LA CORTE DI ASSISE
 sulle questioni  di  legittimita'  costituzionale  prospettate  dalle
 parti,
                              R I L E V A
    Il  27  settembre  1990  alle  ore  16,30 circa in corso S. Sabino
 dell'abitato di Canosa di Puglia un giovane armato di pistola  e  con
 il  volto  travisato  da una calzamaglia si avvicino' alla Fiat Croma
 targata NA R15755 a scopo di rapina in  danno  di  D'Amelio  Giacomo,
 rappresentante  di  commercio, che si trovava da solo a bordo di tale
 autovettura;
    Di fronte alla reazione dell'aggredito il giovane  esplose  contro
 di  lui  alcuni colpi di arma da fuoco, due dei quali quali attinsero
 il D'Amelio rispettivamente alla regione laterocervicale sinistra  ed
 alla  spalla  sinistra;  lo sparatore si dette alla fuga dileguandosi
 nelle strade circostanti,  nella  immediatezza  del  fatto  il  m.llo
 Barbaro  Emanuele,  comandante  la stazione C.C. di Canosa di Puglia,
 accorse sul luogo del ferimento e subito dopo presso il  servizio  di
 pronto  soccorso  di  Canosa  dove,  frattanto,  venivano prestate al
 ferito le prime cure e dove il D'Amelio decedette alle  ore  17,50  a
 seguito di shock traumatico a larga componente emorragica; in base ai
 risultati  delle  indagini  preliminari  e  su conforme richiesta del
 pubblico ministero il g.i.p. presso il tribunale di Trani dispose  il
 giudizio   davanti  alla  corte  di  assise  di  Trani  a  carico  di
 Casamassima Cosimo per i delitti di omicidio pluriaggravato,  tentata
 rapina aggravata, porto e detenzione illegale di arma da guerra;
    Al dibattimento il pubblico ministero con altre prove ha richiesto
 l'esame  del  maresciallo  Barbato,  perche'  "riferisse  sugli  atti
 irripetibili di p.g. compiuti nel  luogo  e  nella  immediatezza  dei
 fatti";  nel corso dell'assunzione della testimonianza, ammessa dalla
 Corte, e' emerso che detto ufficiale di polizia giudiziaria presso il
 pronto soccorso aveva ricevuto sommarie informazioni ex art. 351  del
 c.p.p.  dal  D'Amelio,  il  quale gli aveva fornito notizie utili per
 l'identificazione  dello   sparatore,   ed   aveva   documentato   le
 dichiarazioni  ai  sensi  dell'art.  357  del  c.p.p.  in un atto non
 inserito nel fascicolo per il dibattimento;
    La ulteriore domanda con cui il pubblico ministero ha invitato  il
 teste a riferire il contenuto delle dichiarazioni del D'Amelio non e'
 stata  ammessa  dal  presidente per il divieto sancito dall'art. 195,
 quarto comma, del c.p.p.;
    La  successiva  richiesta  del  pubblico  ministero sulla quale le
 altre parti hanno interloquito, di acquisizione al fascicolo  per  il
 dibattimento  del  predetto  atto formato dal maresciallo Barbaro, e'
 stata rigettata con ordinanza della Corte sui rilievi che l'art.  512
 del  c.p.p. consente la lettura solo degli atti compiuti dal pubblico
 ministero o dal giudice allorche' essi siano divenuti irripetibili  e
 che  delle  informazioni  assunte  ex  art. 357, lett. c), del c.p.p.
 dalla polizia giudiziaria e' consentita l'acquisizione  al  fascicolo
 per  il dibattimento ai sensi dell'art. 500, quarto comma, del c.p.p.
 solo dopo la loro utilizzazione per le  contestazioni,  contestazioni
 ovviamente  non  verificatesi  per  l'impossibilita'  dell'esame  del
 D'Amelio deceduto dopo averle rese;
    In siffatto contesto il pubblico ministero ed  i  difensori  delle
 parti  civili,  non  contraddetti  dai difensori dell'imputato, hanno
 prospettato alla Corte la illegittimita' costituzionale  degli  artt.
 2,  n.  31,  della  legge 16 febbraio 1987, n. 81, 195, quarto comma,
 500, quarto comma, e 512 del c.p.p. per la contrarieta' agli artt. 3,
 24, 111, 112, 22, 97 e 98 della Costituzione;
    Ritiene  la  Corte  che  i  predetti  profili  di   illegittimita'
 costituzionale  possano  essere  condivisi,  per  la  loro rilevanza,
 limitatamente alle disposizoni degli artt. 2, n. 31, della  legge  n.
 81/1987 e 195, quarto comma, del c.p.p. per contrasto con gli artt. 3
 e 24 della Costituzione;
    Invero  il  pubblico  ministero  nel corso della discussione sulle
 questioni  sollevate  ha  chiarito  con  precisi   riferimenti   alla
 intestazione  ed  alle  forme,  che  l'atto  formato  dal maresciallo
 Barbaro presso il pronto soccorso e' una semplice annotazione ex art.
 357, primo comma, del c.p.p., contenenti  una  mera  puntuazione  dei
 detti  del  D'Amelio  e  non  un  processo verbale redatto secondo le
 modalita' del titolo terzo del libro  secondo,  richiamate  dall'art.
 373 al quale rinvia il terzo comma dell'art. 357 del c.p.p.; pertanto
 tale  annotazione  non  potrebbe  comunque  mai  essere  acquisita al
 fascicolo  per  il  dibattimento,  perche'  priva  di  ogni   rilievo
 probatorio,  avente la sola funzione di rendere il pubblico ministero
 edotto dell'operato della polizia giudiziaria, utile  unicamente  per
 eventuali  consultazioni  in aiuto della memoria, a norma degli artt.
 499, quinto comma, e 514, secondo comma, ultima parte, del c.p.p., in
 sede di esame del pubblico ufficiale che l'ha redatta;
    Consegue che l'annotazione di cui si tratta non rientra nel novero
 degli atti ai quali si riferisce  l'art.  512  del  c.p.p.  e  quindi
 risultano  irrilevanti,  nel  caso  in  esame,  i  dedotti profili di
 incostituzionalita' di qust'ultima norma e di quella  conseguente  di
 cui all'art. 500, quarto comma, del c.p.p.;
    Restringendo  la  indagine alle disposizioni degli artt. 2, n. 31,
 della legge delega e 195, quarto comma, del c.p.p.,  si  osserva  che
 esse sanciscono l'assoluto divieto per il teste ufficiale o agente di
 polizia  giudiziaria di disporre sulle dichiarazioni ricevute; orbene
 tale divieto appare in contrasto con il principio di  ragionevolezza,
 uguaglianza  e pari dignita' sociale dei cittadini dinanzi alla legge
 (art. 3  della  Costituzione)  in  quanto  discrimina,  senza  alcuna
 concreta   e  ragionevole  giustificazione  i  cittadini  chiamati  a
 testimoniare; infatti viene vietato al  teste  che  sia  appartenente
 alla  polizia  giudiziaria cio' che viene consentito al teste comune;
 la discriminazione risulta ancora piu' assurda se  si  considera  che
 l'art.  195, terzo comma, del c.p.p. consente, senza i correttivi dei
 commi  precedenti,  la  testimonianza  in  diretta  quando  la  parte
 primaria non sia piu' esaminabile, per morte, come nel caso in esame,
 infermita' o irreperibilita', mentre nel comma successivo neanche  in
 tali particolari casi vige la stessa regola per gli appartenenti alla
 polizia giudiziaria;
    Peraltro  e'  fuori  di  dubbio  che  il  divieto che riguarda gli
 appartenenti alla polizia giudiziaria  debba  applicarsi  anche  alla
 ipotesi  di  impossibilita'  sopravvenuta  cui  si riferisce il terzo
 comma, atteso l'inequivoco tenore della richiamata  direttiva  n.  3)
 dell'art.  2  della  legge  delega; l'arbitrarieta' della distinzione
 operata dal legislatore ordinario si evidenzia considerandosi che non
 e' ravvisabile una situazione concreta personale differenziata tra  i
 soggetti  chiamati  a  deporre,  attesoche' a norma dell'art. 196 del
 c.p.p. lo stesso  legislatore  enuncia  il  principio  che  tutte  le
 persone hanno capacita' di testimoniare; sorge quindi il sospetto che
 la  ragione della discriminazione possa risiedere in una aprioristica
 sfiducia sulla attendibilita' del  teste  appartenente  alla  polizia
 giudiziaria,  sfiducia  che  non  trova  alcun  plausibile fondamento
 nell'ambito  dei   principi   generali   dell'ordinamento   giuridico
 positivo;
    La citata disposizione dell'art. 195, quarto comma, rivela profili
 di  illegittimita'  costituzionale  anche con riferimento all'art. 24
 della Costituzione, che a tutti assicura uguali diritti di difesa, in
 quanto comprime tale diritto per  la  parte  civile  ed  il  pubblico
 ministero  relativamente  alla prova in tutti quei casi in cui eventi
 sopravvenuti  comportano  la  impossibilita'  di  utilizzare  a  fini
 probatori  delle dichiarazioni della persona offesa o di testimoni se
 percepite da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria;
    Innegabile appare la rilevanza delle questioni  innanzi  esaminate
 nella  definizione  del  processo  in  corso,  giacche'  i  detti del
 D'Amelio, che piu' di  ogni  altra  persona  venne  in  contatto  col
 feritore  in  pieno  giorno, se conosciuti possono risultare comunque
 utili, se  non  addirittura  decisivi,  per  la  identificazione  del
 responsabile dell'omicidio.