IL PRETORE
     A scioglimento  della  riserva  che  precede  ha  pronunciato  la
 seguente  ordinanza  nella  causa  r.  g. 101/87 promossa da Borhetto
 Fortunato (avv. I. Raneri) contro Cassa nazionale  di  previdenza  ed
 assistenza  a  favore dei geometri (avv. S. Gullotta e dott. proc. C.
 Sergi), oggetto: quantificazione pensione di vecchiaia.
    1) La vicenda processuale.
    Con   ricorso  depositato  in  data  10  febbraio  1987  Borghetto
 Fortunato,  premesso  che  la  Cassa  nazionale  di   previdenza   ed
 assistenza  a  favore dei geometri gli aveva liquidato la pensione di
 vecchiaia con decorrenza 1› gennaio 1985 nella misura di lire 387.576
 lorde annue secondo il criterio del cosiddetto sottominimo  (art.  2,
 quinto  comma  della  legge  20  ottobre  1982, n. 773), conveniva in
 giudizio la Cassa affinche' venisse  accertato  che  l'importo  della
 pensione  erogata  doveva  essere  pari  a  sei  volte  il contributo
 soggettivo minimo versato nell'anno anteriore a quello di maturazione
 del diritto a pensione (e dunque pari a L.  4.980.000  annue  per  il
 1985).
    In  via  subordinata  chiedeva  che  il  pretore  dichiarasse  non
 manifestamente infondata la questione di costituzionalita'  dell'art.
 2 della legge 20 ottobre 1982, n. 773, nella parte in cui prevede che
 la  misura  della pensione sia rapportata al reddito dichiarato e non
 alla contribuzione effettivamente versata, in riferimento agli  artt.
 3 e 38 della Costituzione.
    Si  costituiva  ritualmente  la  Cassa  nazionale di previdenza ed
 assistenza a favore dei geometri, contestando le avverse  pretese  di
 cui chiedeva il rigetto.
    2) La questione di costituzionalita'.
    Il  pretore  giudica  rilevante  e non manifestamente infondata la
 questione di costituzionalita' dell'art. 2, quinto comma, della legge
 20 ottobre 1982, n. 773 (Riforma della Cassa nazionale di  previdenza
 ed assistenza a favore dei geometri) rispetto agli artt. 3 e 38 della
 Costituzione.
    2.1.) La rilevanza.
    I  commi  secondo e terzo dell'art. 2 della legge 20 ottobre 1982,
 n.  773,  stabiliscono  i  criteri  generali  di  liquidazione  della
 pensione di vecchiaia.
    Il secondo comma prevede che detta pensione e' pari, per ogni anno
 di   effettiva   iscrizione  e  contribuzione  all'1,75  della  media
 decennale del reddito professionale dichiarato dall'iscritto ai  fini
 Irpef  quale  risulta  dalle  conformi  dichiarazioni presentate alla
 Cassa per i dieci anni solari anteriori alla maturazione del  diritto
 a pensione.
    Per  il  calcolo della media reddituale il terzo comma dell'art. 2
 considera rilevante solo la parte di reddito soggetta  al  contributo
 di  cui  all'art.  10, primo comma della medesima legge, rivalutabile
 annualmente secondo l'indice nazionale generale dei prezzi al consumo
 per le famiglie degli operai e degli impiegati calcolato  dall'Istat,
 nella misura del 75%.
    Il   quarto   comma  dell'art.  2  fissa  l'importo  minimo  della
 prestazione previdenziale liquidabile stabilendo che la misura  della
 pensione  di  vecchiaia  in  oggetto  non  puo'  essere  inferiore al
 contributo  soggettivo  minimo  a  carico   dell'iscritto   nell'anno
 anteriore a quello di maturazione del diritto a pensione.
    Il  quinto  comma dell'art. 2 introduce il criterio del cosiddetto
 sottominimo, disponendo che "la misura della pensione minima non puo'
 in alcun caso superare la media del reddito professionale di  cui  al
 secondo  comma,  rivalutato  ai  sensi  del  terzo comma del presente
 articolo nella misura del 100 per cento".
    Il ricorrente ha maturato il diritto alla pensione di vecchiaia il
 1› gennaio 1985.
    La  Cassa  ha calcolato la misura della pensione secondo i criteri
 generali di cui ai commi secondo e terzo dell'art. 2, ed ha liquidato
 al Borghetto la pensione di vecchiaia  nella  misura  di  L.  387.576
 annue.
    La  liquidazione  operata  dalla  Cassa appare conforme al dettato
 normativo.
    Infatti, poiche' secondo il calcolo di  cui  al  comma  quarto  la
 pensione  annua (minima) per il 1985 e' pari a L. 4.980.000 mentre il
 reddito medio integralmente rivalutato dell'ultimo decennio e' pari a
 L. 1.483.847 (calcolo effettuato in  base  a  dati  presentati  dalla
 cassa  all'udienza  del  7 novembre 1989), la pensione minima non era
 attribuibile al Borghetto in base al disposto del comma quinto.
    Quest'ultima norma deroga esplicitamente al  disposto  di  cui  al
 comma  quarto;  dispone  infatti che "in ogni caso" non potra' essere
 attribuita una pensione superiore alla media dei redditi  dell'ultimo
 decennio  rivalutati  integralmente  secondo l'indice Istat del costo
 della vita.
    Di qui la rilevanza della questione: infatti applicando il  quarto
 comma anziche' il quinto (che si ritiene incostituzionale) la domanda
 principale del ricorrente troverebbe accoglimento.
    La  questione  e'  rilevane  anche  dopo l'entrata in vigore della
 legge 29 dicembre 1988, n. 544, il  cui  art.  7  stabilisce  che  al
 libero  professionista dovra' comunque essere attribuita una pensione
 minima non inferiore all'importo minimo erogato  dal  Fondo  pensioni
 lavoratori  dipendenti. Detta normativa entra infatti in vigore il 1›
 gennaio 1989, mentre il ricorrente gode della pensione  di  vecchiaia
 dal 1› gennaio 1985.
    2.2) La non manifesta infondatezza.
    La  Corte costituzionale con sentenza 2 marzo 1990, n. 99, ha gia'
 affrontato  la  questione  della  legittimita'   costituzionale   del
 criterio  del  cosiddetto  sottominimo  nell'ordinamento  della Cassa
 nazionale di previdenza  ed  assistenza  a  favore  dei  geometri,  e
 precisamente riguardo alle pensioni di invalidita' e inabilita'.
    La  Corte  ha dichiarato illegittimi gli artt. 4, secondo comma, e
 5, terzo comma, della legge 20 ottobre 1982, n. 773, nella  parte  in
 cui,  per  il  calcolo  delle  pensioni  di inabilita' e invalidita',
 rinviano all'art. 2, quinto comma.
    La questione che oggi  si  solleva  era  stata  invece  dichiarata
 inammissibile per difetto di rilevanza.
    Richiamandosi  alle motivazioni della Corte osserva il pretore che
 il sistema di  previdenza  dei  geometri  si  ispira  ad  un  duplice
 criterio:  quello  della  corrispettivita'  tra contribuzione versata
 (proporzionale in base al  reddito)  e  prestazione  previdenziale  e
 quello  solidaristico, in virtu' del quale al singolo appartenente ad
 una determinata categoria e'  richiesto  un  sacrificio  patrimoniale
 senza   che  vi  sia  un  immediato  vantaggio  per  il  destinatario
 dell'obbligo, al fine di garantire  a  tutti  gli  appartenenti  alla
 categoria un minimo vitale.
    In  base  al primo criterio l'ordinamento della Cassa nazionale di
 previdenza ed  assistenza  a  favore  dei  geometri  prevede  che  le
 prestazioni  previdenziali  erogabili  siano proporzionali al reddito
 percepito nell'ultimo decennio (art. 2, secondo e terzo comma, per le
 pensioni di vecchiaia).
    In  attuazione  del  principio  solidaristico,  la  legge assicura
 l'integrabilita'  della  pensione,  calcolata  secondo   il   reddito
 dichiarato,  ad  un minimo pari a se i volte il contributo soggettivo
 minimo a carico dell'iscritto nel decennio  precedente  a  quello  di
 maturazione del diritto (art. 2, quarto comma).
    Gli  artt.  10 e 11 della legge 20 ottobre 1982, n. 773, prevedono
 le forme di finanziamento della Cassa in funzione solidaristica.
    Il comma terzo dell'art. 10  stabilisce  che  ogni  iscritto  deve
 versare   un   contributo   minimo,   indipendentemente  dal  reddito
 percepito; il comma settimo introduce l'obbligo di un  contributo  di
 solidarieta'  del  tre  per  cento sulla parte di reddito eccedente i
 quaranta milioni e, nella stessa percentuale, anche per gli  iscritti
 all'albo  non  iscritti  alla Cassa; l'art. 11 prevede l'obbbligo del
 versamento di un contributo integrativo sotto forma di  maggiorazione
 percentuale dei corrispettivi, indipendentemente dal pagamento che ne
 abbia eseguito il debitore.
    Come   rileva   la   Corte   nella   menzionata  sentenza,  vi  e'
 contraddizione tra il dichiarato intento di  agganciare  la  pensione
 minima  al contributo versato (comma quarto, art. 2) e l'introduzione
 del criterio del sottominimo, cioe' del principio secondo il quale la
 pensione non puo' comunque essere superiore alla  media  del  reddito
 professionale.
    Vi  e'  poi  ancora  contraddizione tra la previsione dei prelievi
 contributivi di solidarieta' e la norma impugnata,  la  quale  ultima
 impedisce  l'utilizzo  di  tali  prelievi a favore di chi ha comunque
 obbligatoriamente contribuito al  finanziamento  della  Cassa  ed  e'
 titolare  di prestazioni inferiori all'importo che viene dalla stessa
 legge considerato come "misura minima" della pensione (art. 2, quarto
 comma), idonea a tutelare  le  esigenze  di  cui  all'art.  38  della
 Costituzione.
    Infine  si  osserva  che  se l'iscritto non avesse percepito alcun
 reddito negli ultimi  dieci  anni,  contribuendo  ciononostante  alla
 Cassa  (e'  infatti  obbligato  a  versare  il  contributo minimo) si
 dovrebbe concludere che il pensionato non avrebbe  diritto  ad  alcun
 sostentamento  in  contrasto  con  le  finalita' solidaristiche della
 contribuzione  e  con  il  principio  del  minimo  vitale   garantito
 dall'art. 38 della Costituzione.
    La  norma  di  cui  all'art. 2, quinto comma, contrasta quindi con
 l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della  razionalita',  in
 quanto contraddittoria rispetto al regime di contribuzione adottato e
 al disposto di cui all'art. 2, quarto comma.
    La   norma   impugnata   contrasta   anche  con  l'art.  38  della
 Costituzione in quanto non garantisce al pensionato i mezzo idonei  a
 soddisfare le sue esigenze vitali nel periodo della vecchiaia.