ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma
 secondo,  della  legge 25 novembre 1983, n. 649 (recante disposizioni
 relative ad alcune ritenute  alla  fonte  sugli  interessi  ed  altri
 proventi  di capitale) promosso con ordinanza emessa il 21 marzo 1990
 dalla Commissione tributaria sul ricorso proposto da S.p.a. Contraves
 Italiana contro Intendenza di Finanza di Roma iscritta al n. 508  del
 registro  ordinanze  1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  costituzione  della  S.p.a.  Contraves  Italiana
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  17  dicembre  1991  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Uditi  l'avvocato  Claudio  Chiola per S.p.a. Contraves Italiana e
 l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del  Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    La  Commissione tributaria centrale - nel corso della controversia
 tributaria avente ad oggetto l'impugnazione proposta  dalla  societa'
 Contraves  S.p.A.  contro  il  silenzio dell'Intendenza di finanza in
 ordine all'istanza di rimborso della somma versata dalla  societa'  a
 titolo   di  imposta  di  maggiorazione  di  conguaglio  sugli  utili
 distribuiti ai soci nell'anno 1985 - ha sollevato, con ordinanza  del
 21  marzo  1990, questione incidentale di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2, secondo comma, della legge 25 novembre 1983 n. 649 nella
 parte in cui, al fine della determinazione dell'imposta suddetta, non
 esclude dal calcolo della base imponibile anche  la  parte  di  utili
 attribuita  ai  soci  non residenti in Italia per sospetta violazione
 degli artt. 3 e 53 Cost.
    Affermata la legittimazione attiva  della  societa'  a  contestare
 l'obbligo tributario trattandosi di vera e propria imposta su di essa
 gravante  (e  non  gia' di ritenuta d'acconto dell'imposta dovuta dai
 soci sui dividendi distribuiti) talche' essa, agendo in giudizio  per
 il  rimborso  della  maggiorazione di conguaglio a suo dire pagata in
 eccedenza, fa valere in nome proprio (non un diritto altrui, quale in
 ipotesi quello dei soci,  ma)  un  diritto  proprio,  la  Commissione
 rimettente  premette  che la cit. legge n. 649 del 1983, nell'elevare
 l'aliquota dell'imposta sul reddito delle persona giuridiche fino  al
 36%,  ha  fissato il credito d'imposta, di cui all'art. 1 della legge
 16  dicembre  1977  n. 904, nella misura uniforme di 9/16 degli utili
 che concorrono alla formazione del reddito imponibile  dei  soci;  al
 fine  pero'  di  eliminare l'anomalia (sussistente nel precedente re-
 gime) per cui tale credito d'imposta era riconosciuto in ogni caso ai
 soci percettori, e quindi anche nel caso in cui i dividendi  traevano
 origine  da  redditi esenti (o comunque non integralmente assoggetati
 all'IRPEG) della societa', la cit. legge  n.  649  ha  introdotto  la
 "maggiorazione  di conguaglio" a carico della societa' erogante che -
 determinata sulla base dell'ammontare degli utili distribuiti ai soci
 - assicura la copertura (o  compensazione)  del  credito  di  imposta
 spettante  ai soci medesimi e relativo alla porzione di reddito della
 societa' che  abbia  beneficiato  dell'esenzione  (o  della  parziale
 esenzione). Con questo meccanismo il legislatore ha potuto conservare
 in  misura  uniforme  di  9/16  degli  utili  distribuiti  il credito
 d'imposta senza dover introdurre correttivi in  ragione  dell'imposta
 ordinaria assolta dalla societa' erogante.
    Pero'  il  legislatore  -  rileva la Commissione - nell'introdurre
 tale meccanismo compensativo ha previsto come correttivo che la  base
 imponibile  per  il  calcolo  della  maggiorazione  di conguaglio sia
 depurata degli utili attribuiti ai titolari delle azioni di risparmio
 al portatore (alle quali  sono  equiparati  i  titoli  rappresentanti
 quote  di capitale delle aziende e degli istituti di credito pubblici
 di cui all'art. 48 della  legge  n.  526  del  1982),  i  quali  sono
 attributari  di  un  credito  d'imposta  in concreto non utilizzabile
 perche' l'imposta e' in via definitiva soddisfatta  con  la  ritenuta
 alla  fonte  e  quindi in misura percentuale fissa dell'ammontare dei
 dividendi stessi. Analogo  correttivo  non  e'  invece  previsto  per
 l'ipotesi in cui i soci percettori dei dividendi siano non residenti,
 ancorche'   anch'essi   assolvano  definitivamente  il  loro  obbligo
 tributario verso il Fisco italiano con la  ritenuta  d'imposta  nella
 misura di legge.
    La   Commissione   rimettente  lamenta  pertanto  l'ingiustificata
 mancata  previsione  anche  di  un  ulteriore  correttivo  che  tenga
 altresi'  conto della particolare posizione dei soci non residenti, i
 quali,  ai  fini  dell'imposta  de  qua,  sono  in   una   situazione
 assimilabile   a  quella  di  titolari  di  azioni  di  risparmio  al
 portatore.
    Risulterebbero quindi violati gli artt.  3  e  53  Cost.  per:  a)
 ingiustificata  ed  irrazionale  discriminazione  tra  il trattamento
 riservato  ai  dividendi  assegnati  alle  azioni  di  risparmio   al
 portatore  (e  titoli  equiparati) e dividendi attribuiti ai soci non
 residenti giacche', se la ragione del mancato computo dei primi nella
 base di calcolo della maggiorazione di conguaglio IRPEG risiede nella
 non configurabilita' di  un  credito  di  imposta  (eccedente  quello
 effettivamente  corrispondente all'imposta pagata dalla societa'), la
 stessa ragione sussiste anche nel caso  dei  dividendi  assegnati  ai
 soci  non residenti che del pari non possono far valere alcun credito
 d'imposta; b) duplicazione d'imposta giacche' in ipotesi di dividendi
 assegnati a soci non residenti  la  maggiorazione  di  conguaglio  si
 trasforma  in  imposizione  non  giustificata  da  un  corrispondente
 credito  di  imposta  effettivamente  fruibile  dai  percettori   dei
 dividendi stessi;
  c)  irrazionale  ed  ingiustificata discriminazione tra societa' con
 soci non residenti e societa' con soci residenti.
    La Commissione rimettente conclude quindi chiedendo una  pronuncia
 additiva,  che  introduca  nella  norma  censurata la diminuzione del
 reddito imponibile anche della  parte  di  dividendi  assegnata  alle
 azioni di soci non residenti.
    2.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei Ministri a
 mezzo  dell'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  chiedendo   in   via
 principale  che la questione sia dichiarata inammissibile sia perche'
 il recupero del  credito  d'imposta  e'  vicenda  alla  quale  rimane
 assolutamente   estranea   la  societa',  sia  perche'  implicherebbe
 valutazioni discrezionali rimesse al legislatore  ordinario;  infatti
 quand'anche l'esigenza prospettata dalla Commissione rimettente fosse
 meritevole di tutela, potrebbero ipotizzarsi vari strumenti normativi
 (alternativi  od  anche cumulativi) idonei a soddisfarla, non escluso
 un intervento del legislatore estero (relativo  alla  tassazione  dei
 redditi dei soci non residenti).
    Nel  merito  l'Avvocatura  sostiene l'infondatezza della questione
 atteso che la disposizione che prevede la diminuzione  dei  dividendi
 assegnati  ad  azioni di risparmio al portatore dall'imponibile della
 maggiorazione di conguaglio IRPEG  non  e'  idonea  ad  operare  come
 tertium  comparationis  trattandosi di norma derogatoria e di portata
 particolare (giacche' solo le societa' le cui azioni  ordinarie  sono
 quotate in borsa possono emettere azioni di risparmio); d'altro canto
 si  e' in presenza di situazioni oggettivamente diverse, quella degli
 azionisti di risparmio titolari di azioni al portatore e  quella  dei
 soci  non residenti titolari di azioni ordinarie, essendovi nel primo
 caso un dato oggettivo che rende  riconoscibile  la  situazione  alla
 quale si applica la norma indicata come tertium comparationis, mentre
 nell'altra  ipotesi  vi  e' un dato meramente soggettivo, mutevole de
 die in  diem,  manipolabile  secondo  convenienza,  in  concreto  non
 controllabile dagli uffici finanziari.
    3.  - Si e' costituita la societa' Contraves S.p.A., aderendo alla
 prospettazione dell'ordinanza di rimessione  e  quindi  chiedendo  la
 declaratoria di incostituzionalita' della norma censurata.
    In  via subordinata la societa' chiede una sentenza interpretativa
 che  affermi  essere  meramente   esemplificativo   il   riferimento,
 contenuto  nel  censurato  art. 2, 2 co., alle azioni di risparmio al
 portatore  in  modo  da   consentire   l'estensione   dell'esclusione
 dall'imposizione  anche  a  fattispecie  analoghe,  quale  quella dei
 dividendi assegnati a soci esteri.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata  sollevata  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, 2 comma, legge 25 novembre 1983 n. 649 di
 conversione  in  legge, con modificazioni, del d.l. 30 settembre 1983
 n. 512 (recante disposizioni relative ad alcune ritenute  alla  fonte
 sugli  interessi  ed  altri  proventi  di  capitale),  corrispondente
 all'art.  105,  primo  comma,  d.P.R.  22  dicembre   1986   n.   917
 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), nella parte
 in cui, ai fini della determinazione dell'imposta di conguaglio IRPEG
 (imposta  sul  reddito  delle  persone  giuridiche),  non esclude dal
 calcolo del reddito imponibile anche la parte di utili attribuiti  ai
 soci  non  residenti per sospetta violazione degli artt. 3 e 53 Cost.
 atteso che tale esclusione e' invece prevista per l'ipotesi di  utili
 attribuiti a soci titolari di azioni di risparmio al portatore.
    2.  -  Giova  premettere  che  l'imposta  di conguaglio IRPEG - il
 computo della  cui  base  imponibile  e'  oggetto  della  censura  di
 incostituzionalita'  mossa dalla Commissione rimettente - rappresenta
 il piu' recente approdo di  uno  sviluppo  normativo  risalente  alla
 riforma  tributaria  del  1973, che nell'originario regime introdotto
 dal d.P.R. 29 settembre 1973 n.  598,  istitutivo  dell'IRPEG,  aveva
 previsto  che  il reddito della societa' per azioni fosse tassato sia
 presso  la  societa',  quale  utile  di  esercizio,  sia  presso  gli
 azionisti,  in  occasione  della  distribuzione  dei  dividendi,  due
 essendo le capacita' contributive  prese  in  considerazione:  quella
 della  societa'  (persona giuridica autonoma e distinta) e quella del
 socio.
    L'art. 27 d.P.R.  29  settembre  1973  n.  600  prevedeva  poi  in
 generale  una ritenuta a titolo di acconto sui dividendi distribuiti,
 che viceversa per i soci non residenti era (eccezionalmente)  operata
 a titolo d'imposta.
    Una  settoriale  inversione  di tendenza si e' avuta con il d.l. 8
 aprile 1974  n.  95,  convertito  in  legge  7  giugno  1974  n.  216
 (istitutivo  della  Consob ed attuativo di una limitata riforma delle
 societa' per azioni), che - nell'introdurre le  azioni  di  risparmio
 con parziale deroga al principio della nominativita' - ha contemplato
 un  regime  fiscale  ad  hoc  prevedendo all'art. 20 per le azioni di
 risparmio al portatore una ritenuta a titolo  di  imposta  e  per  le
 azioni  di  risparmio  nominative un'opzione tra la ritenuta a titolo
 d'imposta (come per quelle al portatore) e la ritenuta  a  titolo  di
 acconto  (come  per  le azioni ordinarie ex art. 27 d.P.R. n.  600/73
 cit.).
    Successivamente ed in relazione, piu' in generale, al  trattamento
 fiscale dei dividendi assegnati ad azioni ordinarie, il legislatore -
 dopo un'iniziale opzione per il regime della cedolare secca (art. 20,
 I  comma, d.l. n. 95 cit., poi abrogato dall'art. 5 legge 16 dicembre
 1977 n. 904) - ha introdotto  il  meccanismo  del  credito  d'imposta
 integrale  (art. 1 della cit. legge 16 dicembre 1977 n. 904): ai soci
 percettori di dividendi  e'  attribuito  un  credito  d'imposta  pari
 originariamente alla percentuale di 1/3, successivamente incrementata
 a  9/16,  dell'ammontare  degli  utili  che  concorrono  a formare il
 reddito imponibile ai fini dell'IRPEG o dell'IRPEF dei soci medesimi.
    Il meccanismo era, ed e', tale per cui nella base  imponibile  del
 socio   viene   ricostituito   il  valore  (al  lordo  dell'incidenza
 dell'IRPEG pagata dalla societa') dei dividendi  distribuiti  e  poi,
 una  volta  calcolata  l'imposta dovuta, da essa si detrae il credito
 d'imposta.
    L'automaticita' di tale  meccanismo  comporta  pero'  che,  ove  i
 redditi  della  societa'  siano  esenti  da  IRPEG ovvero siano stati
 assoggettati ad  una  aliquota  ridotta,  il  credito  d'imposta  sui
 dividendi  distribuiti risulta conseguentemente determinato in misura
 superiore all'imposta IRPEG pagata dalla societa'.
    3. - Al dichiarato fine di rimuovere tale (ritenuto) inconveniente
 ed inserendosi in questo contesto normativo, la citata legge  n.  649
 del  1983  ha  introdotto  l'imposta  di  conguaglio  IRPEG che opera
 (soltanto)  ove  si   verifichi   -   come   presupposto   di   fatto
 dell'imposizione addizionale - un'eccedenza dei dividendi distribuiti
 sull'utile  di esercizio (diminuiti della parte assegnata alle azioni
 di risparmio al portatore) rispetto al 64% del reddito imponibile, al
 lordo  delle  perdite  riportate  da  precedenti esercizi, dichiarato
 dalla  societa'  ai  fini  dell'imposta  sul  reddito  delle  persone
 giuridiche dovuta per l'esercizio medesimo.
    Tale  imposta  (che grava sulla societa', e non sul socio, talche'
 essa e' legittimata a contestarne l'ammontare ed e'  conseguentemente
 rilevante la questione di legittimita' costituzionale della norma che
 tale  ammontare  determina,  sollevata  -  come  nella  specie  - nel
 giudizio che abbia ad oggetto la pretesa della societa'  al  rimborso
 dell'imposta  di  conguaglio pagata) ha la funzione (compensativa) di
 rendere il credito d'imposta, riconosciuto ai soci in  ragione  della
 percezione  dei  dividendi,  esattamente pari all'imposta complessiva
 versata dalla societa' a titolo di IRPEG e di conguaglio IRPEG.
    Tale funzione compensativa - ritenuta nell'ordinanza  del  giudice
 rimettente  e  sulla  quale  concordano le difese sia dell'Avvocatura
 generale dello Stato, sia della  societa'  costituita  -  emerge:  a)
 dalla lettura dei lavori preparatori della cit. legge n. 649, nonche'
 della  legge  finanziaria per l'anno 1984, di cui la prima contiene -
 in parte qua - uno stralcio (in entrambe le sedi infatti  si  ebbe  a
 precisare  che  "il  credito  d'imposta  dei soci e le imposte dovute
 dalla societa' sugli utili  distribuiti  devono  corrispondere");  b)
 dalla   misura   dell'aliquota   (che   e'  pari  a  nove  sedicesimi
 dell'eccedenza dei  dividendi  distribuiti  sull'utile  di  esercizio
 rispetto  al  64% del reddito imponibile, ossia e' pari - non gia' ad
 una percentuale autonomamente determinata secondo  una  discrezionale
 valutazione   del  legislatore  della  capacita'  contributiva  della
 societa'  -  ma  ad  un  coefficiente   di   calcolo   che   discende
 automaticamente null'altro che dalla stessa aliquota ordinaria IRPEG,
 cosi' come l'identica percentuale di computo del credito di imposta);
 c)  dal  quinto  comma  della  norma  censurata (attualmente art. 106
 d.P.R. n. 917 del 1986 cit.) che - per il fatto di prevedere che,  se
 il  reddito  della  societa'  e' soggetto all'imposta in misura o con
 aliquota ridotta, la maggiorazione di conguaglio e' aumentata  di  un
 importo  pari  alla  differenza  tra  l'imposta ordinaria e l'imposta
 ridotta - contempla un correttivo  di  calcolo  proprio  al  fine  di
 realizzare  in ogni caso (salvo alcune deroghe dalla stessa norma in-
 dicate) l'equivalenza tra  credito  d'imposta  dei  soci  ed  imposta
 complessivamente versata dalla societa'.
    4.  -  Coerente  a  tale  funzione  compensativa  dell'imposta  di
 conguaglio  in  esame  e'  la  diminuzione  (prevista   dalla   norma
 censurata)   della  parte  di  dividendi  assegnati  alle  azioni  di
 risparmio al portatore dalla base imponibile  dell'imposta  medesima.
 Ed  infatti  gia' l'art. 20, primo comma (tale dopo l'abrogazione del
 comma che precedeva), del citato d.l. n. 95 del 1974, ha previsto uno
 speciale regime tributario, che si inserisce nel contesto  di  misure
 dirette  a  favorire  l'afflusso  del risparmio al mercato azionario:
 sugli utili attribuiti alle  azioni  di  risparmio  al  portatore  la
 ritenuta,  prevista  in  generale sui dividendi azionari dall'art. 27
 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, e' applicata (anche nel caso di soci
 non residenti) a titolo d'imposta (e non  gia'  d'acconto),  peraltro
 secondo   la   minore   (e   piu'   favorevole)   aliquota   del  15%
 (successivamente elevata al 50% dall'art. 1 D.L. 10 ottobre  1976  n.
 694,  convertito  in legge 6 dicembre 1976 n.788, ma poi ripristinata
 nella misura originaria per effetto dell'abrogazione di tale  norma).
 In  tale contesto normativo, evidentemente, il meccanismo del credito
 d'imposta  non puo' operare (come era ben presente al legislatore del
 1984, leggendosi nella relazione alla citata legge finanziaria che la
 base  imponibile  dell'imposta  di  conguaglio  de  qua  deve  essere
 depurata  dei  dividendi  assegnati  "alle  azioni  di  risparmio  al
 portatore, e quindi  senza  credito  d'imposta").  Nessuna  esigenza,
 quindi, di compensazione puo' insorgere in alcun caso, non potendo il
 soggetto  passivo  dell'imposta  personale effettuare alcun ricalcolo
 dell'imposta dovuta avendo egli definito il suo  obbligo  tributario,
 limitamente  al reddito rappresentato dalla percezione dei dividendi,
 con il pagamento (in via definitiva e non d'acconto)  della  ritenuta
 d'imposta.
    Altresi'  coerente  alla  funzione  compensativa  dell'imposta  di
 conguaglio IRPEG e' il  parallelo  regime  fiscale  delle  azioni  di
 risparmio  nominative:  per  i  possessori  di queste ultime il terzo
 comma  dell'art.  20,  cit.,  prevede  la  facolta'  di  optare   per
 l'ordinario  regime  della  ritenuta  d'acconto ai sensi dell'art. 27
 cit., facendone richiesta all'atto della riscossione degli utili;  in
 mancanza  della  quale,  trova  invece  applicazione lo stesso regime
 della  ritenuta  a  titolo  d'imposta,  previsto  per  le  azioni  di
 risparmio  al  portatore.  Optando  per  la  ritenuta  d'acconto,  il
 possessore  di  azioni  di  risparmio  nominative  puo'  operare   il
 ricalcolo  dell'imposta  personale  dovuta  portando in detrazione il
 credito d'imposta. Questa possibilita' rende piena ragione del  fatto
 che  dalla  base  imponibile  dell'imposta di conguaglio IRPEG non si
 detraggano i dividendi assegnati ai possessori di azioni di risparmio
 nominative (ma soltanto quelli assegnati ai possessori di  azioni  di
 risparmio al portatore).
    5. - Nel quadro normativo cosi' delineato deve essere esaminata la
 compatibilita' con i parametri costituzionali invocati nell'ordinanza
 di  rimessione  del  regime  fiscale risultante dagli art. 2, secondo
 comma, legge n. 649 del 1983 cit., e 27, terzo comma, d.P.R.  n.  600
 del  1973  cit.,  al  quale  sono  sottoposti  i possessori di azioni
 ordinarie che siano non residenti nel territorio nazionale.
    In sostanza per costoro (ma non in  ogni  caso  essendo  previsto,
 come  si  dira',  un  regime  speciale per le societa' od enti di cui
 all'art. 2, lettera d), d.P.R. n. 598 del 1973) da  una  parte  opera
 l'art. 27, terzo comma, cit. che prevede sui dividendi distribuiti ai
 soci  non  residenti  una  ritenuta  d'imposta (e non gia' d'acconto)
 nella misura del trenta per cento (aliquota questa talora fissata  in
 diversa  misura  da  accordi  internazionali,  come  nel  caso  della
 convenzione italo-svizzera del 9 marzo 1976, ratificata con legge  23
 dicembre  1978  n.  943, che prevede un'aliquota del 10%). Sicche' il
 socio non residente possessore  di  azioni  ordinarie,  al  pari  del
 possessore   di   azioni   di   risparmio   al  portatore,  definisce
 immediatamente e definitivamente i suoi  obblighi  tributari  con  il
 pagamento della ritenuta d'imposta e quindi non si giova, al pari del
 primo, del meccanismo del credito d'imposta.
    D'altro  canto  l'art.  2,  secondo  comma, non defalca dalla base
 imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG i dividendi attribuiti ai
 soci  non  residenti  (a  differenza  dei  dividendi  attribuiti   ai
 possessori  di azioni di risparmio al portatore), sicche' la societa'
 e' tenuta a corrispondere, per la parte imputabile a  questi  ultimi,
 un'imposta  compensativa  in  relazione  ad un'eccedenza contabile di
 credito  d'imposta  (rispetto  all'imposta  personale  sulle  persone
 giuridiche  effettivamente pagata dalla societa' medesima) che non si
 traduce per i  soci  (non  residenti)  percettori  dei  dividendi  in
 un'effettiva detrazione dell'imposta personale sui medesimi gravante.
   6.   -  Orbene,  ove  anche  la  diversita'  di  trattamento  fosse
 apprezzabile  in  termini  di  costituzionalita'  e  richiedesse   un
 intervento  correttivo,  deve  comunque prendersi atto che si profila
 una pluralita' di soluzioni possibili, la  quale  -  proprio  perche'
 tale  -  implica ineludibilmente una scelta demandata unicamente alla
 discrezionalita' del legislatore. Ed infatti,  operando  la  funzione
 compensativa  dell'imposta  di  conguaglio IRPEG in riferimento a due
 termini, oggetto di comparazione, ossia IRPEG pagata dalla societa' e
 credito d'imposta riconosciuto al socio percettore del dividendo,  e'
 conseguenziale che due siano anche i piani di un possibile intervento
 di  correzione  del  meccanismo:  quello dell'imposta personale sulla
 societa' e quello  dell'imposta  personale  sul  socio.  Pertanto  la
 soluzione  invocata  nell'ordinanza  di rimessione (che auspica per i
 dividendi attribuiti ai soci non  residenti  la  detraibilita'  dalla
 base  imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG) si affianca quanto
 meno  ad  una  simmetrica  soluzione,  anch'essa  ipotizzabile,   che
 intervenga  sul  versante  della  tassazione  personale  del  reddito
 distribuito ai soci con meccanismi correttivi, come  la  facolta'  di
 opzione per il regime della ritenuta d'acconto prevista per le azioni
 di risparmio nominative ovvero anche l'adozione di questo solo regime
 come  gia'  previsto  per  le societa' (od enti) non residenti (ossia
 quelle di cui all'art. 2, lettera d, d.P.R. n. 598 del  1973)  aventi
 stabile  organizzazione  nel  territorio  dello Stato. E neppure puo'
 escludersi  che  il  legislatore,  sempre  nell'esercizio  della  sua
 discrezionalita',   privilegi  gli  inevitabili  aspetti  di  diritto
 internazionale del problema, preferendo  lo  strumento  del  trattato
 internazionale  per  trovare  di  volta  in  volta  la soluzione piu'
 opportuna.
    In questo scenario aperto la soluzione invocata nell'ordinanza  di
 rimessione si presenta come una delle tante possibili; ed anzi appare
 come  quella  che  meno  si  connota  per  aderenza alla (ipotizzata)
 esigenza correttiva  atteso  che  l'auspicata  (dal  giudice  a  quo)
 detrazione dalla base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG dei
 dividendi  assegnati  ai  soci  non  residenti  avrebbe  l'effetto di
 differenziare il trattamento fiscale delle societa' in ragione di una
 condizione di fatto (la non residenza) rapportata  ai  singoli  soci,
 penalizzando    (ingiustificatamente)   le   societa'   che   abbiano
 prevalentemente soci residenti rispetto a quelle che  prevalentemente
 abbiano soci non residenti.
    Ne'  e'  priva di rilievo la considerazione che le altre soluzioni
 che a quest'ultima si contrappongono - ed in particolare quella  gia'
 positivamente  accolta  per  una  determinata  categoria  di soci non
 residenti (le societa' od enti aventi una stabile organizzazione  nel
 territorio dello Stato) - appaiono maggiormente rispettose del canone
 costituzionale  della  progressivita'  dell'imposizione  (art.  53, 2
 comma, Cost.), cui viceversa non  si  ispira  l'(eccezionale)  regime
 della  ritenuta  a titolo d'imposta (e non gia' d'acconto), regime il
 quale risulterebbe invece accentuato ove  ne  scaturisse  l'ulteriore
 conseguenza  della  non computabilita' dei dividendi assegnati a soci
 esteri nella base imponibile dell'imposta di conguaglio IRPEG.
    La sollevata questione di costituzionalita' va pertanto dichiarata
 inammissibile.