IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente decisione sul ricorso n. 1111/1987 proposto dalla S.p.a. A.P.I., corrente in Roma, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro-tempore rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Zammit e Antonio Alfieri con domicilio eletto nello studio del secondo in Roma, via Porta Pinciana n. 6, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. Il Ministero dell'industria, commercio e artigianato ed il comune di Rimini, non costituiti in giudizio; la regione Emilia-Romagna, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avv. Franco Mastragostino, con domicilio eletto in Roma, via Cosseria n. 5 (studio avv. Adriano Giuffre'); per l'annullamento dei provvedimenti del comune di Rimini (deliberazione della giunta municipale n. 3022 del 17 dicembre 1986 e ordinanza sindacale 13 febbraio 1987, n. 2413) concernenti il diniego di rinnovo - e conseguentemente di conversione, in concessione - delle autorizzazioni all'esercizio dell'impianto per la distribuzione di carburanti in Rimini circonvallazione meridionale rilasciata alla societa' ricorrente dal prefetto di Forli', nonche' l'ordine di smantellamento dell'impianto stesso, e per quanto possa occorrere dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 1978 e 31 dicembre 1982; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della regione Emilia-Romagna; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Vista la propria ordinanza 13 maggio 1987, n. 559, di accoglimento della istanza incidentale di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti impugnati; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 12 dicembre 1990 - relatore il consigliore Franco Bianchi - l'avv. Vittorio Zammit per la societa' ricorrente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con ricorso (n. 1111/1987) notificato in data 27-28 marzo 1987 e 1' aprile 1988 la societa' A.P.I., corrente in Roma, in persona del presidente pro-tempore del consiglio di amministrazione, ha adito questo tribunale per ottenere l'annullamento dei provvedimenti del comune di Rimini (deliberazione della giunta municipale n. 3022 del 17 dicembre 1986 e ordinanza sindacale 13 febbraio 1987, n. 2413) concernenti il diniego al rinnovo - e conseguentemente di conversione in concessione - delle autorizzazioni all'esercizio dell'impianto per la distribuzione di carburante in Rimini, circonvallazione meridionale rilasciato dalla societa' ricorrente dal prefetto di Forli', nonche' l'ordine di smantellamento dell'impianto stesso e, per quanto possa occorrere dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 1978 e 31 dicembre 1982. A fondamento del ricorso sono dettati i seguenti motivi di illegittimita'. I. - Illegittimita' costituzionale della legge regione Emilia- Romagna 17 maggio 1986, n. 16 e' per violazione dell'art. 117 della Costituzione, in quanto la materia dei distributori di carburante, che ha formato oggetto di delega di funzioni amministrative dallo Stato alle regioni (art. 52 d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) e' escluso dal novero di quelle attribuite alla competenza legislativa delle regioni e statuto ordinario, dell'art. 117 della Costituzione. II. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge regionale n. 16/1986 per violazione degli artt. 41, 113 e 117 della Costituzione. Violazione dell'art. 16 del d.-l. n. 745/1970 e degli artt. 16 e 17 del d.P.R. n. 1269/1971. Eccesso di potere. La legge regionale 17 maggio 1986, n. 16, costituisce l'attuazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 8 luglio 1978 e 31 dicembre 1982, i quali sono stati annullati, in parte qua, dal t.a.r. Lazio, seconda sezione, 17 dicembre 1985, n. 2982, per violazione dell'art. 16 del d.-l. n. 745/1970 e degli artt. 16 e 17 del d.P.R. n. 1269/1971, i quali subordinano la rinnovazione delle concessioni al solo accertamento della idoneita' tecnica degli impianti, nonche' per eccesso di potere sotto i profili della illogicita' e dell'assoluto difetto di motivazione. Il tentativo della regione Emilia-Romagna, di far rivivere, attraverso il predetto atto legislativo, l'efficacia di provvedimenti annullati rappresenta, pertanto, una palese violazione dell'art. 113 della Costituzione. In ogni caso l'art. 16 della citata legge regionale n. 16/1986 - di cui il comune ha fatto applicazione nella specie con i provvedimenti impugnati - e' illegittimo per i motivi rilevati dal t.a.r. Lazio nella predetta sentenza, risultando violato, l'art. 117 della costituzione oltre che gli artt. 3 e 41 della Costituzione, per irragionevole discriminazione operata fra gli imprenditori del ramo e per la altrettanto irragionevole ed ingiustificata comprensione del diritto di iniziativa economica privata costituzionalmente garantito. Le stesse censure di violazione di legge e di eccesso di potere vengono prospettate anche a carico dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1978 e del 1982 quali atti presupposti, nell'ipotesi che gli stessi non debbono essere ritenuti gia' annullati. III. - Illegittimita' derivata, incompetenza, eccesso di potere, risultando gli impugnati provvedimenti del comune di Rimini la vera applicazione dell'art. 16 della legge regionale n. 16/1986 citata. Gli stessi provvedimenti sono, altresi', illegittimi in via autonoma poiche' l'art. 52 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ha trasferito alle regioni a statuto ordinario le funzioni amministrativo statali in materia, non conseguente incompetenza dell'autorita' comunale. L'art. 53 della legge regionale n. 16/1986, che delega i comuni in materia, contrasta quindi con il sistema di distribuzione delle competenze stabilito dal legislatore statale cui la regione non poteva derogare. Per questi motivi, la societa' ricorrente ha chiesto al tribunale di valere, previa sospensione, annullare i provvedimenti impugnati, con ogni conseguenziale pronuncia anche in ordine alle spese. La regione Emilia-Romagna, costituitasi in giudizio, ha confutato i motivi di ricorso di cui ha chiesto il rigetto, con vittoria di spese. Con successiva memoria depositata il 1' dicembre 1990, la societa' ricorrente ha ulteriormente insistito nelle conclusioni gia' rassegnate, chiedendo al tribunale di voler sospendere il giudizio e sollevare davanti alla Corte costituzionale la proposta questione di costituzionalita'. Il tribunale con ordinanza n. 559, del 13 maggio 1987, ha accolto l'istanza incidentale di sospensione dell'efficacia dei provvedimenti impugnati. Alla pubblica udienza del 12 dicembre 1990, dopo la discussione orale, la causa e' passata in decisione. D I R I T T O Sono oggetto del ricorso i provvedimenti del comune di Rimini (delibera della g.m. n. 3022 del 17 dicembre 1986 e ordinanza sindacale 13 febbraio 1987, n. 2413) con i quali e' stato negato alla societa' ricorrente (A.P.I) il rinnovo - e conseguentemente la conversione in concessione - delle autorizzazioni all'esercizio dell'impianto per la distribuzione di carburante, in Rimini, circonvallazione meridionale, rilasciate alla ricorrente stessa dal prefetto di Forli' ed e' stato ordinato, altresi', lo smantellamento dell'impianto stesso. I provvedimenti impugnati (di mancato rinnovo di autorizzazione - concessione di carburante) sono meramente applicativi di disposizioni legislative contenute nell'art. 16 della legge regione Emilia-Romagna 17 maggio 1986, n. 16, il cui quinto comma dispone che "non potranno essere rinnovate dai comuni le concessioni relative ad impianti considerati marginali sotto il profilo della produttivita'": tali impianti sono espressamente indicati nella tabella n. 3 allegata alla legge stessa. Fra questi, e' ricompreso anche l'impianto gestito dalla societa' ricorrente e in quanto tale, alla scadenza, non ne e' stata rinnovata la concessione. Le censure mosse sono, pertanto, di sola illegittimita' costituzionale. Nel primo motivo, si solleva eccezione di illegittimita' costituzionale della legge regione Emilia-Romagna 17 maggio 1986, n. 16, per violazione dell'art. 117 della Costituzione, nell'assunto che la materia dei distributori di carburante - ricompresa tra quelle delegate dallo Stato alle regioni, ex art. 52 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 - risulterebbe per cio' solo estranea dalla competenza legislativa delle regioni, inderogabilmente limitata dal novero delle materie elencate nell'art. 117 della Costituzione. Sotto questo profilo, l'eccezione appare manifestamente infondata, atteso che la regione, nella specie, mediante strumento legislativo pienamente ammissibile e compatibile con le stesse previsioni normative statali che consentono l'organizzazione delle funzioni del- egate con legge (art. 7, primo comma, del d.P.R. n. 616/1977 e art. 1, terzo comma, n. 3, lett. a), della legge n. 282/1975) non ha fatto altro che esercitare i poteri programmatori - di sua istituzionale competenza in ordine al dimensionamento ed alla dislocazione della rete distributiva, che le derivano degli artt. 52, lettera a), e 54, lett. f), del d.P.R. n. 616/1977, nonche' determinato i criteri di massima circa l'attivita' di distribuzione, rilascio e revoca delle relative concessioni. Nessun rilievo di illegittimita', sotto il profilo del dedotto contrasto con l'art. 117 della Costituzione, puo', quindi, trovare accoglimento nel caso di specie, ove emerga la considerazione che in attuazione del criterio dell'esercizio organico, da parte delle Regioni, delle funzioni ad esse comunque affidate - cosi' come realizzato dallo stesso legislatore del d.P.R. n. 616/1977 - pienamente ammissibile accanto ai poteri istituzionalmente appartenenti alle regioni, deve riconoscersi il loro intervento normativo generalizzato su tutte le materie delegate dallo Stato, con evidente accostamente tra funzioni trasferite e delegate. Non manifestamente infondata appare, invece, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16, quinto comma, della legge regione Emilia-Romagna 17 maggio 1986, n. 16, per contrasto con gli artt. 3 e 24, 41, 113, 117 e 118 della Costituzione i quali costituiscono, ad avviso del collegio, gli esatti parametri costituzionali - parzialmente diversi da quelli proposti dalla ricorrente - da prendersi a riferimento. L'anzidetto art. 16, quinto comma, della legge regionale n. 16/1986 ricollega, anzitutto, il mancato rinnovo delle concessioni relative ad impianti considerati "marginali", al livello di produttivita' dell'impianto stesso, per cui e' logico ritenere - in assenza di ulteriori specificazioni, del tutto mancanti nella legge - che gli impianti c.d. marginali, esattamente indicati in una mera tabella elencativa predisposta dallo stesso legislatore ed allegata alla legge, altro non siano che quelli con minore erogato rispetto a valori medi che, peraltro - si ripete - non e' dato conoscere, non risultando specificati in nessun altro punto della legge, ne' tali valori possono essere ricostruiti sulla scorta degli altri criteri generali dettati dalla stessa legge, nessuno dei quali fa cenno al concetto di marginalita', ne' stabilisce i parametri necessari per la sua enucleazione in concreto. Orbene, negare il rinnovo della concessione - come fa l'art. 16, quinto comma, della legge n. 16/1986 cit. - per il solo fatto che un determinato impianto di distributore di carburante abbia erogato un quantitativo inferiore ad un certo limite (peraltro non precisato) con cio' divenendo "marginale", appare in contrasto con il regime fissato dall'art. 16 del d.-l. n. 745/1970 e dagli artt. 16 e 17 del d.P.R. n. 1269/1971 (regolamento di esecuzione) per il mantenimento in esercizio degli impianti "esistenti e funzionamenti o regolarmente autorizzati" alla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Dette disposizioni, nel prevedere la prosecuzione temporanea delle gestioni in atto, il cui termine finale varia a seconda che si tratti di concessioni scadute o tuttora in corso - con una disciplina che garantisce, in ogni caso, la conservazione degli esercizi fino alla scadenza prevista nel titolo originario (o, in mancanza, fino allo scadere del periodo di diciotto anni dalla data di rilascio del provvedimento stesso) sanciscono espressamente (art. 17 del reg. cit.) che in tutte queste ipotesi le "nuove concessioni (sostitutive dei precedenti titoli) sono rilasciate con il solo accertamento della idoneita' tecnica delle attrezzature dell'impianto al sicuro e regolare espletamento dell'attivita' di distribuzione e senza tener conto del limite numerico stabilito dal Ministro per l'industria, il commercio e l'artigianato". A fronte di tale disciplina transitoria, la cui perdurante applicabilita' non e' dubbia come ha gia' riconosciuto questo tribunale (sezione seconda, 2982 del 17 dicembre 1985, prima sezione, 25 agosto 1988, n. 1140) nel caso di conversione in concessione dei titoli abilitativi all'eserczio dell'attivita' di cui trattasi, in corso alla data di entrata in vigore della nuova normativa (come nel caso della societa' ricorrente) la previsione contenuta nell'art. 16 della legge regionale 17 maggio 1986, n. 16, secondo cui le concessioni relative ad un elevato numero di impianti - tassativamente individuati in apposita tabella allegata alla legge - non possono essere rinnovate per un motivo (insufficiente produttivita') che non ha nulla a che vedere con quella (inidoneita' tecnica delle attrezzature) al quale fa riferimento il citato art. 117 del d.P.R. n. 1269/1971, si risolve in una deroga ampia ed immotivata nei confronti di soggetti pregiudicati da tale novita', la cui introduzione, gia' non consentita nell'esercizio delle funzioni amministrative, anche se di indirizzo, attribuite al Governo dall'art. 52 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 - nella specie esercitate con l'emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 1978 e 31 dicembre 1982 - deve, "a fortiori", considerarsi esorbitante dai limiti della podesta' normativa di "attuazione" demandata alle regioni a statuto ordinario dall'art. 7 del d.P.R. n. 616/1977, ai sensi degli artt. 117, ultimo comma, e 118 della Costituzione. In sostanza la regione, con la norma di cui trattasi ha inteso attuare - come gia' il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 31 dicembre 1982, poi annullato in parte qua, da t.a.r. Lazio, seconda sezione, n. 2982 del 17 dicembre 1985 per aver prescelto un criterio discriminatorio ai fini del rinnovo delle concessioni fondato sul dato quantitativo del carburante erogato - una drastica riduzione del numero degli esercizi in atto senza tener conto della necessita', sancita dalla vigente legislazione statale in materia (artt. 16 del d.-l. 26 ottobre 1970, n. 745, convertito nella legge 18 dicembre 1970, n. 1034, 16, 17 e 18 del d.P.R 27 ottobre 1971, n. 1269) di salvaguardare, in sede di approvazione del piano regionale di razionalizzazione della rete distributiva di carburanti, le posizioni esistenti (con l'unica condizione della idoneita' tecnica delle attrezzature). Non e' dato nemmeno cogliere (nella censurata disposizione) una capacita' reale di perseguimento di esigenze di pubblico interesse, atteso che il prezzo di vendita al pubblico dei predetti erogati non e' in alcun modo collegato alla redditivita' degli impianti, sicche' i consumatori non possono che ricevere un pregiudizio dalla riduzione della rete distributiva se ispirata soltanto da intenti restrittivi ed in assenza di altri reali interessi pubblici giustificativi. Sulla scorta delle suesposte giustificazioni, ritiene il collegio di potere ravvisare nell'art. 16, quinto comma, della legge regionale n. 16/1986 cit. un sospetto - non manifestamente infondato - di incostituzionalita' sotto i profili della violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione per il rilevato contrasto con la legislazione statale in materia, non derogabile dal legislatore regionale, in sede di emanazione di norme legislative di attuazione) dall'art. 41 della Costituzione (per la insussistenza di ragioni di utilita' sociale idonee a giustificare il sacrificio della liberta' di iniziativa economica privata) dell'art. 3 della Costituzione (per la irragionevolezza della norma e per la disparita' di trattamento operata fra imprenditori esercenti la stessa attivita' e soggetti della medesima disciplina). Un ulteriore, concorrente (ed al tempo stesso autonomo) sospetto di incostituzionalita', e' dato ravvisare nella medesima disposizione di cui all'art. 16, quinto comma, della legge regionale n. 16/1986 cit. in rapporto agli artt. 24 e 113 della Costituzione. La potenzialita' elusiva o compressiva della tutela giurisdizionale appare insita in una norma - come l'art. 16 cit. - volta ad enuncleare direttamente e tassitivamente - con una disposizone di valenza legislativa, priva di ogni elemento di riscontro motivazionale - taluni impianti qualificati ex se "marginali", perche' scarsamente produttivi. La norma fa cosi' diretta ed immediata applicazione di un parametro - quello della produttivita' - che seppure astrattamente idoneo ad ispirare la redazione del piano regionale di razionalizzazione della rete distributiva di carburanti nel territorio di competenza, necessita, in concreto, di ulteriori specificazioni capaci di ancorare il parametro stesso a dati ed elementi ben enuncleati, attraverso una discpina sottordinata a quella legislativa (per definizione generale ed astratta) alla quale rimettere la regolamentazione della materia senza sottrarla alla ordinaria tutela giurisdizionale garantita dall'art. 113 della Costituzione nei confronti di ogni attivita' amministrativa. L'elenco degli impianti (marginali) da sopprimere nell'ambito della regione Emilia-Romagna, contenuto nella tabella allegata alla legge n. 16 cit. - ove figura anche quello gestito dalla ricorrente - contrasta manifestamente con i menzionati principi generali dell'ordinamento costituzionale, non desumendosi le ragioni giustificative della statuizione che - per essere di rango normativo primario - non consente all'interessato altra tutela se non il rimedio della remissione della norma al giudizio di costituzionalita' dal quale puo' scaturire la cancellazione della norma stessa e, in via derivata, la caducazione degli impugnati atti amministrativi che vincolativamente della norma stessa costituiscono ineludibile applicazione. Per le considerazioni esposte, le delineate questioni vanno rimesse alla Corte costituzionale restando sospeso il giudizio con riserva di ogni ulteriore statuizione all'esita' della risoluzione dell'incidente di costituzionalita'.