IL PRETORE Letti gli atti sub rg 3634/1991, a carico di Locatelli Luciano + 4, imputati - capo 3) - del reato p. e p. degli artt. 110, 113 del c.p. e 26 del d.P.R. n. 915/1982 per avere in concorso tra loro o comunque in cooperazione tra loro, nelle rispettive qualita' gia' precisate, effettuato un'attivita' di stoccaggio provvisorio presso la sede dell'azienda di rifiuti tossici e nocivi costituiti da percloro etilene miscelato con olio lubrificante, in assenza dell'autorizzazione prescritta dall'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982, essendo stata presentata denuncia di ammasso temporaneo ai sensi dell'art. 15 della legge regionale n. 30/1987, con nota dd. 7 giugno 1989, e richiesta di autorizzazione ai sensi degli artt. 2 e 7 della legge regionale n. 23/1989 in data 26 febbraio 1990, non essendo comunque stata rilasciata l'autorizzazione alla data dell'8 aprile 1991. In Pocenia, fino al 30 ottobre 1991 (coninuazione fino a tale data contestata dal p.m. all'udienza del 6 novembre 1991); O S S E R V A 1. - Rilevato che la condotta dei prevenuti pare astrattamente inquadrabile in quella penalmente sanzionata dall'art. 26 del d.P.R. n. 915/1982, e cio' in quanto ogni fase dello smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi deve venir autorizzata, compresa quella di stoccaggio provvisorio (art. 16; cfr. Cass. 28 febbraio 1990, Bassan, in Cass. pen. 91, 994). 2. - Rilevato che la regione Friuli-Venezia Giulia aveva, con l'art. 15 della legge regionale 7 settembre 1987, n. 30, introdotto il concetto - ignoto alla normativa nazionale - di ammasso temporaneo dei rifiuti tossici e nocivi, prevedendo, per tale ipotesi, l'esclusione dall'obbligo dell'autorizzazione, previsto in vece dal d.P.R. n. 915/1982 per lo stoccaggio provvisorio. 3. - Rilevato che la suddetta norma regionale e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 370/1989, sul rilievo che l'ammasso temporaneo in nulla si distingueva dallo stoccaggio provvisorio, talche' era da reputarsi del tutto ingiustificata, e inammissibile, l'esenzione dall'obbligo di munirsi dell'autorizzazione. 4. - Rilevato che, con la legge regionale 28 agosto 1989, n. 23, la regione Friuli-Venezia Giulia ha preso atto dell'avvenuta abrogazione della sopra citata norma sull'ammasso temporaneo, e ha nuovamente disciplinato la materia. 5. - Rilevato che l'art. 7, primo comma, della legge regionale n. 23/1989 prevede che "coloro che hanno presentato denuncia di ammasso temporaneo in base all'art. 15 della legge regionale n. 30/1987, sono autorizzati a proseguire nell'attivita' predetta, sempre che presentino domanda di autorizzazione entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge" (termine prorogato al 30 giugno 1990 con legge regionale n. 3/1990, art. 100). 6. - Rilevato che il secondo comma del medesimo art. 7 autorizza coloro i quali abbiano presentato la domanda di cui al primo comma a proseguire l'attivita' di ammasso temporaneo (sic) sino alla data del provvedimento di concessione o diniego della autorizzazione, e comunque non oltre il 31 dicembre 1990 (termine prorogato, more solito, al 30 aprile 1991 con legge regionale n. 53/1990, art. 2). 7. - Rilevato, in punto di fatto, che la ECO S.p.a. si e' valsa della facolta' di proseguire l'attivita' di ammasso temporaneo (id est, di stoccaggio provvisorio) pur in carenza di autorizzazione, concessa dal citato art. 7, presentando nei termini la domanda di autorizzazione allo stoccaggio provvisorio del percloro (domanda presentata il 12 marzo 1990). 8. - Rilevato, conseguentemente, che e' pacifico per un verso che e' astrattamente configurabile la contestata violazione dell'art. 26 del d.P.R. n. 915/1982, per altro verso che, allo stato, tale condotta e' da considerarsi lecita in forza dell'art. 7 della legge regionale n. 23/1989, norma che, avendo appunto forza e valore di legge, non puo' venir disapplicata dall'autorita' giudiziaria, pur qualora fosse ritenuta costituzionalmente illegittima. 9. - Rilevato che la legge regionale in questione si propone l'effetto di rendere lecita (sia pure temporaneamente) un'attivita' che la normativa statale considera penalmente illecita, vale a dire lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi senza la prescritta autorizzazione, riaprendo a fine 1989 la disciplina transitoria di un d.P.R. entrato in vigore nel 1982, e che gia' prevedeva una fase transitoria di tre mesi (art. 31). 10. - Ritenuto, pertanto che l'art. 7, primo e secondo comma, travalica la potesta' legislativa costituzionalmente conferita alla regione Friuli-Venezia Giulia, e che risulta percio' non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale di detta norma. 11. - Tenuto conto, al proposito, del costante indirizzo della Corte costituzionale, teso ad affermare il monopolio statale in materia penale (sentenze nn. 179/1976, 79/1977, 487/1989 e 43/1990), da intendersi nel senso che alle regioni non spetta ne' introdurre nuove figure di reato, ne' "interferire negativamente con le norme penali, disciplinando e considerando, quindi, lecita, un'attivita' penalmente sanzionata dall'ordinamento nazionale" (sentenza n. 370/1989). 12. - Rilevato, ancora, che appaiono del tutto condivisibili i precipui rilievi che intessono il canovaccio di Corte costituzionale n. 370/1989, nella parte in cui (dopo aver puntualizzato che il d.P.R. n. 915/1982 venne emanato, in attuazione di tre direttive CEE, allo scopo di rendere omogenea per tutto il territorio dello Stato la disciplina dello smaltimento dei rifiuti) individua uno stretto collegamento tra le norme di principio di detto testo normativo e quelle che prevedono le sanzioni penali, giungendo quindi a sostenere che "entro il sistema di scelte sanzionatorie non si possono introdurre arbitrarie distinzioni, in quanto risulta sconvolta la logica della legge, diretta ad attuare direttive CEE con uniformita' di trattamento in tutto il territorio nazionale". 13. - Ricordato che, con ordinanza 19 settembre 1990, pronunciata dallo scrivente quale pretore di Trieste, era stata denunciata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge regionale n. 23/1989, norma che, in maniera in tutto e per tutto analoga all'art. 7 oggi denunciato, considerava provvisoriamente lecita la gestione dei centri di rottamazione per autoveicoli pur in difetto della prescritta autorizzazione. 14. - Rilevato che la Corte costituzionale si e' pronunciata su detta questione con sentenza n. 117/1991, ed ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge regionale n. 23/1989, sicche' pare scontato che a identica sorte non potra' non andare incontro l'art. 7. 15. - Ritenuta pertanto non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt. 3, 25 del c.p.v. e 116 della Costituzione (quest'ultimo come integrato dalla legge costituzionale n. 1/1963), la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, primo e secondo comma, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23. 16. - Ritenuto, quanto alla rilevanza, che la questione condiziona l'esito del procedimento, ponendosi quale passaggio ineludibile dell'iter logico finalizzato alla decisione: mentre la declaratoria della incostituzionalita' della norma rimuoverebbe ogni ostacolo all'applicabilita', in via astratta, della norma sanzionatoria di cui all'art. 26 del d.P.R. n. 915/1982, viceversa, qualora venisse acclarata la conformita' ai principi costituzionali di detta norma, la condotta degli imputati dovrebbe venir reputata penalmente lecita, perlomeno fino al 30 aprile 1991, con loro consequenziale assoluzione "perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato" per le condotte tenute fino a tale data. 17. - Ritenuto, ancora in punto rilevanza, che l'eventuale accoglimento della questione indurrebbe comunque (stante la non rimproverabilita' della condotta, sotto il profilo dell'elemento psicologico) a mutare la formula del proscioglimento (cfr. Corte costituzionale nn. 148/1983 e 124/1990) che sarebbe quella de "il fatto non costituisce reato", sicche' la pronuncia della Corte e' essenziale ai fini del decidere. 18. - Rilevato, poi, che altra questione di legittimita' costituzionale si pone, con riferimento al medesimo capo di imputazione, per gli artt. 3 e 4 della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 4 settembre 1991, n. 41, che modifica l'art. 15 della legge regionale n. 30/1987. 19. - Rilevato che l'art. 3 si inserisce nella lunga vicenda dell'ammasso temporaneo dei rifiuti tossici-nocivi, e stabilisce nel secondo comma che "per le domande di cui all'art. 7, primo comma della legge regionale n. 23/1989, nonche' per le istanze presentate prima dell'entrata in vigore della presente legge, la relativa autorizzazione, viene rilasciata entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge", prevedendo poi al quarto comma, che "le domande e le istanze di cui al comma due si intendono accolte, qualora, decorso inutilmente il termine previsto dallo stesso comma, non sia stato comunicato al richiedente un provvedimento motivato di diniego". 20. - Rilevato, pertanto, che l'art. 3, quarto comma, della legge regionale n. 41/1991 introduce in materia di rifiuti l'istituto del silenzio-assenso, e che altrettanto fa, in maniera ancora piu' estesa, il successivo art. 4, che detta pro futuro la disciplina generale attinente alle modalita' di rilascio dell'autorizzazione (laddove l'art. 3 concerneva il solo regime transitorio). 21. - Rilevato che, all'esito della contestazione suppletiva operata dal p.m. all'udienza del 6 novembre 1991, il reato sub 3) e' stato contestato "in attuale permanenza fino alla data del 30 ottobre 1991", e che conseguentemente - salva la valutazione meritale della fondatezza di tale contestazione suppletiva - la commissione del reato viene a cadere, per la sua ultima parte, nel periodo in cui (5 ottobre 1991) deve intendersi rilasciata l'autorizzazione tacita prevista dall'art. 3 della legge regionale n. 41/1991 (allo stato non consta che il termine di cui al secondo comma sia stato sospeso per integrazione dell'istruttoria). 22. - Rilevato, quindi, che e' passaggio ineludibile dell'iter logico della decisione la questione della legittimita' costituzionale (la cui non manifesta infondatezza verra' illustrata nel prosieguo) dell'art. 3 della legge regionale n. 41/1991, in quanto vanno qui ripetute, mutatis mutandis, le considerazioni svolte ai paragrafi 16 e 17 della presente ordinanza: l'abrogazione della norma consentirebbe di ritenere astrattamente applicabile alla condotta dei prevenuti la disciplina sanzionataria dell'art. 26 del d.P.R. n. 915/1982, laddove, invece, la sua ritenuta compatibilita' con l'ordinamento costituzionale impedirebbe di riportare siffatta condotta alla fattispecie incriminatrice di cui sopra. 23. - Rilevato, in punto di diritto, che debbono venir riprese le considerazioni esplicitate ai punti 11 e 12 di questa ordinanza, e segnatamente quelle incentrate sul rilievo dello stretto collegamento tra le norme di principio del d.P.R. n. 915/1982 e le norme che prevedono sanzioni penali (Corte costituzionale n. 370/1989), nella parte in cui e' stato affermato che "entro il sistema di scelte sanzionatorie non si possono introdurre arbitrarie distinzioni, in quanto risulta sconvolta la logica della legge, diretta ad attuare direttive CEE con uniformita' di trattamento in tutto il territorio nazionale". 24. - Ritenuto che un primo profilo di contrasto tra la normativa regionale e quella sia comunitaria, sia nazionale, puo' rinvenirsi nell'applicabilita', alle autorizzazioni rilasciate a seguito di silenzio-assenso, delle sanzioni penali previste dall'art. 27 del d.P.R. n. 915/1982; in altri termini, e' palese che non e' configurabile il reato di inosservanza delle prescrizioni di un'autorizzazione rilasciata in forma tacita, talche' l'introduzione dell'istituto del silenzio-assenso rende inapplicabile nel territorio della regione Friuli-Venezia Giulia una norma penale del d.P.R. n. 915/1982. 25. - Ritenuto che la sopradescritta inapplicabilita' viene a spezzare lo stretto collegamento individuato dalla Corte costituzionale n. 370/1989 tra le norme sanzionatorie e quelle di principio del d.P.R. n. 915/1982, atteso appunto che la norma sanzionatoria di cui all'art. 27 finisce con l'essere inattuabile e, percio', isolata dalle restanti parti della legge, al cui rispetto era invece funzionale. Ritenuto, piu' in generale, che la previsione del rilascio di un'autorizzazione in forma tacita contrasta radicalmente con l'impostazione di fondo del d.P.R. n. 915/1982, sia perche' comporta, all'evidenza, un venir meno della tutela preventiva del territorio e dell'ambiente (la cui salubrita', tra l'altro, gode di protezione costituzionale ex art. 32 della Costituzione), sia perche' non si armonizza in alcun modo con una serie di puntuali previsioni del d.P.R. n. 915/1982. 26. - Rilevato, a tale ultimo riguardo, che l'art. 16 prescrive che per il rilascio dell'autorizzazione concernente lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti tossici e nocivi "deve essere accertata, in ogni caso, la rispondenza del sito e delle annesse attrezzature ai requisiti tecnici prescritti", ed e' evidente che l'obbligo cogente e inderogabile di effettuare siffatto previo accertamento e' del tutto eluso dalla disciplina introdotta dagli artt. 3 e 4 della legge regionale n. 41/1991. 27. - Rilevato che, con una formulazione il cui tenore testuale non lascia dubbi sull'inammissibilita' del silenzio-assenso, l'art. 16 determina che "nell'autorizzazione dovranno specificarsi i tipi e i quantitativi massimi trattabili annualmente", ed e' certo che questa perspicua e cogente disposizione e' stata considerata tamquam non esset dalla legislazione regionale. 28. - Rilevato che il successivo art. 17 contempla una serie progressiva di sanzioni (diffida, sospensione dell'attivita', revoca dell'autorizzazione), conseguenti all'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione, e anche questa norma risulta inutiliter data nel caso di autorizzazioni conseguite col silenzio- assenso. 29. - Ritenuto, quindi, che e' principio fondamentale della normativa sui rifiuti quello di prevedere una previa istruttoria sulle domande di autorizzazione (e, soprattutto, su quelle attinenti ai rfiuti tossici e nocivi), nonche' quello di imporre delle prescrizioni (artt. 10 e 16), all'inosservanza delle quali vengono correlate una serie di conseguenze amministrative (art. 17) e penali (art. 27), e ritenuto altresi' che (come ben statuito da Corte costituzionale n. 370/1989) vi e' un nesso inscindibile tra le norme di principio e quelle sanzionatorie. 30. - Ritenuto, conseguentemente, che con l'introduzione del silenzio-assenso la regione Friuli-Venezia Giulia ha travalicato le proprie competenze legislative sotto un duplice profilo: a) in primo luogo, la potesta' legislativa regionale non puo' mai, neppure nelle ipotesi di competenza c.d. primaria (art. 4 della legge costituzionale n. 1/1963), dettare norme in contrasto con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, ed e' certo che il d.P.R. n. 915/1982 e' inquadrabile in ambedue queste categorie; inoltre, a ben vedere, la potesta' legislativa in tema di rifiuti e' conferita dall'art. 5 della legge costituzionale n. 1/1963, e deve percio' rispettare l'ulteriore limite del rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole materie, per cui appare smaccata l'incostituzionalita', per violazione degli artt. 116 della Costituzione, 4 e 5 della legge costituzionale n. 1/1963, delle norme regionali che introducano in materia di rifiuti l'istituto del silenzio-assenso; b) in secondo luogo, la costantemente ribadita illegittimita' delle norme regionali che interferiscano con la normativa penale dello Stato (Corte costituzionale nn. 179/1976, 79/1977, 487/1989, 43 e 309 del 1990 e 117/1991) induce a ritenere incostituzionale la previsione di un'autorizzazione tacita, perche', rendendosi cosi' inapplicabile l'art. 27 del d.P.R. n. 915/1982, essa si pone in contrasto con gli artt. 25, 116 della Costituzione, 4 e seguenti della legge costituzionale n. 1/1963. 31. - Ritenuto che ulteriore argomento a sostegno della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale e' la considerazione della disparita' di trattamento che e' dato riscontrare tra chi realizza uno stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi nel Friuli-Venezia Giulia, rispetto a chi lo faccia nel resto del territorio nazionale; la disparita' di trattamento emerge sia con riferimento all'art. 3 della Costituzione, sia, ancora una volta, con riferimento ai limiti costituzionali della potesta' legislativa regionale, atteso che "entro il sistema di scelte sanzionatorie non si possono introdurre arbitrarie distinzioni, in quanto risulta sconvolta la logica della legge, diretta ad attuare direttive CEE con una uniformita' di trattamento in tutto il territorio nazionale" (Corte costituzionale n. 370/1989), e che "la potesta' legislativa regionale e' destinata a cedere all'intervento legislativo statale ispirato a criteri di omogeneita' e univocita' di indirizzo e generalita' di applicazione in tutto il territorio dello Stato, con specifiche norme che costituiscono attuazione di direttive CEE, e che disciplinano anche i risvolti penali dei problemi affrontati" (Corte costituzionale n. 117/1991). 32. - Rilevato, a ulteriore supporto di quanto finora esposto, che l'intero sistema autorizzativo instaurato dal d.P.R. n. 915/1982 "si fonda sulla necessita' di un'autorizzazione espressa per ogni singola fase dello smaltimento, non essendo previsto l'istituto del silenzio- assenso, incompatibile con attivita' di estrema delicatezza, di forte rilievo sociale, comportanti altri rischi per la salute e per l'ambiente" (Cassazione n. 73/1989, Paulicelli, in Riv. giur. ambientale 1989, 3, 594 s.s.), e che "una volta accertata la natura tossica e nociva dei rifiuti, il regime dell'attivita' di smaltimento non puo' mai prescindere dalla necessita' di una espressa e specifica autorizzazione regionale, come e' reso evidente dal tenore letterale e logico dell'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982, attuativo tra l'altro di direttive CEE" (Cassazione n. 4261/1991, inedita). 33. - Rilevato, infine, che con sentenza depositata il 28 febbraio 1991 la Corte di giustizia della CEE ha statuito che, in tema di inquinamento delle acque, "un'autorizzazione tacita non puo' considerarsi compatibile con le direttive CEE in materia", e pare evidente che, pur se cio' vale solo per lo scarico delle acque, che e' pero' regolato da una legge statale, a maggior ragione dovra' ritenersi incompatibile con la normativa comunitaria in tema di rifiuti la previsione del silenzio-assenso a opera di una legge regionale. 34. - Ritenuto che, al di la' delle motivazioni tecniche finora esplicitate, appare quanto mai opportuno che la Corte costituzionale contrasti la volonta' disapplicativa della normativa di protezione ambientale, di rango comunitario e nazionale, palesata dalla regione Friuli-Venezia Giulia, che prosegue, nonostante le plurime censure delle quali e' stata oggetto, nella non completa applicazione della legislazione in tema di stoccaggio di rifiuti tossico-nocivi (col risultato che in regione non vi e' stata, a causa delle leggi regionali nn. 30/1987, 23/1989 e 41/1991, una sola condanna per il reato di stoccaggio provvisorio di detti rifiuti).