IL PRETORE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa di previdenza n. 701/1991 r.gen. vertente tra Acciavatti Maria Domenica e l'I.N.P.S. F A T T O La ricorrente ha avanzato domanda di riconoscimento del diritto alla doppia integrazione al minimo quale titolare di pensioni I.N.P.S. di vecchiaia e di reversibilita'. L'I.N.P.S. ha eccepito l'intervenuta decadenza per essere stata la domanda prodotta in data 20 marzo 1991, quindi oltre il termine decennale per la proposizione della domanda giudiziale: decadenza verificatasi in forza dell'art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 alla luce dell'interpretazione autentica di cui all'art. 6 della legge 1 agosto 1991, n. 166, di conversione con modifiche del d.-l. 29 marzo 1991, n. 103. La ricorrente ha allora sollevato sotto diversi profili questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 6 citato, chiedendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. D I R I T T O La questione di costituzionalita' dell'art. 6 della legge 1 giugno 1991, n. 166 va ritenuta non manifestamente infondata, sotto i profili e per le considerazioni che seguono. La norma de quo cosi' testualmente recita: "1 - I termini previsti dall'art. 47, secondo e terzo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, sono posti a pena di decadenza per l'esercizio del diritto alla prestazione previdenziale. La decadenza determina l'estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l'inammissibilita' della relativa domanda giudiziale. In caso di mancata proposizione di ricorso amministrativo, i termini decorrono dall'insorgenza del diritto ai singoli ratei. 2 - Le disposizioni di cui al comma 1 hanno efficacia retroattiva, ma non si applicano ai processi che sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto". A) Contrasto con i principi di ragionevolezza, eguaglianza ed equita' posti dall'art. 3 della Costituzione, nonche' dell'art. 38 della Costituzione. L'art. 6 del d.-l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito in legge 1 giugno 1991, n. 166, si propone quale norma di interpretazione autentica dell'art. 47 del d.P.R. n. 639/1970, e quindi con efficacia retroattiva. Senonche' nel contenuto e nei risultati applicativi, l'art. 6 citato si risolve in norma sostanzialmente nuova ed autonoma rispetto alla fattispecie da interpretare. Tale art. 6 ha infatti un ambito di estensione non coincidente, perche' piu' vasto, rispetto a quello della norma che pretende invece meramente di chiarire imponendone l'esegesi anche per il passato: si viene ad incidere, in sostanza, sul diritto stesso alla prestazione previdenziale, diritto pacificamente indisponibile e da ritenersi imprescrittibile ex art. 38, secondo comma della Costituzione e tale sempre riconosciuto senza contrasti in giurisprudenza; quindi si va oltre i confini della norma di cui all'art. 47 del d.P.R. n. 639/79 cit., che poneva una mera condizione di procedibilita' dell'impugnativa giudiziale contro la reiezione della domanda amministrativa volta ad ottenere la prestazione. B) Contrasto con gli artt. 24, 25, 101, 102 e 104 della Costituzione. Tale contrasto puo' essere colto laddove la norma in oggetto si configura e qualifica come norma di interpretazione autentica con conseguente efficacia retroattiva tesa ad interferire sulla autonomia della funzione giurisdizionale del potere giudiziario. Devesi infatti in primis dubitare dall'esistenza del potere del legislatore di interpretare - in modo autentico - la legislazione vigente, trattandosi di funzione che nel nostro ordinamento costituzionale, in virtu' del principio della separazione dei poteri, e' demandata alla giurisdizione. Inoltre, anche sotto altro profilo, detta norma, ancorche' faccia salvi i giudizi in corso, ha peraltro natura ed efficacia di intervento legislativo sulla giurisdizione, in materia su cui si e' formata quale diritto vivente l'interpretazione di cui alla sentenza della Cassazione ss.uu. 21 giugno 1990, n. 6245, che ha configurato il termine di cui all'art. 47 citato quale avente natura ne' di decadenza, ne' di prescrizione, ma di mera decadenza procedimentale dalla proposizione della domanda. C) Contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Siffatto contrasto puo' essere ravvisato nel fatto che la norma diversifica ingiustificatamente la posizione di chi abbia, alla data di entrata in vigore del decreto stesso, prodotto ricorso in giudizio da quella di chi abbia proposto la sola domanda amministrativa. D) Contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione. Tale contrasto puo' essere colto per il fatto che la norma, nell'ammettere la decadenza dal diritto sostanziale alla prestazione previdenziale, deroga illegittimamente alla tutela costituzionale assoluta ed incondizionata di tale fondamentale diritto del lavoratore. La norma in questione va comunque ritenuta manifestamente incostituzionale, secondo quanto gia' ripetutamente affermato dalla stessa Corte costituzionale in diverse occasioni (sentenze nn. 210/1971; 36 e 349 del 1985; 822/1988; 155/1990), in quanto incide arbitrariamente su situazioni sostanziali poste in essere dalla pregressa legislazione, modificando sfavorevolmente la disciplina di rapporti di durata, in modo irragionevole, con lesione del principio generale dell'affidamento in materia di diritti di primario interesse pubblico correlati a principi costituzionalmente protetti, nella specie quello dell'affidamentodel cittadino nella sicurezza sociale pubblica, che costituisce elemento fondamentale ed indispensabile dello Stato di diritto. Appare altresi' incostituzionale, perche' abnorme ed irragionevole, l'introduzione per decreto legge di termini di decadenza in materia previdenziale senza la previsione di norme transitorie che facciano salva la possibilita' di introdurre ricorso giudiziario gia' ammesso dall'ordinamento vigente. Va infine osservato, quanto al requisito di legge della rilevanza, che trattandosi di giudizio in cui l'I.N.P.S. ha eccepito la decadenza verificatasi alla luce della norma in oggetto, la soluzione della questione di costituzionalita' si appalesa rilevante e necessaria ai fini del giudizio medesimo.