 442 del c.p.c. quale risultante dalla sentenza 8 marzo-12 aprile 1991, n. 156, della Corte costituzionale, intervenuta nelle more del processo. Quest'ultima domanda, a differenza di quella principale, non e' pero' allo stato accoglibile. Per consolidata giurisprudenza e' inapplicabile ai crediti per prestazioni di previdenza e di assistenza obbligatorie il disposto dell'art. 429, terzo comma, del c.p.c., dettato per i soli crediti di lavoro. Peraltro la Corte costituzionale, con la menzionata sentenza n. 156/1991, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 442 (nel testo sostituito dall'art. 1 della legge 11 agosto 1973, n. 533) nella parte in cui non prevede che il giudice deve determinare il maggior danno eventualmente subito dal creditore per la diminuzione di valore del credito quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro solamente per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale e non invece anche per prestazioni di assistenza obbligatoria. Reputa il decidente che l'art. 442, quale risulta per effetto della sentenza n. 156/1991, non possa essere esteso ai crediti per prestazioni assistenziali, tra le quali rientrano quelli aventi per oggetto l'indennita' di accompagnamento di cui all'art. 1 della legge n. 18/1980. Non soltanto il tenore letterale del dispositivo della sentenza e' tale da rendere riferibile la pronuncia della Corte ai soli crediti per prestazioni previdenziali, ma dalla motivazione emerge chiaramente come la Corte, in relazione al limitativo thema decidendum ad essa sottoposto dal giudice remittente, abbia preso in considerazione ai fini della decisione i crediti previdenziali e non quelli derivanti dal diritto a prestazioni di assistenza obbligatoria. Nonostante la loro affinita' sotto molteplici aspetti, riflessa nella identita' della normativa processuale che le riguarda, le due categorie di crediti sono nettamente distinte cosicche' non e' possibile una applicazione indifferenziata nei riguardi di entrambe delle norme che specificamente si riferiscano ad una soltanto di esse, soprattutto, come quella introdotta con la sentenza n. 156/1991, se si tratta di norme derogatorie ad una disciplina generale (in particolare di quella dettata dall'art. 1224 circa la conseguenza dell'inadempimento dell'obbligazione) e dunque di stretta interpretazione (art. 14 delle disp. prel. del cod. civ.). La stessa Corte costituzionale ha avuto occasione di riconoscere la non riconducibilita' in via interpretativa della situazione giuridica dei destinatari della pubblica assistenza a quella dei lavoratori assicurati con una delle forme di previdenza sociale per essi istituite allorquando, con la sentenza 26 luglio 1979, n. 85, ha ritenuto non applicabile ai primi il novellato art. 152 delle disp. att. del c.p.c. e conseguentemente ne ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale nella parte in cui non includeva i destinatari della assistenza pubblica tra coloro che possono beneficiare del particolare trattamento riguardante l'esonero dalla condanna al rimborso delle spese processuali nei giudizi promossi per ottenere le prestazioni che ambissero conseguire. Dalla non estensibilita' dell'art. 442, come modificato dalla sentenza n. 156/1991 ai titolari di crediti per prestazioni assistenziali deriva la possibile illegittimita' costituzionale della disparizione per contrasto con gli articoli 3 primo comma e 38, primo comma, della Costituzione. La questione cosi' prospettata, sollevata di ufficio, e' rilevante e non appare manifestamente infondata. La rilevanza e' evidente essendo stato questo giudice espressamente sollecitato a pronunciare sentenza di condanna del Ministero dell'interno al risarcimento integrale del danno per la diminuzione di valore del credito (del dante causa ed ora) dell'attrice provocato dalla svalutazione monetaria, e non soltanto nei limiti del pregiudizio eccedente l'ammontare degli interessi legali. La mancanza nell'assetto normativo vigente di una disposizione che renda accoglibile tale domanda comporta la necessita' che essa sia, se del caso, autoritariamente introdotta per decisione del giudice della legittimita' costituzionale delle leggi, cosi' come e' avvenuto per i crediti previdenziali. L'omogeneita' della situazione dei destinatari della pubblica assistenza con quella di coloro a favore dei quali sia stato apprestato un rapporto di assicurazione sociale e la necessita', ai sensi dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, di una uniformita' di trattamento non solamente processuale ma anche sostanziale e' gia' stata affermata dalla Corte costituzionale con la menzionata sentenza n. 85/1979. Ha esattamente osservato la Corte come il disegno costituzionale delineato dall'art. 38 della Costituzione in materia di sicurezza sociale venga realizzato per gli inabili al lavoro con gli istituti propri della pubblica assistenza e per i lavoratori mediante il sistema della mutualita' e dell'assicurazione obbligatoria ma come, pur essendo diversi i mezzi e gli strumenti adoperati, comune sia la finalita' perseguita. E' stato poi posto in rilievo come l'evoluzione normativa in materia dimostri la tendenza ad assicurare ai due metodi predisposti dal legislatore una uniformita' di trattamento. Una diversificazione tanto radicale delle situazione giuridica, in tema di conservazione del valore reale della prestazione economica in presenza di un costante svilimento del potere di acquisto della moneta, che privi i titolari del diritto soggettivo all'assistenza di quanto invece accordato all'altra categoria di soggetti, adeguatamente tutelati ai fini dell'osservanza del comune principio dell'art. 38 della Costituzione desumibile, si risolve, pertanto, in una violazione del fondamentale principio di uguaglianza ed in una irrazionalita' dell'ordinamento positivo. Per l'art. 38 agli inabili al lavoro, come ai lavoratori infortunati, ammalati, invalidi, anziani o disoccupati debbono essere assicurati trattamenti idonei a consentire il soddisfacimento delle loro elementari esigenze di vita. Le prestazioni a tale scopo ad essi attribuite, non diversamente dalle prestazioni delle assicurazioni sociali obbligatorie, debbono essere sottratte al deprezzamento della moneta che le rende via via prive del carattere dell'adeguatezza e le rende sempre piu' insufficienti allo scopo. Cio' non puo' avvenire che con il ristabilimento del loro potere di acquisto iniziale, compromesso dall'ingiustificato ritardo con il quale la pubblica amministrazione abbia provveduto all'adempimento della sua obbligazione. Le ragioni che hanno indotto la Corte costituzionale a dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 442 del c.p.c. in parte qua sussistono anche per i crediti aventi per oggetto prestazioni assistenziali. Queste sono destinate pur esse per la loro natura, non ad integrare un reddito da lavoro, ma a sostituire completamente (nella misura discrezionalmente dettata dal legislatore ordinario) un siffatto reddito in quanto impossibile od ad alleviare altre particolari condizioni di grave bisogno che giustificano l'intervento della pubblica assistenza in aderenza al principio di solidarieta' sociale dettato dall'art. 2 della Costituzione. Le esigenze cui sovvengono sono di tale pregnanza da risultare quanto, se non piu', importanti per il sostentamento dell'assistito dei redditti da lavoro e delle prestazioni previdenziali. La necessita' di sottrarle integralmente alla svalutazione monetaria di appalesa pertanto di assoluto rilievo per la salvaguardia della funzione loro propria, oltre che dal punto di vista sociale, essendone beneficiari i soggetti piu' bisognosi ed i piu' inermi fra tutti. Il giudizio deve essere pertanto sospeso e la questione rimessa alla Corte costituzionale.