LA CORTE DI APPELLO
   Rilevato che dagli accertamenti peritali  e'  risultata  l'assoluta
 impossibilita'  per stabilimenti di tipo concerie, ma anche per altri
 tipi di stabilimento che debbono per esigenze tecniche  o  per  legge
 avvalersi  di  impianti  addolcitori rispettare i parametri stabiliti
 dal n. 32 della tabella A allegata alla legge 10 maggio 1976, n. 319,
 perche'  sia   gli   impianti   che   ricorrono   al   metodo   della
 deionizzazione,  sia  quelli  che ricorrono al metodo dell'osmosi in-
 versa,  dopo  aver  bloccato  in  un  primo  tempo   i   cloruri   li
 restituiscono  poi  necessariamente in altissime concentrazioni (cio'
 sia detto a prescindere dal costo elevatissimo di tali impianti, pari
 a circa 25 milioni di lire per metro cubo di acqua da desalinizzare);
    Rilevato altresi' che, sempre giuste  le  motivate  e  convincenti
 argomentazioni  del  perito,  il  limite  in  questione  non ha alcun
 fondamento razionale in quanto non tiene conto ne'  del  quantitativo
 totale  dei  cloruri  immessi da una specifica lavorazione, ne' della
 capacita' di assorbimento del corpo idrico ricettore, di talche',  ad
 esempio,  chi scaricasse un solo litro di acqua a 1000 milligrammi di
 concentrazione incorrerebbe nei rigori della  legge;  mentre  che  ne
 versasse  migliaia  di  litri  a  1100 milligrammi di concentrazione,
 sarebbe in perfetta regola nonostante che  l'impatto  ambientale  nel
 primo  caso  sarebbe nullo e nel secondo invece assai rilevante anche
 avuto riguardo ai dati sulla vita acquatica enunciati dal  perito  (e
 tutto  cio'  va  detto sempre a prescindere da quello importantissimo
 parametro che e' dato dalle caratteristiche del corpo ricettore);
    Rilevato inoltre che,  certamente  in  considerazione  dei  motivi
 sopraelencati;  la  normativa  di tutti gli altri Paesi della CEE non
 pone parametri per i  cloruri  e  che,  come  il  perito  informa,  a
 prescindere   dall'ortodossia  giuridica  del  loro  intervento,  due
 regioni  italiane  e  precisamente  la  Toscana  e  il  Veneto   sono
 intervenute largamente derogando al limite in questione;
    Ritenuto  conseguentemente  non manifestamente infondato il dubbio
 di legittimita' costituzionale dell'art. 21 legge 10 maggio 1976,  n.
 319,  nella  parte in cui fa riferimento al parametro tabellare sopra
 indicato, in quanto contrastante con i principi di cui agli artt. 4 e
 41 della Costituzione, non sembrando ricorrere le esigenze di  tutela
 della collettivita', enunciati dal detto articolo 41, secondo e terzo
 comma;
    Ritenuta  altresi'  la rilevanza della questione trattandosi della
 principale linea  difensiva  adottata  dall'imputato,  condivisa  dal
 procuratore  generale;  onde  il  giudizio  non  puo' essere definito
 indipendente dalla risoluzione della questione sopra illustrata;