ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli  artt.  438,  439,  440  e  442  del codice di procedura penale
 promosso con ordinanza emessa il 29 marzo 1991 dalla Corte di  Assise
 di  Genova nel procedimento penale a carico di Costa Elio iscritta al
 n. 387 del  registro  ordinanze  1991  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  23, prima serie speciale, dell'anno
 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del procedimento penale  a  carico  di  Elio  Costa
 imputato  del  reato  di  omicidio  aggravato commesso in danno della
 moglie,  la  Corte  di  assise  di  Genova,  nella  fase  degli  atti
 introduttivi  al dibattimento, ha sollevato (con ordinanza in data 29
 marzo 1991), in riferimento agli artt. 3  e  24  della  Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
 artt. 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale, nella parte
 in  cui  non  consente  al  giudice  del  dibattimento, di concedere,
 all'esito del giudizio, la diminuzione di pena prevista dall'art. 442
 del codice di procedura  penale,  qualora  ritenga  ingiustificata  o
 comunque  erronea  la  decisione  con  cui il giudice per le indagini
 preliminari, nonostante il consenso del pubblico  ministero,  rigetta
 la richiesta di giudizio abbreviato.
    In  ordine  alla  rilevanza  della  questione, la Corte rimettente
 osserva che, nonostante il procedimento fosse in  realta'  definibile
 allo   stato   degli  atti,  l'impossibilita'  di  un  controllo  sul
 provvedimento negativo del giudice per  le  indagini  preliminari  le
 impedisce  di  riconoscere,  all'esito  del  dibattimento, il diritto
 dell'imputato ad ottenere la riduzione di pena prevista dall'art. 442
 del codice di procedura penale.
    La circostanza che un tale diritto possa essere posto nel nulla da
 un  provvedimento  del  giudice  sottratto  a   qualsiasi   controllo
 risulterebbe  del  tutto  irragionevole.  E  difatti, perplessita' al
 riguardo - ed anche in relazione all'impossibilita' di riesaminare il
 dissenso del pubblico ministero -  furono  sollevate  nel  corso  dei
 lavori  parlamentari  e di esse si troverebbe traccia nella relazione
 ministeriale al codice,  dove  si  pone,  peraltro,  in  evidenza  la
 difficolta' di configurare un riesame sia della decisione del giudice
 che  del  dissenso  del  pubblico  ministero.  Per  quanto  attiene a
 quest'ultimo, pero', la recente sentenza della Corte n. 81 del  1991,
 avrebbe dimostrato come le prospettate difficolta' erano superabili e
 come,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  lo siano anche per cio' che
 riguarda il  provvedimento  negativo  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari.
    La  differenza  esistente  fra  le  due  fattispecie  (valutazione
 negativa di una parte - il  p.m.  -  e  valutazione  negativa  di  un
 giudice)  potrebbe  essere  agevolmente superata dalla considerazione
 del preponderante rilievo che il consenso delle parti assume in  tale
 tipo di procedimento.
    I principi di coerenza e ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.)
 e  di  tutela  del  diritto  di  difesa (art. 24 Cost.) dell'imputato
 contro un provvedimento (di natura processuale) che disconosce un suo
 diritto, imporrebbero, secondo quanto si sostiene  nell'ordinanza  di
 rinvio,  di  affidare  al  giudice  del  dibattimento  il riesame del
 provvedimento negativo del giudice per le indagini  preliminari,  con
 soluzione  analoga  a quella adottata nella citata sentenza n. 81 del
 1991.
    Si osserva infine che, dopo  quest'ultima  decisione,  si  sarebbe
 venuta a creare una disparita' di trattamento tra l'imputato che, pur
 avendo ottenuto il consenso del pubblico ministero, si vede negare il
 giudizio  abbreviato  e,  quindi,  l'eventuale riduzione della pena e
 l'imputato che, invece, nonostante il dissenso espresso dal  pubblico
 ministero tale beneficio puo' ancora ottenere in sede dibattimentale.
    2.   -   Nel   giudizio  cosi'  promosso  ha  spiegato  intervento
 l'Avvocatura generale dello  Stato  limitandosi  a  chiedere  che  la
 questione venga dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.
                        Considerato in diritto
    1.  -  E'  stata  sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.
 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale nella parte in cui
 non   consentono   che   il  giudice  del  dibattimento,  -  ritenuto
 ingiustificato, o comunque  erroneo,  il  provvedimento  con  cui  il
 giudice  per le indagini preliminari rigetta la richiesta di giudizio
 abbreviato, avanzata con il consenso del pubblico ministero  -  possa
 applicare  all'imputato  la riduzione di pena prevista dall'art. 442,
 secondo comma, del codice di procedura penale.
    2. - La questione e' fondata.
    Il combinato disposto degli artt. 438, 439, 440 e 442  del  codice
 di   procedura  penale  ha  gia'  formato  oggetto  di  scrutinio  di
 costituzionalita'  con  la  sentenza  n.  81  del  1991,  che  ne  ha
 dichiarato  l'illegittimita'  nelle  parti  in cui nella formulazione
 originaria  non  prevedeva  che  il  pubblico  ministero,  in caso di
 dissenso, fosse tenuto ad enunciarne le  ragioni  e  che  il  giudice
 all'esito   del  dibattimento,  quando  ritenesse  ingiustificato  il
 dissenso del pubblico ministero, non potesse  applicare  all'imputato
 la  riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, dello
 stesso codice.
    Ai fini di tale pronuncia la Corte mosse dalla considerazione che,
 in caso di disaccordo in ordine alla richiesta  di  applicazione  del
 rito  abbreviato, il cui svolgimento comporta la riduzione della pena
 come previsto dall'art. 442,  secondo  comma,  del  codice,  l'organo
 competente ad applicare tale riduzione - verificandone la sussistenza
 dei  presupposti  -  dovesse  essere il giudice del dibattimento, non
 potendo "il controllo sulla motivazione  del  diniego  (del  pubblico
 ministero)  ..  trovare posto all'interno dell'udienza preliminare e,
 quindi, .. venire affidato al giudice preposto ad essa, perche'  cio'
 significherebbe  adottare  un  rito speciale contro la determinazione
 del pubblico ministero".
    Pur dovendosi considerare la diversita'  del  caso  oggetto  della
 questione  in  esame,  rispetto  a  quello  che  ha dato origine alla
 precedente dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale,  perche'
 essa  non  e'  stata  generata  dal  dissenso  del pubblico ministero
 rispetto alla richiesta dell'imputato,  bensi'  dalla  pronuncia  del
 giudice  per  le indagini preliminari che ha ritenuto che il processo
 non potesse essere deciso allo  stato  degli  atti,  tuttavia  e'  da
 rilevare  che  nel  presente  giudizio,  alla pari che in quello gia'
 deciso, viene  in  discussione  un  profilo  che  ha  conseguenze  di
 carattere  sostanziale,  perche'  dall'ammissione  al rito abbreviato
 deriva la possibilita' per l'imputato di fruire  di  una  consistente
 riduzione della pena.
    E'  per questa stessa ragione che - come nel caso di conflitto tra
 imputato  e  pubblico  ministero  circa  l'ammissibilita'  del   rito
 abbreviato,  in  cui  la  Corte ha ritenuto che la controversia sulla
 pretesa dell'imputato non potesse essere definita "all'interno  della
 udienza   preliminare"  -  deve  ritenersi  che,  qualora  nonostante
 l'adesione del  pubblico  ministero,  la  pretesa  stessa  non  venga
 soddisfatta  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari,  non possa
 spettare  a  questi  l'ultima  parola,  in  modo  preclusivo,   sulla
 decidibilita'  allo  stato  degli  atti, con una pronuncia che, senza
 possibilita' di controllo,  incide  sulla  misura  della  pena.  Cio'
 soprattutto   quando  tali  aspetti  siano  intimamente  collegati  e
 strettamente   consequenziali   ad   una    situazione    processuale
 prevalentemente rimessa alla disponibilita' delle parti.
    E  poiche'  sono  in gioco apprezzamenti che producono conseguenze
 sull'entita' della pena,  risulta  lesiva  della  relativa  posizione
 sostanziale   dell'imputato  l'attribuzione,  in  via  esclusiva,  al
 giudice per le indagini preliminari del potere di definire  in  senso
 negativo  il  giudizio su di essi, senza alcun controllo al riguardo.
 Dato che  "nessuna  disposizione  del  codice  medesimo  consente  al
 giudice  del  dibattimento di sindacare la determinazione del giudice
 per  le  indagini  preliminari  contraria   all'adozione   del   rito
 abbreviato"  (vedi  ord.  n.  101  del  1991),  sottrarre al primo un
 controllo diretto a verificare la sussistenza del  presupposto  della
 decidibilita'   allo   stato   degli   atti,   limiterebbe   in  modo
 irragionevole  il  diritto  di  difesa  dell'imputato, nell'ulteriore
 svolgimento del processo, su di un aspetto che ha conseguenze sul pi-
 ano sostanziale.
    3. - Alla stregua dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,
 la  declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  va estesa negli
 stessi termini, analogamente a quanto disposto nella sentenza  n.  81
 del  1991, sia all'art. 458, primo e secondo comma, con riguardo alla
 richiesta  di  trasformazione  del  giudizio  immediato  in  giudizio
 abbreviato, sia all'art. 464, primo comma, che attiene alla richiesta
 di giudizio abbreviato in sede di opposizione al decreto penale.