LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita' istituito a cura del p.g. nei confronti di Cerquaglia Zeffirino, Sabatini Alvaro, Favetta Paolo, Zucchetti Ugo, Santi Alfredo, Cerasi Alberto, iscritto al n. 13526 del registro di segreteria; Visto l'atto introduttivo del giudizio; Visti gli altri atti e documenti di causa; Uditi alla pubblica udienza del 17 settembre 1991 il relatore consigliere dott. Amedeo Rozera, l'avv. Carmine Macri' per i convenuti ed il p.m. in persona del vice procuratore generale dott.ssa Enrica Laterza. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO il comitato di gestione della u.s.l. n. 11 di Amelia, con provvedimento n. 493 del 15 dicembre 1983, deliberava di aggiudicare alla Compagnia Unipol la stipula di una polizza assicurativa a favore del personale dipendente non iscritto obbligatoriamente all'Inail, per le malattie e gli infortuni riportati in servizio e per causa di servizio, che avessero come conseguenza la morte e la invalidita', permanente o temporanea. Tale polizza (n. 708/77/701) veniva stipulata il 27 giugno 1984 con validita' immediata e scadenza decennale, previa corresponsione di un premio annuo complessivo di L. 20.517.203. Dagli accertamenti svolti dalla procura generale, e' risultato che, con delibera n. 216 del 21 maggio 1987, il comitato di gestione, a seguito delle osservazioni negative formulate da un ispettore dell'I.G.F. e previ accordi con la Compagnia Unipol, approvava la proposta di annullamento consensuale a decorrere dal 27 giugno 1987. Il procuratore generale della Corte dei conti, avendo ritenuto che le somme erogate dalla u.s.l. in conseguenza della delibera n. 493 del 15 dicembre 1983 ammontanti a L. 45.534.373 per il periodo 27 giugno 1984 - 27 giugno 1987 costituissero danno per le finanze pubbliche, ha citato in giudizio Cerquaglia Zeffirino, Sabatini Alvaro, Favetta Paolo, Zucchetti Ugo, Santi Alfredo, Cerasi Umberto, quali amministratori che adottarono la cennata delibera, per sentirsi condannare al pagamento in favore della u.s.l. n. 11 di Amelia della somma di cui sopra, oltre rivalutazione, interessi e spese di giudizio. Fissata l'udienza di discussione per il 17 settembre 1991, i convenuti si sono costituiti in giudizio a mezzo dell'avv. Carmine Macri' il quale ha presentato una memoria in cui viene eccepita l'intervenuta prescrizione dell'azione ex art. 58, quarto comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142 e, in caso di riaffermata inapplicabilita' di tale norma alla fattispecie in esame, viene sollevata questione di legittimita' costituzionale della stessa per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione sia sotto il profilo di diritto intertemporale (mancata applicabilita' della norma ai fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore) sia sotto il profilo dell'ambito soggettivo di applicazione (mancata estensione agli amministratori e dipendenti delle uu.ss.ll.). Il p.m., nel respingere l'eccezione di prescrizione, ha escluso altresi' la rilevanza della questione di costituzionalita', in quano la norma che, a tal fine, andrebbe presa in considerazione, sarebbe l'art. 19 t.u. impiegati civili dello Stato. Tanto premesso, osserva il Collegio che l'art. 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142, dopo aver stabilito al primo comma che agli amministratori e dipendenti degli enti locali si applicano le disposizioni vigenti in materia di responsabilita' degli impiegati civili dello Stato, dispone al primo capoverso del quarto comma che "l'azione di responsabilita' si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto". Dalla lettura coordinata delle due disposizioni, nonche' dalla collocazione sistematica delle stesse nel piu' generale contesto del nuovo ordinamento delle autonomie locali, sembrerebbe che il legislatore abbia voluto realizzare una evidente finalita' di omogenizzazione del regime di responsabilita' di tutti i pubblici dipendenti; peraltro, la norma che prevede la prescrizione quinquennale dell'azione di responsabilita' (quarto comma citato), risulta formulata in modo tale da apparire applicabile esclusivamente nei confronti degli amministratori e dipendenti degli enti locali, con esclusione di quelle delle unita' sanitarie locali, non espressamente destinatari della norma stessa: per questi, quindi, in mancanza di abrogazione, tacita od espressa, continua a trovare applicazione l'art. 19, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in forza del quale il termine di prescrizione dell'azione di responsabilita' e' quello ordinario di dieci anni; a tale termine, nella specie, giusta quanto esposto in narrativa, non e' decorso. Ne consegue che la disposizione la quale introduce il termine di prescrizione quinquennale non puo' essere applicata alla fattispecie di cui e' causa, riguardando, la stessa, fatti ritenuti dannosi imputati agli amministratori di una unita' sanitaria locale. Orbene, nel momento in cui se ne esclude l'applicabilita' al giudizio de quo, la norma in questione appare in dubbia costituzionalita' sia con riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto interpretando la norma stessa nel senso che abbia voluto introdurre una particolare disciplina per i soggetti ivi previsti sussisterebbe, rispetto agli altri soggetti pubblici non espressamente menzionati in essa (nella specie, amministratori e dipendenti delle uu.ss.ll.), una evidente ed ingiustificata disparita' di trattamento con violazione del principio di uguaglianza atteso che tali soggetti operano, sotto il profilo strutturale e funzionale, in un contesto sostanzialmente analogo a quello in cui si inserisce l'attivita' degli amministratori e dipendenti degli enti locali, sia con riferimento all'art. 97 della Costituzione, atteso il contrasto fra il contenuto del primo comma dell'art. 58 citato che mira chiaramente a delineare un regime unitario in materia di responsabilita' dei pubblici dipendenti ed il contenuto del quarto comma dal quale sembra emergere, per quanto detto in precedenza, la permanenza di una situazione di ingiustificata diversita' di trattamento fra le varie categorie di pubblici dipendenti: il che si risolve, in definitiva, in un evidente contrasto non solo con i principi di buon andamento e di imparzialita' dell'azione amministrativa, ma anche col principio di razionalita'. Peraltro, ove l'art. 58, quarto comma non dovesse essere ritenuto incostituzionale di per se' in relazione alla lesione prospettata, ritiene il Collegio di poter sollevare questione la legittimita' costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 19, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, il quale, per effetto del sopravvenuto ordinamento in materia di responsabilita' di cui alla citata legge n. 142/1990, verrebbe ad avere un margine di applicazione limitato e discriminatorio, atteso che continuerebbe a prevedere in relazione a parte di pubblici dipendenti, una disciplina del termine prescrizionale piu' gravosa di quella prevista del citato art. 58 per altre categorie di pubblici dipendenti. Pertanto, ritenuta la rilevanza della questione nel giudizio de quo (anche in relazione alla invocata applicabilita' della norma in questione a fatti verificatesi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 142/1990) e la non manifesta infondatezza.