LA CORTE DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dall'I.N.A.D.E.L. - Istituto Nazionale Assistenza Dipendenti Locali, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via dei Prefetti 46, c/o l'avv. G. La Loggia, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso, ricorrente, contro Pistola Angela Rosa, elettivamente domiciliata in Roma, via P. Mascagni 154, c/o l'avv. P. Vitucci, che la rappresenta e la difende giusta delega a margine del controricorso, controricorrente, per l'annullamento della sentenza del tribunale di Teramo del 29 gennaio 1988 - 18 novembre 1988 r.g. n. 1816/1984; Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4 giugno 1991 dal cons. dott. Trezza; Udito l'avv. Z. M. La Loggia per delega G. La Loggia; Udito l'avv. Vitucci; Udito il p. m., in persona del sostituto procuratore generale dott. Bonajuto, che ha concluso per l'acoglimento del primo motivo del ricorso e il rigetto del secondo; RITENUTO IN FATTO Pistola Angela Rosa, gia' dipendente dell'O.N.M.I., transitata con decorrenza 1' gennaio 1976 alle dipendenze di ente locale ai sensi della legge 23 dicembre 1975, n. 698, dopo il suo collocamento a riposo, ha chiesto al pretore di Teramo la liquidazione della indennita' di fine rapporto - di anzianita' - a lei spettante per il periodo di servizio prestato presso l'O.N.M.I., oltre alla indennita' premio di servizio dovutale per il servizio prestato preso l'ente lo- cale. Il pretore, nel decidere con sentenza 1' giugno 1984 sulle richieste della parte, riteneva che nella base di computo della prima indennita' dovesse essere ricompresa la indennita' integrativa speciale. Tale tesi veniva confermata dal tribunale della stessa citta', adito su appello dell'I.N.A.D.E.L., con sentenza del 29 gennaio 1988. L'istituto suddetto ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo, la tesi contraria. SI OSSERVA IN DIRITTO Mentre e' pacifico che dal 1' gennaio 1976 nel computo dell'indennita' premio di servizio spettante agli ex dipendenti O.N.M.I. transitati alle dipendenze degli enti locali deve teneresi conto della indennita' integrativa speciale, ai sensi dell'art. 3, ultimo comma della legge 7 luglio 1980, n. 299, si controverte in causa se di tale indennita' debba tenersi conto anche nel computo della indenita' di fine rapporto per il periodo in cui i suddetti erano alle dipendenze dell'ente soppresso. Va al riguardo precisato che, fino alla recentissima sentenza delle sezioni unite di questa Corte n. 5186 del 9 maggio 1991, la giurisdizione a decidere sulle controversie relative all'indennita' di fine rapporto in questione spettava alla giustizia amministrativa, la quale in prevalenza riteneva che la indennita' integrativa speciale dovvesse computarsi nella base di calcolo dell'indennita' di anzianita' spettante agli ex dipendenti O.N.M.I. (t.a.r. Abruzzo n. 403 del 17 novembre 1986; t.a.r. Lazio n. 828 del 26 novembre 1988, n. 2250 del 15 febbraio 1989, n. 556 del 27 marzo 1990; ma contra Consiglio di Stato n. 173 del 15 settembre 1986), con la citata decisione n. 5186 del 1991 e' stato ritenuto che la detta indennita' di anzianita', nel caso dei dipendenti ex O.N.M.I., per l'indiscussa continuita' del rapporto di impiego e per il suo confluire nell'unico trattamento di fine servizio (art. 9 della legge 23 dicembre 1975, n. 698), viene ad assumere anche'essa natura previdenziale, al pari della indennita' premio di servizio, per cui le controversie in ordine alla stessa devono essere devolute alla giurisdizione del giudice ordinario. Dovendosi, dunque, aver riguardo alla interpretazione della legislazione vigente operata da tale giudice, va rilevato che questa Corte di legittimita', la quale in precedenza si era dovuta occupare della materia per effetto del giudicato creatosi sulla giurisdizione, ha sempre ritenuto che la indennita' integrativa speciale, attribuita ai dipendenti dell'O.N.M.I. con riferimento alle fonti legislative vegenti per i dipendenti statali (legge 27 maggio 1959, n. 324), dovesse essere esclusa dal calcolo della indennita' di anzianita' (tra tante, Cass., nn. 10705 e 2562 del 1990). E', dunque, evidente come, in conseguenza della disparita' del trattamento del dipendente statale, e quindi del dipendente ex O.N.M.I., rispetto al dipendente di ente locale in ordine alla determinazione delle rispettive indennita' di fine rapporto, alla Pistola competa, a causa delle differenti modalita' di calcolo delle due componenti della indennita' di fine rapporto, per il servizio prestato alle dipendenze dell'O.N.M.I. una indennita' in senso relativo minore di quella dovuta per il servizio prestato alle dipendenze dell'ente locale: cio' induce questa Corte a sollevare di ufficio nuovamente questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160 e dell'art. 3 della legge 7 luglio 1980, n. 299, per le ragioni che in seguito saranno esposte, pur non ignorando che analoga questione e' stata dichiarata dalla Corte costituzionale inammissibile con sentenza n. 220 del 25 febbraio 1988, per quanto concerne la posizione degli impiegati statali, e manifestamente inammissibile con ordinanza n. 402 del 12 - 31 luglio 1990 per quanto concerne la specifica posizione degli ex dipendenti O.N.M.I.. In particolare, l'art. 22 della legge 3 giugno 1975, n. 160, al secondo comma, dispone che "a decorrere dal 1' gennaio 1974 l'indennita' integrativa speciale, di cui all'art. 1 della legge 27 maggio 1959, n. 324, corrisposta al personale dello Stato, anche con ordinamento autonomo, e' da considerare tra gli elementi della retribuzione previsti dall'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale". L'art. 12 della legge n. 153/1969, cui fa riferimento la norma sopra riportata, elencante gli elementi retributivi costituenti la base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale, pur sostituendo gli artt. 1 e 2 del d.l. 1' agosto 1945, n. 692, recepiti negli artt. 27 e 28 del t.u. delle norme sugli assegni familiari (d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797) - ma anche l'art. 29 del t.u. delle disposizioni contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, approvato con d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 -, non ha la ridotta portata assunta e ritenuta dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 220/1988 e nella ordinanza n. 402/1990, ma ha una valenza generale, come si desume dal titolo della legge che lo contiene: "revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale", e dalla lettera della norma medesima, dalla quale non emerge alcuna limitazione (a differenza delle norme sostituite, in cui si da' rispettivamente la nozione di retribuzione "agli effetti del calcolo nel contributo" "per gli assegni familiari" e la nozione di retribuzione "ai fini del calcolo dei premi e dei contributi e delle indennita' per inabilita' temporanea o permanente e per i casi mortali .."; e con tale valenza ha avuto attuazione da parte dei vari istituti previdenziali e assistenziali, i quali hanno applicato la norma ai fini di qualsiasi contribuzione; e del resto tale valenza generale costituisce il presupposto delle numerosissime sentenze di questa Corte, chiamata a decidere in ordine alla ricomprensione nella base imponibile contributiva di emolumenti vari. La conferma di quanto sopra - oltre a desumersi dall'accertamento, effettuato in concreto dal tribunale di Teramo, che nella fattispecie la indennita' integrativa speciale fu effettivamente soggetta a contribuzione anche per il periodo di servizio presso l'O.N.M.I. - e' in via generale offerta anche dagli artt. 9- bis e 9- ter della recente legge 1' giugno 1991, n. 166, i quali, in sede di conversione del d.-l. 29 marzo 1991, n. 103, disponendo, in via interpretativa dell'art. 12 legge 30 aprile 1969, n. 153, l'esclusione dalla base imponibile previdenziale ex art. 12 cit. delle contribuzioni a finanziamento di cassa o forme assicurative integrative nonche' la ricomprensione nella diaria o nell'indennita' di trasferta di cui al medesimo art. 12, secondo cpv., n. 1, delle indennita' spettanti ai lavoratori tenuti per contratto ad una attivita' lavorativa in luoghi variabili diversi da quello della sede aziendale (cosi' risolvendo un notevole contenzioso giudiziario), implicitamente rafforzando la valenza generale della dispozione interpretata, non giustificandosi un cosi' mirato intervento del legislatore ove l'art. 12 cit. concernesse l'ambito della disposizione contributiva ai limitati fini ritenuti nella sentenza n. 220/1z988 e nella ordinanza n. 402/1990 della Corte costituzionale. Giova, infine, aggiungere che neppure l'art. 22 legge n. 160/1975 pone limitazioni di sorta in ordine ai contributi cui e' assoggettata la indennita' in questione. La normativa in esame, dunque, deve essere intesa cosi' come interpretata dai giudici ed attuata in concreto dagli enti interessati. L'art. 3 della successiva legge 7 luglio 1980, n. 299, peraltro, oltre a disporre che "a decorrere dal 1' gennaio 1974 l'indennita' integrativa speciale istituita con la legge 27 maggio 1959, n. 324, corrisposta ai dipendenti degli enti iscritti all'I.N.A.D.E.L., gestione previdenza, e' soggetta alla contribuzione previdenziale nella misura massima prevista dall'art. 1 della legge 31 marzo 1977, n. 91" (primo comma) (e nella misura intera a decorrere dal 1' giugno 1982 in virtu' dell'art. 4, nono comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297, anche per effetto della sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale n. 236 del 18 novembre 1986), ha aggiunto che "in forza dell'assoggettamento contributivo previsto dal comma precedente l'iscritto all'I.N.A.D.E.L., gestione previdenza, ha diritto, ove collocato in quiescenza dopo il 31 dicembre 1973, a percepire l'indennita' premio di servizio, ricomprendendo nel calcolo del beneficio l'indennita' integrativa di cui al precedente comma" (secondo comma). L'intimo collegamento tra le due riporta le disposizioni (art. 22 della legge n. 160/1975 e 3 della legge n. 299/1980), che conferma ancora una volta la generalizzata sottoposizione della indennita' integrativa speciale a contribuzione previdenziale, si evince chiaramente dal medesimo termine iniziale della imposizione contributiva 1' gennaio 1974, che, se e' con evidenza giustificato per la prima legge del 1975, si giustifica per la seconda del 1980, cioe' di ben cinque anni successiva, solo con l'intento di parificare, ai fini impositivi, ai dipendenti dello Stato quelli degli enti locali, anche allo scopo di eliminare i dubbi sorti in precedenza circa i soggetti passivi interessati alla imposizione, tutti essendo dipendenti pubblici (si veda anche in senso conforme la sentenza della stessa Corte costituzionale n. 193 del 12 aprile - 2 maggio 1991). Ma, con una disposizione ritenuta dalla giurisprudenza di questa Corte specifica per i dipendenti degli enti locali (la quale, invece, poteva ben essere considerata come naturalmente conseguenziale alla imposizione contributiva della indennita' integrativa speciale e quindi implicitamente compresa nell'art. 22 della legge n. 160/1975), la legge n. 299/1980 ha riconosciuto il diritto del dipendente di ente locale, all'atto del suo collocamento a riposo, alla ricomprensione nella base di calcolo della indennita' premio di servizio anche della indennita' integrativa speciale, proprio in forza dell'assoggettamento contributivo di quest'ultima. E' dunque, evidente, la disparita' di trattamento tra i dipendenti statali e quelli degli enti locali, e in particolare, per quello che qui interessa, tra i dipendenti pubblici assimilati ai primi ed i dipendenti di quest'ultimi enti, da cui consegue la diversa determinazione nel caso concreto della indennita' di anzianita' per il servizio prestato alle dipendenze dell'O.N.M.I. e della indennita' premio di servizio per l'opera prestata alle dipendenze di ente lo- cale (puo' aggiungersi che al 1' gennaio 1976 la rilevata disparita' era ancora piu' evidente, poiche' la tredicesima mensilita', che per i dipendenti degli enti locali era gia' compresa nella retribuzione contributiva, costituente la base per la determinazione dell'indennita' premio di servizio dalla legge 8 marzo 1968 n. 152, artt. 4 e 11, quinto comma, lo fu per i dipendenti dello Stato e assimilati solo a decorrere dal 1' giugno 1979 per effetto dell'art. 2 della legge 20 marzo 1980, n. 75). Ne' puo' sostenersi che le due indennita' di buonuscita - o di anzianita' nel caso concreto - e premio di servizio) abbiano diversa natura, tale tesi essendo stata ormai espressamente disattesa alla stessa Corte costituzionale (sentenze nn. 763 del 30 giugno 1988 e n. 821 del 14 luglio 1988), come ha bene posto in evidenza il tribunale amministrativo del Lazio nella sua ordinanza di rimessione alla stessa Corte n. 414 del 12 febbraio 1990 della questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (peraltro precedente alla legge n. 160/1975). Quest'ultima ordinanza contiene, inoltre, fondamentali argomentazioni a sostegno della ritenuta non manifesta infondatezza della questione di incostituzionalita' come sopra posta, in quanto si evidenzia in essa nelle citate decisioni della Corte costituzionale n. 763/1988 e n. 821/1988 la posizione dei dipendenti iscritti all'I.N.A.D.E.L. e' stata parificata a quella dei dipendenti dello Stato laddove la legge 8 marzo 1968, n. 152, prevedeva per il conseguimento della indennita' premio di servizio condizioni piu' restrittive rispetto a quelle dettate per il conseguimento della indennita' di buonuscita da parte dei dipendenti statali. Non si comprende, dunque, la ragione per cui la parificazione delle due posizioni non debba essere attuata anche nel senso opposto, eliminando quelle disposizioni che negano ai dipendenti statali (e a quelli ad essi assimilati collocati a riposo diritti accordati ai dipendenti iscritti all'I.N.A.D.E.L. Va ancora notato che la imposizione contributiva sulla indennita' integrativa speciale e la sua non computabilita' nella indennita' di buonuscita - o di anzianita' nel caso concreto - viola anche gli artt. 36 e 38 della Costituzione, perche' determina un depauperamento della retribuzione in costanza del rapporto di lavoro, non compensato, alla cessazione di questo, dalla incidenza di quanto trattenuto sulla indennita' di fine rapporto. Puo', infine, aggiungersi che la legge 27 ottobre 1988, n. 482, la quale disciplina ex novo l'intera materia del trattamento di quiescenza e di previdenza del personale proveniente dagli enti soppressi, non e' rilevante nella fattispecie, poiche' essa, per giurisprudenza costante di questa Corte (Cass. nn. 10705 e n. 2562 del 1990; s.u. n. 5186/1991), non e' applicabile ai dipendenti collocati a riposo - come la Pistola - prima dell'entrata in vigore della legge medesima. In conclusione, va sollevata di ufficio la questione non manifestamente infondata, della legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge n. 160/1975, nella parte in cui non prevede che la indennita' integrativa speciale in quanto sottoposta a contribuzione, previdenziale e assistenziale, sia computata nella indennita' di buonuscita dei dipendenti statali (e quindi nell'indennita' di anzianita' dei dipendenti della soppressa O.N.M.I.) e dell'art. 3, secondo comma, della legge n. 299/1980, nella parte in cui prevede che la indennita' integrativa speciale sia computabile nella indennita' premio di servizio solo dai dipendenti iscritti all'I.N.A.D.E.L. e non anche nella indennita' di buonuscita dei dipendenti statali (e quindi anche nella indennita' di anzianita' dei dipendenti della soppressa O.N.M.I.). La questione sollevata e' poi rilevante nel presente giudizio, poiche', solo dichiarando la illegittimita' costituzionale delle citate norme di legge, potrebbe trovare accoglimento la domanda giudiziale avanzata dalla Pistola.