ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  degli  artt.  1,  secondo
 comma,  3, 6, 7, 10, 12, primo comma, lettere c, d, e e g, e 15 della
 legge  11  agosto  1991,  n.  266  (Legge-quadro  sul  volontariato),
 promossi  con ricorsi delle Province autonome di Bolzano e di Trento,
 notificati  il  21  settembre  1991,   depositati   in   cancelleria,
 rispettivamente,  il 26 e il 30 successivi ed iscritti ai nn. 36 e 37
 del registro ricorsi 1991;
    Visti gli atti di costituzione del Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  gennaio  1992  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi gli Avvocati Roland Riz e Salvatore Romano per la  Provincia
 di  Bolzano,  Valerio  Onida  per la Provincia di Trento e l'Avvocato
 dello  Stato  Carlo  Bafile  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  un  ricorso  regolarmente  depositato e notificato, la
 Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questioni di  legittimita'
 costituzionale  nei  confronti degli artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7,
 10, 12, primo comma, lettere d), e) e g), e 15 della legge 11  agosto
 1991,   n.   266  (Legge-quadro  sul  volontariato),  per  violazione
 dell'art. 8, nn. 1, 4, 25 e 29, dell'art. 9, n. 10,  e  dell'art.  16
 dello  Statuto  speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto
 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione.
   Premesso che il volontariato  costituisce  una  sorta  di  "materia
 mista"  che  riguarda  vari settori, alcuni assegnati alla competenza
 esclusiva  (ordinamento  degli  uffici,  assistenza   e   beneficenza
 pubblica,  attivita'  artistiche  e culturali locali, addestramento e
 formazione professionale) e altri a  quella  concorrente  (sanita'  e
 assistenza  sanitaria),  e  premesso che la stessa Provincia, oltre a
 leggi settoriali, ha adottato una legge generale sul volontariato che
 tocca  i  predetti  settori,  assegnati  alla  sua   competenza,   la
 ricorrente osserva in via preliminare che, se la clausola di salvezza
 delle  attribuzioni delle regioni a statuto speciale e delle province
 autonome, contenuta  nell'art.  16  della  legge  n.  266  del  1991,
 comportasse  l'inapplicabilita'  alla  ricorrente  delle disposizioni
 impugnate, la controversia  non  avrebbe  motivo  di  essere.  Questa
 ipotesi, tuttavia, sembra contraddetta dall'art. 1, secondo comma, il
 quale   contiene,   in   contrasto   con   lo  Statuto,  la  seguente
 disposizione: "La presente legge stabilisce i principi cui le regioni
 e le province autonome devono attenersi nel disciplinare  i  rapporti
 fra  le  istituzioni  pubbliche e le organizzazioni di volontariato (
 ..)". Se, dunque, tutta la disciplina contenuta nella  legge  n.  266
 del  1991  si  risolve,  secondo  l'espresso  volere  del legislatore
 statale, in principi  cui  anche  la  ricorrente  deve  integralmente
 conformarsi,   le   disposizioni   impugnate  appaiono  lesive  delle
 attribuzioni, prima menzionate, assegnate alla  competenza  esclusiva
 della  Provincia  di  Bolzano,  non essendo queste ultime soggette ai
 "principi  fondamentali"  ex  art.  117  della  Costituzione  e   non
 contenendo  quelle  disposizioni alcuna norma fondamentale di riforma
 economico-sociale. Ne', continua la  ricorrente,  potrebbe  ritenersi
 salva  la competenza concorrente in materia di assistenza sanitaria e
 ospedaliera, poiche' le statuizioni impugnate non contengono norme di
 principio, ma consistono essenzialmente in prescrizioni analitiche  e
 dettagliate.
    Per  gli stessi motivi, a meno che la disciplina statale non possa
 essere considerata  suppletiva  rispetto  a  quella  provinciale,  la
 ricorrente  ipotizza  la  contrarieta'  ai  parametri  costituzionali
 indicati all'inizio degli artt. 3 (requisiti delle organizzazioni  di
 volontariato),  6  (registri  regionali  e provinciali delle medesime
 organizzazioni), 10 (contenuti delle norme  regionali  e  provinciali
 sul  volontariato),  12,  primo  comma,  lettere d), e) e g) (compiti
 dell'Osservatorio nazionale per il volontariato).
    Una  censura  piu'  particolare  e',   invece,   sollevata   dalla
 ricorrente nei confronti dell'art. 15 della legge n. 266 del 1991, il
 quale  prevede  l'istituzione anche presso la Provincia di Bolzano di
 un fondo speciale, diretto al fine di formare centri  di  servizio  a
 disposizione delle organizzazioni di volontariato e costituito da una
 quota  dei  proventi  degli istituti di credito di diritto pubblico e
 delle casse di risparmio,  fondo  la  cui  disciplina  e'  del  tutto
 sottratta  alla  Provincia e demandata a un regolamento ministeriale.
 Secondo la ricorrente, i primi due commi di tale  articolo,  i  quali
 prevedono  il suddetto fondo, violano le norme statutarie attributive
 delle competenze provinciali indicate all'inizio, poiche'  lo  stesso
 fondo,   oltre  a  concernere  attivita'  rientranti  nelle  predette
 competenze, e' sottoposto all'organizzazione e  alla  gestione  della
 Provincia,  senza, tuttavia, che quest'ultima possa disciplinarne con
 proprie leggi gli impieghi. Il  terzo  comma  del  medesimo  art.  15
 sarebbe,  poi, incostituzionale, poiche', in contrasto con l'art. 17,
 primo comma, lettera b), della legge n. 400  del  1988,  prevede  che
 materie   di   competenza   provinciale   siano  disciplinate  da  un
 regolamento ministeriale.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
 ministri  per  chiedere  che  il  ricorso della Provincia autonoma di
 Bolzano sia dichiarato infondato.
    L'Avvocatura dello Stato osserva, innanzitutto, che la  ricorrente
 presuppone  erroneamente  che  il  volontariato possa essere regolato
 solo in modo frammentato, in corrispondenza con le singole competenze
 provinciali. In tal modo essa sembra ignorare che il volontariato  e'
 "una  attivita'  autonoma  che,  se  pure puo' entrare a contatto nel
 momento  fattuale  con  talune  funzioni   amministrative,   non   le
 condiziona  e  non  e'  da  esse  condizionato".  Sulla  base di tale
 concezione, per la quale le  materie  provinciali  sono  soltanto  il
 recipiente  nel  quale  opera  autonomamente tale attivita', la legge
 impugnata  tende  a  garantire  l'autonomia  del  volontariato  dalle
 singole  materie,  stabilendo  una  disciplina omogenea, la quale non
 puo' non riguardare l'intero territorio nazionale, tanto piu' che non
 e' data alla ricorrente alcuna competenza sul volontariato come  tale
 e   inconsistente   appare   lo  sforzo  della  Provincia  stessa  di
 configurare quest'ultimo come materia "mista".
    Riguardo alle singole censure l'Avvocatura dello Stato rileva  che
 la  legge  n.  266  del  1991,  lungi  dal  porre  norme specifiche e
 dettagliate, contiene, invece, principi  molto  generali,  di  natura
 essenzialmente   organizzativa,   che   non  incidono  sulle  materie
 assegnate alle competenze della Provincia di Bolzano.  L'art.  7,  ad
 esempio,  prevede  la  semplice facolta' che le regioni o le province
 autonome stipulino convenzioni con le organizzazioni di volontariato.
 Gli artt. 3 e 10, poi,  stabiliscono  alcuni  principi  di  validita'
 generale  per  la  disciplina  futura  delle stesse attivita', ma non
 predeterminano le materie sulle quali quella disciplina  e'  chiamata
 ad  operare.  Del  pari,  l'art.  12,  in relazione all'"Osservatorio
 nazionale   per   il   volontariato",   stabilisce   iniziative    di
 organizzazione  e  di  potenziamento  di  carattere generale, che non
 incidono in alcun modo sulle competenze provinciali. E, infine, anche
 l'art.  15  non  puo'  ritenersi  incostituzionale,   poiche'   nulla
 impedisce  che  lo  Stato  detti,  con  leggi e decreti ministeriali,
 disposizioni in materia di credito e di risparmio, considerato che le
 province autonome, non avendo competenze in materia di  credito,  non
 possono  certo  vantare  poteri  sull'erogazione di fondi da parte di
 istituti  di  credito  e  di  casse  di  risparmio  per  qualsivoglia
 finalita' di utilita' sociale.
    Da  ultimo,  l'Avvocatura  dello  Stato  osserva  che la priorita'
 temporale della legge provinciale sul  volontariato  (legge  che  ha,
 peraltro,  un  raggio  di  azione alquanto limitato) non legittima la
 ricorrente  a  conservare  nel  proprio  territorio  una   disciplina
 differenziata.  Poiche'  la  Provincia  non  possiede  tra le proprie
 competenze la materia del volontariato in quanto  tale,  spetta  allo
 Stato,  secondo l'Avvocatura, disciplinare quest'ultima con un potere
 prevalente.  Sicche'   sara'   necessaria   un'armonizzazione   della
 legislazione  provinciale  con  quella statale, che solo in tal senso
 puo' esser considerata come "suppletiva".
    3.  -  Anche  la  Provincia  autonoma  di  Trento  ha regolarmente
 depositato e  notificato  un  ricorso,  con  il  quale  ha  sollevato
 questioni  di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 10,
 secondo comma, dell'art. 12, primo comma, lettere c), d),  e)  e  g),
 dell'art. 15 e, in quanto occorra, dell'art. 6 della legge n. 266 del
 1991,  per  violazione degli stessi parametri costituzionali indicati
 nel ricorso precedentemente illustrato e, in aggiunta, dell'autonomia
 finanziaria garantita alla Provincia  dal  titolo  VI  dello  Statuto
 speciale  e  dell'art.  81,  quarto  comma,  della  Costituzione,  in
 connessione con l'art. 27 della  legge  5  agosto  1978,  n.  468,  e
 dell'art. 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158.
    Secondo  la ricorrente, pur se la legge impugnata si autoqualifica
 come legge-quadro, il volontariato non costituisce, in  effetti,  una
 "materia"  oggetto  di  disciplina  legislativa, della quale si possa
 affermare  la  competenza   statale   ovvero   quella   regionale   o
 provinciale,  ma  e',  piuttosto,  un fenomeno che si presenta (ed e'
 suscettibile di disciplina) nell'ambito di una pluralita' di  materie
 e che costituisce un "aspetto" delle materie di spettanza provinciale
 nella   misura  in  cui  si  riferisce  ad  oggetti  attribuiti  alle
 competenze delle province autonome. Riguardo a tali ultimi  "aspetti"
 la legge impugnata, per non essere incostituzionale, deve restare nei
 limiti  propri  dei  poteri  dello  Stato  quando  questi incidono in
 materie di competenza delle regioni o  delle  province  autonome.  E,
 poiche'  la  maggior parte delle materie toccate sono attribuite alla
 competenza esclusiva della Provincia ricorrente (v. art. 8, nn. 1, 4,
 25 e 29 dello Statuto speciale), l'essere la legge impugnata, secondo
 la propria autoqualificazione, una legge  di  principi  non  basta  a
 salvarla   dalle   censure   d'incostituzionalita',   non   potendosi
 considerare  quei  principi  come  norme  fondamentali   di   riforme
 economico-sociali o come principi generali dell'ordinamento.
    In  particolare,  ad  avviso  della  Provincia  di  Trento, appare
 costituzionalmente illegittimo  l'art.  10,  il  quale  fissa  alcuni
 contenuti  necessari  della  disciplina  regionale  o provinciale che
 incidono, con norme penetranti e dettagliate, sugli ambiti  materiali
 di   competenza   della   ricorrente.   Cosi',   quando   prevede  la
 determinazione delle modalita' attraverso cui  le  organizzazioni  di
 volontariato  dovranno svolgere le loro prestazioni all'interno delle
 strutture pubbliche e di quelle "convenzionate" (lettera  a),  sembra
 trasformare  in obbligo quella che l'art. 7, primo comma, ha previsto
 come facolta'. Allo stesso  modo,  quando  impone  la  partecipazione
 consultiva  delle  predette organizzazioni nella programmazione degli
 interventi di settore  (lettera  b),  incide  illegittimamente  sulla
 autonomia  organizzatoria  relativa ai procedimenti di programmazione
 provinciale. Analoga incisione, insieme alla supposta  configurazione
 come  obbligo  della  facolta'  di stipulare convenzioni, si ha nella
 lettera  c),  dove  si  richiede  che  la  Provincia  stabilisca   la
 disciplina  dei requisiti e dei criteri che danno titolo di priorita'
 nella scelta  delle  organizzazioni  di  volontariato  con  le  quali
 stipulare  le  convenzioni.  Ancora,  si  ha  lesione  dell'autonomia
 finanziaria della Provincia  ricorrente,  laddove,  nell'imporre  una
 disciplina  delle  condizioni  e  delle  forme  di finanziamento e di
 sostegno delle attivita' di  volontariato  (lettera  e),  si  rendono
 obbligatorie  le erogazioni finanziarie e i relativi interventi in un
 certo  settore.  Eguale  obbligatorieta' di intervento discende dalla
 lettera f), che impone la partecipazione dei  volontari  a  corsi  di
 formazione e di addestramento professionale.
    Secondo la ricorrente, tali disposizioni, ove non dovessero essere
 considerate  non vincolanti nei confronti della Provincia grazie alla
 clausola di salvaguardia delle proprie competenze contenuta nell'art.
 16, sono lesive delle norme statutarie sulle attribuzioni provinciali
 al pari delle disposizioni  previste  nell'art.  12.  Queste  ultime,
 infatti,  sotto la cauta denominazione di "Osservatorio nazionale per
 il volontariato", prevedono una struttura,  incardinata  nel  governo
 centrale  e  senza  alcun  raccordo  con  le  autonomie  regionali  o
 provinciali, avente competenze operative, gestionali e di spesa,  che
 incidono  in  modo  puntuale  in  ambiti  di  competenza  provinciale
 attraverso la previsione - specialmente alle lettere c), d), e) e  g)
 - di interventi e di micro-progetti localizzati, ancorche' presentati
 sotto  l'etichetta  della  "sperimentalita'"  (ma, per la ricorrente,
 tutto  e'  sperimentale  in  questo  campo)   o   delle   metodologie
 "particolarmente avanzate".
    Infine,  la  Provincia  di Trento ritiene che sia contrastante con
 l'autonomia finanziaria e contabile costituzionalmente garantita alla
 ricorrente l'art. 15, il quale prevede, ai suoi primi due commi,  che
 gli  istituti  di  credito  e  le  casse  di risparmio ivi menzionati
 debbano destinare determinate quote delle somme da loro  utilizzabili
 a  fini  di utilita' sociale in direzione della costituzione di fondi
 speciali presso le regioni, diretti  a  costituire,  per  il  tramite
 degli   enti  locali,  centri  di  servizio  e  di  sostegno  per  le
 organizzazioni di volontariato, gestiti da  queste  ultime.  Oltre  a
 stabilire  una  destinazione  vincolata  di  fondi  verso  settori di
 competenza provinciale, di per se' costituzionalmente illegittima, le
 disposizioni impugnate prevedono in modo del tutto  incongruente  che
 le  regioni  e le province autonome avrebbero l'obbligo di costituire
 il fondo, nonche'  di  istituire  (tramite  gli  enti  locali)  e  di
 finanziare  con  quest'ultimo  i  centri  di  servizio,  senza poter,
 peraltro,   intervenire   in   alcun   modo    sulla    gestione    e
 sull'utilizzazione  dei  predetti centri: verrebbe, dunque, addossato
 alla Provincia un obbligo contabile  e  organizzativo  senza  che  vi
 corrisponda,  al  livello delle competenze della stessa, alcun potere
 di  disciplina,  di  determinazione  e  di   gestione.   Un'ulteriore
 illegittimita'  costituzionale  e'  poi  contenuta  nel  terzo  comma
 dell'art.  15,  che  esclude  la  Provincia  dalla   piu'   specifica
 disciplina dei fondi, poiche' demanda interamente ed esclusivamente a
 un decreto ministeriale la disciplina della formazione e dell'impiego
 dei fondi stessi.
    Per  i  medesimi  motivi,  l'art.  10,  lettera e (che impone alle
 regioni e alle province autonome di prevedere forme di  finanziamento
 e  di  sostegno  delle  attivita'  di  volontariato),  lettera c (che
 prevede la stipulazione  di  convenzioni  con  le  organizzazioni  di
 volontari), e lettera d, in collegamento con l'art. 6 (che stabilisce
 di   istituire   e   tenere   il  registro  generale  delle  predette
 organizzazioni), lederebbe  l'autonomia  finanziaria  garantita  alla
 Provincia  dal  Titolo VI dello Statuto speciale e il precetto di cui
 all'art. 81, quarto comma, della Costituzione per il quale  le  leggi
 statali  che  comportino  nuove  funzioni  o ulteriori compiti per le
 regioni o le province autonome devono indicare le risorse  occorrenti
 per la loro adeguata copertura. E a tal fine, conclude la ricorrente,
 non  serve  certo  l'art.  14,  il  quale  non contiene affatto alcun
 accenno ai suddetti nuovi oneri posti a carico delle regioni e  delle
 province autonome.
    4.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri chiedendo che il ricorso della Provincia autonoma di  Trento
 sia rigettato.
    L'Avvocatura   dello   Stato  osserva,  innanzitutto,  che  se  il
 volontariato, in quanto tale,  non  e'  una  materia  riservata  alle
 competenze  provinciali,  come  riconosce  la  stessa  ricorrente, e'
 necessario ammettere che esso non puo' che rientrare  nelle  potesta'
 dello  Stato,  pur  dovendosi  riconoscere che ha molteplici punti di
 contatto  con  le  competenze  regionali  o  provinciali.  La   legge
 impugnata  e',  dunque,  espressione di un'autolimitazione del potere
 statale ed e' diretta semplicemente a porre principi su  un'attivita'
 svolgentesi  ad ampissimo raggio, qual e' il volontariato, al fine di
 garantire un minimo di omogeneita' alla disciplina sostanziale che e'
 affidata alle regioni e alle province autonome.
    L'art. 10,  secondo  comma,  riflette  in  modo  particolare  tale
 carattere  dell'intera  legge, sicche' nessuna delle sue disposizioni
 puo' dirsi lesiva delle competenze provinciali. In  particolare,  non
 fondata  e'  la supposizione che la lettera a) converta in obbligo la
 facolta' di stipulare  convenzioni  fra  le  regioni  o  le  province
 autonome  e  le organizzazioni di volontariato, prevista dall'art. 7,
 poiche' le "strutture convenzionate" contemplate  nella  disposizione
 considerata  sono  organismi diversi dalla regione o dalla provincia,
 ma convenzionati con queste ultime al fine di  svolgere  attivita'  o
 prestare  servizi,  ai  quali  si  prevede  che  le organizzazioni di
 volontariato  diano  il  loro  apporto.  Allo  stesso  modo,  nessuna
 violazione  delle  norme statutarie sulle competenze provinciali puo'
 derivare dalla lettera b) dello stesso art. 10, poiche' non  si  puo'
 individuare  alcun  vincolo  al  potere di programmazione provinciale
 nella previsione, del tutto ragionevole,  che  le  organizzazioni  di
 volontariato  siano  consultate  nel  procedimento  di formazione dei
 programmi di settore. Cosi' pure non e' incostituzionale  la  lettera
 c),  che  non prevede alcuna direttiva verso le autonomie regionali o
 provinciali, ne' la lettera e), che non impone oneri di sorta, ne' la
 lettera f), che, nello stabilire che i  volontari  siano  ammessi  ai
 corsi  di formazione professionale, non sconvolge affatto le relative
 competenze provinciali.
    Ad avviso dell'Avvocatura  dello  Stato,  anche  l'interpretazione
 dell'art.  12  compiuta  dalla  ricorrente  appare  forzata,  poiche'
 all'"Osservatorio"  sono  assegnati,  non  gia'  compiti   operativi,
 gestionali  e di spesa in conflitto con le competenze provinciali, ma
 piuttosto attivita' promozionali (lettere c e d),  l'approvazione  di
 progetti di interesse generale (lettera d), il sostegno a progetti di
 informatizzazione  di  utilita'  per  tutto  il  territorio nazionale
 (lettera e) e generiche attivita' di formazione (lettera g),  diverse
 da  quelle  di  competenza  regionale  o  provinciale,  regolate  dal
 ricordato art. 10, lettera f).
    Sulle censure rivolte all'art. 15, l'Avvocatura dello Stato, oltre
 a riprendere gli argomenti  addotti  in  replica  all'altro  ricorso,
 precisa  che  l'estraneita' della materia alle competenze provinciali
 fa si' che i poteri affidati a queste ultime dall'articolo impugnato,
 come  il  fungere  da  centro  di  raccolta  e di distribuzione delle
 disponibilita' del fondo (con il conseguenziale potere deliberativo),
 sono frutto di scelte operate dalla legge impugnata al di  la'  della
 ripartizione costituzionale delle attribuzioni.
    Da  ultimo, con riferimento alla pretesa violazione dell'autonomia
 finanziaria provinciale da parte dell'art. 10, lettere c), d) ed e) e
 dell'art.  6,  l'Avvocatura  dello  Stato   rileva   che   tutte   le
 disposizioni  ora  citate,  salvo  quelle  contenute nell'art. 6, non
 ledono l'autonomia provinciale poiche' prevedono nuovi oneri a carico
 del bilancio provinciale soltanto a seguito di  libere  scelte  della
 Provincia  stessa. Per quanto riguarda l'art. 6, l'Avvocatura osserva
 che l'istituzione e la tenuta del registro e  la  relativa  revisione
 comportano   oneri   minimi,   non   quantificabili,   che  rientrano
 sicuramente nel generale dovere di collaborazione fra Stato e regioni
 (o province autonome) e corrispondono  a  un  potere  conferito  alla
 Provincia  stessa  a proposito delle iscrizioni e delle cancellazioni
 nel registro medesimo.
    5. - In prossimita' dell'udienza hanno presentato memorie  le  due
 ricorrenti.  Quella  della  Provincia  autonoma  di  Trento  e' stata
 tuttavia depositata fuori termine.
    La Provincia autonoma di Bolzano osserva  che  l'Avvocatura  dello
 Stato,  nel  definire  il  volontariato  come  materia  di competenza
 statale,  si  rifa'   al   criterio   letterale   e   storico   (c.d.
 pietrificazione)   di  definizione  delle  attribuzioni  provinciali,
 criterio che e' stato respinto dalla  giurisprudenza  costituzionale.
 Il  fenomeno dell'assistenza volontaria si e' manifestato nelle forme
 e nelle dimensioni che oggi conosciamo  soltanto  in  tempi  recenti,
 sicche'  esso  puo'  essere  definito  in  relazione  alle competenze
 provinciali soltanto se di queste  ultime  si  colgono  le  relazioni
 organiche  e  funzionali  che le legano reciprocamente, dando vita ad
 aree, sconosciute all'atto dell'emanazione  dello  Statuto  speciale,
 riservate all'intervento regionale o provinciale. Del resto, continua
 la ricorrente, cio' e' implicitamente ammesso dalla stessa Avvocatura
 dello Stato, quando afferma che "le materie di competenza provinciale
 sono  soltanto  i  recipienti nei quali il volontariato autonomamente
 opera", dimenticando, peraltro, che quelle materie non  sono  scatole
 vuote.
    Dopo  aver  ricordato  che  la natura dettagliata della disciplina
 contenuta nella legge impugnata e il carattere  locale  del  fenomeno
 del   volontariato   escludono  che  si  possa  parlare  di  funzione
 d'indirizzo  e  coordinamento   o   di   interesse   nazionale,   non
 suscettibile  di  frazionamento territoriale, la Provincia di Bolzano
 rileva, da ultimo, che le difese svolte dall'Avvocatura  dello  Stato
 sono meramente assertive e, quando riconoscono il valore "suppletivo"
 della  legge  n.  266  del  1991,  sembrano  dar ragione alle censure
 proposte dalla provincia stessa.
                        Considerato in diritto
    1. - La Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso indicato  in
 epigrafe,  ha  sollevato questioni di legittimita' costituzionale nei
 confronti degli artt. 1, secondo comma, 3, 6, 7, 10, 12, primo comma,
 lettere d), e) e g), e 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266  (Legge-
 quadro   sul   volontariato),  per  violazione  dell'art.  8,  nn.  1
 (ordinamento  degli  uffici  provinciali  e  del  personale  ad  essi
 addetto),  4  (usi  e  costumi  locali e istituzioni culturali aventi
 carattere provinciale, attivita' educative locali), 25 (assistenza  e
 beneficenza    pubblica)    e    29   (addestramento   e   formazione
 professionale), nonche' dell'art. 9, n. 10  (assistenza  sanitaria  e
 ospedaliera),  e  dell'art.  16 (potesta' amministrative provinciali)
 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R.  31  agosto
 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione.
    Con  un  distinto  ricorso,  indicato  in  epigrafe,  la Provincia
 autonoma  di  Trento   ha   sollevato   questioni   di   legittimita'
 costituzionale  nei  confronti degli artt. 10, secondo comma, lettere
 a), b), e) ed f), 12, primo comma, e 15 per violazione  degli  stessi
 parametri   costituzionali   invocati   nel  ricorso  precedentemente
 menzionato,  nonche'  nei  confronti  dell'art.  10,  secondo  comma,
 lettere  c),  d), e) e g) e dell'art. 6 per violazione dell'autonomia
 finanziaria garantita alla Provincia  dal  titolo  VI  dello  Statuto
 speciale  e  dell'art.  81,  quarto  comma,  della Costituzione, come
 attuato dall'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468,  e  dall'art.
 3, sesto comma, della legge 14 giugno 1990, n. 158.
    Poiche'  i  predetti ricorsi prospettano questioni di legittimita'
 costituzionale identiche o connesse, i relativi giudizi vanno  decisi
 con un'unica sentenza.
    2.  -  La  Provincia  autonoma  di  Bolzano prospetta un dubbio di
 legittimita' costituzionale, di carattere generale e preliminare, nei
 confronti dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 266 del 1991, il
 quale dispone che "la presente legge stabilisce  i  principi  cui  le
 regioni  e  le  province autonome devono attenersi nel disciplinare i
 rapporti  fra  le  istituzioni  pubbliche  e  le  organizzazioni   di
 volontariato   nonche'   i   criteri   cui   debbono  uniformarsi  le
 amministrazioni statali e gli enti  locali  nei  medesimi  rapporti".
 Secondo    la    ricorrente,    questa    disposizione,   comportando
 l'applicazione dei principi stabiliti dalla legge  n.  266  del  1991
 nelle  varie  materie  in  cui  possono  operare le organizzazioni di
 volontariato, oltre ad essere incoerente con la clausola di  salvezza
 delle  competenze  provinciali  contenuta  nell'art.  16 della stessa
 legge, si porrebbe in contrasto con le norme dello  Statuto  speciale
 precedentemente  indicate,  che  assicurano  alle  province  autonome
 competenze di tipo esclusivo in materia di ordinamento degli  uffici,
 assistenza  e  beneficenza pubblica, attivita' artistiche e culturali
 locali,  addestramento  e  formazione  professionale.   La   medesima
 disposizione, sempre ad avviso della Provincia di Bolzano, violerebbe
 altresi'  le norme statutarie sulla competenza concorrente in materia
 di assistenza sanitaria e ospedaliera, dal momento  che  i  principi,
 cui  fa  riferimento  l'art.  1,  secondo comma, sarebbero in realta'
 prescrizioni analitiche e dettagliate.
    La questione non e' fondata.
    La premessa interpretativa da cui muove la  Provincia  di  Bolzano
 nello  svolgere  la  censura  generale  ora  considerata  -  ripresa,
 peraltro, nella illustrazione  delle  questioni  piu'  particolari  e
 presupposta,  altresi',  dalle censure prospettate dalla Provincia di
 Trento - consiste nel ritenere che il  volontariato  costituisca  una
 materia,  seppure  formata  dalla confluenza di segmenti o di profili
 riconducibili a piu' settori di attivita'. Questa premessa  non  puo'
 esser  considerata  corretta,  poiche' il volontariato costituisce un
 modo di essere della persona  nell'ambito  dei  rapporti  sociali  o,
 detto  altrimenti,  un  paradigma  dell'azione  sociale  riferibile a
 singoli individui o ad associazioni  di  piu'  individui.  In  quanto
 tale,  esso  sfugge a qualsiasi rigida classificazione di competenza,
 nel senso che puo' trovare spazio e si puo' realizzare all'interno di
 qualsiasi campo materiale della vita comunitaria, tanto se  riservato
 ai  poteri  di  regolazione  e di disposizione dello Stato, quanto se
 assegnato alle attribuzioni delle regioni o delle  province  autonome
 (o degli enti locali).
    Quale  modello  fondamentale  dell'azione  positiva e responsabile
 dell'individuo   che   effettua   spontaneamente   e    gratuitamente
 prestazioni personali a favore di altri individui ovvero di interessi
 collettivi  degni di tutela da parte della comunita', il volontariato
 rappresenta l'espressione piu' immediata della  primigenia  vocazione
 sociale  dell'uomo,  derivante  dall'originaria  identificazione  del
 singolo  con  le  formazioni  sociali  in  cui  si  svolge   la   sua
 personalita'  e  dal  conseguente  vincolo di appartenenza attiva che
 lega l'individuo alla comunita'  degli  uomini.  Esso  e',  in  altre
 parole,  la  piu' diretta realizzazione del principio di solidarieta'
 sociale, per il quale la persona e' chiamata ad agire non per calcolo
 utilitaristico o per imposizione di un'autorita',  ma  per  libera  e
 spontanea  espressione  della profonda socialita' che caratterizza la
 persona  stessa.  Si  tratta  di  un   principio   che,   comportando
 l'originaria  connotazione  dell'uomo  uti  socius,  e'  posto  dalla
 Costituzione tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico,  tanto
 da  essere  solennemente riconosciuto e garantito, insieme ai diritti
 inviolabili dell'uomo, dall'art. 2 della  Carta  costituzionale  come
 base   della   convivenza   sociale  normativamente  prefigurata  dal
 Costituente.  Della  natura   di   tali   diritti   fondamentali   il
 volontariato  partecipa: e vi partecipa come istanza dialettica volta
 al superamento del limite atomistico della liberta' individuale,  nel
 senso  che  di  tale  liberta'  e'  una manifestazione che conduce il
 singolo sulla via della costruzione dei rapporti sociali e dei legami
 tra gli uomini, al di la' di vincoli derivanti da doveri  pubblici  o
 da comandi dell'autorita'.
    Come schema generale di azione nella vita di relazione, basato sui
 valori  costituzionali  primari  della  liberta'  individuale e della
 solidarieta' sociale, il volontariato esige che siano  stabilite,  da
 parte del legislatore statale, le condizioni necessarie affinche' sia
 garantito  uno svolgimento dello stesso il piu' possibile uniforme su
 tutto il territorio nazionale (v. spec. sentt. nn. 49 del  1987,  217
 del  1988  e  49  del  1991).  E  cio'  e'  richiesto - quantomeno in
 relazione  alla  connotazione  essenziale  delle  attivita'  e  delle
 organizzazioni   operanti  in  tal  campo,  nonche'  in  ordine  alla
 definizione del tipo di rapporti che devono intercorrere tra le varie
 istanze del potere pubblico e le organizzazioni dei  volontari  e  in
 ordine  alla  determinazione  delle  relative  modalita'  dell'azione
 amministrativa -  al  fine  specifico  di  garantire  l'essenziale  e
 irrinunciabile   autonomia   che   deve   caratterizzare   le  stesse
 organizzazioni di volontariato e le loro attivita' istituzionali.
    A tale scopo la legge n. 266 del 1991, accanto a disposizioni  che
 stabiliscono compiti o discipline d'interesse nazionale o che pongono
 criteri  di  azione  per  le  amministrazioni  statali o per gli enti
 locali, fissa principi cui le regioni e le province autonome dovranno
 attenersi nel regolare i rapporti fra le istituzioni pubbliche  e  le
 organizzazioni  di volontariato. Questi ultimi, in base alla costante
 giurisprudenza di questa Corte, vanno indubbiamente qualificati  come
 principi   generali  dell'ordinamento  giuridico,  in  ragione  della
 concorrente  circostanza  che   attengono   strettamente   a   valori
 costituzionali supremi (v. sentt. nn. 6 del 1956, 231 del 1984 e 1107
 del  1988)  e,  soprattutto,  che  contengono criteri direttivi cosi'
 generali da abbracciare svariati  e  molteplici  campi  di  attivita'
 materiali (v. sentt. nn. 6 del 1956, 68 del 1961, 87 del 1963, 28 del
 1964, 23 del 1978, 91 del 1982, 1107 del 1988, 465 del 1991).
    Sulla  base  di tale qualificazione deve essere respinto il dubbio
 di legittimita' costituzionale che la Provincia autonoma  di  Bolzano
 ha  prospettato nei confronti dell'art. 1, secondo comma, della legge
 n. 266 del 1991, dovendosi  riconoscere  che  le  disposizioni  della
 predetta  legge che contengono principi generali dell'ordinamento non
 possono non vincolare l'esercizio delle attribuzioni  statutariamente
 affidate  alla  ricorrente,  tanto  a titolo di competenza esclusiva,
 quanto a quello di competenza concorrente.
    3. - Per motivi in gran parte identici  a  quelli  appena  esposti
 vanno   respinti  i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  che  la
 Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato nei confronti dell'art. 3.
    Questo  articolo  fissa,  in   relazione   all'intero   territorio
 nazionale,  i  principi  generali  concernenti i caratteri che devono
 connotare le organizzazioni  di  volontariato  come  tali  (natura  e
 requisiti  delle attivita' volontarie, forma giuridica a salvaguardia
 degli   scopi   solidaristici,   struttura    interna    democratica,
 determinazione  dell'atto  costitutivo  e  dello  statuto, obbligo di
 formazione del bilancio  e  struttura  dello  stesso)  e  i  rapporti
 intercorrenti  tra le organizzazioni e i propri aderenti, nonche' tra
 quelle stesse e i soggetti terzi. Si tratta, piu' precisamente, della
 previsione  dei   requisiti   essenziali   attinenti   ai   caratteri
 strutturali,   all'autonomia   interna   e   alla  trasparenza  delle
 organizzazioni di volontariato, la cui ricorrenza e' configurata come
 condizione necessaria perche' tali organizzazioni possano beneficiare
 delle agevolazioni e  delle  strutture  di  servizio  o  di  sostegno
 previste  dalla  legge medesima: requisiti che, comunque, concernono,
 essenzialmente, rapporti di diritto privato,  i  quali,  come  questa
 Corte  ha  di recente ribadito (v. sent. n. 35 del 1992), esigono che
 in  relazione  ad  essi  sia  assicurata  dalla  legge  statale   una
 sostanziale  uniformita'  di  disciplina e di trattamento su tutto il
 territorio nazionale.
    Motivi diversi giustificano la dichiarazione di non fondatezza  in
 relazione  all'ultima  parte  dell'art.  3,  quinto comma, laddove si
 prevede che le organizzazioni svolgono le attivita'  di  volontariato
 anche nell'ambito di strutture pubbliche o di strutture convenzionate
 con  queste  ultime  "nelle  forme  e nei modi previsti dalla legge".
 Siffatta  disposizione,  infatti,  pur   se   non   regola   rapporti
 intercorrenti  tra  soggetti  privati, si limita a riconoscere che il
 raggio di azione delle  attivita'  di  volontariato  puo'  concernere
 anche  il  settore  pubblico o quello "convenzionato" e a ribadire il
 principio  costituzionale  (art.  97  della  Costituzione)   che   le
 modalita'  e  le  forme  del  rapporto  tra tale attivita' e l'azione
 amministrativa dovranno  esser  regolate  dalla  "legge",  intendendo
 riferirsi  a  quest'ultima  nella  sua  complessiva  varieta' di tipi
 (legge statale, regionale o provinciale) in  dipendenza  del  settore
 pubblico interessato.
    4. - Prive di qualsiasi fondamento sono altresi' le censure che la
 Provincia  autonoma di Bolzano ha proposto nei confronti dell'art. 7,
 primo e terzo comma.
    In questo articolo e' innanzitutto previsto  che  tutti  gli  enti
 pubblici  (Stato,  regioni,  province autonome, enti locali, etc.), i
 quali si gioveranno delle attivita' dei volontari, hanno la  facolta'
 di  stipulare  convenzioni  con  le  relative organizzazioni, purche'
 queste siano iscritte nei registri specificamente previsti  dall'art.
 6  e  dimostrino attitudine e capacita' operativa. Tale disposizione,
 infatti, per un verso, contiene un'indicazione di massima, non  certo
 lesiva  delle  competenze  provinciali,  che e' del resto conforme ai
 comuni rapporti tra enti pubblici e organizzazioni  private,  e,  per
 altro  verso,  svolge  un  principio  generale diretto a garantire il
 rispetto  del  principio  costituzionale  di  buon  andamento   della
 pubblica amministrazione (art. 97 della Costituzione).
    Per  quanto,  poi,  riguarda  il terzo comma, il quale prevede che
 l'obbligo  di  assicurazione  obbligatoria  a  favore  dei  volontari
 costituisca un elemento essenziale della convenzione sopra indicata e
 rappresenti  un  onere  posto  a  carico dell'ente con il quale viene
 stipulata la convenzione medesima, e' sufficiente  osservare  che  la
 disciplina  delle  assicurazioni  sociali e' riservata allo Stato (v.
 sent. n. 314 del 1990).
    5. - Del pari non fondate sono  le  varie  censure  che  tanto  la
 Provincia autonoma di Bolzano quanto quella di Trento hanno sollevato
 nei confronti dell'art. 10.
    Nei  suoi due commi, quest'articolo non contiene alcuna violazione
 delle  norme  costituzionali  sulle  competenze   legislative   delle
 ricorrenti,  poiche',  dopo  aver posto, al primo comma, il principio
 generale in base al quale la  legislazione  regionale  e  provinciale
 deve  essere  orientata  nel  senso  di  salvaguardare l'autonomia di
 organizzazione e di iniziativa del volontariato  e  di  favorirne  lo
 sviluppo,  fissa,  nel  comma  successivo,  gli  oggetti che le leggi
 regionali e provinciali dovranno disciplinare. Nel  determinare  tali
 oggetti,   l'articolo   impugnato   non   limita  in  alcun  modo  la
 discrezionalita' del legislatore regionale o provinciale, dal momento
 che  non  stabilisce  principi  o  criteri  vo'lti  a  restringere  i
 possibili  contenuti  della  legislazione  futura,  ma richiede, piu'
 semplicemente, che quest'ultima abbia cura di disciplinare, nel  modo
 che riterra' piu' opportuno, gli oggetti elencati nello stesso comma.
 Pertanto,   lungi   dall'invadere   campi  riservati  al  legislatore
 regionale o provinciale con norme  di  dettaglio,  come  pretende  la
 Provincia  autonoma  di  Bolzano,  le  disposizioni  ora  considerate
 contengono  norme  strettamente  strumentali  al  principio  generale
 espresso nel primo comma del medesimo art. 10.
    Delle varie disposizioni contenute nel secondo comma dell'art. 10,
 le  Province  ricorrenti  danno, peraltro, un'interpretazione che non
 puo' essere condivisa. Quando la lettera a) stabilisce che  le  leggi
 regionali  e  provinciali disciplineranno le modalita' attinenti allo
 svolgimento  delle  attivita'  di  volontariato   all'interno   delle
 strutture  pubbliche  e all'interno delle strutture convenzionate con
 le regioni e le province autonome, tale disposizione,  contrariamente
 a quanto suppone la Provincia autonoma di Trento, non trasforma in un
 obbligo  quella che il gia' ricordato art. 7 prevede come facolta' di
 stipulare  convenzioni.  Nel riferirsi alle "strutture convenzionate"
 la  disposizione  impugnata  intende  denotare,  non  certo  presunti
 apparati o strutture derivanti da accordi convenzionali stipulati fra
 le   province   autonome  (o  le  regioni)  e  le  organizzazioni  di
 volontariato, ma piuttosto strutture private (ad esempio, le case  di
 cura  private)  operanti  in  aree di servizio pubblico sulla base di
 convenzioni  stipulate  con  le  predette   province   (o   regioni),
 all'interno  delle  quali  potranno  svolgere  la  loro  attivita' le
 organizzazioni di volontariato.
    Analogamente, con riferimento alla  lettera  c),  impugnata  dalla
 Provincia  autonoma  di  Trento,  non  v'e'  alcun elemento che possa
 indurre a ritenere trasformato in obbligo la  facolta'  di  stipulare
 convenzioni, limitandosi la disposizione censurata a stabilire che la
 legge  provinciale (o regionale) determinera' i requisiti e i criteri
 che danno titolo di priorita' nella scelta  delle  organizzazioni  di
 volontariato  con  cui stipulare le predette convenzioni. Allo stesso
 modo, la lettera b) si limita  a  prevedere  che,  ove  la  Provincia
 autonoma (o la regione) predisponga un procedimento di programmazione
 comportante  la  consultazione  di  soggetti  sociali, sara' sua cura
 considerare fra questi ultimi anche le organizzazioni di volontariato
 interessate.
    Infine, quanto alle lettere e)  ed  f)  -  che,  ad  avviso  della
 Provincia    autonoma    di    Trento,   renderebbero   obbligatorie,
 rispettivamente,  le  erogazioni  finanziarie  e  gli  interventi  di
 sostegno  indicati  (lett.  e)  e  la  partecipazione  dei volontari,
 iscritti alle organizzazioni  registrate,  ai  corsi  di  formazione,
 qualificazione  e aggiornamento professionale svolti o promossi dalle
 province autonome o dalle regioni (lett. f) -, occorre  rilevare  che
 le  disposizioni  contestate  si  limitano a delineare, quali oggetti
 della  legislazione   provinciale   o   regionale,   alcuni   aspetti
 indefettibili e necessari di una qualsivoglia disciplina pubblica del
 volontariato.   Tali   sono,   senza   dubbio  alcuno,  le  forme  di
 finanziamento e gli interventi di  sostegno  da  prevedere  a  favore
 delle  organizzazioni  di  volontariato,  poiche',  in loro mancanza,
 risulterebbero frustrati, non soltanto  le  finalita'  giustificative
 della  legge  stessa,  ma anche quei valori costituzionali sottesi al
 riconoscimento e allo  sviluppo  del  volontariato,  che  sono  stati
 ricordati  nel  corso  dell'esame  delle  censure  mosse  all'art. 1,
 secondo comma, della legge n. 266 del 1991. Lo  stesso  carattere  di
 indefettibilita'  e  di  necessarieta'  deve, poi, riconoscersi anche
 all'oggetto costituito dalla previsione e dalla disciplina  da  parte
 delle  leggi  provinciali  (o  regionali) dei corsi di formazione, di
 qualificazione e di aggiornamento dei volontari. Infatti, pur se  non
 consistono  in  attivita'  di  tipo  professionale, le prestazioni di
 volontariato devono essere svolte, nei vari settori di  operativita',
 con  una  preparazione  particolare  e con una perizia specifica, che
 richiedono un'apposita didattica e un'accurata opera  di  affinamento
 delle  attitudini naturali del volontario e che, ove fossero carenti,
 condannerebbero  il  volontariato  all'inefficienza  e,  quindi,   al
 deperimento.
    6.  -  Non  fondate  sono,  inoltre,  le questioni di legittimita'
 costituzionale che le Province autonome di Bolzano e di Trento  hanno
 sollevato  nei  confronti  dell'art.  12,  sul  presupposto  che tale
 articolo,   nell'istituire   l'Osservatorio    nazionale    per    il
 volontariato,   affida  a  quest'ultimo  compiti  che  le  ricorrenti
 ritengono  lesivi  delle  competenze   ad   esse   costituzionalmente
 assegnate.
    Sulla  base  dell'art. 12, il predetto Osservatorio e' chiamato ad
 adempiere compiti di carattere generale a  beneficio  dello  sviluppo
 del volontariato in quanto tale. Piu' precisamente, i compiti di tale
 istituto  sono  rivolti  al  perseguimento  di  un  duplice ordine di
 finalita': primo, provvedere al censimento, all'acquisizione  e  alla
 diffusione  delle  informazioni  e  delle  conoscenze  relative  alle
 organizzazioni  di  volontariato,  anche  allo  scopo  di   formulare
 proposte;   secondo,  sostenere  la  promozione  e  lo  sviluppo  del
 volontariato, soprattutto sotto il profilo della qualita' tecnologica
 e sperimentale degli  interventi  progettati  e  sotto  quello  della
 formazione  e  dell'aggiornamento  degli  operatori volontari (che e'
 cosa diversa, ovviamente, dalle attivita' di formazione professionale
 affidate  alla  competenza  regionale  e  provinciale  dall'art.  10,
 secondo  comma,  lett.  f).  Le  censure prospettate dalle ricorrenti
 riguardano compiti ascrivibili al secondo ordine di  finalita'.  Piu'
 precisamente,  ambedue  le  ricorrenti  contestano: la lettera d), la
 quale prevede l'approvazione di progetti sperimentali elaborati dalle
 organizzazioni di volontariato registrate al fine di  far  fronte  ad
 emergenze   sociali  e  di  favorire  l'applicazione  di  metodologie
 d'intervento particolarmente avanzate; la lettera e), che prevede  il
 sostegno  e  la  consulenza  per  progetti  di informatizzazione e di
 banche-dati nei  settori  nei  quali  operano  le  organizzazioni  di
 volontari;  la lettera g), la quale prevede il sostegno, anche con la
 collaborazione delle regioni, delle iniziative  di  formazione  e  di
 aggiornamento  per  la  prestazione  dei  servizi.  La sola Provincia
 autonoma di Trento  impugna,  infine,  la  lettera  c),  che  assegna
 all'Osservatorio  il  compito  di "fornire ogni utile elemento per la
 promozione e lo sviluppo del volontariato".
    In particolare, le disposizioni contenute nelle lettere d)  ed  e)
 si  iscrivono  in  un  quadro  legislativo  sulla  ripartizione delle
 competenze fra Stato e regioni (o province autonome), all'interno del
 quale la sperimentazione delle tecniche di intervento e l'innovazione
 delle metodologie e delle  tecnologie  concernenti  le  attivita'  da
 svolgere  rientrano  fra  gli oggetti riservati alla competenza dello
 Stato (v., ad esempio, gli artt. 71 e 102 del d.P.R. 24 luglio  1977,
 n. 616; l'art. 6 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; nonche' l'art.
 30 della legge 18 maggio 1989, n. 183). E cio' si spiega con il fatto
 che  il  carattere  avanzato  dei  compiti  ora  indicati  colora  di
 un'indubbio interesse nazionale competenze il  cui  esercizio  ricade
 immediatamente  a beneficio delle attivita' che ne sono oggetto, con-
 siderate nel loro complesso e, quindi, spazialmente, sull'intero  pi-
 ano nazionale.
    Indubbia e' anche l'attribuzione allo Stato delle competenze rela-
 tive   ai   compiti   affidati   all'Osservatorio  nazionale  per  il
 volontariato dalle disposizioni contenute  nelle  lettere  c)  e  g).
 Poiche'  le disposizioni impugnate vanno interpretate in correlazione
 con l'art. 1, che affida la promozione e lo sviluppo del volontariato
 allo Stato, alle regioni, alle province autonome e agli  enti  locali
 nel  rispetto  delle relative competenze costituzionali, nonche', per
 quel che concerne i presenti giudizi, in correlazione con l'art.  16,
 che  fa salve le competenze delle province autonome, si deve supporre
 che, nell'uno e nell'altro caso, le  attivita'  di  promozione  e  di
 informazione  previste  nelle disposizioni considerate si riferiscano
 ad  iniziative  che,  nel  riparto  di  competenze  prima  accennato,
 rientrano nella sfera di competenza dello Stato.
    7.  -  Non  fondate  sono,  altresi', le questioni di legittimita'
 costituzionale  che  le  ricorrenti  hanno  sollevato  nei  confronti
 dell'art. 15 della legge esaminata.
    Secondo  le  Province  autonome,  i  primi due commi dell'articolo
 citato   -   nel   prevedere   che   siano    costituiti,    mediante
 l'accantonamento, da parte degli istituti di credito e delle casse di
 risparmio,  di quote dei proventi destinate a fini non istituzionali,
 fondi speciali presso le regioni, allo scopo  di  istituire,  per  il
 tramite  degli  enti  locali, centri di servizio a disposizione delle
 organizzazioni di volontariato, gestiti da queste stesse in vista del
 sostegno  e  della   qualificazione   della   propria   attivita'   -
 violerebbero  le  norme  statutarie  sulle  competenze provinciali e,
 secondo  la  Provincia   autonoma   di   Trento,   anche   le   norme
 costituzionali  sull'autonomia  finanziaria:  le prime risulterebbero
 lese,  poiche'  le  disposizioni   impugnate   precluderebbero   ogni
 possibilita' di intervento delle ricorrenti sulla istituzione e sulla
 gestione  dei  predetti centri di servizio pur trattandosi di materia
 assegnata alle loro competenze; l'altra sarebbe violata, dal  momento
 che  dalle  disposizioni  impugnate  discenderebbe  la sottrazione di
 risorse a settori di competenza provinciale e l'imposizione ai  fondi
 stessi di un vincolo di destinazione.
    I  dubbi  di legittimita' costituzionale ora esaminati sono basati
 sull'erronea premessa che le disposizioni impugnate attengano  a  una
 materia  di  competenza  regionale  o  provinciale, l'assistenza e la
 beneficenza  pubblica.  In   realta',   poiche'   loro   oggetto   e'
 l'accantonamento  di  quote  degli  utili  realizzati  da istituti di
 credito e da casse di risparmio affinche' queste siano  destinate  in
 direzione  della  promozione  e  dello  sviluppo del volontariato, le
 disposizioni contenute nei primi due commi dell'art. 15 riguardano la
 materia,  di  spettanza  statale,  concernente  l'ordinamento   degli
 istituti  di  credito.  Piu'  precisamente, le disposizioni esaminate
 addossano su detti istituti un onere destinato alla  costituzione  di
 fondi  speciali diretti a finanziare centri di servizio gestiti dalle
 stesse organizzazioni di volontariato  al  fine  di  sostenere  e  di
 qualificare  l'attivita'  degli  operatori volontari. E' evidente che
 con  tali  previsioni  il  legislatore  ha  voluto  prefigurare   una
 soluzione  organizzativa  che,  tendendo  a salvaguardare, per quanto
 possibile, l'autonomia delle attivita' di volontariato e,  quindi,  a
 porle  al  riparo  anche  da condizionamenti derivanti dalla gestione
 pubblica dei servizi di sostegno a  favore  delle  stesse  attivita',
 individua  nella  costituzione dei fondi speciali presso le regioni o
 le province autonome, non gia' una funzione conferita o  demandata  a
 tali  enti  autonomi,  ma,  piu'  semplicemente, la collocazione e la
 operativita' spaziale dei fondi medesimi: le regioni  e  le  province
 autonome,  in  altri  termini,  denotano nelle disposizioni impugnate
 l'ambito  territoriale  in  relazione  al  quale  quei  fondi   vanno
 costituiti e resi operanti.
    Per  le stesse ragioni ora illustrate va dichiarata l'infondatezza
 della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  15,  terzo
 comma,  della legge n. 266 del 1991, il quale dispone che il Ministro
 del tesoro, con un  proprio  decreto  adottato  di  concerto  con  il
 Ministro  degli  affari sociali, determina le modalita' di attuazione
 delle  disposizioni  contenute  nei  primi  due  commi  dello  stesso
 articolo.  Dal  complesso  dell'art. 15 risulta chiaro, infatti, che,
 poiche' le modalita' da adottare concernono essenzialmente la materia
 dell'ordinamento degli istituti di credito, la relativa competenza e'
 necessariamente imputata al Ministro del tesoro, cui si  aggiunge  il
 concerto  con  il  Ministro  degli  affari sociali, essendo diretti i
 contributi degli istituti di credito indicati  nei  commi  precedenti
 alla  costituzione di fondi destinati a finanziare centri di servizio
 a sostegno delle organizzazioni di volontariato.
    8. - Non  fondate  sono,  infine,  le  questioni  di  legittimita'
 costituzionale che la Provincia autonoma di Trento ha prospettato nei
 confronti  dell'art.  10,  lettere  c), d) ed e), in collegamento con
 l'art.  6,  per  violazione  dell'art.  81,   quarto   comma,   della
 Costituzione  e  del  principio statutario sull'autonomia finanziaria
 della  Provincia  stessa,  sotto  il  profilo  che  le   disposizioni
 impugnate  affiderebbero  nuove funzioni alle regioni e alle province
 autonome senza attribuire alle stesse le risorse  occorrenti  per  il
 loro esercizio.
    Premesso  che, come si e' chiarito nel precedente punto n. 5 della
 motivazione, i compiti previsti nelle lettere citate dell'art. 10 non
 sono stati assegnati  alle  Province  autonome  (o  alle  regioni)  e
 premesso   che   a  queste  ultime  e'  effettivamente  demandata  la
 disciplina dell'istituzione e la  tenuta  dei  registri  generali  di
 tutte  le  organizzazioni  di  volontariato  costituite  nel  proprio
 territorio, si deve comunque escludere, anche per quest'ultima parte,
 la lesione del ricordato principio costituzionale. L'art. 6, infatti,
 nel disciplinare attivita' di competenza dello  Stato,  demanda  alle
 regioni  e alle province autonome un compito (disciplina e tenuta dei
 registri generali delle organizzazioni di volontariato) il cui  onere
 non  e'  affatto  quantificabile  in via preventiva, tanto che non si
 puo' nemmeno escludere che possano essere adottate, in sede regionale
 o provinciale,  soluzioni  organizzative  che  non  comportino  oneri
 aggiuntivi  rispetto  a  quelli  previsti  per  l'espletamento  delle
 competenze gia' possedute. In tale situazione, come questa  Corte  ha
 gia'  avuto  modo di dire, se pure sotto altro profilo (v. sentt. nn.
 478 del 1987, 320 del 1989 e 294 del 1991), non si puo' richiedere al
 legislatore una copertura contestuale di oneri meramente eventuali e,
 comunque, non quantificabili, ne' puo' configurarsi alcuna violazione
 dell'autonomia  finanziaria  garantita  alle  Province  autonome  dal
 titolo VI dello Statuto speciale.