ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 5, terzo comma, n. 3, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione e per la sperimentazione organizzativa e didattica) e 50, n. 3, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione, nonche' sperimentazione organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1990 dal Consiglio di Stato - Sezione VI giurisdizionale - sul ricorso proposto da Antonino Vitarelli ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 314 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima sperie speciale, dell'anno 1991; Visti gli atti di costituzione di Maria Ambrosini ed altri e Antonino Vitarelli, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 3 dicembre 1991 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino; Uditi l'avvocato Massimo Colarizi per Antonino Vitarelli e l'avvocato dello Stato Carlo Tonello per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza emessa il 26 ottobre 1990 (pervenuta alla Corte costituzionale il 16 aprile 1991) il Consiglio di Stato - Sez. VI Giurisdizionale - sul ricorso proposto da Vitarelli Antonino ed altri contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro (Reg. ord. n. 314/1991) ha sollevato questione di legittimita' costituzionale "degli artt. 5, comma terzo, n. 3, della legge n. 21 febbraio 1980, n. 28 e 50, n. 3, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 nella parte in cui non contemplano, tra i soggetti che possono essere ammessi ai giudizi di idoneita' per professore associato, i titolari di assegni di formazione didattica e scientifica, di cui all'art. 6 del decreto- legge 1 ottobre 1973, n. 580, convertito nella legge 30 novembre 1973, n. 766, che entro l'anno accademico 1979/1980 abbiano svolto per un triennio attivita' didattica e scientifica, comprovata da pubblicazioni edite documentate dal preside di facolta' in base ad atti risalenti al periodo di svolgimento delle attivita' medesime", in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per disparita' di trattamento, ad asserita parita' di condizioni, rispetto ai tecnici laureati, ai medici interni di cui alla sentenza della Corte costituzionale 14 aprile 1986, n. 89, nonche' rispetto ai contrattisti universitari di cui all'altra sentenza della Corte 13 luglio 1989, n. 397. Il giudizio a quo verte sul ricorso in appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con la quale, nel respingere il ricorso del dott. Vitarelli, si affermo' che non poteva estendersi il dettato della citata sentenza n. 89 del 1986 fino a comprendervi i medici assegnisti (quale si era presentato il ricorrente), ai fini dell'ammissione alla seconda tornata dei giudizi di idoneita' a professore associato. Osservato che il dottor Vitarelli non rientra in alcuna delle puntuali categorie, individuate dalla legge, ovvero introdotte dalla giurisprudenza costituzionale, il Collegio remittente richiama, in particolare, la sentenza della Corte 13 luglio 1989, n. 397, per rilevare come la questione ivi trattata sia stata ritenuta fondata sulla considerazione che, giusta l'art. 5 del decreto-legge n. 580 del 1973, convertito nella legge n. 766 del 1973, i titolari di contratto sono equiparati agli assistenti qualora, a parita' delle altre condizioni, oltre i limiti di impegno attinenti alla loro qualita' scientifica previsti dallo stesso articolo, svolgano attivita' di assistenza e cura. Precisazione questa che rende palese come i contrattisti venivano a trovarsi in posizione sostanzialmente analoga a quella dei medici interni, oggetto della precedente sentenza n. 89 del 1986, recante disparita' rispetto ai tecnici laureati. E dunque, per quanto concerne gli assegnisti ex art. 6 del decreto-legge n. 580 del 1973, la medesima disparita' rispetto ai tecnici laureati e' per il Collegio a quo irrazionale e lesiva del principio di eguaglianza come recepito dall'art. 3 della Costituzione, versandosi - si sostiene - in situazione simile qualora gli assegnisti abbiano svolto, a parita' di condizioni oggettive (concorso, triennio di riferimento, attivita' scientifica documentata), compiti di assistenza e cura. Anche per costoro ricorrerebbe la medesima ratio che, muovendo dalla constatazione della situazione di fatto venutasi all'epoca a determinare nell'ambito universitario a seguito del decreto-legge n. 580 del 1973, consentiva - attraverso il transitorio sistema dei giudizi di idoneita' - il passaggio alla figura, di nuova istituzione, del professore associato. 2. - Si sono costituiti in giudizio i ricorrenti unendosi ai dubbi di costituzionalita' espressi nell'ordinanza di rimessione e assumendo l'assoluta identita' delle situazioni poste a confronto. E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' ovvero l'infondatezza della questione. L'inammissibilita' deriverebbe dal fatto che si richiede, in sostanza, un provvedimento fondato su precedenti sentenze "addi- tive": con cio' la Corte "finirebbe per allontanarsi troppo" dal modello delineato dalle disposizioni costituzionali regolatrici del giudizio di legittimita' costituzionale. Nel merito non vi sarebbe "alcun dato normativo di equiparazione agli assistenti ospedalieri come invece per i contrattisti medici con l'art. 5 della legge n. 580 del 1973". Considerato in diritto 1. - Quanto prospettato nell'ordinanza di rimessione importa stabilire se l'art. 5, terzo comma, n. 3, della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione e per la sperimentazione organizzativa e didattica) e l'art. 50, n. 3, del d.P.R. 11 luglio 1980. n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonche' sperimentazione organizzativa e didattica) contrastino con l'art. 3 della Costituzione non essendo state contemplate tra le qualifiche da ammettere, in via transitoria, ai giudizi di idoneita' per professore associato, i titolari di assegni di formazione scientifica e didattica di cui all'art. 6 del decreto-legge 1' ottobre 1973, n. 580, convertito nella legge 30 novembre 1973, n. 766 con modificazioni, che entro l'anno accademico 1979/80 abbiano svolto, per un triennio, comprovata attivita' didattica e scientifica. Secondo l'assunto del Collegio remittente sarebbe identica la posizione dei titolari di assegno, nell'ambito della facolta' di medicina con il connesso esercizio di attivita' medica, con i tecnici laureati specificamente previsti dalla legge, nonche' con i medici interni (aiuti e assistenti) ed i contrattisti universitari, oggetto delle sentenze di questa Corte n. 89 del 1986 e, rispettivamente, n. 397 del 1989. 2. - L'Avvocatura dello Stato oppone preliminarmente l'inammissibilita' della questione: essa - nell'unicum che si e' venuto a formare, per gli specifici fini in esame, tra tecnici laureati, medici interni e contrattisti verrebbe a fondarsi, in gran parte, sui principi contenuti nelle sentenze della Corte indicate in narrativa. Ma l'eccezione va disattesa in radice: quel che e' in giuoco - l'asserita disparita' di trattamento - concerne, in ogni caso, un presunto contrasto con l'ordinamento ed il tertium comparationis offerto riguarda, nella susseguente verifica, soggetti comunque ammessi a sostenere il giudizio di idoneita'. 3. - Nel merito, la questione non e' fondata. La Corte ha gia' considerato e posto in luce la funzione strumentale e spiccatamente coadiuvante dell'attivita' dei tecnici laureati in armonia con quella didattica e scientifica svolta dal personale docente, cosi' come precisato dall'art. 35 del d.P.R. n. 382 citato (sentenza n. 89). Di conseguenza, con la medesima sentenza e' stata affermato, nell'unita' di posizioni che si e' venuta a costituire, l'ammissione al giudizio de quo dei medici interni (aiuti e assistenti), potendosi ingenerare altrimenti evidente sperequazione rispetto a un trattamento avente conferente identita' di requisiti. Quanto poi ai titolari di contratto viene rilevato che per costoro vennero normativamente fissati (d.-l. n. 580, art. 5,) rigorosi impegni, anche in termini di orario, di assistenza agli studenti e soprattutto di controllo del loro profitto e di obbligo di esercitazioni; elementi tutti che risultano rispondenti ad integrare l'espletamento di prestazioni istituzionali d'ordine didattico (sent. n. 397). Si' che per i contrattisti presso la facolta' di medicina e chirurgia che ebbero a svolgere attivita' di assistenza e cura oltre i limiti di impegno sopra ricordati, si rese necessaria e giustificata l'equiparazione in toto, da parte del legislatore, agli assistenti ospedalieri fin dal 1973 (predetto art. 5, undicesimo comma - cfr.sent. n. 549 del 1990). Per converso, per i titolari degli assegni, di cui alla presente controversia, e' meramente prevista una generica partecipazione ai seminari ed alle esercitazioni per gli studenti (art. 6 del d.-l. n. 580), con il che non viene rivelata, di certo, alcuna identita' nei sensi di cui innanzi. D'altronde, il servizio di assistenza e cura prestato e' si' equiparabile al servizio di assistente ospedaliero di ruolo, ma - esplicitamente - soltanto ai fini dei concorsi ospedalieri (d.-l. 23 dicembre 1978, n. 817, convertito nella legge 19 febbraio 1979 n. 54): beneficio, adunque, operante all'interno dell'ordinamento ospedaliero e non suscettibile di alcun riferimento estensivo. Non rinvenendosi, pertanto, indizio alcuno di quella identita', che si assume vulnerata per disparita' ex art. 3 Costituzione, la questione e' infondata.