IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza, sull'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa di Ghilleri Maria Loreta, nel processo penale a carico della stessa e di Mavilla Antonino Ignazio, imputati: a) del delitto di cui agli artt. 110, 575, 577, nn. 3 e 4 del c.p. in relazione all'art. 61, n. 1, del c.p. perche', in Torino, il 18 settembre 1990, in concorso tra loro, recandosi entrambi a bordo dell'autovettura Fiat Uno tg TO28292L guidata dalla Ghilleri presso l'abitazione di Bodo Claudio, quindi invitando il Mavilla il Bodo Claudio ad uscire dalla sua abitazione sulla pubblica via per parlare, per poi esplodere lo stesso contro il Bodo piu' colpi d'arma da fuoco ed infine fuggendo entrambi a bordo della vettura sopra indicata guidata sempre dalla Ghilleri, che era rimasta in attesa a poca distanza, cagionavano la morte del predetto Bodo Claudio. Con le aggravanti di aver commesso il fatto con premeditazione e di aver agito per futili motivi e cioe' per punire il Bodo del comportamento scorretto da lui tenuto nei confronti della Ghilleri in occasione di una disputa per ragioni di traffico stradale avvenuta il 13 settembre precedente e del rifiuto dello stesso Bodo di presentare le sue scuse alla Ghilleri; b) del delitto di cui agli artt. 110, 61, n. 2, del c.p., 10, 12 e 14 della legge n. 497/1974 perche', al fine di comettere il delitto di cui al capo che precede, in concorso tra loro, portavano in luogo pubblico, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, un revolver cal. 38 special o 357 magnum di marca Taurus o derivato. L'imputata Ghilleri ha chiesto, in sede di udienza preliminare, di essere anticipatamente giudicata ed ha sollevato, a seguito della mancata prestazione del consenso motivato solo ed esclusivamente dal p.m. sulla scorta della preclusione conseguente alla recente pronuncia intervenuta sulla costituzione dell'art. 442, secondo comma, del c.p.p., questione di legittimita' costituzionale della direttiva 53 della legge n. 81/1987 e dell'art. 442 del c.p.p., secondo comma, la' dove non e' previsto che anche gli imputati di reati pei quali e' prevista la pena edittale dell'ergastolo non possano avvalersi del rito abbreviato, ove ne ricorrano ovviamente gli altri presupposti di legge (consenso del p.m. e decidibilita' allo stato degli atti del processo). Ad opinione della difesa le violazioni della Costituzione si integrerebbero sia sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione, profilando la preclusione in argomento una evidente disparita' di trattamento a seconda dell'imputazione formulata dal p.m. al momento dell'esercizio dell'azione penale, esercizio che e' del tutto discrezionale e del tutto insindacabile come tale; sia sotto il profilo dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto la mancata possibilita' di optare per il giudizio abbreviato comporterebbe una menomazione degli strumenti difensivi; sia infine sotto il profilo dell'art. 25 della Costituzione, primo e secondo comma, in quanto sarebbe sottratto al giudice naturale (quello dell'udienza preliminare) la decisione in base ad una scelta incondizionata del p.m., scelta quest'ultima che starebbe all'origine altresi' dell'assoluta incertezza sull'entita' della pena a cui l'autore del reato va incontro. Il p.m. si e' espresso in senso favorevole ad una definizione anticipata del processo nei confronti della Ghilleri, atteso che le risultanze processuali depongono sicuramente per una definibilita' allo stato degli atti, anche in considerazione della fattiva collaborazione processuale dell'imputata. Ma non potendo essere trascurata la dichiarazione di illegittimita' dell'art. 442, secondo comma, del c.p.p., ultimo periodo, ("Alla pena dell'ergastolo e' sostituita quella della reclusione di anni trenta") ne' soprattutto il contenuto della motivazione della sentenza n. 176 in oggetto, il p.m. ha condiviso le doglianze di legittimita' costituzionale sulla direttiva 53 della delega legislativa al Governo per l'emanazione del nuovo c.p.p., la' dove non e' stato previsto che anche per i reati astrattamente punibili con l'ergastolo sia consentita la definibilita' del processo in sede di udieza preliminare. A parere del p.m. la dissonanza con i principi costituzionali e' da vedersi nel fatto che essendo l'imputazione formulata dal p.m. ad avere effetti preclusivi del rito speciale, ed essendo detta formulazione del tutto insindacabile, si profila un'automaticita' della preclusione rispetto ad una scelta rimessa insindacabilmente al p.m., automaticita' che pesantemente stona con l'art. 3 della Costituzione. La questione sollevata a parere di questo giudice non e' manifestamente infondata. Partendo dalla sentenza n. 176 di codesta Corte e' dato ritenere che la direttiva 53, abbia limitato la previsione del giudizio abbreviato solo ai reati puniti con pene detentive temporanee o pene pecuniarie, posto che solo queste sono suscettibili di diminuzione di un terzo, cosicche' "una volta riconosciuta la connessione tra giudizio abbreviato e diminuzione della pena e, quindi, l'impraticabilita' del primo in mancanza della possibilita' di operare la seconda, il venir meno di quest'ultima, per effetto di illegittimita' costituzionale, rende di per se' inapplicabile il giudizio abbreviato, quale disciplinato dagli artt. 438 e 443 del c.p.p., ai processi concernenti delitti puniti con l'ergastolo". Se cosi' deve essere intesa la volonta' legislativa non puo' non essere colta la irragionevole sperequazione di trattamento, tenuto conto che l'istituto del giudizio abbreviato e' ispirato ad uno schema di deflazione teso ad un piu' rapido svolgimento del processo, del tutto svincolato da considerazioni di politica criminale che potrebbero sconsigliare di giudicare in abbreviato gli imputati di delitti pei quali la legge prevede il massimo delle pene. Anzi, e' soprattutto in relazione a reati piu' gravi e quindi inevitabilmente piu' complessi nel loro accertamento che l'effetto deflattivo potrebbe trovare maggiore espressione e piu' sensibili effetti. Non si dimentichi che il sistema consente che reati di pari gravita' (v. ad es. i sequestri di persona a scopo di estorsione) e di altrettanto allarme sociale possano trovare definizione anticipata. E allora se deve venire meno la connessione tra giudizio abbreviato e gravita' del reato, atteso che tale connessine non e' stata posta dal legislatore, la limitazione che e' stata ricondotta alla direttiva n. 53 della legge delega (esclusione dell'abbreviato per processi concernenti delitti puniti con l'ergastolo), suona sicuramente lesiva del principio di uguaglianza. Non puo' del resto portare a giustificare l'irragionevaole disparita' di trattamento, pur a fronte di un'identica situazione di definibilita' immediata del processo, la semplice considerazione che la pena dell'ergastolo sia di fatto non riconducibile di un terzo, posto che la riduzione della pena, pur contribuendo a connotare detto procedimento speciale, non ne configura la struttura essenziale, struttura che come e' stato scritto, resterebbe tale, anche se le conseguenze non potessero conseguire o dovessero conseguire con meccanismi diversi. Ma l'aspetto piu' preoccupante, sotto il profilo costituzionale del sistema dell'introdotta limitata definibilita' in via anticipata dei processi, sta nel fatto che la preclusione delineata dal legislatore sarebbe basata solo ed esclusivamente sulla previsione astratta della pena perpetua in riferimento al reato in contestazione (in contestazione, si badi, e non gia' ritenuto in sentenza). In tale prospettazione consegue che l'esclusione del rito alternativo viene fatta dipendere in tutto e per tutto dalla configurazione fornita dal p.m. all'atto della formulazione dell'imputazione, formulazione che non puo' essere oggetto di contestazione e valutazione come tale e che di conseguenza lascerebbe ampio spazio al p.m. di precludere l'accesso al rito alternativo, senza poter essere sindacato in proposito, con evidente sperequazione tra coloro che avendo commesso lo stesso tipo di reato si vedano portare a giudizio con o senza l'aggravante preclusiva dell'accesso al rito abbreviato, senza che ai limitati fini di questa presclusione l'operato del p.m. venga ad essere valutato. Che detta sperequazione sia intollerabile lo si puo' assumere a fronte degli stessi argomenti usati da codesta Corte, la' dove e' stato statuito (v. sentenza n. 81, dichiarativa dell'illegittimita' delle norme sul rito abbreviato nella parte in cui non era previsto che il dissenso del p.m. fosse motivato e valutato dal giudice, all'esito del giudizio) che "non risponde alle esigenze di coerenza e ragionevolezza una disciplina che autorizzi il p.m. ad opporsi non soltanto a una determinata scelta del rito processuale ( ..), ma anche ad una consistente riduzione della pena da infliggere all'imputato in caso di condanna, senza neppure dover esternare le ragioni di tale opposizione, cosi' sottraendola all'obiettiva ed imparziale valutazione del giudice. Per giunta, in un sistema, come quello del nuovo codice, imperniato sul principio di partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parita' in ogni stato e grado del procedimento, non dovrebbe essere consentito che i rapporti tra p.m. e imputato si sbilancino al punto che il primo, con un semplice atto di volonta' immotivato e percio' incontrollabile, si trovi in grado di privare il secondo di rilevante vantaggio sostanziale". Se ne deve concludere che il sistema delineato dalla legge delega n. 81/1987 nel limitare ai processi per reati non puniti con l'ergastolo la definibilita' in sede di giudizio abbreviato ha operato una profonda sperequazione non solo irragionevole di per se', non avendo manifestato il legislatore di voler condizionare l'accesso al rito alla gravita' del reato oggetto del giudizio, ma soprattutto rimette all'incondizionata e insindacabile scelta del p.m. (scelta che si esprime nel contestare piu' o meno fondatamente le aggravanti che comportino - come nel caso di specie - la pena edittale dell'ergastolo) la possibilita' o meno per l'imputato di richiedere l'anticipato giudizio. Senza contare poi che all'esito del giudizio l'imputato potrebbe vedersi bilanciare le aggravanti - fondatamente contestate - con le attenuanti, senza ovviamente poter recuperare gli effetti del rito speciale siano essi processuali o sostanziali, questi ultimi di sicuro maggiore interesse per il condannato in primo grado. Gli altri aspetti di costituzionalita' sollevati dalla difesa non paiono rilevanti, tradicendosi in sostanza in distinti riflessi della manifesta dissonanza con l'art. 3. Sulla scorta di quanto precede si ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della legge 16 febbraio 1987, n. 81, all'art. 2, punto 53, e di conseguenza degli artt. 438, 439, 440, 442 del c.p.p., la' dove non e' previsto che anche i processi per reati puniti astrattamente con l'ergastolo possano essere definiti con giudizio abbreviato. La questione e' sicuramente rilevante posto che e' nell'udienza preliminare che deve essere presentata la richiesta di giudizio abbreviato e che nel caso di specie se non vi ostasse il disposto legislativo, il p.m. presterebbe il suo consenso alla definizione anticipata del giudizio nei confronti dell'imputata Ghilleri.