IL PRETORE
    Letti  gli  atti del procedimento penale n. 111/1990 r.g. a carico
 di Murrone Michele; uditi il p.m. e la difesa;
    Osservato  che  il  difensore  dell'imputato  ha  insistito  nelle
 conclusioni di cui alla nota del 28 giugno 1991;
    Ritiene che, la sollevata eccezione di legittimita' costituzionale
 della  norma  impugnata  non  sia  manifestamente  infondata, sicche'
 oltremodo  opportuna  si   rivela   la   sospensione   del   presente
 procedimento  e  la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale
 per dirimere la questione.
    Ed invero, la recente normativa  in  materia  di  assegni  bancari
 prevede   espressamente  la  possibilita'  in  favore  dell'emittente
 dell'assegno scoperto di evitare il procedimento penale a suo  carico
 per  violazione  dell'art.  2  della  legge 15 dicembre 1990, n. 386,
 laddove  effettui  il  pagamento  dell'importo  del   titolo,   degli
 interessi,  della  penale  e  delle  spese  per  il protesto o per la
 constatazione equivalente entro 60 giorni dalla data di scadenza  del
 termine di presentazione del titolo.
    In  definitiva la legge non solo subordinata la procedibilita' del
 reato al decorso del predetto termine  ma,  al  fine  di  evitare  un
 inutile  procedimento  penale  laddove  vengano  comunque tutelate le
 ragioni creditorie del portatore del  titolo,  prevede  altresi'  una
 speciale  causa estintiva del reato collegata al pagamento effettuato
 secondo le prescrizioni di cui all'art. 8 della stessa  legge.  Nella
 prospettiva  suddetta, di contemperamento della esigenza di riduzione
 dei processi  pendenti  e  di  tutela  delle  ragioni  del  portatore
 dell'assegno,  si colloca altresi' la norma transitoria dell'art. 11,
 la quale estende la speciale causa estintiva della punibilita'  anche
 ai  reati  previsti  dall'art.  2  che  siano  stati  commessi  prima
 dell'entrata in vigore della legge, qualora  l'imputato  effettui  il
 pagamento  dell'assegno  e degli accessori entro 90 giorni dalla data
 suddetta.
    Nel caso di specie l'imputato ha provato di essere  stato  ammesso
 alla procedura dell'amministrazione controllata con provvedimento del
 tribunale  di  Rossano  del  4-8 febbraio 1991 e che la somma portata
 dall'assegno protestato rientra fra i crediti della  ditta  Cimino  e
 Ioppoli ammessi allo stato passivo. Costituisce costante orientamento
 giurisprudenziale  (cfr.  cass.  sez. I, 9 novembre 1982, n. 5883, n.
 4798/1980; n. 3421/1977 e numerose altre)  quello  secondo  cui,  per
 effetto    dell'ammissione    del   debitore   alla   amministrazione
 controllata, si determina la cristallizzazione della massa passiva  a
 tutela  della  par  condicio  creditorum,  non diversamente da quanto
 avviene in caso di fallimento. Conseguenza ne e' che e'  precluso  al
 debitore  il  pagamento  dei  debiti  preesistenti, anche se venuti a
 scadenza durante la procedura, pena la inefficacia  dello  stato  nei
 confronti  dei  creditori.  Tali  pagamenti,  del  resto, non possono
 neppure essere autorizzati  dal  g.d.  (cfr.  giurisprudenza  innanzi
 citata)  e,  ove effettuati, costituiscono atti di frode sanzionabili
 con  la  dichiarazione  di  fallimento  ex  art.  173   della   legge
 fallimentare.
    Se  dunque  e'  prescluso  all'imputato  di  effettuare  pagamenti
 preferenziali, ne consegue che egli non possa neppure giovarsi  della
 particolare  procedura  per  ottenere la estinzione del reato (da lui
 perpetrato in data 10 novembre 1989). Evidente pare allora al Pretore
 la   non   manifesta   infondatezza   della  sollevata  eccezione  di
 legittimita' costituzionale dell'art.  11  della  legge  15  dicembre
 1990,  n.  386 in relazione all'art. 3 della Costituzione, atteso che
 la  norma  impugnata  introduce  una  irragionevole   disparita'   di
 trattamento  tra  cittadini  in  danno  di coloro i quali, per essere
 sottoposti alla procedura di amministrazione controllata,  non  siano
 posti  concretamente  in  grado  di  giovarsi della speciale causa di
 estinzione della  punibilita'  da  essa  introdotta,  e  pertanto  in
 violazione del principio costituzionale delle pari opportunita'.
    La  norma  pertanto  si  presenta  viziata  nella parte in cui non
 prevede che il termine di giorni 90 per effettuare il pagamento e per
 ottenere la estinzione del reato decorra  non  gia'  dall'entrata  in
 vigore   della   legge,  bensi'  dalla  conclusione  della  procedura
 concorsuale alla quale  l'imputato  sia  eventualmente  sottoposto  e
 nella   quale   risulti  inserito  il  credito  portato  dall'assegno
 protestato.
    La questione sollevata e' di  indubbia  rilevanza  atteso  che,  a
 parere  di  questo  pretore,  il  processo  non  puo' essere definito
 indipedentemente dalla risoluzione della  questione  di  legittimita'
 costituzionale.
    Sussistendo  dunque  entrambi  i  requisiti  di  cui  all'art. 23,
 secondo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, il presente  processo
 va  sospeso  e  gli  atti  vanno  immediatamente trasmessi alla Corte
 costituzionale per dirimere la questione.