IL TRIBUNALE
    Sentito  il  relatore  e  visti gli atti del procedimento penale a
 carico di Rizzo Armando, nato a  Castelvetrano  il  6  febbraio  1954
 residente  in  Saronno  e domiciliato in Pavia, anzi Cura Carpignano,
 via Veneto, 7;
                      RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
    Con   decreto  in  data  19  settembre  1990,  emesso  al  termine
 dell'udienza preliminare, veniva rinviato a giudizio dinanzi a questo
 tribunale l'imputato Rizzo Armando per rispondere del reato p.  e  p.
 dagli  artt. 8, secondo comma, della legge 7 gennaio 1929, n. 4, e 2,
 secondo comma, del d.-l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito in  legge
 n. 516/1982, commesso fino al 15 dicembre 1989.
    All'udienza   del   31   gennaio   1991,  assente  l'imputato,  il
 procedimento  veniva  sospeso  sino  al  31  luglio  1991,  ai  sensi
 dell'art. 8, sesto comma, del d.-l. 14 gennaio 1991, n. 7.
    All'udienza  del  12  novembre  1991  l'imputato  chiedeva  in via
 preliminare con il consenso del p.m. l'applicazione della pena  nella
 misura  precisata a verbale, sostituita la pena detentiva con la pena
 pecuniaria della specie corrispondente.
    Il tribunale, rilevato che  l'art.  54  della  legge  n.  689/1981
 limita  l'applicabilita'  delle  sanzioni  sostitutive  ai  reati  di
 competenza del  pretore,  non  accoglieva  la  richiesta,  disponendo
 procedersi al dibattimento.
    Il difensore dell'imputato sollevava a questo punto, sempre in via
 preliminare,  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 54
 della legge n. 689/1981 nella parte in cui limita la  sostituibilita'
 della   pena  detentiva  con  quella  pecuniaria  ai  soli  reati  di
 competenza pretorile, per contrasto  con  gli  artt.  3  e  24  della
 Costituzione, con riferimento all'art. 444 del c.p.p.
    Il   p.m.   si  associava  all'eccezione  proposta  dal  difensore
 dell'imputato.
    Il tribunale pronunciava ordinanza come da  verbale,  riservandosi
 la motivazione.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    Il  tribunale ritiene non manifestamente infondata e rilevante nel
 procedimento de  quo  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 proposta dal difensore dell'imputato, nei termini sopra riferiti.
    Solleva   altresi',   d'ufficio,   la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 234 delle norme di coordinamento  al  codice
 di  procedura penale, per violazione dell'art. 76 della Costituzione,
 con riferimento all'art. 6 della legge 16 febbraio 1987,  n.  81,  in
 relazione agli artt. 444 del c.p.p. e 54 della legge n. 689/1981.
    L'art.  444  del c.p.p. prevede l'applicazione, su richiesta delle
 parti e nella specie e nella misura dalle  stesse  indicate,  di  una
 sanzione  sostitutiva  o  di  una  pena  pecuniaria  o  di  una  pena
 detentiva, nei limiti indicati dallo stesso disposto normativo.
    Trattasi di misura che, per  la  sua  collocazione,  attiene  alla
 disciplina  del procedimento dinanzi al tribunale, tant'e' che l'art.
 563 del c.p.p., che regolamenta il medesimo istituto nel procedimento
 dinanzi al pretore, al primo comma recita:  "si  osservano  le  norme
 relative  al  procedimento per l'applicazione della pena su richiesta
 dell'imputato per i reati di  competenza  del  tribunale,  in  quanto
 applicabili".
    Le  sanzioni  sostitutive  di  pene  detentive  brevi  non trovano
 autonoma regolamentazione nel nuovo codice di rito, onde occorre  far
 riferimento,  quanto alla definizione, alla durata ed alle condizioni
 di applicabilita' delle medesime, agli artt. 53 e segg.  della  legge
 n. 689/1981.
    Orbene,   l'art.   54   della   legge   n.  689/1981,  che  limita
 l'applicabilita' delle sanzioni sostitutive ai  reati  di  competenza
 del  pretore,  e' palesemente incompatibile con il disposto dell'art.
 444 del c.p.p., nella  parte  in  cui  quest'ultimo  prevede  che  le
 sanzioni sostitutive possano essere applicate dal tribunale.
    Ne'  vale  sostenere  che  fra  le due norme non vi sia contrasto,
 argomentando che il  tribunale  potrebbe  pur  sempre  legittimamente
 applicare  una sanzione sostitutiva su richiesta in relazione a reati
 di competenza pretorile che, per effetto della  connessione,  vengano
 sottoposti  al  suo giudizio. In tal senso, infatti, recita l'art. 54
 seconda parte: " .. quando si tratti di reati di competenza del  Pre-
 tore,  anche  se  giudicati,  per  effetto  della  connessione, da un
 giudice superiore".
    Un'interpretazione cosi' restrittiva del  disposto  dell'art.  444
 del c.p.p. nella parte in esame, che ne riduca l'operativita' ai soli
 casi  residuali di connessione fra reati, di competenza del tribunale
 e reati di competenza del pretore,  non  appare  in  armonia  con  la
 volonta'  del  legislatore,  ove  si  consideri  l'evoluzione storica
 dell'istituto   dell'applicazione   della    pena    su    richiesta:
 dall'introduzione   nel   procedimento   pretorile   delle   sanzioni
 sostitutive, d'ufficio o su  richiesta)  con  dichiarati  intenti  di
 sperimentazione   (che   ben   giustificavano   la   limitazione   di
 competenza),  alla  collocazione  nel  nuovo  codice  di  rito,   con
 un'estensione  tutt'affatto  nuova  e  con  una  funzione  essenziale
 nell'economia del processo; connotati che non  piu'  giustificano  la
 scelta   di   limitare   ai   soli   reati  di  competenza  pretorile
 l'applicazione   delle   sanzioni   sostitutive    che,    introdotte
 nell'ordinamento   di   una  con  l'istituto  del  patteggiamento,  e
 destinate  precipuamente  ad  essere  applicate  nel  patteggiamento,
 costituiscono  lo  strumento piu' efficace a disposizione delle parti
 per la definizione "concordata" del procedimento.
    Il progressivo ampliamento dell'ambito della competenza  pretorile
 in  materia  penale  (da  ultimo proprio con l'approvazione del nuovo
 codice  di  rito)  ha   d'altra   parte   ricondotto   nell'area   di
 applicabilita'  delle sanzioni sostitutive, ex art. 54 della legge n.
 689/1981, reati che all'epoca ne erano  esclusi:  fra  essi  vi  sono
 delitti  puniti  con  pena  detentiva superiore nel massimo a quattro
 anni,  quali,  ad   esempio,   l'omicidio   colposo   ed   il   furto
 pluriaggravato,  ma  nulla  vieta  che  in futuro una disposizione di
 legge attribuisca, ad esempio, alla competenza del pretore  il  reato
 di  omesso  versamento  di  ritenuta  d'acconto, oggetto del presente
 giudizio,  con  l'aberrante  effetto  di  far  dipendere  il  diritto
 dell'imputato  ad  usufruire  del  beneficio della sostituzione della
 pena detentiva non dalla gravita' del reato, ma dalla competenza  del
 giudice.
    Il  tribunale  rileva  altresi' come l'interpretazione restrittiva
 dell'art. 444 del c.p.p. cui si e' accennato, e che  sola  giustifica
 la contemporanea vigenza di detta norma e dell'art. 54 della legge n.
 689/1981,  si  scontri  con  alcuni significativi argomenti di ordine
 positivo.
    Il gia' citato art. 563 del c.p.p., laddove richiama gli artt. 444
 e  segg.   del   c.p.p.   per   la   regolamentazione   dell'istituto
 dell'applicazione della pena su richiesta nel procedimento dinanzi al
 pretore,  non  utilizza  la  dizione  "si osservano le norme relative
 all'istituto  in  parola  nel  procedimento  dinanzi  al  tribunale",
 ricalcando  cosi'  la  piu'  generale  previsione  dell'art.  549 del
 c.p.p., ma fa espresso riferimento alla disciplina  dell'applicazione
 della  pena  su  richiesta "per i reati di competenza del tribunale",
 laddove per competenza deve intendersi, evidentemente, competenza per
 materia in senso stretto e non  competenza  a  giudicare  indotta  da
 connessione.
    Si  deve  inoltre  osservare  che,  se intesa con riguardo ai soli
 reati   di   competenza   del    pretore,    l'espressa    previsione
 dell'applicazione delle sanzioni sostitutive nell'art. 444 del c.p.p.
 appare,  se  non del tutto superflua vigente l'art. 54 della legge n.
 689/1981, quantomeno irrazionale per collocazione: ben  piu'  lineare
 sarebbe stato prevedere espressamente l'applicabilita' delle sanzioni
 sostitutive  su  richiesta  nel  procedimento dinanzi al pretore, con
 l'effetto che in virtu' dell'art.  54  della  legge  n.  689/1981  le
 sanzioni  sarebbero state applicabili anche dal tribunale nei casi di
 connessione.
    Non vi e'  chi  non  veda  come  sia  incongruo  che  un  istituto
 destinato  ad  essere  applicato esclusivamente a reati di competenza
 del pretore, sia disciplinato in una norma che regola il procedimento
 dinanzi al tribunale, in vista di un'applicazione di esso ad ipotesi,
 in buona sostanza,  di  incompetenza  del  tribunale  medesimo,  solo
 eccezionalmente ricondotte nel suo ambito di giudizio.
    Il  nuovo  codice  di procedura penale contiene del resto anche in
 altre norme, destinare a  disciplinare  il  procedimento  dinanzi  al
 tribunale,  un espresso riferimento alle sanzioni sostitutive che non
 puo' essere razionalmente ricondotto  alla  residuale  ipotesi  della
 competenza per connessione.
    Si  citano,  a  titolo di esempio, il disposto di cui all'art. 443
 del c.p.p., laddove prevede che "l'imputato e il  pubblico  ministero
 non  possono proporre appello contro le .. sentenze con le quali sono
 applicate sanzioni sostitutive", ed il disposto di cui  all'art.  459
 del  c.p.p.,  che  disciplina  il  caso  di procedimento per decreto,
 laddove recita: " .. il pubblico ministero,  quando  ritiene  che  si
 debba  applicare  soltanto  una pena pecuniaria, anche se inflitta in
 sostituzione di pena detentiva".
    Particolarmente significativo appare il raffronto fra quest'ultima
 norma e quella di cui all'art. 565  del  c.p.p.,  che  disciplina  il
 procedimento   per   decreto  nel  procedimento  dinanzi  al  pretore
 richiamando le "norme relative al  procedimento  per  decreto  per  i
 reati di competenza del tribunale".
    Come gia' si e' osservato con riguardo al raffronto fra l'art. 444
 del  c.p.p.  e  l'art.  563  del  c.p.p., non si vede come l'espresso
 riferimento ai reati di competenza del  tribunale  (e  non  meramente
 alle  norme  che  disciplinano il procedimento per decreto dinanzi al
 tribunale) possa intendersi quale riferimento ai reati di  competenza
 del  pretore giudicati per connessione dal giudice superiore e non ai
 reati che  rientrano  nella  competenza  per  materia  del  tribunale
 stesso.
    L'art.  444  del c.p.p., nella parte in cui prevede che l'imputato
 possa chiedere l'applicazione di una sanzione sostitutiva,  non  puo'
 dunque  leggersi  se  non  nel senso della piena applicabilita' delle
 sanzioni sostitutive ai reati di competenza  del  tribunale,  con  le
 sole  esclusioni  oggettive  e soggettive previste dall'art. 59 della
 legge n. 689/1981.
    In tal senso l'art. 444 del c.p.p. rispetta il dettato della legge
 delega,   laddove,   al   punto   45   dell'art.   2,   essa  prevede
 l'applicabilita'   delle   sanzioni    sostitutive    su    richiesta
 dell'imputato nel procedimento dinanzi al tribunale, richiamando, con
 l'espressione  "nei  casi  consentiti"  le  limitazioni  oggettive  e
 soggettive di cui si e' detto piu' sopra.
    Se tale deve essere la lettura della norma di cui all'art. 444 del
 c.p.p. nella parte relativa alle sanzioni  sostitutive,  e'  evidente
 che, come si e' sostenuto in premessa, il disposto dell'art. 54 della
 legge n. 689/1981 e' con essa incompatibile.
    E   tuttavia   non   si  ritiene  di  poter  affermare  che  detta
 incompatibilita'  abbia  comportato,  ai  sensi  dell'art.  15  delle
 disposizioni  sulla  legge  in  generale, l'abrogazione c.d. "tacita"
 della  norma  previgente,  ne'  che  abrogazione   sia   "tacitamente
 intervenuta" per effetto di una nuova completa regolamentazione della
 materia  gia'  regolata dalla legge anteriore, poiche' a cio' osta il
 dettato dell'art. 234 delle disposizioni di  coordinamento  al  nuovo
 codice di rito, che abroga in modo espresso gli artt. 77, 78, 79 e 80
 della legge n. 689/1981 e, nulla disponendo quanto alle residue norme
 della  medesima  legge,  pare,  se  mai,  "tacitamente" confermare la
 vigenza delle norme non espressamente abrogate.
    Cio' posto, e considerato che il nuovo codice di procedura  penale
 non  contiene  una norma "di chiusura" analoga a quella contenuta nel
 codice previgente, che abroghi tutte le norme con esso incompatibili,
 pare al tribunale che l'art. 234  delle  norme  di  coordinamento  al
 c.p.p.,  nella  parte in cui non provvede a coordinare l'art. 444 del
 c.p.p. con l'art. 54 della legge n. 689/1981, per l'effetto abrogando
 tale ultima norma, si ponga in contrasto con il dettato  dell'art.  6
 della  legge  16 febbraio 1987, n. 81, laddove esso conferisce delega
 al  Governo  della  Repubblica  per  l'emanazione  delle   norme   di
 coordinamento  delle  disposizioni previste negli artt. 2, 3, e 5 con
 tutte le altre leggi dello Stato, e violi pertanto  l'art.  76  della
 Costituzione.
    La  risoluzione  della questione di incostituzionalita', che cosi'
 come  prospettata  appare  a  questo  tribunale  non   manifestamente
 infondata, e' rilevante in relazione al caso di specie, atteso che da
 essa  viene  a  dipendere l'applicabilita' della sanzione sostitutiva
 richiesta dall'imputato.