IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Il giudice dell'udienza preliminare dott. Sebastiano Sorbello ha pronunciato la seguente ordinanza, sull'eccezione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa di Pontillo Gioacchino, imputato: a) del reato di cui agli artt. 575 e 577, n. 3 del c.p. per avere cagionato la morte di Pacini Gian Carlo, attingendolo con quattro colpi di arma da fuoco in zone vitali, commettendo il fatto con premeditazione; b) del reato di cui agli artt. 12 e 14 della legge n. 497/1974 per avere illegalmente portato in luogo pubblico un revolver Colt cal. 38 special. In Torino, fatti del 17 marzo 1991. PREMESSO IN FATTO La difesa dell'imputato Pontillo, in sede di udienza preliminare, ha richiesto - in principalita' e previo consenso del p.m. - il giudizio abbreviato; in subordine - ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 442, secondo comma, del c.p.p. in relazione agli artt. 3, 24, 76 e 101 della Costituzione, in quanto non consente agli imputati di reati punibili con l'ergastolo, poi, condannati a pena detentiva temporanea, di richiedere il giudizio abbreviato, - instava per la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per le sue determinazioni. La difesa di Pontillo, ad integrazione della richiesta motivata presentata nel corso dell'udienza preliminare 6 novembre 1991, produceva memoria, depositata il 14 novembre 1991. Il p.m. dopo aver chiesto (nell'udienza preliminare del 6 novembre 1991) un breve rinvio per esprimere le sue determinazioni in ordine alla suesposta richiesta difensiva, trasmetteva al g.i.p. in data 19 novembre 1991, nota con cui, in via principale, esprimeva consenso rispetto alla richiesta difensiva di giudizio abbreviato ed, in subordine, si associava alla richiesta di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ritenendo rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla difesa del Pontillo. Con memoria difensiva del 23 novembre 1991, la difesa di parte civile chiedeva al g.i.p. di respingere entrambe le richieste avanzate, alternativamente dalla difesa del Pontillo. RITENUTO IN DIRITTO che non puo' essere accolta la richiesta del giudizio abbreviato, in quanto lo svolgimento di questo rito alternativo appare, allo Stato, "precluso" - come specificato nella separata ordinanza di cui al verbale di udienza del 29 novembre 1991 - dalle questioni di legittimita' costituzionale sollevate nella presente ordinanza; che si presenta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sia dell'art. 442, secondo comma, del c.p.p. sia dell'art. 2, p.to 53, della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81 (intendendo questo G.I.P., per quest'ultima disposizione, sollevare d'ufficio, la questione stessa) in relazione agli artt. 3, 24 e 25, primo comma, e 101 della Costituzione, nelle parti in cui non e' previsto che gli imputati di reati puniti con la pena edittale dell'ergastolo (ma che in concreto potrebbero essere condannati ad una pena detentiva temporanea) possano richiedere di essere giudicati con rito abbreviato; che con sentenza 23 aprile 1991, n. 176, la Corte costituzionale ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 442, secondo comma, ultimo periodo ("Alla pena dell'ergastolo e' sostituita quella della reclusione di anni trenta"), del codice di procedura penale, escludendo, cosi' la convertibilita' della pena dell'ergastolo; che, nella parte motiva di tale sentenza e non nel dispositivo (n.b.: tale puntualizzazione e' estremamente significativa, atteso che la migliore dottrina costituzionalistica sostiene che solo quanto statuito in sede di dispositivo ha efficacia erga omnes e, quindi obbliga tutti i consociati determinando, ex art. 136 della Costituzione la cessazione di efficacia della legge dichiarata incostituzionale), la Corte ha sostenuto la "inapplicabilita'" del giudizio abbreviato "ai processi concernenti delitti punibili con l'ergastolo", sia sulla base della non suscettibilita' della pena dell'ergastolo di quella diminuzione prevista per qualsiasi altra pena di tipo detentivo temporaneo (potendosi concepire una riduzione in frazioni solo con riferimento a quantita' numericamente individuali e non quando la pena determinata dal giudice sia l'ergastolo) sia sulla base di una connessione diretta (o assoluta interdipendenza) tra rito abbreviato e riduzione sanzionatoria, tale da fare conseguire - a giudizio della Corte - "l'impraticabilita' del primo in mancanza della possibilita' di operare la seconda"; che, tutto cio' premesso, la mancata esplicita previsione, nell'art. 2, p.to 53, della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, e nell'art. 442, secondo comma, del c.p.p. sia della possibilita' di chiedere il rito abbreviato (con il meccanismo "premiale" della riduzione della pena) da parte degli imputati di reati puniti con la pena edittale dell'ergastolo (ma che in concreto potrebbero essere condannati ad una pena detentiva temporanea) sia della riduzione della pena dell'ergastolo integri un'evidente disparita' di trattamento con gli imputati di altri reati puniti con pena detentiva temporanea, in violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione; che, con riferimento al parametro costituzionale di cui all'art. 3, va puntualizzato che la questione relativa alla disparita' di trattamento, secondo la giurisprudenza costituzionale, vada valutata in relazione alla disciplina che l'ordinamento riserva a fattispecie diverse da quella che forma oggetto della norma impugnata (cosi' come, peraltro, sostenuto da autorevole dottrina: "il giudizio della Corte non si svolge entro uno schema binario, esaurendosi nel consueto confronto fra la norma impugnata ed il parametro o la pluralita' dei parametri costituzionali richiamati; bensi' richiede che il giudizio stesso comprenda almeno tre termini, vale a dire la norma impugnata, il principio costituzionale d'eguaglianza ed un tertium comparationis, in vista del quale possa dirsi che la differenziazione o la classificazione in esame sia ragionevole oppure arbitraria, provvista o carente di un adeguato fondamento giustificativo, e quindi conforme o difforme rispetto al generale imperativo dell'art. 3. - Livio Paladin, Corte costituzionale e principio generale d'eguaglianza. Aprile 1979 - Dicembre 1983, in Giurisprudenza costituzionale, 1984, p. 22"; che, nella situazione in esame, con il detto parametro costituzionale vanno poste le due norme ricavabili, entrambe, dal disposto di cui all'art. 442, secondo comma del c.p.p., alla luce di quanto ritenuto in via interpretativa dalla Corte costituzionale (e, cioe', la norma che prevede la possibilita' per gli imputati di reati puniti con pena detentiva temporanea di richiedere il giudizio abbreviato ed ottenere la riduzione di un terzo della pena inflitta e quella che inibisce tale rito agli imputati di reati punibili con l'ergastolo); che, ne' dal citato art. 2, punto 53 della legge-delega ne' da un'interpretazione sistematica dei principi della legge stessa si evince l'intento del legislatore delegante di escludere dall'area del giudizio abbreviato i reati punibili con l'ergastolo, come pare adombrato nella sentenza della Corte costituzionale; che, anzi, dall'iter legislativo relativo alla delega emerge che, mentre nella formulazione approvata dalla Camera dei deputati la predetta direttiva circoscriveva il rito speciale a "categorie di reato prede- terminate", in quella passata al Senato (e divenuta, poi, testo definitivo) la limitazione cadeva, rimanendo, pertanto, il legislatore-delegato "libero di seguire criteri di esclusione o di indicazione positiva, anche indipendentemente dal titolo di reato o dalla misura edittale della pena"; che, d'altra parte, l'esclusione dal rito abbreviato di reati punibili con l'ergastolo contraddirebbe fortemente la finalita' deflattiva assegnata a questo rito (finalita' maggiormente avvertita, proprio, in relazione ai reati di maggiore gravita', rispetto ai quali l'acquisizione della prova si presenta normalmente piu' difficoltosa, complessa e temporaneamente impegnativa); che lo stesso legislatore/delegato, recependo l'intento del legislatore/delegante e supplendo alla mancata indicazione da parte di quest'ultimo del criterio sulla base del quale operare la riduzione di pena in relazione ai reati puniti con l'ergastolo, aveva stabilito la conversione di quest'ultima pena con quella di trenta anni di reclusione (motivata da esigenze di prevenzione generale "agganciate" al limite massimo della pena della reclusione, consentito nel nostro ordinamento penale); che, la dichiarazione (con la citata sentenza n. 176/1991) di illegittimita' costituzionale di tale conversione della pena (per eccesso di delega) ha "attualizzato" la sopra evidenziata situazione di disparita' di trattamento; che tale situazione di disparita' di trattamento assume aspetti ancor piu' gravi ed inaccettabili nei confronti degli imputati di reati puniti con la pena edittale dell'ergastolo ma che in concreto potrebbero essere condannati ad una pena detentiva temporanea, atteso che, proprio, l'art. 2, p.to 53, della legge-delega "collega" la riduzione della pena di un terzo (disposta per il giudizio abbreviato) alla "pena prevista per il reato ritenuto in sentenza", facendo cosi' unico riferimento all'esito del processo di concretizzazione normativa e, cioe' alla pena in concreto ottenuta sulla base dei criteri di cui all'art. 133 del c.p. e della specifica valutazione delle circostanze del reato e del loro eventuale bilanciamento ai sensi dell'art. 69 del c.p. (direttiva, questa, recepita, peraltro, dal testo dell'art. 442, secondo comma del c.p.p., che prevede che "la pena che il giudice determina, tenendo conto di tutte le circostanze (sia) diminuita di un terzo"); che la mancata differenziazione da parte della Corte costituzionale tra pena astrattamente prevista dalla norma e qualificazione operata dal p.m. (da un lato) e quella in concreto ritenuta dal giudice (dall'altro) sembra far escludere, allo stato, dall'area del rito abbreviato (e del meccanismo "premiale" della riduzione della pena) non soltanto che in concreto viene punito con l'ergastolo ma anche chi viene condannato per reati diversi da quelli contestati dal p.m. e puniti in concreto con pena temporanea (con il risultato aberrante, oggi verificabile, che all'imputato di reato punibile con l'ergastolo non si puo' applicare il rito abbreviato richiesto e non si puo' operare la riduzione di un terzo della pena, nonostante che, a seguito dell'esclusione di un aggravante contestata o della concessione di qualche attenuante, la pena detentiva determinata in concreto possa risultare temporanea e (talvolta) piu' contenuta (con una valutazione da parte del giudicante di minore gravita' del fatto e di minore pericolosita' del reo) di quella concretamente irrogata agli imputati di reati punibili con pene edittali temporanee (ammessi al rito abbreviato ed alla riduzione della pena); che pur attribuendo (fondatamente, peraltro, per le considerazioni sopra svolte) al legislatore delegante l'intento di escludere dal meccanismo "premiale" della riduzione della pena gli imputati cui sia irrogata in concreto la pena dell'ergastolo, ugualmente dovrebbero riconoscersi agli imputati di reati puniti con la pena edittale dell'ergastolo il diritto di richiedere il rito abbreviato, nell'eventualita' che il giudice, al momento della decisione, attribuisca al fatto una definizione giuridica diversa da quella proposta dal pubblico ministero e "ritenga in sentenza" un reato al quale sia possibile applicare una pena che consenta la riduzione (con il conseguente mantenimento nello schema normativo del rito abbreviato del meccanismo "premiale" della riduzione della pena - che opera all'interno dell'elemento necessario del consenso/richiesta dell'imputato - oltre che degli altri elementi essenziali del "consenso del pubblico ministero a che il processo venga definito nell'udienza preliminare" e della definibilita' del processo "allo stato degli atti"); che l'art. 2, punto 53, della legge-delega e l'art. 442, secondo comma del c.p.p. - nelle parti in cui non prevedono che gli imputati di reati puniti con la pena edittale dell'ergastolo (ma che in concreto potrebbero essere condannati ad una pena detentiva temporanea) possano richiedere di essere giudicati con il rito abbreviato - sembrano porsi in contrasto con l'art. 101, secondo comma, della Costituzione ("i giudici sono soggetti solo alla legge"); che, al riguardo, si osserva come, allo stato, l'atto che consente o inibisce la possibilita' di richiedere il giudizio abbreviato sia costituito dalla formulazione dell'imputazione da parte del pubblico ministero nella richiesta di rinvio a giudizio; che, in altri termini, il pubblico ministero, con la contestazione del reato "impone" un preciso rito processuale ed una determinazione sanzionatoria (che non consente ne' una riduzione speciale ne' un successivo intervento di tipo recuperatorio, cosi' e', invece, ora previsto nell'ipotesi di dissenso del pubblico ministero, su una richiesta di giudizio abbreviato formulata dall'imputato) anche se, successivamente, il giudicante fosse di avviso diverso quanto alla sussistenza delle circostanze o alla qualificazione del reato; che tutto cio' si traduce in una sorta di sconfinamento dell'atto del pubblico ministero nell'attivita' decisoria ed in una comprensione delle funzioni tipiche dell'organo giudicante, cui non e' consentito, allo stato, di emettere la sentenza prevista dal c.p.p. per il giudizio abbreviato e di applicare la diminuente speciale prevista dal secondo comma dell'art. 442 del c.p.p. (indipendentemente dalle valutazioni successive); che si pongono, ancora, dubbi di legittimita' costituzionale delle norme in esame - nelle parti sopraspecificate - in relazione all'art. 24 e, nuovamente, all'art. 3 della Costituzione; che, sotto il primo profilo, l'impossibilita' di ricorrere al rito abbreviato, nei casi sopra indicati, si risolve in un'indebbita menomazione del diritto della difesa; che, infatti, la richiesta di giudizio abbreviato rappresenta un vero e proprio diritto soggettivo (indipendentemente dal fatto che per la sua attuazione siano necessari il consenso del pubblico ministero e la successiva valutazione del giudice in merito alla definibilita' del procedimento "allo stato degli atti"; che, in ultima analisi, l'impossibilita' di ricorrere a un determinato rito finisce per privare l'imputato di un'importante "opzione" difensiva (dalle rilevanti conseguenze); che, sotto il secondo profilo, gli effetti della formulazione della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero (in un sistema che non consente alcun meccanismo successivo di recupero da parte del giudicante) determinano una ingiustificabile disparita' di trattamento tra accusa e difesa, atteso che, mentre le ragioni della difesa sono sempre e, comunque, sottoposte al vaglio del giudice, quelle del pubblico ministero non consentono, nella specie, alcuna verifica da parte del giudicante, a cui si impongono (per gli aspetti sopra evidenziati) per il fatto stesso della loro formulazione; che, infine, un profilo di legittimita' costituzionale delle norme in esame - nelle parti sopraspecificate - si pone in relazione all'art. 25/1 della Costituzione, atteso che la mancata previsione che imputati di reati puniti con la pena edittale dell'ergastolo (ma che in concreto potrebbero essere condannati ad un pena detentiva temporanea) possano chiedere, in sede di udienza preliminare, il giudizio abbreviato comporta (solo che il pubblico ministero decida, con la semplice contestazione del reato, di evitare, per le ragioni piu' svariate, che la fase della decisione sia attribuita al giudice dell'udienza preliminare) la "sottrazione" di tali imputati al giudice dell'udienza preliminare e, cioe', al loro giudice naturale. In merito al requisito della rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate nel presente provvedimento appare indubbio che la decisione della Corte sull'applicabilita' o meno del rito abbreviato ai casi sopra indicati abbia un'influenza diretta sull'esito concreto del processo, sia per quanto attiene al rito processuale da adotare sia per quanto attiene alla sanzione in concreto da irrogare. Sotto il profilo dell'attualita' della questione sollevata, e' da sottolineare che l'udienza preliminare e' la sede naturale per la richiesta di giudizio abbreviato e che, di conseguenza, e' in tale sede che va portata una questione sull'applicabilita' di tale rito, essendo altrimenti preclusa la possibilita' di richiedere lo stesso, in una fase successiva.