IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  all'udienza  dibattimentale
 del 21 ottobre 1991.
    A  seguito di rituale opposizione a decreto penale di condanna, il
 giudice per le indagini preliminari presso la pretura di  Prato,  con
 decreto  del  18  febbraio  1991,  disponeva  la  citazione  di Mazzi
 Giancarlo,  quale  amministratore  dell'impresa  F.I.T.  S.p.a.,  per
 rispondere  dinanzi  al  giudice  del  dibattimento  del reato di cui
 all'art. 13/A della legge n. 474/1957.
    Al  dibattimento,  revocato  il  decreto penale opposto, la difesa
 eccepiva l'incostituzionalita' della norma dedotta in imputazione con
 riferimento all'art. 27, terzo comma, della  Costituzione,  deducendo
 che  il meccanismo di determinazione della pena, generando una enorme
 sproporzione  tra  fatto   e   sanzione,   violerebbe   il   precetto
 costituzionale  relativo al finalismo rieducativo della sanzione, con
 pene irrogate quantitativamente assurde ed insopportabili.
    In esito alla sentenza della Corte costituzionale  n.  313  del  2
 luglio  1990,  che ha chiarito la portata del precetto costituzionale
 di cui all'art. 27, terzo comma, in termini di  proporzionalita'  fra
 qualita'   e   quantita'   della   sanzione,   puo'   ritenersi   non
 manifestamente infondata la questione sollevata dall'imputato.
    E invero l'accertamento che ha dato origine al decreto  penale  di
 dondanna   prima   ed   al   presente   procedimento  oggi  in  esito
 all'opposizione,come si evince dal capo di imputazione,  ha  indicato
 l'importo  di  L. 60.640.585 quale imposta relativa alla quantita' di
 prodotti  transitati,  utilizzando  cosi'  una  locuzione  che  segue
 l'orientamento  espresso  dalla suprema Corte con la sentenza in data
 26 luglio 1987, al quale corrisponde un minimo di pena applicabile di
 L. 121.281.170; cio' relativamente a kg 4.085  di  olio  combustibile
 denso e 52 di olio diatermico, pari alla quantita' trovata.
    Un  tale trattamento sanzionatorio, se commisurato al modestissimo
 disvalore del fatto accertato e contestato, l'omessa denunzia, induce
 a ritenere la enorme sproporzione fra offesa, da un lato, e quantita'
 oltre che quantita' della sanzione, dall'altro.
    Il  tutto  si  traduce   nella   non   conformita'   al   precetto
 costituzionale  prima  ricordato  talche'  appare opportuno rimettere
 alla   Corte   costituzionale   la   valutazione    della    eccepita
 illegittimita'  costituzionale dell'art. 13, primo comma, della legge
 2 luglio 1957, n. 474, nella parte in cui fissa la  pena  minima  nel
 doppio dell'imposta relativa ai prodotti trovati nel deposito.