ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  61,  secondo
 comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (Nuovo assetto retributivo-
 funzionale del personale civile e militare dello Stato), promosso con
 ordinanza  emessa  il  1›  febbraio 1991 dal Tribunale di Catania nel
 procedimento civile vertente tra Santo Scollo  ed  altra  e  Ministro
 della  pubblica istruzione iscritta al n.  451 del registro ordinanze
 1991  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27,
 prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Tribunale di Catania, nel corso di  un  giudizio  promosso
 contro  il  ministero della pubblica istruzione ed un insegnante, dai
 genitori  di  un  alunno  di  un  istituto  tecnico  commerciale  per
 geometri,  per  ottenere  il  risarcimento  dei  danni  conseguenti a
 lesioni  riportate  dal  minore  durante  l'orario   scolastico,   ha
 sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
 all'art. 28 Cost., dell'art. 61 della l. 11 luglio 1980, n. 312.
    Tale  articolo  -  dopo  avere  disposto  che  la  responsabilita'
 patrimoniale  del  personale  direttivo,  docente,  educativo  e  non
 docente nella scuola materna,  elementare,  secondaria  ed  artistica
 dello Stato e delle istituzioni educative statali, per danni arrecati
 direttamente all'amministrazione in connessione a comportamenti degli
 alunni, e' limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell'esercizio
 della  vigilanza  sugli  alunni  stessi,  e  che  tale limitazione si
 applica  anche  alla  responsabilita'  verso  l'amministrazione   che
 risarcisca  il  terzo dei danni subiti per comportamento degli alunni
 sottoposti alla vigilanza - stabilisce che, "salvo rivalsa  nei  casi
 di  dolo  o  colpa  grave,  l'amministrazione si surroga al personale
 medesimo nelle responsabilita' civili derivanti da azioni giudiziarie
 promosse da terzi".
    Secondo il giudice a quo, quest'ultima disposizione,  sancendo  un
 esonero  dalla  responsabilita'  diretta per il personale scolastico,
 violerebbe l'art. 28 Cost. che tale responsabilita' prevede,  creando
 "per detto personale una vera e propria area di franchigia".
    Nell'ordinanza  di  rimessione  si  deduce  che  l'art.  28  della
 Costituzione,  innovando  rispetto   al   vecchio   ordinamento,   ha
 consacrato  il  principio  della responsabilita' diretta dei pubblici
 impiegati  nei  confronti  dei   terzi,   parallelamente   a   quella
 dell'amministrazione,  realizzando una evoluzione in senso garantista
 del regime previgente,  nel  quale  gli  agenti  dell'amministrazione
 rispondevano  direttamente  verso  i terzi solo per gli atti compiuti
 dolosamente.
    La  disposizione  impugnata,  viceversa,  avrebbe   eliminato   la
 responsabilita'  solidale  del  pubblico  dipendente e della pubblica
 amministrazione, innovando radicalmente rispetto alla  normativa  che
 in  precedenza  disciplinava la responsabilita' per danni cagionati a
 terzi in quello specifico settore del  pubblico  impiego  che  e'  il
 settore  scolastico.  Infatti,  in forza del rinvio operato dall'art.
 139 del d.P.R. n. 417 del 1974, la disciplina al riguardo era  quella
 del  T.U.  10  gennaio  1957, n. 3, che all'art. 22, coerentemente al
 principio enunciato nell'art. 28 della  Costituzione,  affermava  per
 gli  impiegati  civili  dello  Stato, in generale, il principio della
 responsabilita' diretta per i danni derivanti da ogni violazione  dei
 diritti  del  terzo, commessa con dolo o colpa grave: responsabilita'
 concorrente con quella della pubblica amministrazione.
    Un'interpretazione  giurisprudenziale  eccessivamente  rigoristica
 aveva riconnesso la responsabilita' dell'insegnante  non  alla  prova
 positiva  dell'omissione della vigilanza (essendo la colpa presunta),
 ma alla mancata dimostrazione di aver adottato in via  preventiva  le
 misure  organizzative  e disciplinari idonee ad evitare la situazione
 di pericolo favorevole all'insorgenza del danno.
    Il legislatore - secondo il giudice a quo -  per  ovviare  a  tale
 rigorismo, emanando la norma impugnata avrebbe dettato una disciplina
 di  dubbia  legittimita'  costituzionale,  in riferimento all'art. 28
 Cost.
    Nel giudizio cosi'  promosso  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
    Nell'atto  d'intervento  viene  sottolineato  che  l'art. 28 Cost.
 consente specifiche discipline  che,  in  dati  settori,  introducano
 regole particolari e diverse rispetto ai principi comuni in materia.
    La  normativa  dettata  dall'art. 61 della l. n. 312 del 1980, pur
 assicurando "una piu' contenuta responsabilita'  per  fatto  illecito
 del personale scolastico", avrebbe riconosciuto un'adeguata tutela al
 danneggiato,  in  forza  della responsabilita' diretta della pubblica
 amministrazione.
    Conseguentemente, nessun contrasto  sarebbe  ipotizzabile  con  le
 prescrizioni dell'art. 28 Cost.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Questa  Corte  e' chiamata a decidere se l'art. 61, secondo
 comma, della legge 11 luglio 1980,  n.  312  -  nella  parte  in  cui
 stabilisce  che,  salvo  rivalsa  nei  casi  di  dolo  o colpa grave,
 l'amministrazione  si   surroga   al   personale   scolastico   nelle
 responsabilita'  civili  derivanti  da azioni giudiziarie promosse da
 terzi - contrasti con l'art. 28 Cost.,  sancendo,  per  il  personale
 scolastico,  un esonero dalla responsabilita' diretta, non consentito
 dallo stesso art. 28, in base al quale i funzionari ed  i  dipendenti
 dello  Stato  e  degli  enti pubblici sono direttamente responsabili,
 secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti
 in violazione di diritti e in tali casi la responsabilita' civile  si
 estende allo Stato e agli altri enti pubblici.
    2. - La questione non e' fondata.
    Secondo   l'interpretazione  di  questa  Corte,  l'art.  28  della
 Costituzione stabilisce la responsabilita' diretta per violazione  di
 diritti  tanto dei dipendenti pubblici per gli atti da essi compiuti,
 quanto dello Stato o degli enti pubblici, rimettendone la  disciplina
 dei  presupposti  al  legislatore  ordinario  (cfr.  in  proposito le
 sentenze n. 18 del 1989, n. 26 del 1987, n. 148 del 1983, n. 123  del
 1972).  Cio'  comporta che il legislatore puo' legittimamente emanare
 norme  che  limitano  la   responsabilita'   diretta   dei   pubblici
 dipendenti,  anche escludendola in relazione a determinate situazioni
 oggettive o soggettive (cfr. le sentenze n. 18 del 1989 e  n.  2  del
 1968).
    Il  precetto  costituzionale  - frutto di un travagliato dibattito
 dell'Assemblea  costituente  -  ha   modificato   l'indirizzo   della
 giurisprudenza  e della dottrina anteriore alla Costituzione; secondo
 tale indirizzo, per gli atti  compiuti  dal  pubblico  dipendente  in
 violazione  di  diritti,  era  responsabile verso i terzi la pubblica
 amministrazione,  salvo  che  ricorresse  il  dolo  (poiche'  questo,
 secondo   quell'indirizzo,   provocando   la   rottura  del  rapporto
 d'identificazione  tra  l'ente  e  la  persona titolare dell'ufficio,
 veniva  ad  escludere  la  riferibilita'  dell'atto   alla   pubblica
 amministrazione,    con    conseguente    imputazione   personale   e
 responsabilita' diretta dell'agente).
    Ai fini della presente questione, non e' necessario percorrere  la
 lunga  evoluzione,  che,  muovendo  dalla  distinzione  tra atti jure
 publico o privato e, poi, tra atti vincolati e discrezionali,  giunse
 all'affermazione  della  responsabilita'  della  p.a.  per  il  danno
 derivante dalla lesione di beni della vita protetti, nei confronti di
 essa,  da  norme  di  relazione:  danno  ingiusto  che  non  consente
 diversita'   di   trattamento   della  condotta  dell'amministrazione
 rispetto a  quella  del  privato.  Di  fronte  a  tendenze  che,  per
 reprimere l'iniuria avevano fatto ricorso anche a titoli obiettivi di
 responsabilita'  o al principio dell'inscindibilita' tra sacrificio e
 risarcimento,  fu  la  giurisprudenza  ad  affermare  l'esigenza  del
 requisito della colpa come base del diritto al ristoro, colpa che, in
 quanto  riferibile  all'amministrazione,  deve  essere  in  ogni caso
 perseguibile.
    In questa linea, l'art. 28 della Costituzione ha inteso  in  primo
 luogo  affermare,  a  maggior  garanzia  della  legalita' dell'azione
 amministrativa e a miglior tutela dei cittadini,  la  responsabilita'
 "diretta"  dei  pubblici  dipendenti e della pubblica amministrazione
 per gli atti compiuti in violazione di diritti. In secondo luogo, con
 il riferimento alle leggi ordinarie per  la  configurazione  di  tale
 responsabilita',    ha   inteso   attribuire   al   legislatore   una
 discrezionalita' che, tenendo conto della complessita' delle esigenze
 e degl'interessi a confronto, gli  consentisse  sia  di  limitare  la
 responsabilita'   diretta   dei   pubblici  dipendenti  in  relazione
 all'elemento psicologico, sia di escluderla, in riferimento a  deter-
 minate  fattispecie,  per  talune  particolari  categorie di soggetti
 tenuti. Statuendo, infine, che, nei casi in cui vi e' responsabilita'
 diretta dei pubblici dipendenti, questa "si estende allo Stato e agli
 enti pubblici", ha inteso stabilire che in detti casi non puo' essere
 esclusa   la   responsabilita'   diretta   anche    della    pubblica
 amministrazione.
    Con  tale ultima statuizione, peraltro, il precetto costituzionale
 non ha vincolato il legislatore ad escludere la responsabilita' della
 pubblica amministrazione ove  non  sussista  la  responsabilita'  del
 pubblico dipendente: anzi - tenuto conto che la ratio dell'art. 28 e'
 quella   di   rafforzare,   oltre   che   la   legalita'  dell'azione
 amministrativa, la tutela dei privati contro gli atti illeciti  della
 pubblica   amministrazione   -   deve  ritenersi  implicito  nel  suo
 complessivo contenuto che la legittimita' delle  norme,  esclusive  o
 limitative  della responsabilita' diretta dei pubblici dipendenti, va
 valutata anche  tenendo  conto  della  contestuale  previsione  della
 responsabilita' diretta della pubblica amministrazione.
    3.  - L'affermazione, in linea di principio, della responsabilita'
 dell'agente  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici  non  esclude  la
 possibilita'  che,  nei  confronti dell'agente, siano previste regole
 particolari e differenziate, rispetto ai princi'pi comuni.
    Dunque, per  i  pubblici  dipendenti  il  risarcimento  del  danno
 ingiusto  puo' essere oggetto di regole generali ovvero di discipline
 particolari, relative a determinate categorie (piu' o meno vaste)  di
 pubblici  dipendenti:  tipi  di normative che ricorrono nei confronti
 degli   impiegati   civili  dello  Stato  e  (nell'ambito  di  questa
 categoria)  degli  insegnanti  per  culpa  in   vigilando   ad   essi
 ascrivibile.
    La  responsabilita'  degl'impiegati  dello Stato verso la pubblica
 amministrazione ed i terzi, e' regolata dagli artt. 18  e  segg.  del
 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.
    L'art.  22, primo comma, di tale d.P.R. dispone che l'impiegato il
 quale, "nell'esercizio delle attribuzioni  ad  esso  conferite  dalla
 legge  o  dai  regolamenti  cagioni  ad  altri  un danno ingiusto" e'
 personalmente obbligato a risarcirlo. L'art. 23, primo comma, precisa
 che "e' danno ingiusto, agli effetti previsti  dall'art.  22,  quello
 derivante  da  ogni  violazione dei diritti dei terzi che l'impiegato
 abbia commesso per dolo o per colpa grave". Restano pero'  salve  "le
 responsabilita' piu' gravi previste dalle leggi vigenti". L'azione di
 risarcimento  nei  confronti  dell'impiegato  statale (art. 22, primo
 comma)
 puo' "essere  esercitata  congiuntamente  con  l'azione  diretta  nei
 confronti  dell'amministrazione,  qualora  in  base  alle norme ed ai
 principi  vigenti  nell'ordinamento  giuridico,  sussista  anche   la
 responsabilita'  dello  Stato".  Nel  caso  in  cui,  in  conseguenza
 dell'azione diretta, l'amministrazione abbia risarcito il  danno,  e'
 prevista  azione  di  rivalsa  contro il dipendente (art. 22, secondo
 comma e 18, primo comma).
    In base a questa normativa, di regola, gl'impiegati  statali  sono
 responsabili  verso  i  terzi  per gli atti compiuti in violazione di
 diritti, soltanto ove abbiano agito con dolo o colpa  grave;  con  la
 loro  responsabilita' concorre quella dello Stato; quando non ricorra
 dolo o colpa grave, gli impiegati  statali  non  rispondono  verso  i
 terzi.  La  giurisprudenza,  applicando la regola secondo la quale la
 lesione del principio  del  neminem  laedere  e'  idonea  a  generare
 responsabilita',   ne   ha  dedotto,  in  caso  di  colpa  lieve,  la
 responsabilita' diretta dello Stato, avendo esso agito attraverso  il
 dipendente.
    In mancanza di norme speciali, le disposizioni del d.P.R. n. 3 del
 1957  sono applicabili anche in materia di responsabilita' civile del
 personale insegnante delle scuole pubbliche statali, in base all'art.
 384 di tale d.P.R.
    La  giurisprudenza,  tuttavia,  con  interpretazione  consolidata,
 aveva  affermato  che  -  facendo salve l'art. 23 del d.P.R. n. 3 del
 1957 "le responsabilita' piu' gravi previste dalle leggi  vigenti"  -
 gl'insegnanti  e  lo Stato dovessero rispondere del danno cagionato a
 terzi dal fatto illecito degli alunni delle scuole statali,  in  base
 alla presunzione di responsabilita' sancita dall'art. 2048 cod. civ.,
 il  cui  funzionamento non era impedito dalle disposizioni limitative
 della responsabilita' previste dal d.P.R. n. 3 del 1957. Ne  derivava
 l'applicabilita'  agl'insegnanti  statali,  in  materia  di  culpa in
 vigilando, della regola stabilita dall'ultimo comma della  norma  ora
 ricordata  del  codice  civile, secondo la quale la liberazione della
 responsabilita' poteva conseguire soltanto dalla prova "di non  avere
 potuto impedire il fatto".
    Il  consolidarsi  di  questa  interpretazione aveva inciso in modo
 particolarmente oneroso sulla posizione  degl'insegnanti  statali,  i
 quali,  oltre che per la responsabilita' regolata dal d.P.R. n. 3 del
 1957 - ad essi applicabile in relazione a tutte le attivita' inerenti
 al  loro  ufficio,  diverse  dalla  "vigilanza"  sugli alunni - erano
 tenuti anche per responsabilita' per culpa in vigilando,  secondo  la
 rigorosa  disciplina  civilistica,  caratterizzata  dal  principio di
 risarcibilita' anche in caso di sussistenza di particolari situazioni
 di rischio.
    4. - Dagli atti parlamentari risulta che ratio dell'art. 61  della
 legge  n.  312  del  1980  e'  la  riconduzione della responsabilita'
 degl'insegnanti statali per culpa in vigilando entro limiti  ritenuti
 dal  legislatore  piu'  equi  e confacenti, rispetto alla regola, per
 essi fino ad allora vigente, posta dall'art. 2048 cod. civ.
    A  tal  fine  l'art.  61  ha  stabilito  (primo  comma)   che   la
 responsabilita'   patrimoniale   del  personale  direttivo,  docente,
 educativo e non docente della scuola materna, elementare,  secondaria
 ed  artistica  dello Stato e delle istituzioni educative statali, per
 danni arrecati direttamente  all'amministrazione,  in  connessione  a
 comportamenti  degli alunni, e' limitata ai soli casi di dolo o colpa
 grave nell'esercizio  della  vigilanza  sugli  alunni  stessi.  Detta
 limitazione  "si  applica  anche  alla  responsabilita'  del predetto
 personale verso l'amministrazione che risarcisca il terzo  dei  danni
 subiti  per  comportamenti  degli  alunni  sottoposti alla vigilanza.
 Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa  grave,  l'amministrazione  si
 surroga  al personale medesimo nelle responsabilita' civili derivanti
 da azioni giudiziarie promosse da terzi" (art. 61, secondo comma).
    In  base  a  tale  normativa,  limitatamente   alla   materia   di
 responsabilita' per culpa in vigilando, gl'insegnanti statali cessano
 di  essere legittimati personalmente verso i terzi, nei cui confronti
 risponde invece l'amministrazione, sulla quale gravano in via diretta
 le "responsabilita' civili derivanti da azioni  giudiziarie  promosse
 da  terzi".  Lo Stato potra' rivalersi sugl'insegnanti ove il difetto
 di vigilanza sia ascrivibile a dolo o colpa grave e, in tali ipotesi,
 potra' anche agire contro essi per i danni  arrecatigli  direttamente
 dal comportamento degli alunni.
    Questo  essendo il contenuto della norma impugnata, deve ritenersi
 che essa non violi l'art.  28  Cost.,  il  quale,  come  si  e'  gia'
 rilevato,  consente al legislatore sia di limitare la responsabilita'
 diretta   dei   pubblici   dipendenti   in   relazione   all'elemento
 psicologico,  sia  di  escluderla,  in determinate fattispecie, ferma
 rimanendo la responsabilita' della p.a., in base ai princi'pi.
    Al riguardo va considerato  che,  pur  dopo  l'entrata  in  vigore
 dell'art.  61  della  legge  n.  312  del  1980,  la  responsabilita'
 degl'insegnanti statali verso  i  terzi  per  gli  atti  compiuti  in
 violazione  di diritti, continua ad essere regolata, in via generale,
 dal d.P.R. n. 3 del 1957 il  quale  (per  effetto  dell'art.  384  di
 questo   testo  unico)  resta  applicabile  a  tutte  le  ipotesi  di
 responsabilita' degl'insegnanti  che  non  siano  inquadrabili  nella
 categoria  della  culpa  in vigilando; in relazione a questa soltanto
 l'art. 61 ha escluso la responsabilita' diretta, sostituendovi quella
 dello Stato. Di conseguenza, nei confronti degli insegnanti  statali,
 ricorre  un  sufficiente margine di operativita' del regime generale,
 sia per quanto concerne la  legittimazione  diretta  sia  per  quanto
 concerne l'oggetto del risarcimento.
   Trattasi,  dunque,  di una esclusione di responsabilita' limitata a
 determinate fattispecie; come tale, consentita  dall'art.  28  Cost.,
 secondo  valutazioni  rimesse  alla  discrezionalita'  legislativa la
 quale, in aderenza alla ratio di detto  precetto  costituzionale,  ha
 apprestato  con l'art. 61 della l. n. 312 del 1980 idonea garanzia al
 diritto dei terzi al risarcimento dei danni, attraverso la previsione
 della responsabilita' diretta dell'amministrazione in relazione  alle
 fattispecie riguardo alle quali e' stata esclusa l'azione diretta nei
 confronti  degl'insegnanti,  mentre questi continuano a rispondere in
 via diretta nelle ipotesi diverse da quelle connesse  alla  culpa  in
 vigilando.