ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  sexies
 aggiunto al  decreto-legge  27  giugno  1985,  n.  312  (Disposizioni
 urgenti   per   la   tutela   delle  zone  di  particolare  interesse
 ambientale), dalla legge  di  conversione  8  agosto  1985,  n.  431,
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  13  giugno  1991 dal Pretore di
 Salerno - sezione staccata di Amalfi  -  nel  procedimento  penale  a
 carico  di  Pietro Staiano, iscritta al n. 594 del registro ordinanze
 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,
 prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 gennaio 1992 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un procedimento penale nei confronti di  persona
 imputata  di avere eseguito opere edili in zona sottoposta a vincolo,
 senza l'autorizzazione prescritta dall'art. 7 della legge  29  giugno
 1939,  n.  1497, il pretore di Salerno - sezione staccata di Amalfi -
 ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1
 sexies  aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, dalla legge
 di conversione 8 agosto 1985, n. 431.
    Il giudice premette che l'imputazione contestata riflette la tesi,
 dominante in dottrina e in giurisprudenza, per cui  l'art.  1-sexies,
 sanzionando  la  violazione delle disposizioni della legge n. 431 del
 1985,  ha   configurato   come   fattispecie   penalmente   rilevante
 l'inosservanza  dell'art.  7  della  legge  n. 1497 del 1939: si' che
 l'opera edile, e  qualsiasi  attivita'  di  modificazione  ambientale
 eseguita  in  assenza di autorizzazione, viene ritenuta soggetta, per
 il  richiamo  contenuto  nell'art.  1-sexies,  alla   pena   prevista
 dall'art. 20, lett. c), della legge n. 47 del 1985.
    Contro  questa  interpretazione  non mancherebbero vari argomenti,
 tali da far ritenere che la norma impugnata  riguardi  non  qualsiasi
 violazione,    ma   soltanto   quelle   afferenti   al   vincolo   di
 inedificabilita' assoluta previsto dagli artt. 1- ter  e  1-quinquies
 dello  stesso  decreto. Tuttavia l'interpretazione consolidata e' nel
 senso  che  l'art.  1-sexies  si  applichi   anche   all'inosservanza
 dell'art.  7  della  legge n. 1497 del 1939. Ad avviso del pretore la
 norma, nella interpretazione che ne viene costantemente data, si pone
 in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
    Non sarebbe infatti  conforme  al  principio  di  uguaglianza  che
 condotte  radicalmente difformi tra loro e dotate di un grado diverso
 di offensivita' siano sottoposte alla stessa pena: altro  e'  violare
 il  vincolo  di  immodificabilita'  relativa, che puo' essere rimosso
 dall'autorizzazione, altro e' violare il vincolo di immodificabilita'
 assoluta, che non  puo'  essere  rimosso  da  alcuna  autorizzazione;
 nell'ambito   della   stessa   violazione,  altro  e'  realizzare  un
 intervento di edilizia minore, che provoca  una  lieve  modificazione
 della  situazione  esistente,  altro  e'  realizzare un intervento di
 trasformazione  urbanistica,  che  innova  radicalmente  il   tessuto
 ambientale preesistente.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  pretore  di  Salerno  - sezione staccata di Amalfi - ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.   1
 -sexies aggiunto al decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, dalla legge
 di  conversione  8 agosto 1985, n. 431. La disposizione, estendendo -
 secondo l'interpretazione prevalente - le  sanzioni  penali  previste
 dall'art.  20,  lett.  c),  della  legge  28  febbraio  1985,  n. 47,
 all'inosservanza dell'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n.  1497,  e
 quindi  all'esecuzione  di  qualsiasi  opera  non autorizzata in area
 sottoposta a vincolo, violerebbe l'art. 3  della  Costituzione.  Essa
 comporterebbe  infatti  la  stessa  pena  per  violazioni  nettamente
 difformi  l'una  dall'altra  e  dotate  di  un   grado   diverso   di
 offensivita'.
    2. - La questione e' infondata.
    Come  ha  gia' osservato questa Corte (ordinanza n. 431 del 1991),
 la legge n. 431 del 1985, allo scopo di apprestare una piu'  efficace
 tutela  dei  beni ambientali, ha seguito un criterio opposto a quello
 che aveva ispirato la legge 29 giugno 1939, n. 1497.
    Invece  di  sottoporre  a   protezione   soltanto   alcuni   beni,
 singolarmente   individuati,   essa  ha  infatti  introdotto  vincoli
 paesaggistici generalizzati, in  relazione  alle  categorie  elencate
 dall'art.  1,  demandando  poi  alle  regioni  di  provvedere  per la
 redazione di piani paesistici e  di  piani  urbanistico-territoriali,
 sulla   base   dei   quali   possono   essere   disposte   discipline
 differenziate.
    La ratio della  scelta  sta  nella  valutazione  che  l'integrita'
 ambientale  e' un bene unitario, che puo' risultare compromesso anche
 da interventi minori  e  che  va  pertanto  salvaguardato  nella  sua
 interezza.
    Non  puo'  quindi  ritenersi  irrazionale che vengano sottoposte a
 sanzione penale tutte le modifiche  e  alterazioni  attuate  mediante
 opere  non  autorizzate,  indipendentemente  dalla  presenza  e dalla
 entita' di un danno paesistico  concretamente  sussistente  nel  caso
 specifico.   Infatti,   come  viene  affermato  dalla  giurisprudenza
 ordinaria di  legittimita',  il  reato  previsto  dall'art.  1-sexies
 impugnato  ha  carattere  formale  e  di pericolo, proprio perche' il
 vincolo posto su certe parti del territorio nazionale ha una funzione
 prodromica al suo governo.
    3. - Non risulta suscettibile di  censura  neppure  la  previsione
 nella norma impugnata di una unica sanzione, non differenziata quindi
 in relazione alle varie ipotesi di reato contemplate.
    Questa  Corte  ha  gia'  statuito che al legislatore e' consentito
 includere  in  uno  stesso  modello  di  genere  una  pluralita'   di
 sottofattispecie diverse per struttura e valore.
    L'importante e' che al giudice sia riservato, nella previsione del
 minimo  e  del  massimo della pena, un margine sufficiente perche' la
 sanzione inflitta sia proporzionata alla  complessiva  considerazione
 delle  peculiarita'  oggettive e soggettive del caso di specie (Corte
 cost., sentenze n. 285 del 1991 e n. 171 del 1986).
    Le condizioni indicate sussistono certamente nel caso considerato.
 L'art. 1-sexies impugnato contempla, col richiamo all'art.  20  della
 legge  28 febbraio 1985, n. 47, l'arresto fino a due anni (e quindi a
 partire da cinque giorni) e l'ammenda da 30 a 100 milioni di lire.
    In tali margini, la possibilita'  di  differenziare  e  quindi  di
 adeguare  la  sanzione  al  singolo  caso  e'  tale  da consentire di
 escludere che l'inserimento delle differenti sottospecie nella stessa
 previsione di genere sia frutto di un uso non irragionevole e percio'
 costituzionalmente censurabile della discrezionalita' legislativa.