LA CORTE DEI CONTI
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza n. 179/91/ord. sul ricorso in
 materia di pensioni di guerra, iscritto al n. 7424/g  ex  784144  del
 registro  di  segreteria,  proposto  dalla signora Scarpinati Carmela
 ved. Messina, rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Alessandro  Pintus
 presso  il  cui  studio  in Roma, viale Carso n. 63, e' elettivamente
 domiciliata, avverso il decreto del Ministero del tesoro  n.  2372851
 del 26 aprile 1969.
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del 25 settembre 1991 il relatore,
 Referendario dott.ssa Angela Silveri, ed il p.m. in persona del  vice
 procuratore  generale  dott.  Mario Pischedda; non comparso il legale
 del ricorrente.
    Esaminati gli atti ed i documenti di causa.
                               F A T T O
    Il  28  aprile  1965  la  sig.ra  Scarpinati   Carmela   contrasse
 matrimonio  con  Messina  Francesco,  ex  militare  in  godimento  di
 pensione di guerra di seconda categoria.
    Dopo  il  decesso  di  quest'ultimo  avvenuto  il   successivo   5
 settembre,  la  vedova in data 2 aprile 1968 inoltrava istanza per la
 liquidazione  della  pensione  di  riversibilita'  ed  il   pagamento
 dell'assegno  complementare  previsto  dall'art.  32  della  legge  9
 novembre 1961, n. 1240.
    Il Ministero del tesoro, con decreto  n.  2372851  del  26  aprile
 1969,   respingeva   la   domanda  per  insussistenza  dei  requisiti
 prescritti dagli artt. 44 e 59 della legge 18  marzo  1968,  n.  313,
 essendo  il matrimonio durato meno di un anno e non sussistendo prole
 ancorche' postuma. Avverso detto provvedimento ha presentato  ricorso
 l'interessata in data 9 luglio 1969.
    Il  p.g.,  nelle  conclusioni  depositate  l'11  febbraio 1991, ha
 chiesto il rigetto del ricorso ai sensi  della  normativa  richiamata
 nel decreto impugnato.
    Con  atto  pubblico del 13 agosto 1983, la ricorrente ha conferito
 procura speciale all'avv. Alessandro Pintus, il quale  nella  memoria
 depositata  il  26  giugno  1991,  ha  insistito  per  l'accoglimento
 dell'impugnativa,  chiedendo   anche   rivalutazione   monetaria   ed
 interessi legali.
    La  difesa  sostiene  che  le  norme  richiamate dal Ministero del
 tesoro sarebbero incostituzionali e sarebbero  state  travolte  dalla
 sentenza   n.  123,  del  16  marzo  1990,  con  la  quale  la  Corte
 costituzionale ha dichiarato illegittimo  l'art.  81  del  d.P.R.  n.
 1092/1973 nella parte in cui subordina la concessione del trattamento
 pensionistico  alla  durata  del  matrimonio.  Le  norme  stesse  non
 dovrebbero,  pertanto,  essere  applicate,  almeno  per  analogia  ed
 equita'.
    In sede dibattimentale il p.m. ha osservato che la  norma  colpita
 da  declaratoria  di  incostituzionalita'  concerne il trattamento di
 riversibilita' nell'ambito delle pensioni civili  e  militari  e  non
 anche  di guerra. Ritiene, quindi, che il ricorso andrebbe rigettato,
 ma non si oppone a che il Collegio  sollevi  d'ufficio  questione  di
 costituzionalita' degli artt. 44 e 59 della legge n. 313/1968.
                             D I R I T T O
    Gli artt. 44, terzo comma, e 59, primo comma, della legge 18 marzo
 1968,  n.  313, nonche' i corrispondenti artt. 40, terzo comma, e 51,
 primo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, nel disciplinare  il
 diritto  alla  pensione  di  riversibilita'  da  parte  della  vedova
 dell'invalido  di   guerra,   pongono,   come   condizione   per   il
 riconoscimento  del  diritto  stesso, il fatto che il matrimonio, dal
 quale non sia nata prole ancorche'  postuma,  sia  durato  alemno  un
 anno.  Si prescinde da detta condizione qualora il matrimonio risulti
 celebrato anteriormente alla data in  cui  sono  state  contratte  le
 infermita' dalle quali sia derivata la morte del militare.
    Diversamente da quanto sostenuto dalla difesa della ricorrente, la
 richiamata disciplina e' tuttora operante e dovrebbe, quindi, trovare
 applicazione  nel  caso  di  specie,  non  potendosi ritenere che, in
 assenza di una  espressa  declaratoria  di  incostituzionalita',  gli
 articoli in questione siano stati travolti dalla sentenza della Corte
 costituzionale  n.  123  del 1990, con la quale sono state dichiarate
 illegittime le norme che dettavano la condizione della durata  minima
 del   matrimonio   nell'ambito   della   legislazione   pensionistica
 ordinaria.
    Ritiene, peraltro, il collegio di dovere  sollevare  d'ufficio  la
 questione   di   legittimita'  costituzionale  degli  articoli  sopra
 menzionati, in riferimento all'art. 3 della  Costituzione,  dovendosi
 riconoscere  la  questione  stessa  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata.
    In punto di  rilevanza  e'  sufficiente  osservare  che  l'attuale
 vigenza  della  condizine, cui e' subordinato il riconoscimento della
 riversibilita' della pensione di guerra, comporterebbe il rigetto del
 ricorso di cui e' causa, considerato che il rapporto  di  "coniugio",
 sorto  successivamente  alla insorgenza delle infermita' invalidanti,
 ha avuto una durata inferiore  all'anno  e  non  ha  lasciato  prole,
 ancorche' postuma.
    Relativamente  alla non manifesta infondatezza, assorbente rilievo
 assumono le motivazioni che hanno indotto la Consulta  a  riconoscere
 costituzionalmente  illegittima  l'analoga  condizione prevista dalla
 legislazione pensionistica ordinaria, nonche'  gli  effetti  prodotti
 nell'ordinamento dalla stessa declaratoria di incostituzionalita'.
    La  normativa in questione, dettata allo scopo di porre una remora
 alle ipotesi di matrimoni contratti non per naturale affetto  ma  per
 ragioni  di  convenienza  economica e, quindi, posta soprattutto allo
 scopo  di  tutelare  il  pubblico  erario  da  possibili   iniziative
 fraudolente,  si  palesa  irragionevole  per  la generalita' dei casi
 rappresentati da  vincoli  matrimoniali  contratti  con  serieta'  di
 intenti;   vincoli,   i   cui   effetti   pensionistici  resterebbero
 condizionati - senza alcuna giustificazione logica  -  ad  un  evento
 futuro  ed  estraneo alla volonta' dei soggetti interessati, quale la
 morte  di uno dei coniugi. E cio' anche in contrasto con il principio
 solidaristico,  che  il  costituente  ha  posto  a  fondamento  della
 societas  familiare  e  che  rappresenta  la  ratio delle norme sulla
 riversibilita' dei trattamenti pensionistici.
    Va poi osservato che la consulta, nella sentenza  n.  2/1980,  era
 pervenuta  a  dichiarare  non  fondata  la  questione di legittimita'
 costituzionale delle norme cautelative di cui si  discute  anche  sul
 presupposto  che  queste  stesse norme contenessero una disciplina di
 favore per le pensioni di guerra, avendo subordinato il diritto  alla
 riversibilita'  al  termine  minimo di un solo anno, anziche' di due,
 come previsto dalla pensione ordinaria.
    Detto presupposto e',  pero',  venuto  meno  con  la  sentenza  n.
 123/1990.   Si   verifica   ora,  al  contrario,  una  ingiustificata
 disparita' di trattamento tra vedove di invalidi di  guerra,  il  cui
 diritto  a  pensione  resta subordinato alla durata del matrimonio, e
 vedove di dipendenti civili o militari nei confronti delle  quali  la
 stessa  condizione e' stata eliminata, risultando quindi anche in tal
 senso violato l'art. 3 della Costituzione.