Ricorso della regione autonoma della Sardegna, in persona del presidente della giunta ing. Antonio Cabras, rappresentata e difesa come da procura a margine del presente atto, dal prof. avv. Sergio Panunzio e domiciliata nel di lui studio in Roma, piazza Borghese, 3, e giusta deliberazione della giunta regionale del 30 dicembre 1991 (48/37) contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio in carica, per la dichiarazione di incostituzionalita' della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette) ed in particolare degli art. 6, terzo comma, 18, primo comma, 22, quinto comma, e 32, terzo comma, per violazione degli artt. 3 e 6 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, recante lo statuto speciale per la Sardegna, e delle relative norme di attuazione, approvate con d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348. F A T T O 1. - In base agli artt. 3 e 6 dello statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) la regione autonoma della Sardegna ha potesta' legislativa ed amministrativa primaria in materia, fra l'altro, di: "agricoltura e foreste", "edilizia ed urbanistica", "caccia e pesca", nonche' anche di "turismo" (art. 3 st. rispettivamente lettere d, f, i e p). Spetta dunque alla regione una generale competenza per quanto riguarda gli interventi per la protezione della natura. Ed infatti l'art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 (recante "Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382, ed al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616") ha trasferito alla regione le funzioni amministrative "concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve ed i parchi naturali". 2. - Cio' premesso, nel s.o. n. 292 della Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 1991 e' stata pubblicata la legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette). L'art. 6, terzo comma, della legge n. 394/1991 stabilisce, fra l'altro, che "sono vietati .. per gravi motivi di salvaguardia ambientale, con provvedimento motivato, anche nei centri edificati, l'esecuzione di nuove costruzioni e la trasformazione di quelli esistenti, qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici e idrogeotermici e sulle finalita' istitutive dell'area protetta". 3. - Il successivo art. 18, stabilisce poi che "in attuazione del programma (sc.: il programma triennale per le aree naturali protette, previsto dall'art. 4 della legge impugnata) il Ministro dell'ambiente, di concreto con il Ministro della marina mercantile e d'intesa con il Ministro del tesoro, istituisce le aree protette ma- rine, autorizzando altresi' il finanziamento definito dal programma medesimo. L'istruttoria preliminare e' in ogni caso svolta, ai sensi dell'art. 26 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, della Consulta per la difesa del mare dagli inquinanti". 4. - L'art. 22, quinto comma, inoltre, prescrive che "non si possono istituire aree protette regionali nel territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale". 5. - Infine, ai sensi dell'art. 33, terzo comma, "all'interno delle aree contigue (sc.: aree contigue alle aree protette, v. primo comma dell'art. 32) le regioni possono disciplinare l'esercizio della caccia, in deroga al terzo comma dell'art. 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, soltanto nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni dell'area naturale protetta e dell'area contigua, gestita in base al secondo comma dello stesso art. 15 della medesima legge". La legge 6 dicembre 1991, n. 394, e, in particolare, le disposizioni legislative sopra indicate sono gravemente lesive delle competenze costituzionalmente garantite alla regione autonoma della Sardegna, che le impugna per i seguenti motivi di D I R I T T O 1. - Violazione delle competenze regionali di cui agli artt. 3 e 6 dello Statuto speciale per la Sardegna e relative norme di attuazione (spec. art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348) da parte dell'art. 6, terzo comma, della legge 6 dicembre 1991, n. 394. Come riferito in narrative, il terzo comma dell'art. 6 della legge n. 394/1991 pretende di estendere anche ai centri edificati, sia pure "per gravi motivi di salvaguardia ambientale, (e) con provvedimento motivato" il divieto di eseguire nuove costruzioni e la trasformazione di quelle esistenti, nonche' il divieto di apportare qualsiasi mutamento dell'utilizzazione dei terreni con destinazione diversa da quella agricola e quant'altro possa incidere sulla morfologia del territorio, sugli equilibri ecologici, idraulici ed idrogeotermici e sulle finalita' istitutive dell'area protetta. Tali divieti, tuttavia, sono con tutta evidenza in contrasto con la competenza primaria della regione ricorrente in materia di urbanistica di cui all'art. 3 dello Statuto. La disposizione statale in questione non potrebbe infatti certamente considerarsi espressione di alcuno dei limiti costituzionalmente previsti nei confronti delle attribuioni regionali esclusive. In particolare, essa non puo' essere assimilata ad un principio generale dell'ordinamento. Infatti, i principi generali debbono consistere, com'e' chiarito dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, o in "orientamenti o criteri direttivi di cosi' ampia portata e cosi' fondamentali da potersi desumere ... soltanto dalla disciplina legislativa relativa a piu' settori naturali"; ovvero, in analoghi orientamenti e criteri eccezionalmente desumibili da singole materie, purche' "in quest'ultimo caso il principio sia diretto a garantire il rispetto di valori supremi, collocabili al livello delle norme di rango costituzionale o di quelle di immediata attuazione della Costituzione" (sentenza n. 1107/1988, punto 3 della motivazione). Ora, sembra evidente alla regione autonoma della Sardegna che la norma impugnata, lungi dal contenere "orientamenti e criteri direttivi" dotati delle caratteristiche e della valenza che, come s'e' visto, codesta Ecc.ma Corte richieda per poter qualificare un precetto come principio generale dell'ordinamento giuridico, si limiti ad un'indicazione di portata molto ristretta, che si sostanzia nella formulazione di un divieto specifico ed illegittimamente limitativo delle competenze regionali. Per analoghe ragioni, deve pure escludersi che il terzo comma dell'art. 6 possa considerarsi come norma fondamentale di riforme economico-sociali. Anche in questo caso, infatti, e' pur sempre necessario, per poter qualificare come norma fondamentale di riforma una determinata disposizione, verificare che quest'ultima si traduca nella posizione di "norme-principio o della disciplina di istituti giuridici .. che rispondono complessivamente ad un interesse unitario ed esigono pertanto, un'attuazione su tutto il territorio nazionale .. e che, in ogni caso, lascino alle regioni, nelle materie di propria competenza, uno spazio normativo sufficiente per adattare alle proprie peculiarita' locali i principi e gli istituti introdotti dalle leggi nazionali di riforma" (sentenza n. 1033/1988, punto 4 della motivazione). E' evidente, al contrario, che da un lato l'interesse sotteso alla norma impugnata ben potrebbe essere tutelato anche dalla Regione ricorrente, nell'esercizio delle proprie competenze costituzionalmente garantite; e dall'altro, che la suddetta norma non potrebbe qualificarsi come norma principio, per la sua struttura puntuale e dettagliata che non lascia, per giunta, alcun margine di intervento normativo alla Regione. 2. - Violazione delle competenze regionali di cui agli artt. 3 e 6 dello statuto speciale per la Sardegna e relative norme di attuazione (spec. art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348) da parte dell'art. 18, primo comma, della legge 6 dicembre 1991, n. 394. L'art. 18, primo comma, della legge n. 394, affida, come s'e' visto, al Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della marina mercantile e d'intesa con il Ministro del tesoro, l'istituzione delle aree protette marine. La disposizione non prevede alcuna forma di intesa con la regione autonoma della Sardegna, e per questa parte deve ritenersi sicuramente incostituzionale. L'esigenza dell'intesa con la regione ricorrente e' infatti chiaramente desumibile dalla normativa di attuazione di cui al d.P.R. n. 348/1979, nonche' dalla stessa legge n. 394, che, all'art. 1, quinto comma, stabilisce che "nella tutela e nella gestione delle aree naturali protette, lo Stato, le regioni e gli enti locali attuano forme di cooperazione e di intesa". Anche codesta ecc.ma Corte, nella sent. n. 337/1989, ricordava, con riferimento alla disciplina posta dall'art. 18, lett. c, della legge n. 67/1988, concernente, fra l'altro, l'istituzione del parco marino del golfo di Orosei, l'esigenza dell'intesa con la regione Sardegna. Piu' di recente, con sentenza n. 464/1991, codesta ecc.ma Corte ha inoltre ribadito che in ogni ipotesi in cui l'esercizio di competenze spettanti allo Stato "comporta interferenze con l'esercizio di attribuzioni costituzionalmente affidate alle regioni", il raccordo fra queste ultime ed il primo deve considerarsi "attuazione del principio costituzionale di cooperazione". 3. - Violazione delle competenze regionali di cui agli artt. 3 e 6 dello statuto speciale per la Sardegna e relative norme di attuazione (spec. art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348) da parte dell'art. 22, quinto comma, della legge 6 dicembre 1931, n. 394. L'art. 22, quinto comma, della legge n. 394 vieta l'istituzione da parte della regione di aree protette nel territorio di un parco nazionale o di una riserva naturale statale. La norma, che si pone in contrasto con l'art. 58 del d.P.R. n. 348/1979, appare chiaramente irrazionale, poiche' inibisce una tutela rafforzata, che potrebbe provenire dalla regione ricorrente, delle aree aventi rilevante interesse natualistico ed ambientale (tutela peraltro fondata sugli artt. 9 e 32 della Costituzione). In altre parole, l'istituzione di aree protette da parte regionale si sostanziarebbe in una garanzia aggiuntiva e non sostitutiva rispetto a quella apprestata con il parco nazionale o con la riserva naturale statale, ed e' percio' irragionevole, ed in contrasto con le medesime esigenze di tutela ambientale che la legge n. 394 intende perseguire, escludere la possibilita', per la regione autonoma della Sardegna, di istituire, in via concorrente, proprie aree protette sul territorio di parchi o riserve naturali statali. 4. - Violazione delle competenze regionali di cui agli artt. 3 e 6 dello statuto speciale per la Sardegna e relative norme di attuazione (spec. art. 58 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348) da parte dell'art. 32, terzo comma, della legge 6 dicembre 1991, n. 394. Infine, valgono per l'art. 32, terzo comma, della legge n. 394, considerazioni in tutto analoghe a quelle svolte supra, sub 1, a proposito dell'art. 6, terzo comma. La disposizione in oggetto esclude che, all'interno delle aree contigue a quelle protette, la regione ricorrente possa estendere la facolta' di cacciare a soggetti diversi dai residenti nei commi dell'area naturale protetta e dell'area contigua. Senonche', anche tale norma, come quella dell'art. 6, terzo comma, non puo' considerarsi, per le regioni gia' indicate, espressione di un principio generale dell'ordinamento o di una norma fondamentale di riforma economico-sociale, per la natura strettamente puntuale e dettagliata del divieto che dispone e per l'assenza di un residuale spazio normativo per la regione. Per tali ragioni, essa deve considerarsi in contrasto con la competenza regionale esclusiva in materia di caccia, di cui alla lett. i) dell'art. 3 dello statuto.