ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 199 del  codice
 penale  militare  di  pace, promosso con ordinanza emessa il 5 giugno
 1991 dal Tribunale militare  di  Padova  nel  procedimento  penale  a
 carico  di Dal Bo Maurizio, iscritta al n. 546 del registro ordinanze
 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  34,
 prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 18 dicembre 1991 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un procedimento penale avente  ad  oggetto,  tra
 l'altro,  il  reato  di  insubordinazione con ingiuria (art. 189 cod.
 pen. mil. di pace) commesso in una pubblica via da un militare non in
 servizio in danno di un superiore  per  cause  ritenute  estranee  al
 servizio  ed  alla  disciplina  militare,  il  Tribunale  militare di
 Padova, considerando  che  l'applicabilita'  del  reato  speciale  di
 insubordinazione,  in luogo del corrispondente reato comune contro la
 persona tra militari (artt. 222 e segg.  cod.  pen.  mil.  di  pace),
 dipendeva  nella  specie  dalla sola circostanza dell'essere stato il
 fatto commesso alla presenza di altri militari riuniti per  servizio,
 ha  sollevato,  con  ordinanza  del  5  giugno 1991, una questione di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  199  del  predetto   codice,
 assumendone il contrasto con gli artt. 3 e 52, ultimo comma, Cost.
    Ad  avviso  del Tribunale rimettente, sarebbe innanzitutto violato
 il principio  di  uguaglianza,  perche'  la  suddetta  circostanza  -
 presenza  di  militari riuniti per servizio - non potrebbe costituire
 ragione sufficiente per  parificare  nel  trattamento  penalistico  i
 fatti  commessi  per  cause  estranee  al servizio ed alla disciplina
 militare a quelli commessi per cause inerenti  al  detto  servizio  o
 disciplina.  Sarebbe violato, inoltre, il principio di democraticita'
 dell'ordinamento militare (art. 52, ultimo comma, Cost.), dato che in
 base ad  esso  solo  effettive  esigenze  della  disciplina  militare
 possono  consentire  l'imposizione  ai  militari  di  normative  piu'
 rigorose di quelle riguardanti i cittadini in genere  (cfr.  art.  3,
 legge 11 luglio 1978, n. 382).
    Atteso,  poi,  che  nel caso di specie l'offesa al superiore aveva
 avuto causa nell'esercizio da parte di quest'ultimo  di  funzioni  di
 polizia   giudiziaria,   e   sarebbe  stata,  percio',  astrattamente
 qualificabile come oltraggio a  pubblico  ufficiale  (art.  341  cod.
 pen.),  il  Tribunale  ravvisa un ulteriore profilo di violazione del
 principio di uguaglianza nel fatto che l'applicabilita', in luogo  di
 tale  reato,  di  quello  piu'  grave  di  insubordinazione  -  e  la
 conseguente  impossibilita'  di  dar  rilievo  all'esimente  di   cui
 all'art.  4 decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n.
 288 - dipende dall'essere stato il  reato  commesso  in  presenza  di
 militari  riuniti  per  servizio:  circostanza,  questa, che e' a suo
 avviso "del tutto estrinseca all'area degli interessi tutelati".
    2. - Il Presidente del Consiglio dei ministri non e' intervenuto.
                         Considerato in diritto
    1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il  Tribunale  militare
 di  Padova  dubita che l'art. 199 del codice penale militare di pace,
 nella   parte   in   cui   dispone   che   i   reati   speciali    di
 insubordinazione(nella  specie,  con  ingiuria),  pur  se trattisi di
 fatti commessi per cause estranee  al  servizio  ed  alla  disciplina
 militare,  siano  integrati  in  base  alla  sola  circostanza  della
 presenza di militari riuniti per servizio, contrasti:
      con l'art. 3 Cost., sotto  il  duplice  profilo  della  ritenuta
 inidoneita'  di  detta  circostanza,  da  un  lato  a  parificare  il
 trattamento dei fatti commessi per cause estranee  ovvero  per  cause
 inerenti al servizio ed alla disciplina militare e, dall'altro, - ove
 si  tratti di offese arrecate a pubblici ufficiali - a differenziarlo
 rispetto al  delitto  comune  di  oltraggio  (art.  341  cod.  pen.),
 soprattutto  in  riferimento  alla conseguente inapplicabilita' della
 scriminante  degli  atti  arbitrari  di  cui   all'art.   4   decreto
 legislativo luogotenenziale n. 288 del 1944;
      col  principio di democraticita' dell'ordinamento militare (art.
 52, ultimo comma, Cost.), dato che il rilievo conferito alla predetta
 circostanza  non  sarebbe  imposto  da   effettive   esigenze   della
 disciplina  militare,  solo in presenza delle quali e' giustificabile
 l'imposizione ai militari di una normativa piu'  rigorosa  di  quella
 comune.
    2. - La questione non e' fondata.
    A  tenore  della norma impugnata, l'estraneita' della causa che ha
 dato origine a fatti di insubordinazione od abuso  di  autorita'  non
 vale  ad escludere l'applicabilita' dei corrispondenti reati speciali
 configurati nei capi III e  IV  del  titolo  III  del  codice  penale
 militare  di  pace - ed a far ritenere quindi integrati solo i comuni
 reati militari contro la persona, di cui gli artt. 222 e segg.  dello
 stesso  codice  - quando, tra l'altro, tali fatti siano commessi alla
 "presenza di militari riuniti per servizio".
    L'enucleazione  di  tale  circostanza  come  ragione  di  per  se'
 sufficiente  all'applicazione  della piu' rigorosa normativa speciale
 e' coerente col sistema del codice, dato che questo prevede,  tra  le
 circostanze aggravanti comuni dei reati militari, la loro commissione
 "alla  presenza  di  tre o piu' militari o comunque in circostanze di
 luogo, per le quali possa verificarsi pubblico scandalo" (art. 47, n.
 4). Rispetto a  tale  circostanza  comune,  quella  in  questione  si
 caratterizza anzi per un elemento ulteriore, dato che si richiede che
 i militari presenti al fatto siano "riuniti per servizio".
    E'   incontestabile   che,   in   siffatte  condizioni,  sia  dato
 riscontrare una  significativa  lesione  del  bene  della  disciplina
 militare,  idonea  a  giustificare un trattamento penale piu' severo,
 dato che la commissione del fatto in presenza di militari riuniti per
 servizio comporta un evidente pericolo di diffusione  delle  condotte
 inosservanti  del  rapporto  gerarchico o dei doveri di comportamento
 del  superiore.  Tale  presenza  implica,   inoltre,   in   caso   di
 insubordinazione,  un'ulteriore lesione della posizione di supremazia
 di quest'ultimo e, in caso di abuso  di  autorita',  una  menomazione
 aggiuntiva della dignita' del militare subordinato.
    La  norma  impugnata  trova  percio'  razionale  fondamento  nelle
 esigenze di coesione dei corpi militari che stanno  alla  base  della
 disciplina  speciale,  sicche'  essa non puo' dirsi in contraddizione
 con lo spirito democratico  cui  va  uniformato  l'ordinamento  delle
 Forze  Armate  (art.  52,  ultimo  comma,  Cost.). Ne' puo' ritenersi
 violato il principio di  uguaglianza,  dato  che  la  circostanza  in
 esame,  per  la sua gia' illustrata inerenza ad effettive esigenze di
 disciplina   militare,   costituisce    sufficiente    elemento    di
 differenziazionesia rispetto ai reati militari contro la persona, sia
 rispetto al comune delitto di oltraggio.