ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, primo comma,
 limitatamente  alla  parte "o, se assegnati, non si e' proceduto alla
 consegna  al  legittimo  assegnatario",  e  secondo  comma,   nonche'
 dell'art.    5,    terzo    comma,   del   disegno   di   legge   nn.
 456-605-908-985-990, approvato nella seduta n.  370  dell'1-2  maggio
 1991 dall'Assemblea regionale della Sicilia, promosso con ricorso del
 Commissario  dello  Stato  per la Regione siciliana, notificato il 10
 maggio 1991, depositato in cancelleria il  17  maggio  successivo  ed
 iscritto al n. 25 del registro ricorsi 1991;
    Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19  novembre  1991  il Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara, per il  ricorrente,  e
 gli  avvocati  Francesco  Castaldi  ed  Enzo Silvestri per la Regione
 siciliana;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso depositato il  17  maggio  1991,  il  Commissario
 dello  Stato  per  la  Regione siciliana ha impugnato l'art. 2, primo
 comma (limitatamente alla parte "o, se assegnati, non si e' proceduto
 alla consegna al legittimo assegnatario"  e  secondo  comma,  nonche'
 l'art.  5, terzo comma, del disegno di legge nn. 456-605-908-985-990,
 approvato dall'Assemblea regionale della Sicilia nella seduta n.  370
 dell'1-2  maggio  1991,  "per  violazione  dell'art. 53 della legge 5
 agosto  1978,  n.  457  (Norme  per   l'edilizia   residenziale)   in
 connessione  con  l'art.  26  della  legge  8  agosto  1977,  n.  513
 (Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei  programmi  in  corso,
 finanziamento   di   un   programma  straordinario  e  canone  minimo
 dell'edilizia residenziale pubblica), e dell'art. 11  del  d.P.R.  30
 dicembre  1972, n. 1035 (Norme per l'assegnazione e la revoca nonche'
 per la determinazione e la revisione dei canoni  di  locazione  degli
 alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica), in relazione ai limiti
 posti dagli articoli 14 e 17 dello Statuto speciale".
    Osserva  l'Autorita'  ricorrente  che  il  disegno  di  legge   in
 argomento   si   propone  di  utilizzare  il  patrimonio  immobiliare
 realizzato con  finanziamenti  pubblici,  disciplinando  il  fenomeno
 delle occupazioni abusive e disponendo, a tal fine, all'art. 2, primo
 comma,  il  censimento  al 31 dicembre 1990 di coloro che "avevano in
 godimento di fatto gli alloggi di edilizia sovvenzionata,  realizzati
 o  acquistati con finanziamenti dello Stato alla Regione o al Comune,
 sempreche' si tratti di alloggi per  i  quali  non  si  e'  proceduto
 all'assegnazione  o,  se assegnati, non si e' proceduto alla consegna
 al legittimo assegnatario".
    Agli occupanti, se  in  possesso  dei  requisiti  prescritti,  gli
 alloggi  vengono  definitivamente  assegnati  e - nell'ipotesi in cui
 essi fossero gia' stati  oggetto  di  assegnazione  -  al  "legittimo
 assegnatario,  al  quale  non  sia  stato  consegnato  l'alloggio  in
 conseguenza dell'occupazione abusiva", viene riconosciuto un  diritto
 di precedenza per le future assegnazioni.
    Il  Commissario  dello  Stato  esclude che alla Regione spetti una
 potesta' legislativa esclusiva nella materia dell'edilizia  economica
 e  popolare,  al  piu'  ipotizzando  un'affinita'  con l'ambito della
 assistenza sociale ex art. 17 lett. f) dello  Statuto,  che  concerne
 competenza  legislativa  vincolata  al rispetto dei criteri fissati a
 livello  nazionale.  A riguardo il legislatore (art. 53 della legge 5
 agosto 1978, n. 457) ha previsto la possibilita' di  regolarizzazione
 dei  rapporti con gli occupanti abusivi esclusivamente allorche' essi
 non abbiano sottratto il godimento dell'alloggio ad assegnatario gia'
 individuato  in  graduatorie  pubblicate  a  norma  di  legge.   Ove,
 viceversa,  cio'  sia  accaduto, l'occupante ex art. 25 della legge 8
 agosto 1977,  n.  513,  resta  definitivamente  escluso  dal  diritto
 all'assegnazione.
    Per   la   normativa  regionale  impugnata,  invece,  il  medesimo
 occupante  abusivo  non  solo  non  versa  in  tale  situazione,   ma
 addirittura  gli viene garantito il diritto all'alloggio, a discapito
 del legittimo assegnatario (che puo' soltanto vantare  un'aspettativa
 per  il  futuro) e gli e' assicurata una situazione alloggiativa piu'
 comoda rispetto  a  quella  a  quest'ultimo  riconosciuta  (la  legge
 regionale  consente  infatti di regolarizzare l'occupazione anche per
 un numero di vani maggiore  di  due  rispetto  alla  consistenza  del
 nucleo  familiare).  Opina  il  ricorrente che cio' concreterebbe una
 sorta di premio per chi abbia occupato un alloggio destinato ad altro
 soggetto, il quale, a sua volta, vedrebbe ricompensata la sua  attesa
 della  legittima  consegna  con  una  mera  precedenza  sulle  future
 assegnazioni, contraddizione che  nessuna  specificita'  territoriale
 potrebbe mai giustificare.
    Conclude  il  Commissario  rilevando come il testo della legge sia
 stato comunicato al proprio ufficio oltre il  termine  statutario  di
 tre  giorni:  precisamente  il  quarto  giorno  dall'approvazione. In
 proposito il ricorrente chiede che questa  Corte  riveda  il  proprio
 orientamento,  espresso  nella  sentenza n. 365 del 1990, secondo cui
 resta comunque integro il termine di giorni cinque per l'impugnazione
 riservato  al  Commissario  dello  Stato,  in  quanto   permarrebbero
 incertezze  circa il computo dell'ulteriore termine di giorni otto in
 cui il Presidente della Regione puo' promulgare la legge.
    In aggiunta alla declaratoria d'illegittimita' di cui sopra, viene
 quindi richiesta "in rito, l'inefficacia del  disegno  di  legge  per
 tardiva comunicazione".
    2.  -  Si  e'  costituita  la  Regione  siciliana,  affermando che
 l'Assemblea regionale ha  soltanto  tentato  di  risolvere  la  grave
 situazione delle occupazioni abusive che, tuttavia, non consentirebbe
 uno   sgombero  manu  militari  per  l'alto  costo  sociale  di  tale
 intervento.
    La valutazione dell'equilibrio tra salvaguardia della legalita' ed
 interessi pratici resterebbe riservata al legislatore  regionale,  in
 quanto   essenzialmente   politica.  Nella  specie,  si  e'  ritenuta
 preminente l'esigenza di non arrecare turbamenti all'ordine pubblico,
 differendo  il  momento  della  realizzazione   del   diritto   degli
 assegnatari  legittimi e tale differimento avrebbe un "valore ideale"
 che   porterebbe   ad   escludere   l'equiparazione   alla    perdita
 dell'assegnazione.   L'impugnativa  sarebbe  esasperata  nei  toni  e
 fondata sull'erroneo presupposto dell'intangibilita' della  posizione
 degli assegnatari.
    La  regolarizzazione delle situazioni abusive risulterebbe percio'
 legittima in quanto sarebbero consentite  alla  Regione  una  diversa
 valutazione   delle  posizioni  soggettive  ed  anche  la  deroga  al
 principio per cui il numero dei vani assegnabili non puo' superare il
 numero dei componenti il nucleo familiare dell'assegnatario aumentato
 di uno.
    Circa   l'asserita  tardivita'  della  comunicazione,  osserva  la
 Regione che il testo della legge, approvato giovedi'
 2  maggio  1991,  venne  trasmesso  all'Ufficio  del  Commissario  il
 successivo  lunedi'  6  maggio,  primo giorno non festivo del termine
 statutario di tre giorni, e quindi tempestivamente (si fa a  riguardo
 riferimento  alla  gia'  citata  sentenza  di questa Corte n. 365 del
 1990).
                        Considerato in diritto
    1. - Con ricorso depositato il 17 maggio 1991 (Reg. ric. n. 25 del
 1991), il Commissario dello Stato per la Regione siciliana impugna la
 legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana  nella  seduta  n.
 370  dell'1›-2  maggio 1991 (disegno di legge n. 456-605-908-985-990)
 dal titolo "Nuove norme per l'assegnazione  di  alloggi  di  edilizia
 residenziale  pubblica  e proroga del termine di cui all'art. 2 della
 legge regionale 6 luglio 1990, n. 11".
    Le questioni su cui questa Corte deve pronunciarsi sono tre:
       a) inefficacia del disegno di legge per  tardiva  comunicazione
 dell'approvazione  da  parte  dell'Assemblea regionale al Commissario
 dello Stato;
       b) illegittimita' costituzionale dell'art. 2, primo  e  secondo
 comma,  della  legge regionale impugnata, per violazione dell'art. 53
 della  legge  n.  457  del  5  agosto  1978  (Norme  per   l'edilizia
 residenziale),  in  connessione  con  l'art.  26 della legge 8 agosto
 1977, n. 513 (Provvedimenti urgenti per l'accelerazione dei programmi
 in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo
 dell'edilizia residenziale pubblica), in relazione  ai  limiti  posti
 dagli articoli 14 e 17 dello Statuto della Regione siciliana;
       c)  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  terzo comma,
 della stessa legge impugnata, in relazione all'art. 11 del d.P.R.  30
 dicembre 1972, n. 1035.
    2.  -  La  questione  sub  a)  e' nel fatto identica a quella gia'
 prospettata con ricorso commissariale del  12  aprile  1990,  su  cui
 questa  Corte non puo' che ribadire la non fondatezza, dichiarata con
 sentenza n. 365 del 1990.
    L'invio al Commissario dello Stato dell'approvato disegno di legge
 entro il primo giorno  successivo  al  terzo  festivo  non  configura
 violazione del termine stabilito dall'art. 28 dello Statuto regionale
 a carico dell'Assemblea. Una volta inviato il disegno stesso - anche,
 in  ipotesi,  in un termine piu' breve - cominceranno a decorrere gli
 ulteriori cinque giorni per l'impugnativa,  in  assenza  della  quale
 potra' essere esercitato il potere di promulgazione.
    Pertanto  il computo di tali giorni e' condizionato dal dies a quo
 dell'effettivo invio del testo approvato al Commissario dello  Stato.
 Nell'ipotesi,  che  nella specie non ricorre, di invio tardivo, altro
 effetto non puo' prodursi che quello di  una  dilazione  del  termine
 iniziale  - per il computo dei cinque giorni utili per l'impugnazione
 - al giorno successivo alla ricezione del testo.
    3. - La questione sub b) e' fondata.
    Con l'art. 2,  primo  e  secondo  comma,  la  Regione  provvede  a
 regolarizzare   l'occupazione   abusiva   di   alloggi   di  edilizia
 sovvenzionata,   compensando   il    gia'    individuato    legittimo
 assegnatario,  cui  non  sia  stata  consegnata  l'abitazione perche'
 illecitamente  occupata,  con   mera   attribuzione   di   precedenza
 nell'assegnazione  di  altro  alloggio popolare, anche se non incluso
 nella graduatoria generale vigente.
    Pur dandosi atto che la Regione e' stata  indotta  a  procedere  a
 tale  sanatoria dalla difficolta' di fronteggiare emergenze di ordine
 pubblico,  derivanti  da  operazioni  di  sgombero  coattivo,   degli
 occupanti  senza  titolo,  dagli  alloggi  da consegnare ai legittimi
 assegnatari; non si puo' non rilevare che una normativa  consolidante
 situazioni  di fatto costituitesi illegalmente a danno di assegnatari
 gia' individuati in pubbliche graduatorie, e' di per se' causa di ben
 piu'  gravi  e  durature  tensioni  sociali,  oltre  che  esempio  di
 diseducazione  civile,  dimostrandosi  ai  cittadini rispettosi delle
 leggi  che  essi,  anziche'  tutelati,  sono  spogliati  delle   loro
 spettanze a favore di chi, anche se spinto dall'impulso di soddisfare
 l'esigenza fondamentale dell'abitazione ha violato la legge. Si tocca
 qui  uno  dei princip/' costitutivi dell'ordine giuridico, il divieto
 di farsi ragione da se' con lesione del diritto  altrui.  Ogni  norma
 che  sopravvenga  ad  omologare  fatti conseguiti alla violazione del
 neminem laedere si pone  fuori  del  quadro  dei  valori  su  cui  e'
 costruito lo Stato di diritto.
    Nel  caso  di  specie,  proprio  ad impedire ogni regolarizzazione
 postuma di situazioni di abuso, il legislatore statale ha  comminato,
 per atti posti in essere violando le prescrizioni dettate in materia,
 non   solo  sanzioni  amministrative,  ma  la  nullita'  assoluta  ed
 insanabile, fatta valere da chiunque vi abbia interesse e  rilevabile
 d'ufficio  dal giudice (art. 26, ultimo comma, della legge n. 513 del
 1977).
    E' inconfutabile la violazione dell'art. 53 della legge  5  agosto
 1978, n. 457, che esclude la regolarizzazione dell'occupazione quando
 essa "abbia sottratto il godimento dell'alloggio ad assegnatario gia'
 individuato  in  graduatorie  pubblicate  a  norma di legge", nonche'
 dell'art. 26, quarto comma, della legge 8 agosto 1977,  n.  513,  che
 esclude  dalla  assegnazione  di  alloggi  di  edilizia  residenziale
 pubblica  "chiunque  occupi  un  alloggio  di  edilizia  residenziale
 pubblica senza autorizzazioni previste dalle disposizioni in vigore".
    4.  -  E'  opportuno  ricordare  che, tra le materie di competenza
 primaria delle Regioni elencate nell'art. 117 della Costituzione, non
 compare l'edilizia residenziale pubblica. E' stata questa Corte,  con
 sentenza  n.  221  del  1975,  ad  individuare tre fasi nella materia
 dell'edilizia residenziale pubblica (gia' variamente denominata  come
 "case    popolari",    "edilizia    popolare",   "edilizia   comunque
 sovvenzionata"):  a)  quella  urbanistica;  b)  quella  dei   "lavori
 pubblici  di  interesse  regionale";  c)  quella della "prestazione e
 gestione del servizio della casa", nella quale rientra la  disciplina
 dell'assegnazione  degli  alloggi.  Essendo  l'urbanistica e i lavori
 pubblici nell'elenco dell'art. 117 della Costituzione e non potendosi
 al loro interno isolare l'edilizia residenziale pubblica, ecco che e'
 identificata su questa una competenza primaria della Regione.
    Nel caso di specie e' da richiamare l'art. 4 del d.P.R. 1›  luglio
 1977, n. 683 (Modificazioni ed integrazioni al decreto del Presidente
 della  Repubblica 30 luglio 1950, n. 878, recante norme di attuazione
 dello Statuto della Regione siciliana in materia di opere  pubbliche)
 che  - sostituendo l'art. 5 del d.P.R. n. 878 del 1950 - dispone: "la
 Regione esercita le  attribuzioni  dell'amministrazione  dello  Stato
 nelle  materie attinenti all'edilizia economica e popolare o comunque
 sovvenzionata".
    Il  d.P.R.  n.  683  del  1977  opera, dunque, la devoluzione alla
 Regione siciliana di una  competenza  qualificabile,  per  l'oggetto,
 come  specificazione della materia che globalmente lo Statuto designa
 come "lavori pubblici" (art. 14 lett. g), alla stregua delle norme di
 attuazione dello  Statuto  stesso  ("materie  attinenti  all'edilizia
 economica  e  popolare o comunque sovvenzionata" art. 4, primo comma,
 d.P.R. n. 683 del 1977 cit.: cfr. sentenze n. 566 e n. 534 del 1988).
    Dato  che  la  Regione  siciliana  ha  per  Statuto   legislazione
 esclusiva  sulla  materia  dei  lavori  pubblici,  una  volta che sia
 ricompresa in questa l'edilizia residenziale pubblica, e' indubbia la
 legittimazione del legislatore regionale a legiferare anche  in  tema
 di  assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, specie
 dopo che questa Corte, con le sentenze  nn.  727  e  1115  del  1988,
 nonche'  n.  493  del  1990,  ha  disconosciuto  un preteso principio
 generale di livello costituzionale per  il  quale  l'assegnazione  di
 alloggi,  sia  quanto  a  legislazione  e/o  normazione generale, sia
 quanto  ad  amministrazione  concreta,  sarebbe  di  competenza   non
 regionale.
    Tuttavia,  stabilendo l'art. 88, n. 13, del d.P.R. 24 luglio 1977,
 n. 616, la competenza dello Stato nella "determinazione  dei  criteri
 per  le  assegnazioni  di alloggi e per la fissazione dei canoni", il
 legislatore regionale, che per vincolo di Statuto (artt. 14 e 17)  si
 impegna  a  non  contraddire  "princip/' ed interessi generali cui si
 informa la legislazione dello Stato", e'  tenuto  ad  uniformarsi  in
 materia alla normativa statale.
    Tale  vincolo  e'  tanto  piu'  cogente quando, come nei divieti e
 nelle sanzioni in esame, e' tutelato un principio cardine dell'ordine
 giuridico, quale si e' innanzi descritto.
    5. - La questione sub c) e' parimenti fondata.
    L'art. 5, terzo comma, della legge impugnata, recita:  "In  deroga
 alle  disposizioni  di  cui  al  secondo  comma, dell'articolo 11 del
 decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1972, n. 1035, si
 puo' procedere all'assegnazione di alloggi aventi un numero  di  vani
 maggiore  di  due  rispetto  alla  consistenza  del  nucleo familiare
 dell'assegnatario".
    L'art. 11, secondo comma, del d.P.R. n. 1035 del 1972  stabilisce:
 "Non  puo'  essere  assegnato  un  alloggio  con  un  numero  di vani
 abitabili superiore al numero  dei  componenti  il  nucleo  familiare
 dell'assegnatario aumentato di uno".
    Non  vi  e' dubbio che la quantificazione della densita' abitativa
 in rapporto  fisso  -  numero  dei  componenti  il  nucleo  familiare
 aumentato   di  un'unita'  -  appartenga  a  quella  "competenza  dei
 criteri", riservata allo Stato, che  viene  richiamata  in  tutta  la
 legislazione  successiva: art. 88, n. 13, del d.P.R. n. 616 del 1977;
 art. 2, secondo comma, punto 2), della legge n. 457  del  1978  (cfr.
 sentenza n. 1115 del 1988).
    La  Regione,  derogando alla disciplina prestabilita dall'art. 11,
 secondo comma, del d.P.R. n. 1035 del 1972, ha legiferato in  materia
 coperta da riserva statale, e cioe' non propria.