IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunziato la seguente ordinanza sul ricorso  n.  614/1991  del
 comune  di  Castelfranco  Veneto, in persona del sindaco pro-tempore,
 rappresentato e difeso dall'avvocato Alberto Borella, con elezione di
 domicilio presso lo studio dell'avvocato Franco  Stivanello  Gussoni,
 come  da  mandato a margine del ricorso; e sul ricorso n. 706/1991 di
 Nazzareno Bolzon, Cosma Ferraro, Guglielmo Piva, Giuseppe Salvadori e
 Flavio Scremin, rappresentati e difesi dagli avvocati Mario  Testa  e
 Pier  Vettor  Grimani, con elezione di domicilio presso lo studio del
 secondo in Venezia, Campo Manin n. 4020 come da mandato a margine del
 ricorso; contro la regione  Veneto,  in  persona  del  presidente  di
 giunta  pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dal  dott.  proc. Ugo
 Quaglia e dal  dott.  proc.  Giancarlo  Biancardi,  con  elezione  di
 domicilio presso la sede legale della giunta regionale in Venezia, S.
 Toma'  n.  3901,  e  nei confronti della S.n.c. Guidolin Giuseppe, in
 persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso
 dagli avvocati Annamaria Tassetto e Franco Zambelli, con elezione  di
 domicilio  presso  lo  studio  dei  medesimi  in  Venezia Mestre, via
 Ospedale n. 9/12; e, limitatamente  al  ricorso  n.  706/1991,  della
 provincia  di Treviso, non costituita in giudizio; per l'annullamento
 della deliberazione della giunta regionale veneta 13  novembre  1990,
 n.    6113    avente    ad   oggetto:   "Determinazioni   in   ordine
 all'autorizzazione all'esercizio per la  discarica  di  II  categoria
 tipo  2B approvata dall'amministrazione provinciale di Treviso, legge
 regionale n. 28 del 1990, art. 33 ditta Guidolin Giuseppe,  discarica
 in comune di Castelfranco Veneto";
    Visti i ricorsi;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio della regione Veneto e
 della ditta Guidolin;
    Viste le memorie prodotte dalle parti;
    Visti gli atti tutti delle cause;
    Udita  alla  pubblica udienza dell'11 luglio 1991 la relazione del
 consigliere Luigi Trivellato e uditi altresi' l'avvocato Borella  per
 il  comune di Castelfranco Veneto, gli avvocati Biancardi e Marra per
 la regione, l'avvocato Zambelli per la S.p.a. Guidolin  e  l'avvocato
 Testa per le parti ricorrenti nel ricorso n. 706/1991;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    I. - Avverso il provvedimento indicato in epigrafe, con il ricorso
 registrato  al n. 614 dell'anno 1991 il comune di Castelfranco Veneto
 deduce le seguenti censure:
      1)  eccesso  di  potere  per  difetto  di   motivazione.   Falsa
 applicazione dell'art. 33 della legge regionale veneta 23 aprile 1990
 n. 28. Violazione dell'art. 42 della legge regionale veneta 16 aprile
 1985  n.  33.  Eccesso  di  potere  sotto il profilo dello sviamento.
 Incompetenza. Premesso che, con l'impugnato provvedimento 13 novembre
 1990 n. 6113, la giunta regionale veneta ha confermato  la  validita'
 dell'approvazione,  effettuata  dal  presidente  della  provincia  di
 Treviso con provvedimento 22 dicembre 1989, n. 65/ECO/B, del progetto
 presentato dalla ditta Guidolin Giuseppe della discarica  controllata
 di  tipo 2B sita nel comune di Castelfranco Veneto, osserva il comune
 ricorrente che non e' dato  comprendere  quale  potere  abbia  inteso
 esercitare   la   giunta   regionale.   In  particolare,  l'impugnato
 provvedimento regionale non puo' considerarsi atto confermativo,  ne'
 atto di sanatoria o convalida o ratifica.
    Inoltre  la  mancanza di qualsiasi riferimento alla pendenza di un
 ricorso giurisdizionale avverso l'anzidetto  decreto  del  presidente
 della  provincia  di  Treviso  del  22 dicembre 1989 si traduce in un
 difetto di istruttoria e di motivazione e in un vizio  di  sviamento,
 poiche'  l'atto  impugnato  e'  obiettivamente diretto ad interferire
 sull'esercizio dell'attivita' giurisdizionale;
      2) illegittimita' derivata da quella del decreto del  presidente
 della  provincia di Treviso del 22 dicembre 1989, nell'ipotesi in cui
 tale  atto  debba  considerarsi  presupposto  del  provvedimento  qui
 impugnato.
    Il  ricorrente  comune  riformula  quindi le seguenti censure gia'
 avanzate con il  ricorso  n.  781/1990  avverso  l'anzidetto  decreto
 provinciale:
       a)  incompetenza. Violazione dell'art. 41 della legge regionale
 veneta n. 33 del 1985. Eccesso  di  potere  sotto  il  profilo  della
 perplessita' e dell'incertezza circa il potere esercitato;
       b)  violazione  dell'art. 41 della legge regionale veneta n. 33
 del 1985 sotto ulteriori profili.  Violazione  del  piano  regolatore
 generale di Castelfranco Veneto, nell'assunto che, essendo la zona in
 cui  dovrebbe  essere  ubicato  il progettato impianto a destinazione
 agricola, sarebbe stata necessaria, ai sensi  del  quinto  comma  del
 citato  art.  41,  una  previa  deliberazione  del Consiglio comunale
 costituente "adozione di variante" dello strumento urbanistico,  come
 statuito dal Consiglio di Stato, sezione V, 26 luglio 1990 n. 610;
       c) falsa applicazione dell'art. 3- bis del d.-l. 31 agosto 1987
 n.  361,  convertito con modificazioni nella legge 29 ottobre 1987 n.
 441;
       d)  eccesso  di  potere  sotto  il  profilo  del   difetto   di
 coordinamento  con  la  regione  e  dell'assunzione di un inesistente
 potere pianificatorio. Violazione della legge n. 33/1985. Eccesso  di
 potere sotto il profilo del difetto di istruttoria;
       e)  violazione degli artt. 41 e 42 della legge regionale veneta
 n. 33 del 1985 sotto altro aspetto;
       f) violazione dei principi generali in  tema  di  funzionamento
 degli organi collegiali. Eccesso di potere;
       g)  violazione  dell'art. 8 del d.-l. 9 settembre 1988, n. 397,
 convertito con modificazioni nella legge 9 novembre 1988, n. 475,  ed
 eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria;
       h)  eccesso  di potere per travisamento dei fatti e per difetto
 di motivazione;
      3) violazione dell'art. 8 del d.-l. n. 397/1988, come convertito
 sulla legge n. 475/1988. Incompetenza della regione ad effettuare  la
 valutazione  di  compatibilita'  ambientale, che, per gli impianti di
 cui all'art. 3- bis della legge n. 441/1987, rientra nella competenza
 del Ministero dell'ambiente;
      4) violazione degli artt. 3, 4 e 5 del  decreto  del  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri  27  dicembre 1988 ed eccesso di potere
 sotto il profilo del difetto di istruttoria, nell'assunto che nessuna
 effettiva  valutazione  di   compatibilita'   ambientale   e'   stata
 effettuata   dalla   commissione  tecnica  regionale  per  l'ambiente
 (C.T.R.A.);
      5)  eccesso  di  potere  per  difetto  di  istruttoria  e  della
 motivazione,  con  riferimento all'art. 3- bis del d.-l. n. 361/1987,
 convertito nella legge n. 441/1987, poiche' dalla lettura del  parere
 della  C.T.R.A.  non si ricava alcuna consapevolezza della necessita'
 di modificare lo strumento urbanistico, fra gli altri, del comune  di
 Castelfranco Veneto;
      6)   illegittimita'  costituzionale  dell'art.  12  della  legge
 regionale veneta n. 33 del 1985,  modificata  dalla  legge  regionale
 veneta  n.  28  del  1990,  e dell'art. 3- bis del d.-l. n. 361/1987,
 convertito nella legge  n.  441/1987,  nell'assunto  che  tali  norme
 pregiudicherebbero l'autonomia comunale in materia urbanistica.
    La  regione Veneto e la controinteressata ditta Guidolin Giuseppe,
 costituitesi in giudizio,  controdeducono  in  fatto  e  in  diritto,
 chiedendo   il   rigetto   del  ricorso.  Per  l'ipotesi  in  cui  il
 provvedimento impugnato si debba considerare come atto confermativo o
 di convalida del decreto del presidente della provincia di Treviso in
 data 22 dicembre 1989, la ditta Guidolin eccepisce l'inammissibilita'
 del  ricorso  perche'  lo  stesso  comune,  ora  ricorrente,  avrebbe
 suggerito  e  sollecitato l'approvazione del progetto di discarica da
 parte   della    provincia;    eccepisce    pure    l'irricevibilita'
 dell'impugnazione,  poiche',  pretendendo  di  impugnare  un atto che
 conferma l'efficacia di  quello  provinciale,  il  ricorrente  comune
 avrebbe dovuto notificare il ricorso pure alla provincia di Treviso.
    II. - Avverso i provvedimenti indicati in epigrafe, con il ricorso
 registrato al n. 706 dell'anno 1991 i signori Nazzareno Bolzon, Cosma
 Ferraro, Guglielmo Piva, Giuseppe Salvadori e Flavio Scremin deducono
 i seguenti motivi di impugnazione:
      1)  illegittimita' derivata da quella del decreto del presidente
 della provincia di Treviso 22 dicembre 1989, n. 65/E CO/B. Ma,  anche
 se  la  deliberazione  regionale  qui  impugnata si considerasse come
 riapprovazione del  progetto  gia'  approvato  con  il  provvedimento
 provinciale  ed  il parere della C.T.R.A. come atto integrativo della
 procedura, assumono i ricorrenti che alla deliberazione stessa  e  al
 preventivo parere andrebbero opposte tutte le censure gia' opposte al
 decreto  provinciale,  censure  che  quindi  i  ricorrenti di seguito
 ripetono ad illustrazione del vizio  di  illegittimita'  derivata  ed
 anche quali vizi propri del provvedimento qui impugnato;
       a) violazione degli artt. 12, 29, 30 e 32 della legge regionale
 veneta  n. 33 del 1985, anche in relazione agli artt. 12 e 45 del pi-
 ano territoriale regionale di  coordinamento  adottato  con  delibera
 della  giunta  regionale  23 dicembre 1986 n. 7090; eccesso di potere
 per difetto di adeguata istruttoria;  tutto  cio'  per  l'asserita  a
 carenza della valutazione di impatto ambientale;
       b)  violazione  degli  articoli  37  e 41 della legge regionale
 veneta n. 33 del 1985; 16  del  p.t.c.r.;  216  e  217  del  r.d.  n.
 1265/1934  e  del  paragrafo 4.2.3.2 della deliberazione del Comitato
 interministeriale di cui all'art. 5 del d.P.R. 10 settembre 1982,  n.
 915;  eccesso  di  potere  per  mancata  o  insufficiente  o  erronea
 considerazione dei fatti; tutto cio' nell'assunto che, non  ricadendo
 l'area in cui la discarica verra' ubicata nelle zone indicate nel pi-
 ano   regionale  di  settore,  perche'  questo  manca,  ne'  in  zona
 appositamente individuata nello strumento urbanistico del comune  (ed
 infatti  ricade  in  zona  agricola),  il  progetto si sarebbe dovuto
 approvare in funzione di variante urbanistica da parte del  consiglio
 comunale;  inoltre  la  stessa  ubicazione  dell'impianto e' avvenuta
 senza  il  rispetto  delle  distanze  di  sicurezza  previste   dalla
 deliberazione  interministeriale  27  luglio 1984 in riferimento alle
 caratteristiche idro-geologiche del sito e degli edifici  circostanti
 l'area;
       c)   eccesso   di  potere  per  difetto  di  istruttoria  e  di
 motivazione per carenza delle necessarie indagini di  natura  idrica,
 geologica ed idrogeologica del terreno;
       d)  violazione degli artt. 41 e 42 della legge regionale veneta
 n. 33 del 1985, sotto vari profili, anche in relazione agli artt.  14
 e   15   della  medesima  legge  regionale;  eccesso  di  potere  per
 travisamento dei fatti, contraddittorieta' e perplessita'  in  ordine
 al potere esercitato;
       e)  violazione  e falsa applicazione dell'art. 3- bis del d.-l.
 n. 361/1987, convertito nella legge n. 441/1987, ed incompetenza;
       f) violazione degli artt. 17 e seguenti della  legge  regionale
 veneta n. 33 del 1985, ed incompetenza;
      2)  eccesso  di  potere  e violazione di legge; travisamento dei
 presupposti  per  carenza   di   qualita'   nell'organo   consultivo;
 violazione  degli  artt.  3-  bis  della legge n. 441/1987 e 12 della
 legge regionale veneta n. 33 del 1985; eccesso di potere e violazione
 art.  33  della  legge  regionale  veneta  23  aprile  1990,  n.  28,
 nell'assunto  che  la  giunta  regionale non avrebbe potuto approvare
 l'istanza della ditta Guidolin poiche'  si  tratta  di  progetto  non
 nuovo,  ma gia' approvato, e come tale fatto salvo dall'art. 33 della
 legge regionale veneta n. 28 del 1990;
      3) violazione degli artt.  29-  ter,  35  e  segg.  della  legge
 regionale  veneta  n. 33 del 1985, anche in relazione agli artt. 12 e
 45 del p.t.r.c. adottato con  delibera  giunta  regionale  veneta  23
 dicembre  1986  n.  7090;  eccesso  di potere per difetto di adeguata
 istruttoria; errata e mancata applicazione del decreto del Presidente
 del Consiglio dei Ministri 10 agosto 1988,  n.  377  e  del  d.m.  28
 dicembre 1987, n. 559, poiche' non e' stata effettuata la valutazione
 di  impatto  ambientale  con  il  rispetto delle norme sopra indicate
 dettate per discariche  che  consentono  lo  smaltimento  di  rifiuti
 tossici e nocivi;
      4)  violazione  degli  artt.  29, 29- bis, 35, 39, 40 e 41 della
 legge regionale veneta n. 33 del 1985  e  successive  integrazioni  e
 modificazioni  anche  in  relazione  al p.t.r.c. adottato; eccesso di
 potere per carenza di  adeguata  istruttoria;  violazione  e  mancata
 applicazione  della  deliberazione  del comitato interministeriale 27
 luglio 1984, punto 4.2.3.2., nell'assunto che, anche qualora  non  si
 ritenga consentito nella discarica di cui si tratta lo smaltimento di
 rifiuti tossici e nocivi, non vi e' stata una sufficiente valutazione
 di  impatto  ambientale  poiche'  non sono state seguite le procedure
 previste dalla legge regionale veneta n. 33 del 1985;
      5) violazione degli artt. 41 della legge regionale veneta n.  33
 del  1985; 16 del p.t.r.c.; 216 e 217 del r.d. n. 1265/1934; 37 della
 legge regionale veneta n. 33 del 1985 e del paragrafo 4.2.3.2.  della
 deliberazione  del  Comitato  interministeriale di cui all'art. 5 del
 d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915. Eccesso di  potere  per  mancata  o
 insufficiente  o  erronea considerazione dei fatti. Violazione art. 4
 Del. c.i. 27 luglio 1984. Violazione dell'art. 3- bis,  terzo  comma,
 legge  n.  441/1987  e dell'art. 82 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616
 come modificato dal d.-l.  n.  312/1985,  convertito  dalla  legge  8
 agosto 1985, n. 431. Tutto cio' nell'assunto che:
       a)  e' mancata la previa approvazione del progetto da parte del
 Consiglio comunale di Castelfranco Veneto ex art. 41, quarto e quinto
 comma, della legge regionale veneta n. 33 del 1985, approvazione  che
 sarebbe  stata necessaria poiche' la discarica di cui si tratta viene
 ubicata, in assenza del piano regionale di settore, in zona agricola;
       b) la ubicazione dell'impianto e' avvenuta in violazione  delle
 norme che dettano determinate distanze di sicurezza dal confine della
 discarica;
      6)   eccesso   di   potere  per  difetto  di  istruttoria  e  di
 motivazione, poiche' non risultano effettuate le necessarie  indagini
 di natura idrica, geologica ed idrogeologica;
      7)   eccesso   di   potere   per  travisamento  di  presupposti,
 contraddittorieta', illogicita' manifesta,  sviamento  di  potere,  e
 violazione  dell'art. 33 della legge regionale veneta 23 aprile 1990,
 n. 28 anche in relazione all'art. 44 della legge regionale veneta  n.
 33/1985,   poiche',  pur  affermando  di  voler  decidere  in  ordine
 all'autorizzazione all'esercizio, la giunta regionale ha approvato il
 progetto della ditta Guidolin facendo uso di un potere consentito  ed
 esercitabile  solo  in  presenza  di  convenzioni  o rilasci di nuove
 autorizzazioni all'esercizio.
    La regione Veneto e la controinteressata ditta Guidolin  Giuseppe,
 costituitesi  in  giudizio,  contestano  la  fondatezza  del  ricorso
 chiedendone  il  rigetto.   La   controinteressata   eccepisce   pure
 l'inammissibilita'  del  ricorso per difetto di legittimazione attiva
 dei ricorrenti.
                             D I R I T T O
    I. - Per l'evidente connessione soggettiva ed oggettiva i ricorsi,
 registrati ai numeri 614 e 706 dell'anno 1991, vanno riuniti e decisi
 con un'unica sentenza.
    II.  -  Va  innanzitutto disattesa l'eccezione di inammissibilita'
 del ricorso  n.  706/1991,  sollevata  dalla  controinteressata  soc.
 Guidolin.
    Non  puo'  infatti  negarsi  che  il  fatto,  incontestato,  che i
 ricorrenti risiedono nel comune di Castelfranco veneto, comporti,  in
 capo  agli  stessi,  a  fronte  del  provvedimento  autorizzativo del
 progetto di discarica presentato dalla ditta Guidolin, la titolarita'
 di un interesse legittimo, posto che il provvedimento stesso, per  il
 suo contenuto ed i suoi effetti, incide necessariamente su condizioni
 ambientali  che  non possono non riguardarli personalmente, in quanto
 residenti nel comune.
    III. - Sono infondate anche le altre eccezioni preliminari  formu-
 late dalla controinteressata.
    Va  evidenziato,  infatti,  che  con  l'impugnato provvedimento 13
 novembre 1990, n. 6113 la giunta  regionale  veneta  ha  disposto  la
 conferma della validita' dell'approvazione, "anche ai sensi dell'art.
 3-  bis  della  legge n. 441/1987 del progetto presentato dalla ditta
 Guidolin Giuseppe concernente la discarica in comune di  Castelfranco
 Veneto  (Treviso)  gia'  approvato  dalla  provincia  di  Treviso con
 decreto n. 65/ECO/B del 22 dicembre 1989", e  ha  stabilito  che  "il
 termine  per l'avvio dell'attivita' di smaltimento nella discarica ..
 e' fissato alla data del 1›  aprile  1981  previa  presentazione  del
 collaudo  funzionale  delle  opere  nonche'  di  ogni  altro elemento
 prescritto della normativa vigente".
    Ora,  nonostante  l'anzidetta  deliberazione  regionale  parli  di
 conferma  della  validita' dell'approvazione del progetto della ditta
 Guidolin, osserva il collegio che  tale  atto  costituisce  un  nuovo
 provvedimento,  poiche'  esso  e' stato emanato ai sensi dell'art. 3-
 bis della legge n. 441/1987, sulla base  del  parere  espresso  dalla
 Commissione  tecnica  regionale per l'ambiente (C.T.R.A.), parere che
 nella deliberazione regionale si dichiara far parte integrante  della
 stessa.   In   tale   parere,   d'altra   parte,   si  da'  atto  che
 l'approvazione, fra l'altro, del progetto di cui si tratta, e'  stata
 preceduta  da  uno  studio  di  compatibilita'  ambientale  sul sito'
 prescelto, svolto, su incarico  dell'Amministrazione  provinciale  di
 Treviso, dalla societa' d'Apollonia di Genova e che "tale indagine e'
 stata  inoltre  integrata,  in  fase  di  istruttoria,  da  parte dei
 competenti uffici regionali, anche con altri parametri".
    Pertanto, considerata l'autonomia del provvedimento regionale  qui
 impugnato, che non ha natura di atto meramente confermativo ovvero di
 convalida  o  sanatoria  del sopracitato provvedimento del presidente
 della provincia di Treviso del 22  dicembre  1989,  vanno  disattese,
 oltre  alle  eccezioni  di  inammissibilita' e di irricevibilita' del
 ricorso n. 614/1991 opposte dalla ditta controinteressata, le censure
 di illegittimita' derivata avanzate  con  profili  del  primo  e  del
 secondo  motivo  del  ricorso  n.  614/1991 e con il primo motivo del
 ricorso n. 706/1991.
    IV. - Ai fini dell'esame delle restanti censure, occorre ricordare
 la  vicenda  che  ha  condotto   all'emanazione   del   provvedimento
 impugnato,  e,  prima  ancora,  il  quadro legislativo in cui essa si
 inserisce.
    La regione Veneto ha disciplinato lo smaltimento dei  rifiuti  con
 la   legge   regionale   16   aprile  1985  n.  33  (Norme  a  tutela
 dell'ambiente), di cui sono particolarmente  rilevanti  al  riguardo:
 l'art.  26,  che  prevede  la formazione, con una complessa procedura
 (artt.  19  e 28) del piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti,
 nel quale fra l'altro sono localizzati i  relativi  impianti;  l'art.
 20, che attribuisce al predetto piano l'efficacia del piano regionale
 territoriale  di  coordinamento  (al quale, a norma dell'art. 4 della
 legge regionale 27 giugno  1985  n.  61,  sono  subordinati  i  piani
 regolatori  generali); gli artt. 35 e 49 (modificati dagli artt. 11 e
 12 della legge regionale 23 aprile 1990, n. 28), che definiscono  gli
 impianti  di  prima e di seconda categoria; l'art. 41, che disciplina
 l'ubicazione   degli   impianti   di   prima   categoria    (qual'e',
 pacificamente,  quello  di cui trattasi) disponendo, fra l'altro, che
 l'approvazione regionale del piano di settore vale come variante, ove
 occorra, dei  piani  urbanistici  sottordinati,  e  regola  le  altre
 ipotesi  di  allocazioni  di  impianti su aree diversamente destinate
 dagli strumenti  urbanistici  salvaguardando  i  poteri  comunali  al
 riguardo;  e l'art. 42, che fra l'altro attribuisce la competenza per
 l'approvazione dei progetti al presidente della giunta regionale o al
 presidente  della  provincia,  a   quest'ultimo   essendo   delegata,
 dall'art.  5  della stessa legge regionale n. 33/1985, l'approvazione
 dei progetti degli impianti di prima categoria che non  dipendano  da
 enti pubblici, e di quelli di seconda categoria.
    Interveniva  successivamente  il  d.-l.  31  agosto  1987, n. 361,
 convertito nella legge 29 ottobre 1987 n. 441, che nell'art.  3-  bis
 attribuiva  alla  regione la competenza a provvedere "all'istruttoria
 dei progetti dei nuovi impianti di trattamento e  di  stoccaggio  dei
 rifiuti   ..,   mediante   apposite   conferenze  cui  partecipano  i
 responsabili   degli   uffici   regionali   competenti   nonche'    i
 rappresentanti  degli  enti locali interessati", stabiliva che "sulla
 ba'se delle risultanze della conferenza la giunta  regionale  approva
 il  progetto  .."  e disponeva che tale approvazione "sostituisce, ad
 ogni  effetto,  visti,  pareri,  autorizzazioni  e   concessioni   di
 competenza di organi regionali, pro'vinciali e comunali; costituisce,
 ove occorra, variante dello strumento urbanistico generale ..".
    Il  progetto  della  soc.  Guidolin  per  la  costruzione  di  una
 discarica  nel  comune  di  Castelfranco  Veneto,  presentato   prima
 dell'entrata  in  vigore  della  legge  n. 441/1987, fu approvato dal
 presidente  della  giunta  provinciale  di  Treviso  con  decreto  22
 dicembre 1989 n. 65/ECO/B.
    Tale provvedimento, a seguito di due ricorsi, riuniti dal giudice,
 presentati  dagli  attuali  ricorrenti,  e' stato annullato da questa
 sezione con sentenza n. 189, del 25 marzo 1991, con la  quale  si  e'
 chiarito  che  la  normativa  regionale  di cui agli artt. 5, 15 e 41
 della legge regionale 16 aprile 1985, n. 33, che aveva delegato  alle
 province  l'approvazione dei progetti per gli impianti di smaltimento
 dei rifiuti di prima  categoria,  qual'e'  la  discarica  di  cui  si
 tratta,  e' stata abrogata dall'art. 3- bis del d.-l. 31 agosto 1987,
 n. 361, come convertito, con modificazioni, nella  legge  26  ottobre
 1987,  n.  441, norma in base alla quale, fra l'altro, l'approvazione
 del progetto  da  parte  della  giunta  regionale  sulla  base  delle
 risultanze  della  conferenza,  sostituisce  ad  ogni  effetto visti,
 pareri,  autorizzazioni  e  concessioni  di  competenza   di   organi
 regionali,   provinciali  e  comunali  e  costituisce,  ove  occorra,
 variante dello strumento urbanistico generale. Di qui  l'incompetenza
 del presidente della giunta provinciale.
    L'efficacia  abrogante,  da  parte dell'anzidetto art. 3- bis, del
 sistema di deleghe alle province, stabilita dalla legge regionale  n.
 33/1985, viene ricondotta dall'anzidetta sentenza di questo tribunale
 alla  incompatibilita'  fra  la  procedura  prevista dall'art. 3- bis
 della legge n. 441/1987,  e  l'insieme  di  articolate  disposizioni,
 contenute  negli  artt.  32  e  41  della legge regionale n. 33/1985,
 dirette  ad  assicurare  l'acquisizione  di  una  serie  di   pareri,
 regionali  e  comunali,  relativi  alla  compatibilita'  urbanistica,
 paesaggistica  ed  ambientale  della  discarica.  Si   rilevava,   in
 particolare,  che l'art. 41 reca norme dirette a garantire che non vi
 sia incompatibilita' fra la destinazione urbanistica dell'area  e  la
 localizzazione  dell'impianto di trattamento di rifiuti, prevedendosi
 che l'area interessata all'impianto, ove  non  destinata  a  "servizi
 pubblici",  venga  inserita  nel  "piano  regionale di settore" o, in
 mancanza,  venga  appunto  destinata  a  "servizi  pubblici"  da  una
 conforme  variante  urbanistica  adottata  dal comune. La caducazione
 della delega alle province, e dunque la incompetenza  del  presidente
 della giunta provinciale nel vigore della legge n. 441/1987, derivava
 appunto,  secondo  la  predetta  sentenza  (che il collegio tiene per
 ferma), dalla incompatibilita' fra il sistema (in particolare, l'art.
 41) della legge regionale n. 33/1985 e l'art. 3- bis della  legge  n.
 441/1987.
    A  seguito  di tale ultima legge la regione Veneto emano' la legge
 regionale 30 gennaio 1990, n. 11, con la quale fra l'altro  modifico'
 la   composizione   e  il  funzionamento  della  commissione  tecnica
 regionale,  sezione  ambiente,  novellando  l'art.  12  della   1egge
 regionale  16  aprile  1985,  n. 33; cio' con l'art. 6, il cui ultimo
 comma recita: "La Commissione tecnica  regionale,  sezione  ambiente,
 riunita   ai   sensi   del  presente  articolo,  svolge  le  funzioni
 dell'apposita conferenza, prevista dall'art.  3-  bis  del  d.-l.  31
 agosto  1987,  n.  361,  come  convertito  in legge con modificazioni
 dall'art. 1 della legge 29 ottobre 1987, n. 441".
    Dunque, con la legge regionale n. 11/1990  la  regione  Veneto  ha
 adeguato  la  propria  normativa  all'art.  3-  bis  della  legge  n.
 441/1987; abbandonando (e' il caso di sottolinearlo,  perche'  questo
 rilievo  e' la chiave di volta della presente decisione) gli artt. 41
 e 42 della legge regionale n. 33/1985, che, come s'e'  detto  e  come
 questo tribunale ha dichiarato nella sentenza n. 189/1991, sono stati
 abrogati dall'art. 3-bis perche' con esso incompatibili.
    Va  ricordato,  infatti,  che  secondo  l'insegnamento della Corte
 costituzionale (sentenza 22 luglio 1985, n. 214), l'esistenza di  una
 precedente  regolamentazione legislativa regionale non impedisce allo
 Stato di esercitare la potesta', istituzionalmente  spettantegli,  di
 ridisciplinare  una  materia  tenendo  conto di nuove situazioni e di
 nuove esigenze; ne' la legge dello Stato deve essere  necessariamente
 limitata  a  disposizioni  di  principio, essendole invece consentito
 anche l'inserimento di morme puntuali di  dettaglio,  le  quali  sono
 efficaci  finche'  la regione non provveda a sostituirle adeguando la
 propria normativa ai principi stabiliti dalla legge statale.
    Sta di fatto che la regione Veneto con la legge regionale 1990, n.
 11, ha recepito del tutto la normativa dettata dall'art. 3- bis della
 legge n. 441/1987, che ha natura di norma di principio quantomeno nel
 punto in cui prevede il metodo della conferenza dei servizi.
    Peraltro  con  la successiva legge regionale 23 aprile 1990, n. 28
 la regione  Veneto  ha  richiamato  in  vita  le  norme  della  legge
 regionale  16 aprile 1985, n. 33, modificandone alcune disposizioni e
 conservandone  tuttavia  sostanzialmente  il  disegno,  al  quale  ha
 arrecato soltanto limitate modificazioni in punti specifici.
    Occorre  rilevare,  per  quanto  qui interessa, l'abrogazione, per
 incompatibilita'  con  l'art.  3-  bis  della  legge  1987,  n.  441,
 dell'intero  art.  41  -  al  quale  nessuna disposizione della legge
 regionale n. 28/1990, si riferisce - e  dell'art.  42,  primo  comma,
 ultimo  inciso,  e  quinto  e  sesto  comma  della legge regionale n.
 33/1985, recanti norme in ordine al rilascio di concessione  edilizia
 per la realizzazione di impianti di prima categoria.
    Tale  articolo  42  e'  stato  invece  modificato e, per implicito
 richiamato in vigore, dall'art. 20 della legge regionale n.  28/1990,
 relativamente  ai  primi  quattro  commi - con esclusione dell'ultimo
 inciso del primo comma, che risulta abrogato - recanti la  disciplina
 del  procedimento  di approvazione degli impianti di prima categoria.
 La modificazione consiste nell'eliminazione di  ogni  riferimento  ai
 poteri  gia'  attribuiti  alla  province  e  nella  previsione che le
 competenze del presidente della  giunta  regionale  (unica  autorita'
 rimasta,  cosi',  competente  ad approvare i progetti degli impianti)
 possano essere esercitate da un suo delegato.
    Dopo la legge regionale n. 28/1990, dunque, nella  regione  Veneto
 vige   l'art.   3-bis  della  legge  n.  441/1987,  con  questa  sola
 modificazione: che la competenza ad approvare i progetti non e' della
 giunta regionale ma del suo presidente (o di un delegato da questi).
    La competenza della giunta regionale e' conservata, pero', in  via
 transitoria  dall'art.  33 della legge regionale n. 28/1990; il quale
 articolo dispone che "i titolari di  autorizzazioni  provinciali  per
 l'esercizio  di  attivita'  relative  a  impianti di prima categoria"
 devono   chiedere   alla    giunta    regionale    la    "conversione
 dell'autorizzazione stessa", e che "per gli impianti, il cui progetto
 sia  gia' stato approvato dall'amministrazione' provinciale, ma per i
 quali non sia stata ancora concessa  l'autorizzazione  all'esercizio,
 gli  interessati devono .. presentare alla giunta regionale copia del
 decreto di approvazione del  progetto,  corredato  da  una  relazione
 sullo  stato dei lavori", perche' la giunta assuma "le determinazioni
 conseguenti in ordine all'autorizzazione all'esercizio".
    V. - In questo quadro normativo la giunta regionale veneta, con il
 provvedimento 13 novembre 1990 n. 6113, qui impugnato, ha  approvato,
 ai  sensi e per gli effetti dell'art. 3- bis della legge n. 441/1987,
 il progetto di discarica presentato  dalla  ditta  Guidolin  Giuseppe
 (che,  ripetesi,  era  gia'  stato  approvato  dal  presidente  della
 provincia  di  Treviso  con  un  provvedimento  annullato  da  questo
 tribunale con una sentenza che pero' sarebbe stata pubblicata dopo la
 deliberazione  regionale  qui  impugnata).  E i ricorrenti denunziano
 anzitutto (col primo motivo del ricorso n.  614/1991  e  col  secondo
 motivo del ricorso n. 706/1991) l'incompetenza della giunta regionale
 ad  approvare il progetto di discarica di cui si tratta, dato che per
 effetto dell'art. 20 della legge regionale n. 28/1990  la  competenza
 ad  approvare  i  progetti degli impianti di prima categoria e' stata
 attribuita al presidente della giunta regionale.
    Vero e' che il provvedimento impugnato e' stato  emanato  a  norma
 dell'art. 33 della legge regionale n. 28/1990.
    Ma  il  primo e il secondo comma di questo articolo trattano della
 "conversione", da parte della giunta regionale, delle  autorizzazioni
 concesse   dall'amministrazione   provinciale   all'esercizio   delle
 discariche; e gli altri due commi regolano l'autorizzazione, da parte
 della giunta regionale, all'esercizio di discariche il  cui  progetto
 sia  stato  approvato  dall'amministrazione  provinciale  ma  che non
 abbiano ancora ottenuto l'autorizzazione all'esercizio. Nessuna norma
 dell'art. 33 della legge regionale n. 28/1990 attribuisce alla giunta
 regionale  il  potere  di  approvare  i  progetti  o  di   confermare
 l'approvazione data dal presidente della provincia.
    Pertanto non si puo' ravvisare nella impugnata deliberazione della
 giunta  regionale  una  valida  (perche'  proveniente  dall'autorita'
 competente)  approvazione  del  progetto  di  discarica  della  ditta
 Guidolin.  Il 13 novembre 1990, vigente il quadro normativo formatosi
 a seguito della legge regionale 23 aprile 1990,  n.  28,  l'autorita'
 competente    ad    approvare    il    progetto    (in   sostituzione
 dell'approvazione precedentemente data dal presidente della provincia
 di Treviso) era il presidente della giunta regionale.
    VI. - Le suesposte considerazioni condurrebbero a ritenere fondate
 le censure di incompetenza della giunta regionale veneta ad approvare
 il progetto dell'impianto  di  smaltimento  dei  rifiuti  di  cui  si
 tratta.
    E'  peraltro  necessario,  a  questo  punto,  vagliare  i dubbi di
 illegittimita' costituzionale che possono sorgere relativamente  alle
 norme applicate nel caso di specie.
   Osserva  il collegio che, innanzi tutto, potrebbe essere sospettato
 di incostituzionalita' l'art. 3- bis della legge n. 41/1987, sotto il
 profilo che la  potesta'  di  modifica  degli  strumenti  urbanistici
 assegnata  alla conferenza regionale dei servizi pregiudicherebbe, in
 violazione dell'art. 5 della Costituzione,  l'autonomia  comunale  in
 materia  urbanistica,  e  cio'  tanto  piu' ove si consideri che tale
 compressione dei poteri comunali e' stata ritenuta costituzionalmente
 illegittima dalle sentenze  della  Corte  costituzionale  19  marzo-4
 aprile 1990, n. 157 e 20-24 maggio 1991, n. 212.
    Peraltro osserva il collegio che, mentre le teste' citate sentenze
 hanno   ritenuto   l'incostituzionalita'   di   leggi  regionali  che
 comprimevano l'autonomia comunale dettando  norme  a  sostegno  della
 promozione   ed   incentivazione  della  ricettivita'  turistica,  in
 occasione dei  mondiali  di  calcio  1990,  nel  caso  di  specie  la
 limitazione dei poteri pianificatori comunali e' disposta per ragioni
 di   salubrita'   dell'ambiente.   E,   come  ha  ritenuto  la  Corte
 costituzionale nella sentenza 17-30 dicembre 1987 n. 641, l'ambiente,
 in quanto protetto come elemento che determina la qualita' della vita
 e secondo valori largamente sentiti  e  costituzionalmente  garantiti
 dagli  artt.  9 e 32 della costituzione, assurge a valore primario ed
 assoluto.
    Ritiene pertanto il collegio  che  legittimamente  il  legislatore
 statale,  in  sede  di  bilanciamento di interessi costituzionalmente
 garantiti,  quali   quello   dell'autonomia   comunale   in   materia
 urbanistica,   da   una  parte,  e  della  salubrita'  dell'ambiente,
 dall'altra, ha dato la prevalenza al secondo.
    Ove poi si consideri che il d.P.R.  10  settembre  1982,  n.  915,
 emesso  a  seguito  della delega, conferita al governo con la legge 9
 febbraio 1982, n.  42,  "ad  emanare  norme  per  l'attuazione  delle
 direttive   della  comunita'  economica  europea",  attribuisce  alle
 regioni  preponderanti competenze nella materia dello smaltimento dei
 rifiuti, si comprende come l'art. 3- bis della legge n.  441/1978  ha
 ritenuto  che,  in sede di approvazione dei progetti per gli impianti
 di trattamento e stoccaggio dei rifiuti, tutti gli interessi pubblici
 coinvolti  possano  essere  garantiti   mediante   una   valutazione,
 effettuata  a livello regionale, da organi - conferenza dei servizi e
 giunta regionale - che, in considerazione della loro composizione e/o
 della  loro  rappresentativita',  diano   garanzia   di   un'adeguata
 considerazione anche comparata degli interessi di cui sopra.
    VII.  -  Si tratta, peraltro, di vedere se la regione Veneto abbia
 legiferato in materia di trattamento dei rifiuti  in  modo  tale  che
 risultino    adeguatamente   garantiti   la   considerazione   e   il
 bilanciamento degli interessi, entrambi costituzionalmente garantiti,
 della salubrita' dell'ambiente e dell'autonomia comunale  in  materia
 urbanistica.
    In  proposito  vengono  in  considerazione  l'art.  6  della legge
 regionale 30 gennaio 1990 n. 11 e l'art. 20 della legge regionale  23
 aprile 1990, n. 28.
    L'art.  6  della legge regionale n. 11 del 1990, - che sostituisce
 l'art. 12 della legge regionale 16 aprile 1985, n. 33 - disciplina la
 composizione e il funzionamento della commissione tecnica  regionale,
 sezione  ambiente, la quale, come dispone l'ultimo comma, "riunita ai
 sensi del presente articolo svolge funzioni dell'apposita conferenza"
 prevista dall'art. 3- bis della legge n. 441/1987.
    L'anzidetto art. 6 dispone che la conferenza risulta  composta  da
 26  persone,  delle  quali  6  esperti,  16  dirigenti  regionali,  4
 rappresentanti di altri enti ed il  sindaco  del  comune  interessato
 (primo  e  secondo  comma); che le adunanze della sezione sono valide
 quando sia presente la maggioranza  dei  componenti,  escludendo  dal
 computo   gli  assenti  giustificatisi  per  iscritto,  purche'  essa
 raggiunga almeno il 40% dei componenti assegnati, e che le  decisioni
 siano  prese  a maggioranza assoluta dei presenti, prevalendo in caso
 di parita' il voto del presidente (ottavo comma).
    Ora  non  si  puo'  non  rilevare  come  tale   disciplina   della
 conferenza, in relazione alla composizione ed ai quorum strutturale e
 funzionale  estremamente  ridotti, previsti per il suo funzionamento,
 che possono portare all'espressione di un parere  da  parte  del  20%
 della conferenza stessa, non garantisca quell'adeguata considerazione
 dei  vari  interessi  pubblici e, in particolare, quella comparazione
 degli interessi alla sanita' dell'ambiente e  all'autonomia  comunale
 in  materia  urbanistica,  che  vuole  siano assicurate l'art. 3- bis
 della legge n. 441/1987, il quale in materia ha indubbiamente valenza
 di norma di principio ai sensi dell'art. 117 della Costituzione.
    E' in relazione a tali rilievi che deve essere valutato l'art.  20
 della  legge  regionale  23  aprile 1990, n. 28, il quale, come si e'
 sopra visto, a modifica  di  quanto  stabilito  sull'art.  42,  primo
 comma,  della  legge  regionale n. 33/1985, attribuisce al presidente
 della giunta regionale o ad un suo delegato, anziche', come  previsto
 dall'art.  3-  bis della legge n. 441/1987, alla giunta regionale, il
 potere di approvare i progetti degli impianti di prima categoria.
    Ed  infatti,  se  la  composizione  ed  il   funzionamento   della
 Commissione  tecnica  regionale  -  sezione ambiente - operante quale
 conferenza dei servizi ex  art.  3-  bis  della  legge  n.  441/1987,
 fossero  tali  da  garantire  l'adeguata ponderazione degli interessi
 connessi  all'autonomia  comunale in materia urbanistica, si potrebbe
 anche ammettere che la legislazione  regionale  veneta  -  una  volta
 accolto  il principio fondamentale, posto dalla legislazione statale,
 che i  diversi  interessi  pubblici  coinvolti  nel  procedimento  di
 approvazione  dei  progetti  degli  impianti  di  stoccaggio  e/o  di
 trattamento dei  rifiuti  vengano  valutati  da  una  conferenza  dei
 servizi  e  che  la conseguente approvazione del progetto sostituisca
 visti, pareri, autorizzazioni e concessioni  di  competenza  -  possa
 attribuire  al  presidente  della  giunta  regionale,  anziche'  alla
 giunta, come fa l'art. 3- bis  della  legge  regionale  n.  441/1987,
 l'approvazione dei progetti stessi.
    Senonche'  e'  stata sopra constatata l'inadeguatezza, per ragioni
 strutturali  e  funzionali,  della  conferenza  dei   servizi,   come
 disciplinata  dalla  legislazione  regionale  veneta,  a garantire il
 rispetto, fra l'altro, dell'autonomia comunale in materia urbanistica
 raffrontata  con  l'interesse   pubblico,   pure   costituzionalmente
 garantito, alla protezione dell'ambiente.
    Cosi'  stando le cose, e' di dubbia legittimita' costituzionale la
 norma con cui la regione veneta ha  attribuito  al  presidente  della
 giunta regionale la competenza ad approvare i progetti degli impianti
 di  prima  categoria,  anziche'  lasciare tale competenza alla giunta
 regionale, cui essa era stata demandata dalla legge statale.
    In particolare, l'effetto di variante agli  strumenti  urbanistici
 comunali   derivante,  ex  art.  3-  bis  della  legge  n.  441/1987,
 dall'approvazione di progetti di impianti di trattamento e stoccaggio
 dei  rifiuti,  avrebbe  richiesto  una   diversa   disciplina   della
 Commissione  tecnica  regionale,  sezione  ambiente, nel senso che si
 sarebbero  dovuti  prevedere  piu'  elevati  quorum   strutturali   e
 funzionali   e/o   l'obbligo   di   far  risultare  le  opinioni  dei
 rappresentanti   dei   vari   interessi,   e   in   particolare   del
 rappresentante  del  comune  interessato,  e non solo il parere della
 maggioranza dei presenti. Oppure, restando  invariata  la  disciplina
 della   conferenza  dei  servizi,  si  sarebbe  dovuta  prevedere  la
 necessita' che l'approvazione dei progetti degli  impianti  di  prima
 categoria  fosse di competenza della giunta a regionale, stabilendosi
 altresi' l'obbligo di un'adeguata considerazione  "delle  risultanze"
 della  conferenza e quindi delle opinioni espresse dai rappresentanti
 dei diversi interessi pubblici coinvolti nel  relativo  procedimento,
 con  particolare  riferimento  a quelli urbanistici del comune in cui
 l'impianto debba essere ubicato, tanto  piu'  ove  la  localizzazione
 avvenga  in  contrasto con le previsioni urbanistiche vigenti in quel
 comune.
    In quest'ultimo caso e,  comunque,  nel  caso  in  cui  il  comune
 interessato  avesse ad esprimere un'opinione contraria all'ubicazione
 nel  suo  territorio  dell'impianto  di  prima  categoria,  la  legge
 regionale   avrebbe   dovuto   imporre   l'obbligo  di  una  espressa
 motivazione.
    Tali   rilievi    relativi    alla    sospettata    illegittimita'
 costituzionale delle norme regionali di cui si tratta, non perdono di
 valore  per  il fatto che l'art. 42 della legge regionale n. 33/1985,
 come modificata  dall'art.  20  della  legge  regionale  n.  28/1990,
 prevede  la  facolta'  del  comune,  a  cui  il  progetto deve essere
 inviato, di far pervenire alla regione le  proprie  osservazioni  sul
 progetto  stesso, e cio' in quanto si tratta di norma troppo generica
 che non stabilisce precise modalita'  procedimentali  che  assicurino
 una   congrua   considerazione   dell'opinione   dell'Amministrazione
 comunale interessata.
    VIII. - Per le considerazioni suesposte, appare non manifestamente
 infondata la questione di legittimita' costituzionale  del  combinato
 disposto dell'art. 6 della legge regionale veneta 30 gennaio 1990, n.
 11,  che sostituisce l'art. 12 della legge regionale veneta 16 aprile
 1985, n. 33 e dell'art. 42, primo comma, della stessa legge regionale
 n. 33 del  1985,  nel  testo  risultante  dalle  modifiche  apportate
 dall'art.  20  della  legge  regionale  veneta 23 aprile 1990, n. 28,
 poiche', in  violazione  dell'art.  5  della  Costituzione,  comporta
 un'eccessiva   compressione   dell'autonomia   comunale   in  materia
 urbanistica  e   poiche',   in   violazione   dell'art.   117   della
 Costituzione, disciplina un procedimento di approvazione dei progetti
 degli  impianti di prima categoria di trattamento e di stoccaggio dei
 rifiuti in modo contrastante con i principi fondamentali stabiliti in
 materia dall'art. 3- bis del d.-l.  31  agosto  1987,  n.  361,  come
 convertito in legge con la legge 29 ottobre 1987 n. 441.
    L'anzidetta  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  pure
 rilevante  in  causa,  ove  si  consideri  che,  dovendosi   ritenere
 l'incompetenza  della  giunta  regionale  ad emanare il provvedimento
 impugnato emesso  in  base  al  parere  espresso  da'lla  commissione
 tecnica regionale, sezione ambiente, prevista dall'art. 6 della legge
 n.  11/1990,  si  dovrebbe  affermare,  ai  sensi dell'art. 42, primo
 comma, della legge regionale n. 33/1985, come sostituito dall'art. 20
 della legge regionale n. 28/1990, la competenza del presidente  della
 giunta regionale.
    Pertanto  il  collegio ritiene che le norme regionali sopra citate
 vadano sottoposte al giudizio  della  Corte  costituzionale,  con  la
 conseguente   sospensione  del  processo  in  attesa  della  relativa
 pronuncia.