IL PRETORE
    Con  le  sentenze della sezione lavoro della cassazione n. 376 del
 23 gennaio 1989 e delle sezioni unite n.  6245  del  21  giugno  1990
 sembrava  essersi  consolidata  quell'interpretazione  sull'art.  47,
 secondo comma d.p. 30 aprile 1970, n. 639 che attribuisce al  termine
 decennale  ivi  previsto natura di mera delimitazione temporale delle
 condizioni di procedibilita' della  domanda  di  pensione  una  volta
 esaurita  la  fase amministrativa. In questa direzione (confermata da
 cassazione sezione lavoro n. 9333 dell'11 settembre  1990,  9  agosto
 1984  e  dell'8  agosto 1990) l'avente diritto ha soltanto l'onere di
 presentazione di una nuova domanda  una  volta  decorso  il  predetto
 termine che non avrebbe natura ne' di prescrizione ne' di decadenza.
    Il  legislatore  e' peraltro intervenuto con il d.-l. 15 settembre
 1990, n. 259, poi con i d.-l. 22 novembre 1990, n. 338 e  28  gennaio
 1991, n. 28 (decaduti), ed infine con il d.-l. 29 marzo 1991, n. 103,
 convertito  nella  legge  1' giugno 1991, n. 166 il cui art. 6 recita
 testualmente: "i termini  previsti  dall'art.  47,  comma  secondo  e
 terzo,  del  d.P.R.  30  aprile  1970,  n.  639  sono posti a pena di
 decadenza   per   l'esercizio   del    diritto    alla    prestazione
 previdenziale".  La  decadenza  determina l'estinzione del diritto ai
 ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e  l'inammissibilita'
 della  relativa  domanda giudiziale. "In caso di mancata proposizione
 di ricorso amministrativo, i termini decorrono dalla  insorgenza  del
 diritto ai singoli ratei".
    Viene  infine precisato che "le disposizioni di cui al primo comma
 hanno efficacia retroattiva ma non si applicano ai processi  pendenti
 alla data di entrata in vigore del decreto".
    La  norma  ha  indubbiamente  valore  "innovativo" e non quello di
 "interpretazione autentica" (e d'altra  parte  come  si  spiegherebbe
 altrimenti   il   secondo   comma,  tenuto  conto  che  le  norme  di
 interpretazione autentica sono  per  definizione  norme  con  effetti
 retroattivi?)  come  si  rileva  anche  dalla relazione al disegno di
 legge di conversione ove era esplicitato che "con  l'art.  6  vengano
 definiti  i  termini  prescrizionali  per il diritto alle prestazioni
 previdenziali". Trattandosi di norma  innovativa  cui  si  e'  voluto
 attribuire  efficacia  retroattiva  la  stessa non sembra sottrarsi a
 forti dubbi circa la sua correttezza costituzionale  in  primo  luogo
 sotto  il  profilo  della  razionale  giustificazione  della medesima
 retroattivita', alla luce del principio generale di irretroattivita',
 (art. 11  preleggi)  il  cui  valore,  seppur  non  elevato  a  rango
 costituzionale  (salvo che in materia penale) e' pur sempre quello di
 una regola di  indirizzo  cui  il  legislatore  deve  ragionevolmente
 attenersi  allo  scopo  di  salvaguardare  la  certezza  dei rapporti
 pregressi, cardine di  ogni  civile  convivenza  (Corte  cost.  sent.
 115/90).
    La  Corte costituzionale (n. 822/1988) ha sottolineato che "non e'
 consentita una modificazione legislativa  che,  intervenendo  in  una
 fase  avanzata  del  rapporto  di  lavoro,  oppure  quando  sia  gia'
 subentrato lo stato di quiescenza, possa peggiorare,  senza  adeguata
 esigenza  e  in maniera definitiva, un trattamento pensionistico gia'
 in  precedenza  spettante,  con   conseguente   vanificazione   delle
 aspettative  legittimamente  nutrite  dal  lavoratore  per il periodo
 successivo alla cessazione della  sua  attivita'  lavorativa".  Nella
 medesima  sentenza  si  legge  che  "vale il principio della garanzia
 della sicurezza sociale, che e' di ordine costituzionale,  oltre  che
 le  innegabili ragioni di giustizia sociale e di equita', per cui non
 possono  effettuarsi  riforme  o  conseguire  risultati  a  danno  di
 categorie  di  lavoratori  in  genere  o in specie di quelle che sono
 prossime alla pensione o sono gia' in pensione".
    Vi e' quantomeno il forte dubbio di una  violazione  dell'art.  38
 della  Costituzione,  sotto  il  profilo  del  diritto ad un corretto
 trattamento pensionistico, mentre l'introduzione di nuovi termini  di
 decadenza  puo' legittimamente ritenersi lesiva della sopramenzionata
 garanzia di sicurezza sociale non avendo fatti salvi  i  procedimenti
 amministrativi  ancora  pendenti  (ma  solo  quelli  giudiziari), con
 conseguente  negativa  incidenza  sull'affidamento  di  fatto   sulla
 pregressa normativa (convalidata come si e' visto dalle sezioni unite
 della Corte di cassazione).
    E   d'altra   parte,   e   si  affronta  un  connesso  profilo  di
 incostituzionalita', e' altresi' fortemente dubbia, sotto il  profilo
 della  ragionevolezza,  la scelta di privilegiare, con riferimento al
 passato,  coloro  che  hanno  ritenuto  di   intraprendere   la   via
 giudiziaria   (si   intende   dopo   la  proposizione  della  domanda
 amministrativa) rispetto a coloro che sono rimasti  in  attesa  delle
 decisioni   dell'istituto   (e   dei   relativi  tempi  di  risposta)
 trattandosi di situazioni soggettive costituzionalmente garantite che
 limitano la "discrezionalita'" del legislatore di adottare discipline
 differenziate di situazioni diverse.
    D'altra  parte  ove  anche  la   norma   fosse   letta   come   di
 "interpretazione   autentica"   non  si  sottrarrebbe  a  censura  di
 costituzionalita' sotto i  medesimi  profili.  Si  ricorda  a  questo
 proposito  la  vicenda dell'art. 11 della legge 11 marzo 1988, n. 67,
 con il quale si  era  tentato,  in  via  appunto  di  interpretazione
 autentica  dell'art.  129  del  r.d.-l.  4  ottobre  1935 n. 1827, di
 assoggettare a prescrizione quinquennale, oltre alle rate di pensione
 liquidate e non  riscosse,  anche  le  rate  comunque  non  poste  in
 pagamento,  e  dichiarato incostituzionalecon la ben nota sentenza n.
 283, del 25 maggio 1989.
    E  del  resto,  e si accenna brevemente ad un ulteriore aspetto di
 illegittimita', la  disparita'  di  trattamento  potrebbe  comportare
 effetti  "ablativi"  ancor piu' gravi nelle ipotesi in cui il termine
 di decadenza venga a decorrere dalla data di insorgenza  del  diritto
 ai  singoli  ratei  (in  difetto di ricorso) e cioe' da un evento non
 solo estraneo alla fase procedimentale ma oltretutto  soggettivamente
 incerto per l'assicurato.