IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto  da
 Esposito  Salvatore  (n.  179/1990)  rappresentato e difeso dal dott.
 proc. Gerardo Pedota, e con lo stesso  elettivamente  domiciliato  in
 Potenza,  piazza  Vittorio  Emanuele  14 (st. Petrullo); contro 1) la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del  presidente  in
 carica,  rappresentata  e  difesa  dall'avvocatura distrettuale dello
 Stato di Potenza, presso i cui uffici in Potenza domicilia  ex  lege;
 2)  il  presidente  del  consiglio  di  Stato  in  carica n.c.; 3) il
 consiglio di presidenza della giustizia  amministrativa,  in  persona
 del  presidente  in carica n.c.; 4) il presidente del T.A.R. Campania
 in carica, n.c.; per la declaratoria del diritto alla  corresponsione
 dell'indennita'  di  missione per il periodo di utilizzazione in sede
 diversa da quella di appartenenza,  e  per  la  conseguente  condanna
 dell'amministrazione al pagamento dell'indennita', oltre svalutazione
 monetaria ed interessi legali;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio della Presidenza del
 Consiglio dei Ministri;
    Viste le memorie difensive;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi alla pubblica  udienza  del  18  aprile  1991,  relatore  il
 magistrato  dott.  Terracciano,  l'avv. G. Pedota per il ricorrente e
 l'avvocato dello Stato A. Cecchieri per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto  che  con  separata  sentenza  n.   347/1991   e'   stata
 parzialmente  accolta la domanda del ricorrente, con declaratoria del
 suo  diritto  alla  corresponsione  del  trattamento  di  missione  a
 decorrere  dal  2  maggio  1984  e per 240 giorni e relativa condanna
 dell'amministrazione resistente, sospendendo per il resto il giudizio
 in quanto, d'ufficio, viene sollevata una questione  di  legittimita'
 costituzionale del terzo comma dell'art. 1 della legge n. 417, del 26
 luglio 1978;
    Ritenuto  di dover sollevare la predetta questione di legittimita'
 costituzionale con la presente ordinanza e per i seguenti motivi.
    Il ricorrente  ha  chiesto  il  riconoscimento  del  diritto  alla
 corresponsione  del  trattamento  di  missione  per  l'intero periodo
 durante il quale ha prestato servizio in una sede diversa  da  quella
 sua ordinaria, e cioe' dal 2 maggio 1984 al 31 marzo 1989.
    Questo   Tribunale  ha  riconosciuto  il  diritto  del  ricorrente
 all'indennita' di missione, limitato, pero',  ai  primi  240  giorni,
 cosi' come dispone il terzo comma dell'art. 1 della legge n. 417, del
 26 luglio 1976.
    Ritiene  il  tribunale  che  tale norma sia di dubbia legittimita'
 costituzionale,  per  contrasto  con  gli  artt.   36   e   3   della
 Costituzione, in quanto consente, legittimamente, all'amministrazione
 di  far  prestare  servizio  ai  propri dipendenti in sedi diverse da
 quelle abituali, vietando, nel contempo, il pagamento della  relativa
 indennita'  di missione per il periodo eccedente ai primi 240 giorni.
 Tenuto conto che tale trattamento di missione  e'  diretto  a  tenere
 indenne  il  dipendente  delle  maggiori  spese che deve sopportare a
 causa della non volontaria e dovuta  prestazione  di  servizio  fuori
 della  abituale  sede,  la  limitazione  dell'indennita'  cosi'  come
 disposta  dalla  norma  in  esame  lede  il  principio  della  giusta
 retribuzione   sancito  dall'art.  36  della  Costituzione  rimanendo
 indubbio che il maggior onere  economico  incide  direttamente  sulla
 retribuzione del dipendente, rendendo, peraltro, meno remunerativo il
 lavoro  svolto  rispetto all'analogo svolto da altri dipendenti nella
 loro ordinaria sede di servizio.
    La questione e' rilevante per il caso di specie, in quanto solo  a
 seguito  della  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale della
 norma in esame potra' essere riconosciuto il diritto  del  ricorrente
 alla  corresponsione dell'indennita' di missione per l'intero periodo
 richiesto  in  ricorso.  Allo  stesso tempo non sembra manifestamente
 infondata, tenuto conto della univocita'  dell'interpretazione  della
 norma   sospetta  e  della  conseguente  impossibilita'  di  una  sua
 interpretazione piu' conforme alla Costituzione.