LA CORTE DEI CONTI
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso  iscritto  al  n.
 01574   del   registro  di  segreteria,  proposto  da  Boi  Giovanni,
 rappresentato e difeso dagli avvocati  Filippo  De  Iorio  ed  Andrea
 Pettinau, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo, in
 Roma,  via  Campo  Marzio,  19,  avverso  tutti  i  provvedimenti  di
 liquidazione e riliquidazione del proprio trattamento di pensione.
    Uditi, alla  pubblica  udienza  del  giorno  10  luglio  1991,  il
 relatore  consigliere Silvano Di Salvo, l'avv. Andrea Pettinau per il
 ricorrente, nonche'  il  P.M.  nella  persona  del  vice  procuratore
 generale Giuseppe Nicoletti;
    Visti gli atti tutti della causa;
                               F A T T O
    Il  sig.  Boi  Giovanni,  appuntato  della  guardia  di finanza in
 congedo dal 4 settembre 1953 ha  prodotto  ricorso  avverso  tutti  i
 provvedimenti  di liquidazione e di riliquidazione del trattamento di
 quiescenza emessi nei suoi confronti e  non  perequati,  nonche'  per
 l'attribuzione  della pensione sulla base del trattamento attuale dei
 pari grado in attivita' di servizio, con  interessi  e  rivalutazione
 monetaria e con aggancio automatico per ogni sopravvenienza futura.
    Richiama  in  particolare il ricorrente, l'applicabilita' nei suoi
 confronti (pena la violazione degli artt. 3, 32, 36, 38  e  98  della
 Costituzione)  i  principi  di  natura  costituzionale indicati nella
 giurisprudenza di  questa  Corte  con  riferimento  al  personale  di
 magistratura.
    Con decisione non definitiva n. 11m/1989 del 17 marzo 1989, questa
 sezione  ha  dichiarato  il  ricorso in questione inammissibile nella
 parte in cui il sig.  Boi  si  duole  genericamente  contro  tutti  i
 provvedimenti  pensionistici  di liquidazione e riliquidazione emessi
 nei  suoi  confronti  e  non  perequati,  provvedendo  con   separata
 ordinanza  alla  prosecuzione del giudizio per il capo di domanda non
 coinvolto  dalla  declaratoria  di  inammissibilita'  (richiesta   di
 attribuzione  della  pensione  sulla  base del trattamento attuale di
 pari grado in attivita' di servizio, con interessi e rivalutazione  e
 con aggancio automatico per ogni sopravvenienza futura).
    Con  detta  ordinanza (n. 0210m/1989 del 17 marzo 1989) la sezione
 promuoveva giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, primo
 comma, della legge 29 dicembre 1988, n. 544 (elevazione  dei  livelli
 dei trattamenti sociali e miglioramenti delle pensioni) ritenendo non
 manifestamente   infondata  e  rilevante  nel  presente  giudizio  la
 questione di costituzionalita' di detta norma "nella parte in cui, in
 luogo degli aumenti ivi previsti, non dispone, per il personale delle
 Forze di Polizia collocato a riposo anteriormente al 1' gennaio 1986,
 la riliquidazione della pensione, con  decorrenza  1'  gennaio  1988,
 sulla  base  del  trattamento  economico  derivante,  in applicazione
 dell'art. 43 della legge 1' aprile  1981,  n.  121,  convertito,  con
 modificazioni, dalla legge 20 gennaio 1987, n. 472".
    La Corte costituzionale, con ordinanza n. 167 del 4 aprile 1990 ha
 restituito  gli  atti  a  questa sezione ritenendo opportuno un nuovo
 esame  della  prospettata  questione  alla  stregua  delle  leggi  27
 dicembre  1989, n. 407 (legge finanziaria) e 27 dicembre 1989, n. 409
 (legge di bilancio).
    A seguito di  istanza  del  procuratore  generale  veniva  fissata
 l'udienza per la prosecuzione del giudizio.
    In  data  27  giugno  1991 e' stata depositata memoria aggiunta al
 ricorso, ove, previa ricostruzione delle vicende storico-giuridiche e
 normative del collegamento delle  pensioni  con  le  retribuzioni  si
 chiede a questa sezione di voler provvedere direttamente a dichiarare
 il   diritto   del  ricorrente  ad  ottenere  la  riliquidazione  del
 trattamento pensionistico sulla base degli stipendi in godimento  dei
 pari-grado  in attivita' di servizio, e, in alterna ipotesi, di voler
 sollevare questione di costituzionalita' - per violazione degli artt.
 3, 36, 38 della Costituzione - dell'art. 5 della  legge  29  dicembre
 1988,  n. 544, dell'art. 2 della legge 29 aprile 1976, n. 177 e norme
 collegate (art. 18, secondo comma della legge 21  dicembre  1978,  n.
 843,  legge  29  febbraio  1980,  n. 33, legge 30 marzo 1981, n. 119,
 legge 26 aprile 1983, n. 130 e legge 27 dicembre 1984, n. 730), degli
 artt. 1, 3 primo comma e 6 della legge 17 aprile 1985, n. 141 e della
 legge 27 febbraio 1991, n. 59.
    All'udienza del 10 luglio 1991, l'avv.  Andrea  Pettinau,  per  il
 ricorrente,  insisteva  nelle  richieste gia' formulate con ricorso e
 memoria difensiva, mentre il rappresentante  del  p.m.  -  affermando
 l'esclusiva competenza del legislatore ordinario a provvedere in tema
 di   perequazione,   e   sostenendo  l'impossibilita'  di  richiedere
 sull'argomento pronunce additive  della  Corte  costituzionale  -  ha
 concluso   per   il   rigetto  del  ricorso,  pur  aderendo,  in  via
 subordinata, alla richiesta  di  rimessione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale  per  la verifica di legittimita' costituzionale delle
 norme attinenti alla perequazione del trattamento  pensionistico  del
 ricorrente.
                             D I R I T T O
    1.  -  Si  premette che l'attuale quadro normativo, ivi incluse le
 norme entrate  in  vigore  successivamente  alla  proposizione  della
 questione  di costituzionalita' con l'ord. n. 0210m/1989 del 17 marzo
 1989, in particolare: legge  27  dicembre  1989,  n.  407,  legge  27
 dicembre  1989, n. 409 e decreto-legge 27 dicembre 1990, n. 409 quale
 convertito nella legge 27 febbraio 1991, n. 59, non  puo'  comportare
 l'accoglimento  della  domanda  del  ricorrente,  in quando le citate
 norme hanno nuovamente determinato una riliquidazione delle pensioni,
 in maniera diversa da quella invocata dal ricorrente  (determinazione
 del  trattamento di quiescenza sulla base del trattamento stipendiale
 del personale con pari grado ed anzianita' di servizio).
    A cio', peraltro, va aggiunto che le nuove norme appena citate, ad
 avviso in questa sezione, non fanno venir meno la  sussistenza  delle
 condizioni  di rilevanza e non manifesta infondatezza richieste dagli
 artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e  23  della
 legge  11  marzo  1953,  n.  87 per sollevare nuovamente questione di
 legittimita' costituzionale.
    2. - Al riguardo si osservi come, pur  risultando  eliminata,  per
 effetto  del  secondo  comma dell'art. 3 del decretolegge 27 dicembre
 1990, n. 409, quale modificato dalla legge di conversione 27 febbraio
 1991, n. 59, la sperequazione fra il  trattamento  pensionistico  del
 ricorrente  e le pensioni gia' riliquidate in passato con valutazione
 dell'anzianita' pregressa ex art. 7 della legge 17  aprile  1985,  n.
 141  (salva  la  diversa  data  di  decorrenza economica), permangono
 differenze non compatibili con il principio di uguaglianza  stabilito
 dall'art.  3  della  Costituzione  fra  il ricorrente ed i dipendenti
 della guardia di finanza e delle altre forze di polizia che,  essendo
 stati  collocati a riposo successivamente all'entrata in vigore delle
 disposizioni  normative  gia'  richiamate  nell'ordinanza  di  questa
 sezione  n.  0210m/1989  (legge  20  marzo  1984,  n. 34, decreto del
 Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150 e decreto-legge 21
 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, nella legge 20
 novembre 1987,  n.  472),  hanno  beneficiato  della  valutazione  in
 quiescenza  di  benefici  economici  apportati  da  dette  norme, per
 effetto di un diverso, e piu' favorevole, criterio di  determinazione
 del  trattamento retributivo di attivita', e, conseguentemente, della
 base pensionabile.
    E che le ulteriori rivalutazioni percentuali  previste  dal  primo
 comma dell'art. 3 del citato d.-l. n. 409/1990 non siano sufficienti,
 per   la   loro   struttura   (indifferenziata   per   piu'   anni  e
 sostanzialmente appiattita) e per  la  loro  consistenza  (la  stessa
 relazione  governativa  acclusa  al d.-l. n. 409/1990 dava atto di un
 solo "parziale allineamento", entro limiti ristretti  delle  pensioni
 pubbliche  ai livelli stipendiali derivanti dai benefici contrattuali
 succedutisi nel tempo) a correggere razionalmente le sperequazioni di
 cui  si  duole  il  ricorrente,  lo  si  ricava  dagli stessi criteri
 enunciati dalla Corte costituzione con  la  sentenza  n.  501  del  5
 maggio  1988,  e  dalla  valutazione  della  domanda  giudiziale  del
 ricorrente alla luce del  quadro  normativo  venutosi  a  determinare
 proprio  per  effetto di detta pronuncia, nonche' della sentenza n. 1
 del 9 gennaio 1991.
    Infatti, con la sentenza  n.  501/1988  -  a  fronte  del  divario
 realizzatosi  fra trattamenti di pensione e di servizio del personale
 di   magistratura   ed   equiparato   -   sono   stati    considerati
 costituzionalmente   illegittimi   gli   aumenti  disposti  con  mera
 applicazione di rivalutazioni percentuali e non gia'  con  risolutiva
 riliquidazione  delle  pensioni  sulla base del trattamento economico
 derivante dall'applicazione di  innovazioni  normative  sopravvenute,
 mentre   con   la   sentenza  n.  1/1991  e'  stato  solennemente  ed
 autorevolmente  affermato,  tra  l'altro,  che  nella  determinazione
 dell'ammontare  dei  trattamenti  di  quiescenza  il legislatore puo'
 anche adottare trattamenti  differenziati  in  relazione  al  fattore
 tempo,  ma non puo' non esercitare il potere attribuitogli secondo il
 canoni di razionalita' e ragionevolezza.
    La questione che  e'  qui  a  proporsi  assume,  dunque,  decisiva
 rilevanza  nel  presente  giudizio,  atteso  che  l'accertamento  del
 diritto - invocato dal ricorrente - ad ottenere l'attribuzione  della
 pensione  sulla  base  del  trattamento  attuale  di  pari  grado  in
 attivita' di servizio, con interessi e rivalutazione e  con  aggancio
 automatico  per  ogni  sopravvenienza  futura,  non  puo' prescindere
 dall'esame delle norme perequative considerate e denunciate,  per  le
 quali  non  e'  allo  stato  consentito  estendere,  al  personale in
 quiescenza che non ne abbia  gia'  fruito,  i  benefici  concessi  al
 personale  delle  forze  di  polizia in attivita' di servizio, con la
 struttura e le decorrenze previste dalla legge 20 marzo 1984, n.  34,
 dal  decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150 e
 dal  decreto-legge  21  settembre  1987,  n.  387,  convertito,   con
 modificazioni, nella legge 20 novembre 1987, n. 472.
    3.   -  Peraltro,  il  contenuto  di  tutto  il  quadro  normativo
 sopravvenuto quale innanzi richiamato e descritto induce ad ulteriori
 considerazioni rispetto a quelle gia' formulate  con  l'ordinanza  n.
 0210m/1989  del  17  marzo  1989,  che,  comunque,  qui  vanno intese
 richiamate e riprodotte.
    Invero, premesso che la Corte costituzionale ha gia' insegnato che
 "gli aspiranti alla giusta pensione sono meritevoli di favor"  (sent.
 5  aprile  1984,  n.  91),  puo'  affermarsi  che  tale favor diviene
 maggiormente giustificato e giustificabile laddove si consideri  che,
 pur  risultando  ormai  pacifico  che  la  pensione  e'  retribuzione
 differita, il  trattamento  di  quiescenza,  nella  sua  pregressione
 successiva  alla data del collocamento a riposo, viene a perdere, per
 effetto della cessazione  dell'attivita'  lavorativa,  la  protezione
 costituzionale  offerta al lavoratore dall'art. 40 della Costituzione
 e dal diritto di sciopero ivi previsto.
    Per il personale militare (il ricorrente vi appartiene  in  quanto
 appuntato  del Corpo della guardie di finanza in congedo), se e' vero
 che, ex art. 8 della legge 1' luglio 1978,  n.  382,  e'  inibito  il
 diritto  di  sciopero,  non  va dimenticato che lo stesso articolo di
 legge  consente  l'iscrizione  e  l'associazione  ad   organizzazioni
 sindacali,  e  che  - ai sensi dell'art. 18 della stessa legge - sono
 istituiti  organi  di  rappresentanza,  competenti  anche a formulare
 pareri, proposte e richieste in tema di trattamento  economico,  onde
 il  collocamento  a  riposo  priva  il  militare  -  in assenza di un
 criterio di razionale collegamento fra ammontare  dello  stipendio  e
 entita'  della  pensione  -  anche di quelle limitate forme di tutela
 paracontrattuali dirette a compensare il divieto  dell'esercizio  del
 diritto di sciopero.
    In  sostanza,  il  riconoscimento  in  concreto  del  rispetto dei
 parametri costituzionali dell'adeguatezza  e  della  proporzionalita'
 della  retribuzione "differita" (art. 36 della Costituzione), rimane,
 nella fattispecie in esame, affidato alla sola  discrezionalita'  del
 datore  di  lavoro  pubblico erogatore del trattamento di quiescenza,
 che nelle sue determinazioni concernenti  i  pensionati,  non  trova,
 allo  stato  attuale  della normativa, alcun ostacolo derivante dalla
 contrattazione o da previsioni legislative  relative  al  trattamento
 economico di attivita' di categorie non contrattualizzate.
    Ne'  possono  ritenersi  adeguati  correttivi  quelli  offerti dai
 cc.dd. scioperi  di  solidarieta'  dei  dipendenti  in  attivita'  di
 servizio  in  favore  dei  pensionati,  atteso  che  per  effetto del
 meccanismo suesposto la titolarita' dell'iniziativa viene  a  mancare
 in  capo  ai  dipendenti posti in quiescenza, e che le difficolta' di
 bilancio frapposte dalla parte pubblica alle richieste economiche dei
 propri dipendenti creano, semmai, le  condizioni  per  un  potenziale
 antagonismo fra lavoratori e pensionati.
   4.  -  Da  tutto  cio'  deriva  che  non  appare costituzionalmente
 corretto un quadro  normativo  che,  da  un  lato,  assicura  che  la
 determinazione  della  retribuzione dovuta ai dipendenti in attivita'
 di servizio avvenga previa contrattazione o, quanto  meno,  audizione
 delle cateogorie interessate, nel rispetto dei gia' indicati principi
 costituzionali,  mentre, dall'altro, pone la determinazione del quan-
 tum del trattamento pensionistico (che, ancorche' differito,  riveste
 sempre la natura di trattamento retributivo) al di fuori di qualsiasi
 incidenza  delle  categorie  cui  lo stesso e' erogato, categorie non
 solo  potenzialmente  maggiormente   esposte,   nel   momento   della
 cessazione  dell'attivita'  di  servizio  a  causa di eta' avanzata o
 motivi di salute, ad esigenze e bisogni di rilevante entita', ma  pur
 sempre  destinatarie,  al pari del personale in servizio, delle norme
 di cui agli artt. 3 e 36 della Costituzione.
    L'evidente  svantaggio  in  danno  dei  pensionati   si   accentua
 maggiormente  ove  si consideri che la titolarita' del trattamento di
 quiescenza consegue ad un consistente minimo temporale di prestazione
 di attivita' lavorativa, e che, dunque, il versamento  di  contributi
 previdenziali  per periodi di tempo non certo brevi dovrebbe porre al
 riparo da iniquita' e da negative ripercussioni,  successivamente  al
 collocamento  a  riposo,  del  mutamento  del potere d'acquisto della
 moneta.
    Solo  eliminando  gli  ostacoli  normativi  che   attualmente   si
 frappongono   alla  riliquidazione  della  pensione  sulla  base  del
 trattamento  economico  derivante  dall'applicazione   dei   benefici
 previsti dalle norme innanzi indicate - e comportanti una sostanziale
 ristrutturazione del trattamento retributivo del personale militare e
 di  polizia  in  servizio  -  puo'  ritenersi  attuato  il  principio
 costituzionale di uguaglianza fra  categorie  che,  pur  versando  in
 parita'  di  situazione  (uguale  quantita'  e  qualita'  del  lavoro
 prestato),  risultano  allo  stato  destinatarie  di  una irrazionale
 diversita' di disciplina ancor piu' stridente, a decorrere dalla data
 di decorrenza dei benefici accordati al personale in servizio con  le
 gia'  menzionate  disposizioni  normative,  in  relazione agli stessi
 principi recentemente affermati e ritenuti meritevoli  della  massima
 tutela dalla stessa Corte costituzionale con le sentenze nn. 501/1988
 e 1/1991.
    5.   -   Ne'   puo'  riconoscersi,  in  argomento,  necessita'  di
 bilanciamento fra vari  interessi  costituzionalmente  protetti,  con
 conseguente  rilevanza  di limiti incontrati dallo stesso legislatore
 in relazione alle risorse finanziarie  di  cui  dispone,  atteso  che
 l'ascquisizione  al bilancio dello Stato anziche' alla non esistente,
 ma normativamente prevista cassa delle pensioni civili e  militari  a
 carico  dello  Stato  (legge  7  aprile  1881, n. 134) delle ritenute
 previdenziali non fa certo venir meno il principio secondo il quale i
 proventi dei prelievi  a  carico  del  lavoratore  dipendente  devono
 essere   destinati   integralmente  alla  categoria  assoggettata  al
 prelievo stesso (Corte cost. sentenza n.  241/1989),  onde  non  puo'
 ravvisarsi  la  pertinenza  delle  eccepite  difficolta'  di bilancio
 statale per la riliquidazione delle pensioni in  connessione  con  la
 dinamica  salariale  (relaz. governativa al decreto-legge 22 dicembre
 1990, n. 409), atteso che, non solo tali difficolta' di bilancio  non
 potrebbero  razionalmente  opporsi  in  danno  di  solo  talune delle
 categorie di pensionati, ma anche considerato che gli  accantonamenti
 di cui alle leggi finanziaria e di bilancio richiamate nell'ordinanza
 di  restituzione  a  questo  giudizio  sono  del  tutto  indipendenti
 dall'ammontare dei contributi previdenziali versati  e  non  affluiti
 nella gia' menzionata cassa pensionistica.
    Non  va, peraltro, ignorato che norme analoghe a quelle menzionate
 dalla Corte costituzionale nell'ordinanza di  rimessione  degli  atti
 del  presente giudizio a questa sezione erano vigenti anche alla data
 di entrata in vigore della legge 17 aprile 1985,  n.  141  (cfr.,  in
 particolare,  l'art.  10  di  detta  legge,  indicante  la  copertura
 finanziaria),  con  accantonamenti  non  inferiori  a   quelli   piu'
 recentemente  disposti e finalizzati al medesimo intento perequativo,
 ma cio' non ha, di per se',  evitato  che  con  la  citata  legge  n.
 141/1985  venisse  data copertura finanziaria, con l'utilizzazione di
 detti  accantonamenti,  a  norme  poi  dichiarate  costituzionalmente
 illegittime   (artt.  1,  3,  primo  e  sesto  comma,  oggetto  della
 declaratoria di incostituzionalita' di cui alla  citata  sentenza  n.
 501/1988),  il  che comprova che la mera previsione di accantonamenti
 nella legge finanziaria e nella legge di bilancio, ancorche' realizzi
 una pianificazione dell'attivita' finanziaria, non costituisce ancora
 concreta attuazione normativa degli indirizzi  prefissati,  e,  nella
 fattispecie  di  cui  al  presente giudizio, anche inequivocabilmente
 rubricati  nelle  corrispondenti  voci  contabili  "perequazione  dei
 trattamenti di pensione nel settore pubblico ed in quello privato").
    6. - In ordine alle altre eccezioni di costituzionalita' sollevate
 dalla  parte,  le  stesse  devono  ritenersi  assorbite da quelle qui
 proposte, mentre, quanto agli altri parametri costituzionali indicati
 (sufficienza della retribuzione ad assicurare un'esistenza  libera  e
 dignitosa,  adeguatezza  dei  mezzi  del  lavoratore alle esigenze di
 vita, diritto alla salute), va ravvisato,  in  concreto,  difetto  di
 rilevanza,  per non rinvenirsi in atti elementi che comprovino che il
 trattamento  pensionistico  corrisposto al ricorrente sia determinato
 in misura tale da non soddisfare i predetti principi.
    Circa il riferimento all'art. 98 della Costituzione, si richiamano
 qui le argomentazioni gia' svolte con l'ord. n. 0210m/1989, ove  tale
 indicazione  e'  stata  ritenuto  frutto  di  errore  materiale,  non
 emendabile nemmeno in via di interpretazione.
    7. - Per tutto quanto affermato, ed espressamente  qui  richiamato
 le  argomentazioni  gia'  svolte  nell'ordinanza n. 0210m/1989 del 17
 marzo  1989,  la  sezione   solleva   eccezione   di   illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  5,  primo  comma,  della legge 28 dicembre
 1988, n. 544 e dell'art. 3 del d.-l. 22 dicembre 1990, n. 409,  quale
 modificato  dalla  legge  di  conversione 27 febbraio 1991, n. 59, in
 relazione agli artt. 3 e 36, primo comma  della  Costituzione,  nella
 parte  in  cui  le  denunciate norme non dispongono, per il personale
 delle forze di polizia collocato a riposo anteriormente al 1' gennaio
 1986, la riliquidazione della pensione, con decorrenza primo  gennaio
 1988, sulla base del trattamento economico derivante, in applicazione
 dell'art. 43 della legge primo aprile 1981, n. 121, dal decreto-legge
 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla legge
 20  gennaio  1987,  n.  472,  realizzando diversita' di disciplina in
 parita' di situazioni, oltre che una  sproporzione  fra  retribuzioni
 (attuali o differite) e quantita' e qualita' del lavoro prestato.