ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 52, 53  e  54
 del   regio-decreto   13   agosto   1933,  n.1038  (Approvazione  del
 regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti),
 promosso con ordinanza emessa il 24  gennaio  1991  dalla  Corte  dei
 conti   -   Sezione   seconda   giurisdizionale  per  le  materie  di
 contabilita' pubblica,  nel  ricorso  proposto  da  S.p.A.  Banco  di
 Chiavari  e  della  Riviera  Ligure  iscritta  al n. 509 del registro
 ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 33, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto di costituzione della  S.p.A.  Banco  di  Chiavari  e
 della Riviera Ligure;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  gennaio  1992  il  Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Udito l'avvocato Augusto Ermetes per la S.p.A. Banco di Chiavari e
 della Riviera Ligure;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 24 gennaio 1991 (pervenuta alla Corte
 costituzionale il 18 luglio successivo) dalla Corte dei conti -  Sez.
 II  giurisdizionale  per  le  materie  di  contabilita' pubblica, sul
 ricorso proposto da S.p.a. Banco di Chiavari e della  Riviera  Ligure
 e'    stata   sollevata   questione   incidentale   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 52, 53 e 54 del  regio-decreto  13  agosto
 1933, n.1038 (Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi
 innanzi  alla  Corte  dei  conti),  in  riferimento all'art. 24 della
 Costituzione. In particolare, quanto all'art. 52 nella parte  in  cui
 non prevede che il ricorso sia notificato al ministero delle finanze;
 quanto  all'art. 53, nella parte in cui non prevede che il decreto di
 fissazione d'udienza, con il  termine  utile  per  le  parti  per  il
 deposito   degli   atti,   sia  parimenti  notificato  alla  medesima
 autorita'; e infine, quanto all'art.  54,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  che  anche  l'autorita' amministrativa che abbia adottato il
 provvedimento censurato sia  avvertita  del  deposito  a  cura  della
 segreteria  per  prendere  visione  degli atti depositati e ritirarne
 copia.
    In concreto, il giudizio a quo verte sul riconoscimento in  favore
 del  Banco  di  Chiavari e della Riviera Ligure S.p.a., gia' titolare
 della esattoria consorziale delle imposte  dirette  di  Alassio,  del
 proprio  diritto  a  conseguire  il  rimborso della quota inesigibile
 riguardante la pena pecuniaria per IRPEF, iscritta nel ruolo speciale
 in riscossione con la rata  di  aprile  1987,  per  l'importo  di  L.
 305.244.000, a nome di Galeani Roberto.
    Il  Collegio  remittente  ravvisa che la mancata notificazione del
 ricorso all'amministrazione  delle  finanze  interessata,  non  posta
 quindi in condizione - si assume - di prospettare il proprio punto di
 vista,  violerebbe  il  diritto  di difesa sancito dall'art. 24 della
 Costituzione.
    Si  tratterebbe,  infatti,  di  giudizio  in  cui   e'   possibile
 individuare  due  interessi contrapposti: quello dell'attore, che de-
 duce   una   pretesa    patrimonialmente    rilevante,    e    quello
 dell'amministrazione,  che tale pretesa non ha soddisfatto per averne
 negato  in  radice  il  fondamento   e   per   averne   impedito   la
 realizzazione.
    Le  disposizioni  processuali  richiamate darebbero contezza della
 posizione riconosciuta  al  Procuratore  generale,  il  quale,  lungi
 dall'obbligo  di  coinvolgere  necessariamente  nella sua istruttoria
 l'amministrazione agente, rimarrebbe  libero  di  improntare  le  sue
 valutazioni,  poi  esternate  nelle  conclusioni  scritte,  a  canoni
 svincolati da precostituiti schemi procedimentali.
    2.  -  Si  e'  costituito in giudizio il Banco di Chiavari e della
 Riviera Ligure S.p.a. concludendo per l'infondatezza della questione.
    Si rileva come il giudizio  per  rimborso  delle  quote  d'imposta
 inesigibili  va  classificato  tra i giudizi in materia contabile nei
 quali la legittimazione attiva e' riservata al Procuratore  generale.
 Coerente  con  il  sistema sarebbe quindi la circostanza che la legge
 riservi esclusivamente al detto organo non solo tale  legittimazione,
 ma  anche  quella passiva quando, come nella fattispecie, il giudizio
 sia promosso ad istanza di parte.
    Non vi sarebbe violazione, dunque, dell'art. 24 Cost. in quanto il
 Procuratore generale starebbe  in  giudizio  nell'interesse  generale
 dell'erario, inteso nella sua realta' obiettiva.
    In  prossimita'  dell'udienza  il  Banco interessato ha presentato
 memoria, insistendo per l'infondatezza della questione.
                        Considerato in diritto
    1. - Gli articoli 52, 53 e 54 del regolamento 13 agosto  1933,  n.
 1038  per  la procedura nei giudizi innanzi alla Corte dei conti (per
 la cui natura cfr. sent. n. 421 del 1988)  regolano  il  ricorso  per
 rifiutato  rimborso  di quote di imposta inesigibili, disponendone il
 deposito  nella  segreteria  della  competente  sezione  della  Corte
 (art.52);  la  fissazione  della  relativa  udienza  di discussione e
 comunicazione  degli  atti  al  Procuratore   generale   (art.   53);
 l'istruttoria e relative conclusioni da parte del predetto organo con
 conseguente deposito degli atti in segreteria ed avviso al ricorrente
 (art. 54).
    Nessuna  forma  di  conoscenza,  ai  fini  del contraddittorio, e'
 prevista nei  confronti  immediati  della  Autorita'  amministrativa:
 l'ordinanza  di  remissione  ravvisa  in cio' violazione dell'art. 24
 della    Costituzione,    assumendo     un     "interesse     diretto
 dell'Amministrazione   finanziaria   a   stare   in   giudizio  ed  a
 contrapporsi ad una richiesta che  in  sede  diversa  e'  stata  gia'
 ritenuta priva di fondamento".
    2. - La questione prospettata e' inammissibile.
    E'  incontroverso  che  la  procedura  di  rimborso  si svolge tra
 amministrazione  finanziaria  ed  esattore  interessato  e  che,   in
 particolare,  contro  il  provvedimento  di  rigetto  della  relativa
 domanda emesso dall'Intendente  di  finanza  e'  ammesso  ricorso  al
 Ministro  per  le  finanze,  contro  la cui definitiva decisione puo'
 essere adita, appunto, la Corte dei  conti  (cfr.  d.P.R.  15  maggio
 1963, n. 858 sui servizi della riscossione).
    Siffatte  procedure,  occorre  precisare, si esplicano nell'ambito
 del rapporto che l'esattore intrattiene con l'amministrazione  e  che
 e'  di natura patrimoniale. Piu' concretamente, secondo la normativa,
 l'esattore medesimo e' tenuto ad anticipazioni di fondi  soggetti  ad
 eventuale  perdita  e  a  recupero,  ricorrendone gli estremi, con la
 procedura di cui trattasi. Sicche', in definitiva, il rimborso  viene
 a  investire  le risultanze complessive del rapporto contabile. Se ne
 trae  che  la  cognizione  sul  diniego  di  rimborso   -   come   la
 giurisprudenza ha costantemente chiarito - al di la' dell'esame della
 mera  legittimita'  del provvedimento viene a proiettarsi su tutto il
 riferito rapporto. Cosicche', la verifica resta attratta  nell'ambito
 di  quelle,  tutte,  miranti all'accertamento della regolarita' delle
 acquisizioni, con effetti collaterali, adunque, insistenti  nell'area
 dei giudizi contabili, sulla cui riaffermata esigenza questa Corte ha
 gia' avuto modo, in passato, di soffermarsi.
    Delineati  in  tale  contesto  i  connotati  della vertenza di cui
 trattasi,  la  procedura  ai  fini   di   formazione   del   relativo
 contraddittorio   si   riconnette  intrinsecamente  alle  funzioni  e
 all'attivita'  del  Procuratore  generale,  espressamente  richiamate
 negli articoli di regolamento in discussione.
    Questi  e'  posto,  come  si  ricava  dal  complesso  dei  giudizi
 contabili stessi,  a  difesa  dell'ordinamento  e  in  esso,  per  la
 essenziale  specialita'  della  materia,  si  ricompongono  anche gli
 interessi dell'Erario globalmente inteso. Le  attribuzioni  relative,
 in  piu'  concreti  termini,  sono rivolte, onnicompresivamente, alla
 tutela imparziale della buona gestione.
    Ne consegue che gli atti a quest'ultima relativi nell'ambito delle
 competenze di legge di cui si discute  si  incentrano  nel  peculiare
 soggetto  di cui trattasi e ad esso, per le finalita' giudiziarie, va
 fatto valido riferimento da quanti coinvolti.
    Se tale e' la configurazione dei  contesti  processuali  specifici
 nell'ambito     della    giurisdizione    contabile,    cosi'    come
 tradizionalmente  intesi,  va  ancora  ricordato  che   ai   principi
 essenziali di questa si e' richiamato anche di recente il legislatore
 nei  vari  settori della finanza pubblica istituzionale (contabilita'
 regionale: legge 19 maggio 1976, n.  335;  unita'  sanitarie  locali:
 d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761; enti locali: legge 8 giugno 1990, n.
 142).  E' da soggiungere, tuttavia, che non e' a priori da escludersi
 che i procedimenti sulla materia contabile potrebbero  ricevere,  nel
 loro  complesso,  altra  pur  adeguata regolamentazione. A tanto puo'
 provvedere, peraltro, soltanto il legislatore: a questi  e  a  questi
 soltanto  spetta  stabilire,  infatti,  nella  discrezionalita' delle
 scelte se le configurazioni procedimentali attuali vadano  rimosse  e
 sostituite e con quali conseguenze sull'intero sistema.
    La questione odierna va dichiarata, percio', inammissibile.